domenica 10 maggio 2015
Archeologia. La ceramica antica in Sardegna, dal Neolitico alla Civiltà Nuragica.
Archeologia. La ceramica antica in Sardegna, dal Neolitico alla Civiltà Nuragica.
di Pierluigi Montalbano
Neolitico
La Sardegna protostorica è caratterizzata da un’età aurea in cui caccia, pesca e agricoltura contribuivano al raggiungimento del benessere di quel pacifico popolo di laboriosi artigiani che producevano ceramiche riccamente decorate. Erano plasmate sapientemente e commerciate in ogni angolo dell’isola. Le tracce di quelle antiche culture si trovano anche in Francia, Spagna, nord-Africa e coste tirreniche.
In quell'epoca i sardi non avevano bisogno di torri e mura, vivevano in villaggi corredati di luoghi per il culto e zone funerarie. Il Neolitico sardo dal 6.000 al 3.000 a.C. fu un’epoca di fioritura artistica e le ceramiche sono lo specchio della cronologia sarda fino all'età fenicia che creò un nuovo gusto e quello stile inconfondibile che dal X a.C. si diffuse rapidamente lungo tutte le coste.
Il fermento culturale di questo lunghissimo periodo aiuta la comprensione dello stile di vita dei sardi e la povertà delle ceramiche nuragiche si scontra con le maestose architetture che svettano sul panorama isolano. La ricchezza, l'abbondanza e la bellezza artistica dei manufatti contrasta fortemente con la linearità e l'assenza di icone del periodo nuragico.
I sardi del VI Millennio a.C. creavano vasi con decorazioni della Dea Madre nelle anse, nel V Millennio realizzavano belle decorazioni cardiali che proseguono nel IV Millennio con l’aggiunta di anse a rocchetto e decorazioni colorate, a volte antropomorfe, nel III Millennio riportavano il colore dei metalli (e del sole e della luna) nei grandi vasi della cultura Ozieri e in quella Monte Claro.
Calcolitico e Bronzo Antico
A cavallo del II Millennio parteciparono alla koinè del campaniforme, un gusto internazionale che si manifestò nel Mediterraneo fino alle Alpi e agli Appennini, ma durante la civiltà nuragica, ossia a partire dalla fine del XVIII a.C., si perde questo gusto creativo e le risorse sono investite nella realizzazione di edifici immensi costruiti in pietra locale. Solo intorno al XI a.C. le ceramiche sarde riprendono un gusto decorativo che le porta a rivaleggiare in bellezza con quelle micenee. La differenza sostanziale fra queste e quelle è facilmente individuabile in tutti i musei: le ceramiche sarde sono incise, le micenee (o comunque levantine) sono dipinte. Proprio in questo periodo la civiltà nuragica pone le basi per una rivoluzione sociale che porterà, a partire dal X a.C., a non costruire più le alte torri, e a trasformare i nuraghi in buono stato di
manutenzione in luoghi di culto. Inizia in quel periodo anche la realizzazione delle prime grandi forme scultoree in arenaria (Monte Prama), e piccole in bronzo (guerrieri, divinità e sacerdoti), rappresentazione di una società divenuta aristocratica e vogliosa di auto-rappresentarsi. Volge al termine il lungo periodo aniconico (ossia privo di immagini) e piccoli nuraghi in pietra, simbolici (circa 1 metro di altezza), sono posti all'interno delle grandi capanne delle riunioni, realizzate a ridosso delle torri, prevalentemente con i materiali di crollo. I nuragici realizzano caratteristiche figure antropomorfe in arte geometrica, barchette simboliche e animali, ottenuti con una tecnica metallurgica difficile e sopraffina: la fusione a cera persa.
La religiosità vede nei riti dell'acqua (vasche) e del fuoco (altari e sacrifici) la massima espressione del culto verso la divinità principale: il Dio rappresentato attraverso le costruzioni ciclopiche. Le due cesure culturali sono individuabili nella facies Sant'Iroxi e nel passaggio dal Bronzo al Ferro. 700 anni di storia che possiamo definire l'età d'oro dei nuraghe.
Esaminiamo cosa accade nei manufatti di questa prima cesura.
Nella facies Sant’Iroxi abbiamo per la prima volta la comparsa di grandi spade (tipo El Argar) al posto dei pugnali. La base di queste pregevoli armi è arrotondata, come quella dei più antichi pugnali, ma la lunghezza arriva fino a 80 cm. Nei nuraghe a corridoio non ci sono reperti della fase Sant’Iroxi, quindi, poiché si assiste ad un cambio epocale, in questo periodo a mio parere potremmo far iniziare il periodo sardo nuragico. A Decimoputzu si sono trovati 180 individui sepolti, ma inizialmente erano circa 250 perché una parte manca completamente.
Bronzo Medio
Le facies Sa Turricula, Monti Mannu e San Cosimo, sono precedute da quella Sant’Iroxi, che propone delle novità ceramiche fondamentali rispetto al passato: assenza del vaso tripode, sostituito da un vaso con 4-5 piedi alla base, e comparsa di bollilatte, con una sorta di risega interna che consente di poggiare il coperchio fra collo e spalla del vaso. Altri elementi importanti di questa facies sono piccoli vasi a colletto riverso a 4 anse (o 2 anse e 2 bugne) che accompagneranno la produzione ceramica fino al Bronzo Finale. Altri elementi proseguono dal Bonnannaro: anse a gomito che col tempo tenderanno a cessare (e con San Cosimo sono in versione differente perché non presentano più la forma classica con l’ansa a gomito).
Non bisogna confondere l’ansa a gomito classica con quella a gomito rovescio che compare nel Bronzo Finale e perdura fino all’orientalizzante del Ferro (con ceramiche tornite e dipinte, tipiche nuragiche).
La fase Sant’Iroxi è studiata a partire dagli scavi del 1990 benché fossero già noti materiali di quella fase (Maria Luisa Ferrarese Ceruti), inseriti erroneamente nel grande calderone del Bronzo Antico (Bonnannaro A-Corona Moltana).
I contenitori sono piccoli (ollette a 4 anse con orlo riverso), e possiamo giustificarli dal fatto che i ritrovamenti sono esclusivamente in contesti sacri: funerari o grotte (Su Moiu di Narcao e Su Benatzu di Santadi) e rientrano quindi nel regime delle offerte di cibi ai defunti: acqua, incenso, miele, latte.
A partire dal Bronzo Medio (e fino al Bronzo Finale), ad esempio a Su Benatzu (nota come grotta Pirosu), si moltiplicano i ritrovamenti di materiali per uso cultuale delle grotte. In questi vasetti compaiono sia l’ansa ad anello che l’ansa a gomito ma non ancora l’ansa a gomito asciforme (quella che risale verso l’alto tipica di Sa Turricula). Questo fatto è strano, perché questa tipologia di ansa compare già nel Campaniforme B (Sulcitano, con decorazioni anche a fasce verticali). Potrebbe essere un’anomalia delle ricerche o dovuta all’ambito funerario, che è quello di Sant’Iroxi (infatti non conosciamo villaggi di questa facies).
I nuraghi a corridoio più antichi (quelli a corridoi passanti) non sono ancora scavati e quindi non abbiamo dati per verificare. Il discorso è comprensibile se si pensa, ad esempio, al Talei di Sorgono che è un nuraghe a corridoio più recente (con camera a piano terra) nel quale sono state trovate ceramiche Sa Turricula. Se ne deduce che i nuraghe a corridoio più antichi dovrebbero presentare materiali più antichi, ma gli scavi ancora non ci danno questa certezza. D’altro canto i materiali sono stati ritrovati nel villaggio, quindi non sappiamo se erano presenti anche all’interno del Talei. In questo nuraghe abbiamo anche vasetti, tazzine e bicchieri tronco-conici ansati (ma anche privi di anse) che continuano per tutto il Bronzo Medio, fino alla facies San Cosimo. I vasi più grandi (olle a collo largo con labbro appiattito) sono di forma arcaica e li troviamo anche nella fase Bonnannaro A.
Con la ceramica Sa Turricula iniziano i contesti sia tombali che insediativi. Continuano i vasetti troncoconici con prese quadrangolari trasversali (a volte bugne) o cilindriche. Compare la decorazione plastica (nervature) con cordoni che partono dall’orlo, e spesso all’interno del collo ci sono le riseghe (si tratta di bollitori). I vasi sono polipedi (i tripodi non ci sono più), hanno il coperchio e presentano delle coppelle, scavate o in rilievo. Abbiamo anche piatti con orlo appiattito, simili a quelli Monte Claro e a volte inseriti erroneamente (come è avvenuto nel Nuraghe Bruncu Maduli di Gesturi) in questa fase proprio perché non si conosceva ancora la facies Sant’Iroxi.
È possibile fare dei confronti precisi di queste tipologie ceramiche di olle biconiche e globulari a tesa interna (pissidi), bollitori e tegami con i materiali delle facies Proto-Appenninica e Appenninica, a dimostrazione delle relazioni ad ampio respiro presenti in questo periodo.
Le anse si trasformano leggermente nella facies successiva, quella denominata San Cosimo, pertanto è abbastanza semplice classificare i materiali di queste tre facies.
Bronzo recente:
In questo periodo abbiamo due fasi: Murru Mannu di Tharros e Antigori.
Nella prima fase abbiamo tegami regolari con solcature che si intrecciano, come già scrisse l’Acquaro (bisogna fare attenzione a non scambiare i frammenti per pezzi appartenenti ad olle a tesa interna). Le superfici sono nere lucide inornate e le forme sono caratterizzate da pareti sottili che non sono testimoniate nel Bronzo Medio, caratterizzato da pareti spesse. Le ciotole carenate hanno anse che si insellano, documentate anche nella successiva fase Antigori. Anche le grandi olle con colletto basso proseguono nella facies Antigori. Gli orci hanno spesso due grandi anse. I bollitori sono simili a quelli dell’Appenninico, a dimostrazione del parallelismo fra Sardegna e Italia peninsulare. Le spalle dei tegami sono concave o oblique, e la decorazione a pettine, che compare nel Bronzo Recente, non compare mai nei tegami delle facies precedenti.
Nella fase Antigori, il labbro è appiattito o obliquo, ma comunque ingrossato e le forme persistono fino al I Ferro. Le anse sono quasi sempre ad anello, e in questa fase la forma dell’ansa è ellittica: allungata e appiattita. Ritroviamo queste anse anche nelle ollette a collo. Queste presentano le anse a orecchia ellittica sulla pancia.
Le conche con labbro ingrossato a spigolo interno presentano generalmente delle piccole anse regolari di forma ellittica. Altre conche hanno labbro a chiodo che tende a diventare triangolare nella parte superiore, ossia ad ingrossarsi. Le scodelle e i calici per il vino somigliano molto ai modelli micenei: sono basse e presentano una piccola bugna come presa.
Le fuseruole discoidali iniziano ad assumere una forma lenticolare. Una caratteristica delle fuseruole è un ciclico cambio di gusto che si ricicla nei vari periodi e bisogna stare attenti alle classificazioni.
I tegami a volte sono decorati anche all’interno, con solcature a pettine o disegni a scacchiera simili a quelli del Bronzo Medio. Alcuni studiosi confondono i tegami con i coperchi delle grandi anfore, e sono proprio le decorazioni che svelano l’utilizzo reale.
Nell’oristanese e nelle zone interne della Sardegna le colorazioni nere e grigio ardesia, tipiche locali, tendono a conservarsi, a differenza del nord e del sud dell’isola dove diminuiscono e si accompagnano alle ceramiche chiare e dipinte, di provenienza greca e micenea IIIB, ad Antigori di Sarroch e al Nuraghe Arrubiu di Orroli ad esempio.
Nelle zone meridionali della Sardegna compaiono olle con labbro quadrangolare, apparentemente arcaico ma le anse ellittiche suggeriscono un inserimento nel Bronzo Recente.
Iniziano anche delle anforette tornite con prese ampie che sembrano legate alla diffusione del vino.
Nel Campidano troviamo olle realizzate con tornio lento, di colore giallo o con tonalità rosate e grigie, con orlo semplice appiattito e 2 o 4 anse allungate.
Iniziano le prime brocchette a orlo piatto, con forma globulare o biconica e bugne forate o solcate.
Le ceramiche decorate a pettine sono realizzate con uno strumento a dentelli che imprime dei piccoli fori sulla superficie A volte le decorazioni sono realizzate con simboli ispirati al sole o al carro, con raggi o a fasce.
Bronzo Finale
Proseguono le ceramiche inornate ma verso la fase finale, e poi nel Ferro, iniziano ceramiche caratterizzate da belle decorazioni incise a spina di pesce o con motivi a piccole coppelle, simili ai vasi del proto-villanoviano.
Conosciamo due fasi (Oristano e Barumini) ma la classificazione è ancora troppo generica: pregeometrica e geometrica.
La fase Oristano si differenzia da quella successiva di Barumini perché è caratterizzata da ceramiche grigie inornate, meno pure dalle belle ceramiche lucide nere e grigio-ardesia. Il gran numero di scodelle suggerisce una maggiore sedentarizzazione della vita della comunità e un buon tenore di vita, almeno alimentare.
Le ciotole carenate con spalla alta e profilo dolce presentano bugne o anse a maniglietta, ad impostazione orizzontale, non presenti nel Bronzo Recente. Continuano le olle, sia a labbro triangolare che quadrangolare. Proseguono anche le anforette con 2 anse a gomito appiattite, e appaiono le ansa e gomito rovescio.
Compaiono le anfore a taglio obliquo e corpo carenato, quasi biconico. In alcuni vasi del centro-nord si notano dei peducci. La decorazione è generalmente sulle anse e sulla spalla.
Tutte queste forme della fase Barumini Surbale si trovano anche nelle fasi della distruzione di Lipari (Ausonio II), pertanto dobbiamo inquadrarle intorno al 850 a.C.
Dalle fonti emerge che l’acropoli di Lipari fu distrutta e abbandonata intorno al 850 a.C. per poi essere riabituata intorno al 650 a.C. ed è interessante trovare tanta presenza sarda (sia con produzione, sia con imitazione delle ceramiche) in quella zona e in quel periodo. Troviamo scodelle a calotta, a volte ombelicate, che presentano sia la bugna ellittica a rilievo sulla spalla, sia una piccola ansa ristretta, che deriva da quelle del Bronzo Recente. La colorazione è rosata e si diffonderà nel Primo Ferro
Le decorazioni, spesso a foglie, sono impresse con punzoni. In alcune anse si notano dei beccucci, per favorire la bevuta dal vaso, ma nel Ferro compaiono anche brocchette a taglio obliquo senza beccuccio. In questa fase abbiamo grandi ciotole biansate a maniglie rialzate con spalle e vasca curvi. Le anforette con bocca piana iniziano nel Bronzo Recente e persistono fino al Ferro trasformandosi in quelle anfore con anse sulla spalla (e non sull’orlo).
Le olle a gomito rovescio caratterizzate da nervature alla base del collo, come quelle di Surbale, vedono motivi a cerchielli semplici impressi a cannuccia che mostrano la fase di passaggio fra Bronzo finale e Primo Ferro.
Le decorazioni del periodo geometrico sono in stretta sintonia con usi, costumi e religiosità della comunità. Abbiamo un cambiamento in ambito religioso con la comparsa di crescenti lunari e altri simboli legati al culto.
Fuseruole, pesi e contrappesi per telaio, alari per spiedi continuano nel loro ciclo di appiattimenti, forme arrotondate e forme discoidali.
Nel Primo Ferro compare un interessante cratere (a Ittireddu), simile a quelli del XII-XI a.C. nel Vicino Oriente (Israele e Palestina), caratterizzati da labbro ingrossato e arrotondato, forma carenata e rastremata verso il basso, anse a gomito, e a volte decorazioni.
A Surbale compare la Pintadera, con varie forme e vari utilizzi, anche come timbri per decorare il pane o come calendari.
Alcune forme interessanti sono state ritrovate a Sardara nella sala del consiglio e nella capanna 1. In quest’ultima si trova un ripostiglio con una grande ciotola a spalla rientrante e ansa appiattita, ad anello, legato alla consacrazione della capanna, al suo rito di fondazione in prossimità dell’ingresso.
di Pierluigi Montalbano
Neolitico
La Sardegna protostorica è caratterizzata da un’età aurea in cui caccia, pesca e agricoltura contribuivano al raggiungimento del benessere di quel pacifico popolo di laboriosi artigiani che producevano ceramiche riccamente decorate. Erano plasmate sapientemente e commerciate in ogni angolo dell’isola. Le tracce di quelle antiche culture si trovano anche in Francia, Spagna, nord-Africa e coste tirreniche.
In quell'epoca i sardi non avevano bisogno di torri e mura, vivevano in villaggi corredati di luoghi per il culto e zone funerarie. Il Neolitico sardo dal 6.000 al 3.000 a.C. fu un’epoca di fioritura artistica e le ceramiche sono lo specchio della cronologia sarda fino all'età fenicia che creò un nuovo gusto e quello stile inconfondibile che dal X a.C. si diffuse rapidamente lungo tutte le coste.
Il fermento culturale di questo lunghissimo periodo aiuta la comprensione dello stile di vita dei sardi e la povertà delle ceramiche nuragiche si scontra con le maestose architetture che svettano sul panorama isolano. La ricchezza, l'abbondanza e la bellezza artistica dei manufatti contrasta fortemente con la linearità e l'assenza di icone del periodo nuragico.
I sardi del VI Millennio a.C. creavano vasi con decorazioni della Dea Madre nelle anse, nel V Millennio realizzavano belle decorazioni cardiali che proseguono nel IV Millennio con l’aggiunta di anse a rocchetto e decorazioni colorate, a volte antropomorfe, nel III Millennio riportavano il colore dei metalli (e del sole e della luna) nei grandi vasi della cultura Ozieri e in quella Monte Claro.
Calcolitico e Bronzo Antico
A cavallo del II Millennio parteciparono alla koinè del campaniforme, un gusto internazionale che si manifestò nel Mediterraneo fino alle Alpi e agli Appennini, ma durante la civiltà nuragica, ossia a partire dalla fine del XVIII a.C., si perde questo gusto creativo e le risorse sono investite nella realizzazione di edifici immensi costruiti in pietra locale. Solo intorno al XI a.C. le ceramiche sarde riprendono un gusto decorativo che le porta a rivaleggiare in bellezza con quelle micenee. La differenza sostanziale fra queste e quelle è facilmente individuabile in tutti i musei: le ceramiche sarde sono incise, le micenee (o comunque levantine) sono dipinte. Proprio in questo periodo la civiltà nuragica pone le basi per una rivoluzione sociale che porterà, a partire dal X a.C., a non costruire più le alte torri, e a trasformare i nuraghi in buono stato di
manutenzione in luoghi di culto. Inizia in quel periodo anche la realizzazione delle prime grandi forme scultoree in arenaria (Monte Prama), e piccole in bronzo (guerrieri, divinità e sacerdoti), rappresentazione di una società divenuta aristocratica e vogliosa di auto-rappresentarsi. Volge al termine il lungo periodo aniconico (ossia privo di immagini) e piccoli nuraghi in pietra, simbolici (circa 1 metro di altezza), sono posti all'interno delle grandi capanne delle riunioni, realizzate a ridosso delle torri, prevalentemente con i materiali di crollo. I nuragici realizzano caratteristiche figure antropomorfe in arte geometrica, barchette simboliche e animali, ottenuti con una tecnica metallurgica difficile e sopraffina: la fusione a cera persa.
La religiosità vede nei riti dell'acqua (vasche) e del fuoco (altari e sacrifici) la massima espressione del culto verso la divinità principale: il Dio rappresentato attraverso le costruzioni ciclopiche. Le due cesure culturali sono individuabili nella facies Sant'Iroxi e nel passaggio dal Bronzo al Ferro. 700 anni di storia che possiamo definire l'età d'oro dei nuraghe.
Esaminiamo cosa accade nei manufatti di questa prima cesura.
Nella facies Sant’Iroxi abbiamo per la prima volta la comparsa di grandi spade (tipo El Argar) al posto dei pugnali. La base di queste pregevoli armi è arrotondata, come quella dei più antichi pugnali, ma la lunghezza arriva fino a 80 cm. Nei nuraghe a corridoio non ci sono reperti della fase Sant’Iroxi, quindi, poiché si assiste ad un cambio epocale, in questo periodo a mio parere potremmo far iniziare il periodo sardo nuragico. A Decimoputzu si sono trovati 180 individui sepolti, ma inizialmente erano circa 250 perché una parte manca completamente.
Bronzo Medio
Le facies Sa Turricula, Monti Mannu e San Cosimo, sono precedute da quella Sant’Iroxi, che propone delle novità ceramiche fondamentali rispetto al passato: assenza del vaso tripode, sostituito da un vaso con 4-5 piedi alla base, e comparsa di bollilatte, con una sorta di risega interna che consente di poggiare il coperchio fra collo e spalla del vaso. Altri elementi importanti di questa facies sono piccoli vasi a colletto riverso a 4 anse (o 2 anse e 2 bugne) che accompagneranno la produzione ceramica fino al Bronzo Finale. Altri elementi proseguono dal Bonnannaro: anse a gomito che col tempo tenderanno a cessare (e con San Cosimo sono in versione differente perché non presentano più la forma classica con l’ansa a gomito).
Non bisogna confondere l’ansa a gomito classica con quella a gomito rovescio che compare nel Bronzo Finale e perdura fino all’orientalizzante del Ferro (con ceramiche tornite e dipinte, tipiche nuragiche).
La fase Sant’Iroxi è studiata a partire dagli scavi del 1990 benché fossero già noti materiali di quella fase (Maria Luisa Ferrarese Ceruti), inseriti erroneamente nel grande calderone del Bronzo Antico (Bonnannaro A-Corona Moltana).
I contenitori sono piccoli (ollette a 4 anse con orlo riverso), e possiamo giustificarli dal fatto che i ritrovamenti sono esclusivamente in contesti sacri: funerari o grotte (Su Moiu di Narcao e Su Benatzu di Santadi) e rientrano quindi nel regime delle offerte di cibi ai defunti: acqua, incenso, miele, latte.
A partire dal Bronzo Medio (e fino al Bronzo Finale), ad esempio a Su Benatzu (nota come grotta Pirosu), si moltiplicano i ritrovamenti di materiali per uso cultuale delle grotte. In questi vasetti compaiono sia l’ansa ad anello che l’ansa a gomito ma non ancora l’ansa a gomito asciforme (quella che risale verso l’alto tipica di Sa Turricula). Questo fatto è strano, perché questa tipologia di ansa compare già nel Campaniforme B (Sulcitano, con decorazioni anche a fasce verticali). Potrebbe essere un’anomalia delle ricerche o dovuta all’ambito funerario, che è quello di Sant’Iroxi (infatti non conosciamo villaggi di questa facies).
I nuraghi a corridoio più antichi (quelli a corridoi passanti) non sono ancora scavati e quindi non abbiamo dati per verificare. Il discorso è comprensibile se si pensa, ad esempio, al Talei di Sorgono che è un nuraghe a corridoio più recente (con camera a piano terra) nel quale sono state trovate ceramiche Sa Turricula. Se ne deduce che i nuraghe a corridoio più antichi dovrebbero presentare materiali più antichi, ma gli scavi ancora non ci danno questa certezza. D’altro canto i materiali sono stati ritrovati nel villaggio, quindi non sappiamo se erano presenti anche all’interno del Talei. In questo nuraghe abbiamo anche vasetti, tazzine e bicchieri tronco-conici ansati (ma anche privi di anse) che continuano per tutto il Bronzo Medio, fino alla facies San Cosimo. I vasi più grandi (olle a collo largo con labbro appiattito) sono di forma arcaica e li troviamo anche nella fase Bonnannaro A.
Con la ceramica Sa Turricula iniziano i contesti sia tombali che insediativi. Continuano i vasetti troncoconici con prese quadrangolari trasversali (a volte bugne) o cilindriche. Compare la decorazione plastica (nervature) con cordoni che partono dall’orlo, e spesso all’interno del collo ci sono le riseghe (si tratta di bollitori). I vasi sono polipedi (i tripodi non ci sono più), hanno il coperchio e presentano delle coppelle, scavate o in rilievo. Abbiamo anche piatti con orlo appiattito, simili a quelli Monte Claro e a volte inseriti erroneamente (come è avvenuto nel Nuraghe Bruncu Maduli di Gesturi) in questa fase proprio perché non si conosceva ancora la facies Sant’Iroxi.
È possibile fare dei confronti precisi di queste tipologie ceramiche di olle biconiche e globulari a tesa interna (pissidi), bollitori e tegami con i materiali delle facies Proto-Appenninica e Appenninica, a dimostrazione delle relazioni ad ampio respiro presenti in questo periodo.
Le anse si trasformano leggermente nella facies successiva, quella denominata San Cosimo, pertanto è abbastanza semplice classificare i materiali di queste tre facies.
Bronzo recente:
In questo periodo abbiamo due fasi: Murru Mannu di Tharros e Antigori.
Nella prima fase abbiamo tegami regolari con solcature che si intrecciano, come già scrisse l’Acquaro (bisogna fare attenzione a non scambiare i frammenti per pezzi appartenenti ad olle a tesa interna). Le superfici sono nere lucide inornate e le forme sono caratterizzate da pareti sottili che non sono testimoniate nel Bronzo Medio, caratterizzato da pareti spesse. Le ciotole carenate hanno anse che si insellano, documentate anche nella successiva fase Antigori. Anche le grandi olle con colletto basso proseguono nella facies Antigori. Gli orci hanno spesso due grandi anse. I bollitori sono simili a quelli dell’Appenninico, a dimostrazione del parallelismo fra Sardegna e Italia peninsulare. Le spalle dei tegami sono concave o oblique, e la decorazione a pettine, che compare nel Bronzo Recente, non compare mai nei tegami delle facies precedenti.
Nella fase Antigori, il labbro è appiattito o obliquo, ma comunque ingrossato e le forme persistono fino al I Ferro. Le anse sono quasi sempre ad anello, e in questa fase la forma dell’ansa è ellittica: allungata e appiattita. Ritroviamo queste anse anche nelle ollette a collo. Queste presentano le anse a orecchia ellittica sulla pancia.
Le conche con labbro ingrossato a spigolo interno presentano generalmente delle piccole anse regolari di forma ellittica. Altre conche hanno labbro a chiodo che tende a diventare triangolare nella parte superiore, ossia ad ingrossarsi. Le scodelle e i calici per il vino somigliano molto ai modelli micenei: sono basse e presentano una piccola bugna come presa.
Le fuseruole discoidali iniziano ad assumere una forma lenticolare. Una caratteristica delle fuseruole è un ciclico cambio di gusto che si ricicla nei vari periodi e bisogna stare attenti alle classificazioni.
I tegami a volte sono decorati anche all’interno, con solcature a pettine o disegni a scacchiera simili a quelli del Bronzo Medio. Alcuni studiosi confondono i tegami con i coperchi delle grandi anfore, e sono proprio le decorazioni che svelano l’utilizzo reale.
Nell’oristanese e nelle zone interne della Sardegna le colorazioni nere e grigio ardesia, tipiche locali, tendono a conservarsi, a differenza del nord e del sud dell’isola dove diminuiscono e si accompagnano alle ceramiche chiare e dipinte, di provenienza greca e micenea IIIB, ad Antigori di Sarroch e al Nuraghe Arrubiu di Orroli ad esempio.
Nelle zone meridionali della Sardegna compaiono olle con labbro quadrangolare, apparentemente arcaico ma le anse ellittiche suggeriscono un inserimento nel Bronzo Recente.
Iniziano anche delle anforette tornite con prese ampie che sembrano legate alla diffusione del vino.
Nel Campidano troviamo olle realizzate con tornio lento, di colore giallo o con tonalità rosate e grigie, con orlo semplice appiattito e 2 o 4 anse allungate.
Iniziano le prime brocchette a orlo piatto, con forma globulare o biconica e bugne forate o solcate.
Le ceramiche decorate a pettine sono realizzate con uno strumento a dentelli che imprime dei piccoli fori sulla superficie A volte le decorazioni sono realizzate con simboli ispirati al sole o al carro, con raggi o a fasce.
Bronzo Finale
Proseguono le ceramiche inornate ma verso la fase finale, e poi nel Ferro, iniziano ceramiche caratterizzate da belle decorazioni incise a spina di pesce o con motivi a piccole coppelle, simili ai vasi del proto-villanoviano.
Conosciamo due fasi (Oristano e Barumini) ma la classificazione è ancora troppo generica: pregeometrica e geometrica.
La fase Oristano si differenzia da quella successiva di Barumini perché è caratterizzata da ceramiche grigie inornate, meno pure dalle belle ceramiche lucide nere e grigio-ardesia. Il gran numero di scodelle suggerisce una maggiore sedentarizzazione della vita della comunità e un buon tenore di vita, almeno alimentare.
Le ciotole carenate con spalla alta e profilo dolce presentano bugne o anse a maniglietta, ad impostazione orizzontale, non presenti nel Bronzo Recente. Continuano le olle, sia a labbro triangolare che quadrangolare. Proseguono anche le anforette con 2 anse a gomito appiattite, e appaiono le ansa e gomito rovescio.
Compaiono le anfore a taglio obliquo e corpo carenato, quasi biconico. In alcuni vasi del centro-nord si notano dei peducci. La decorazione è generalmente sulle anse e sulla spalla.
Tutte queste forme della fase Barumini Surbale si trovano anche nelle fasi della distruzione di Lipari (Ausonio II), pertanto dobbiamo inquadrarle intorno al 850 a.C.
Dalle fonti emerge che l’acropoli di Lipari fu distrutta e abbandonata intorno al 850 a.C. per poi essere riabituata intorno al 650 a.C. ed è interessante trovare tanta presenza sarda (sia con produzione, sia con imitazione delle ceramiche) in quella zona e in quel periodo. Troviamo scodelle a calotta, a volte ombelicate, che presentano sia la bugna ellittica a rilievo sulla spalla, sia una piccola ansa ristretta, che deriva da quelle del Bronzo Recente. La colorazione è rosata e si diffonderà nel Primo Ferro
Le decorazioni, spesso a foglie, sono impresse con punzoni. In alcune anse si notano dei beccucci, per favorire la bevuta dal vaso, ma nel Ferro compaiono anche brocchette a taglio obliquo senza beccuccio. In questa fase abbiamo grandi ciotole biansate a maniglie rialzate con spalle e vasca curvi. Le anforette con bocca piana iniziano nel Bronzo Recente e persistono fino al Ferro trasformandosi in quelle anfore con anse sulla spalla (e non sull’orlo).
Le olle a gomito rovescio caratterizzate da nervature alla base del collo, come quelle di Surbale, vedono motivi a cerchielli semplici impressi a cannuccia che mostrano la fase di passaggio fra Bronzo finale e Primo Ferro.
Le decorazioni del periodo geometrico sono in stretta sintonia con usi, costumi e religiosità della comunità. Abbiamo un cambiamento in ambito religioso con la comparsa di crescenti lunari e altri simboli legati al culto.
Fuseruole, pesi e contrappesi per telaio, alari per spiedi continuano nel loro ciclo di appiattimenti, forme arrotondate e forme discoidali.
Nel Primo Ferro compare un interessante cratere (a Ittireddu), simile a quelli del XII-XI a.C. nel Vicino Oriente (Israele e Palestina), caratterizzati da labbro ingrossato e arrotondato, forma carenata e rastremata verso il basso, anse a gomito, e a volte decorazioni.
A Surbale compare la Pintadera, con varie forme e vari utilizzi, anche come timbri per decorare il pane o come calendari.
Alcune forme interessanti sono state ritrovate a Sardara nella sala del consiglio e nella capanna 1. In quest’ultima si trova un ripostiglio con una grande ciotola a spalla rientrante e ansa appiattita, ad anello, legato alla consacrazione della capanna, al suo rito di fondazione in prossimità dell’ingresso.
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