venerdì 1 maggio 2015
Fenici... in pillole.
Fenici… in pillole.
Tradizionalmente si inquadrano
i fenici come una popolazione semitica,
anticamente insediata nell’omonima regione (Fenicia, oggi Libano), nella zona costiera del Mediterraneo orientale.
Nella prima metà del II
millennio a.C., gli archivi diplomatici della città mesopotamica di Mari
forniscono i primi documenti diretti sulla Fenicia: si tratta di lettere
scambiate tra il sovrano di Biblo (altro nome di Gubla) e quello di Mari. La
regione è divisa in singole città-Stato, la cui principale attività è il
commercio marittimo. Intorno alla metà del millennio, gli archivi della città
di Ugarit (un celebre porto nell’attuale Siria) forniscono una serie di
indizi sulla politica di questa città e degli Stati vicini; l’influsso ittita
vi appare predominante. Di poco successivo, l’archivio di Tell al-Amarna illumina
la storia della Fenicia: tra gli Stati figurano Acco, Tiro, Sidone, Berito,
Biblo, i cui sovrani appaiono nell’orbita egiziana. Il nome di Sidoni, che l’Antico Testamento e i
poemi omerici danno ai fenici, suggerisce che nella prima fase Sidone abbia
prevalso sulle altre città. Intorno al 1000 a.C., il predominio passa a Tiro:
tra i re si distingue Pigmalione (820 – 774 a.C.), cui si collega la tradizione
della fondazione di Cartagine. Seguirono altre colonie a Cipro nel X a.C., a
Malta, in Sicilia a Mozia, in Sardegna a Tharros e lungo le coste iberiche, con
mercati attivi dal IX a.C. ad Almuñécar e abitati fortificati a Toscanos intorno
al 780 a.C.
Dal IX a.C., la progressiva
espansione degli Assiri riduce l’autonomia fenicia in oriente; gli annali assiri
registrano le fasi della crisi: Sidone cade nel 675 a.C., un secolo dopo Tiro
si piega alla subentrata potenza babilonese per poi passare sotto vari conquistatori. Sotto i Persiani, l’attività commerciale è
ancora fiorente, poi decade progressivamente.
La religione vede numerosi
culti nelle grandi città fenicie, con divinità specifiche in ogni territorio di
insediamento. L’assenza di un’azione centralizzatrice e regolatrice del clero
fa sì che anche gli attributi divini possano oscillare, e che sincretismi di
persone e di funzioni da un lato, sdoppiamenti dall’altro siano frequenti. Nel
pantheon prevale la figura di El, ma il personaggio più attivo è Baal, dio
della pioggia e della vegetazione, che ha per paredra Astarte, o talvolta Tanìt.
Queste due figure femminili personificano la grande divinità orientale della
terra madre. Tra le divinità cittadine spiccano Melqart (re, sovrano,
signore) di Tiro e Ba‛alat (regina, signora) di Biblo. Al culto attendeva un
sacerdozio organizzato in varie categorie. I santuari erano all’aperto,
costituiti da stele o pilastri circondati da recinti sacri, in cui si riteneva
fosse presente la divinità. Non mancavano tuttavia i templi chiusi, specie
nelle città più importanti come Ugarit. Le suppellettili tombali testimoniano
una fede nella sopravvivenza delle anime.
L’architettura fenicia ha
lasciato poche tracce, soprattutto a causa dei materiali utilizzati,
prevalentemente mattoni crudi e pietra calcarea. La particolareggiata
testimonianza biblica e la documentazione archeologica nota dai rinvenimenti di
Tell Tainat e di Hazor dimostrano la diffusione in Fenicia della tripartizione
della pianta dei santuari, con vestibolo, cella e sancta sanctorum disposti in asse. Interessanti per la loro
articolazione sono gli ipogei delle necropoli (Sidone, Amrit). Per quanto riguarda
la tradizione figurativa, sono importanti gli avori di Megiddo e i sarcofagi,
ad esempio quello del re Ahiram. Accanto all’attività delle botteghe
tradizionali è documentata anche quella di maestranze che ripropongono e
rielaborano modelli egiziani di epoca tarda, in linea anche con una più diffusa
maniera egittizzante, che dal IX a.C. investe l’intera regione siropalestinese,
con temi che propongono la fusione delle tradizioni siroanatoliche e di quelle
assire, ad esempio la divinità con quattro ali che abbatte un leone. A botteghe
fenicie si attribuiscono le coppe sbalzate con iconografia egiziana rinvenute a
Nimrud.
Intorno al VII a.C., dopo una
flessione dell’attività delle botteghe continentali, a Cipro continua la
produzione di oggetti di lusso metallici di tradizione fenicia, con l’adozione
di iconografie distribuite per registri circolari. La partecipazione delle
città fenicie alla conquista persiana dell’Egitto contribuisce a rinnovare le
influenze egiziane in Fenicia alla fine del VI a.C., mentre nell’Occidente
fenicio e punico al repertorio fenicio si affianca l’influenza greca.
Nell'immagine: Biblo, il tempio degli obelischi.
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Interessante, grazie. :)
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