sabato 15 giugno 2013
Archeologia nuragica a Mogoro: escursione al Nuraghe Cuccurada
Archeologia nuragica a Mogoro: escursione al Nuraghe Cuccurada
di Pierluigi Montalbano
Squilla il telefonino. L’amico Michele Lilliu, leggendario imprenditore agricolo della Marmilla, mi convince ad accompagnarlo in un’escursione a Mogoro, per conoscere Sandra, l’archeologa responsabile del Nuraghe Cuccurada, aperto i giorni scorsi per la fruizione pubblica con un’inaugurazione in grande stile che ha visto un parterre d’eccezione: con il soprintendente Minoja, a presentare al pubblico il poderoso nuraghe posto a controllo di un versante della Marmilla, sono stati gli archeologi Enrico Atzeni, Emerenziana Usai, Riccardo Cicilloni, mentre le visite guidate sono state curate da Sandra Carta e Giuseppina Ragucci.
Dal primo giugno l’area archeologica è visitabile tutti i giorni (escluso il lunedì) con apertura dalle ore 10 fino al 30 settembre. Dopo un breve colloquio con mia moglie Rita, convinco Sara, rientrata proprio ieri da Oxford dopo i corsi di inglese e fotografia, a partire con noi per scattare qualche foto del gigante bruno che si affaccia sopra la cantina mogorese. Yago, osservandoci in silenzio e scodinzolando, conferma la sua presenza alla gita, da buon cane nuragico. Di buon mattino giungiamo al sito, e parcheggiamo l’auto in una delle piazzole destinate ai turisti. Dal bordo dell’altopiano il panorama è a perdita d’occhio: dal Campidano a Monte Arci, con la sua pregiata ossidiana, i colori si susseguono senza soluzione di continuità.
Si distingue la SS 131 con le auto e i camion che sfrecciano, si fa per dire, spezzando il silenzioso equilibrio sonoro di questo immenso territorio che si apre verso l’oristanese. Una poderosa e antica muraglia, realizzata per terrazzare lo strapiombo, offre la possibilità di ammirare la valle in sicurezza, e constatare che i nostri antenati avevano buoni gusti nella scelta dei siti da antropizzare. A valle scorre il Rio Mogoro, testimone indelebile della necessità dell’acqua, per tutti i popoli e in tutte le epoche, garante principale delle possibilità di sopravvivenza delle comunità. Sara inizia a scattare qualche foto proprio quando arrivano Michele e Sandra, i nostri amici che “guideranno” la giornata. Una breve chiacchierata nella sala biglietteria, dove noto l’immancabile book shop, ancora avaro di pubblicazioni, e un bel bar in corso di approntamento, e la visita può iniziare.
La descrizione che segue è tratta dal mio ultimo libro “Sardegna, l’isola dei nuraghi”, nel quale dedico un settore alle schede di una trentina di nuraghi, compreso il Cuccurada.
“L'area archeologica sorge sul ciglio Sud del tavolato basaltico di Sa Struvina, allo sbocco della vallata del Rio Mogoro, in posizione dominante sulla piana campidanese. Da Oristano si percorre la strada per Santa Giusta, si attraversa il paese e all'uscita si imbocca la SS 131 in direzione di Cagliari fino al bivio per Mogoro, al km 62. Si percorre la SP 44 per circa km 2, in corrispondenza del secondo tornante si svolta a sinistra e si percorre una stretta carrareccia che conduce all'area archeologica, circa 500 m. Il nuraghe è ben visibile già dalla SS 131. Fu oggetto di esplorazioni di superficie, negli anni ‘50 del Novecento, da parte di Lilliu e Puxeddu, e di scavi, nel 1994-95 e nel 1996-99, ad opera di Atzeni, Cicilloni, la Ragucci e la Usai. Gli scavi del nuraghe sono ancora in corso.
Il complesso è costituito da un nuraghe (Cuccurada B), una muraglia e una struttura megalitica (Cuccurada A). Cuccurada B è un edificio polilobato impostato su un precedente nuraghe a corridoio. Presenta un bastione con quattro torri raccordate da cortine rettilinee che delimitano un ampio cortile centrale dove si aprono gli accessi ai vani interni. Il nucleo centrale mostra varie fasi costruttive e restauri, e si articola in tre parti. L'edificio a corridoio è situato a Sud-Est e mostra due passaggi ortogonali e due piccole celle contrapposte, una delle quali con copertura tronco-ogivale. Ha due ingressi: uno a Ovest sul cortile e l'altro a Est murato da un rifascio. L'ala Nord è articolata su due piani, con un corridoio-scala a copertura piatta che conduce ad un pianerottolo per poi risalire verso una camera rotonda bilobata con nicchia a Nord-Ovest. Il bastione polilobato si innesta su questa struttura attraverso due muri rettilinei di raccordo della torre Nord con la struttura a corridoio a Est, e con due torri: una ellittica con tholos, sopraelevata rispetto al cortile; l’altra circolare, accessibile attraverso un corridoio, con una celletta e due piccole nicchie. Una cortina rettilinea collega le torri, formando un cortile nel quale si sono individuati resti di capanne del Bronzo Finale che poggiano su murature del Bronzo Recente. Altre capanne sono state messe in luce all'esterno della cortina Sud-Est. Un possente rifascio rafforza il monumento in corrispondenza della struttura a corridoio, quest'ultima potenziata da un ulteriore rifascio. Lo scavo della camera di una torre ha restituito un'interessante stratigrafia dal Bronzo Recente al I Ferro, e di riuso medievale. Risale al I Ferro un bottone conico nuragico, con una scena di caccia: un personaggio armato che trafigge un muflone azzannato da un cane.
Nel corridoio d'ingresso al cortile è stata trovata una stipe votiva del IV d.C. con resti animali e oggetti (spilloni, crinali in osso, lucerne, monete in bronzo) che testimoniano un riuso cultuale del monumento. Sul margine dell'altopiano, a 15 m a Sud-Ovest di Cuccurada B, residua il tratto di una muraglia lunga 8 metri in opera ciclopica di basalto, dotata di un piccolo ingresso architravato. La muraglia potrebbe risalire, al 2400-2100 a.C. La struttura Cuccurada A sorge sull'estremo ciglio Sud del pianoro. Ha pianta sub-ellittica con asse maggiore Nord-Sud (25.8x11.8 metri). Nell'area archeologica si segnalano anche rinvenimenti isolati di materiali Ozieri (3200 - 2800 a.C.) che attestano stretti contatti con l'insediamento di Puisteris, situato sull'altra riva del Rio Mogoro”.
Nel cortile interno ascoltiamo la descrizione degli scavi raccontata da Sandra ma il sole è ormai alto, e i suoi raggi colpiscono in pieno, riscaldandola, l'area nella quale ci troviamo. Al contrario, all'interno delle torri la temperatura era gradevole, tanto che una tholos è stata scelta da Arturo, l'immancabile pipistrello locale. Non posso fare a meno di notare la distesa di conci in basalto scuro e marna chiara, disposti ordinatamente al lato del nuraghe.
Mensoloni, macine, pietre sagomate a martellina, massi con incastri e altri con coppelle, testimony di una civiltà in grado di edificare con perizia strutture maestose in grado di restare in piedi per oltre 3000 anni. La visita è finita, rientriamo a Cagliari certi di aver "toccato con mano" un'altro prodigio dell'antica civiltà nuragica. Salutiamo Sandra con la promessa di inserire il sito fra le mete della prossima stagione di escursioni nell’ambito della rassegna “Viaggio nella Storia”, che in Autunno inizierà la sua 8° stagione consecutive.
Tutte le foto sono di Sara Montalbano.
Nell'ultima foto, in basso, c'è Arturo...il pipistrello di Mogoro.
Il corsivo del testo è tratta dal libro “Sardegna, l’isola dei nuraghi”, Capone Editore.
di Pierluigi Montalbano
Squilla il telefonino. L’amico Michele Lilliu, leggendario imprenditore agricolo della Marmilla, mi convince ad accompagnarlo in un’escursione a Mogoro, per conoscere Sandra, l’archeologa responsabile del Nuraghe Cuccurada, aperto i giorni scorsi per la fruizione pubblica con un’inaugurazione in grande stile che ha visto un parterre d’eccezione: con il soprintendente Minoja, a presentare al pubblico il poderoso nuraghe posto a controllo di un versante della Marmilla, sono stati gli archeologi Enrico Atzeni, Emerenziana Usai, Riccardo Cicilloni, mentre le visite guidate sono state curate da Sandra Carta e Giuseppina Ragucci.
Dal primo giugno l’area archeologica è visitabile tutti i giorni (escluso il lunedì) con apertura dalle ore 10 fino al 30 settembre. Dopo un breve colloquio con mia moglie Rita, convinco Sara, rientrata proprio ieri da Oxford dopo i corsi di inglese e fotografia, a partire con noi per scattare qualche foto del gigante bruno che si affaccia sopra la cantina mogorese. Yago, osservandoci in silenzio e scodinzolando, conferma la sua presenza alla gita, da buon cane nuragico. Di buon mattino giungiamo al sito, e parcheggiamo l’auto in una delle piazzole destinate ai turisti. Dal bordo dell’altopiano il panorama è a perdita d’occhio: dal Campidano a Monte Arci, con la sua pregiata ossidiana, i colori si susseguono senza soluzione di continuità.
Si distingue la SS 131 con le auto e i camion che sfrecciano, si fa per dire, spezzando il silenzioso equilibrio sonoro di questo immenso territorio che si apre verso l’oristanese. Una poderosa e antica muraglia, realizzata per terrazzare lo strapiombo, offre la possibilità di ammirare la valle in sicurezza, e constatare che i nostri antenati avevano buoni gusti nella scelta dei siti da antropizzare. A valle scorre il Rio Mogoro, testimone indelebile della necessità dell’acqua, per tutti i popoli e in tutte le epoche, garante principale delle possibilità di sopravvivenza delle comunità. Sara inizia a scattare qualche foto proprio quando arrivano Michele e Sandra, i nostri amici che “guideranno” la giornata. Una breve chiacchierata nella sala biglietteria, dove noto l’immancabile book shop, ancora avaro di pubblicazioni, e un bel bar in corso di approntamento, e la visita può iniziare.
La descrizione che segue è tratta dal mio ultimo libro “Sardegna, l’isola dei nuraghi”, nel quale dedico un settore alle schede di una trentina di nuraghi, compreso il Cuccurada.
“L'area archeologica sorge sul ciglio Sud del tavolato basaltico di Sa Struvina, allo sbocco della vallata del Rio Mogoro, in posizione dominante sulla piana campidanese. Da Oristano si percorre la strada per Santa Giusta, si attraversa il paese e all'uscita si imbocca la SS 131 in direzione di Cagliari fino al bivio per Mogoro, al km 62. Si percorre la SP 44 per circa km 2, in corrispondenza del secondo tornante si svolta a sinistra e si percorre una stretta carrareccia che conduce all'area archeologica, circa 500 m. Il nuraghe è ben visibile già dalla SS 131. Fu oggetto di esplorazioni di superficie, negli anni ‘50 del Novecento, da parte di Lilliu e Puxeddu, e di scavi, nel 1994-95 e nel 1996-99, ad opera di Atzeni, Cicilloni, la Ragucci e la Usai. Gli scavi del nuraghe sono ancora in corso.
Il complesso è costituito da un nuraghe (Cuccurada B), una muraglia e una struttura megalitica (Cuccurada A). Cuccurada B è un edificio polilobato impostato su un precedente nuraghe a corridoio. Presenta un bastione con quattro torri raccordate da cortine rettilinee che delimitano un ampio cortile centrale dove si aprono gli accessi ai vani interni. Il nucleo centrale mostra varie fasi costruttive e restauri, e si articola in tre parti. L'edificio a corridoio è situato a Sud-Est e mostra due passaggi ortogonali e due piccole celle contrapposte, una delle quali con copertura tronco-ogivale. Ha due ingressi: uno a Ovest sul cortile e l'altro a Est murato da un rifascio. L'ala Nord è articolata su due piani, con un corridoio-scala a copertura piatta che conduce ad un pianerottolo per poi risalire verso una camera rotonda bilobata con nicchia a Nord-Ovest. Il bastione polilobato si innesta su questa struttura attraverso due muri rettilinei di raccordo della torre Nord con la struttura a corridoio a Est, e con due torri: una ellittica con tholos, sopraelevata rispetto al cortile; l’altra circolare, accessibile attraverso un corridoio, con una celletta e due piccole nicchie. Una cortina rettilinea collega le torri, formando un cortile nel quale si sono individuati resti di capanne del Bronzo Finale che poggiano su murature del Bronzo Recente. Altre capanne sono state messe in luce all'esterno della cortina Sud-Est. Un possente rifascio rafforza il monumento in corrispondenza della struttura a corridoio, quest'ultima potenziata da un ulteriore rifascio. Lo scavo della camera di una torre ha restituito un'interessante stratigrafia dal Bronzo Recente al I Ferro, e di riuso medievale. Risale al I Ferro un bottone conico nuragico, con una scena di caccia: un personaggio armato che trafigge un muflone azzannato da un cane.
Nel corridoio d'ingresso al cortile è stata trovata una stipe votiva del IV d.C. con resti animali e oggetti (spilloni, crinali in osso, lucerne, monete in bronzo) che testimoniano un riuso cultuale del monumento. Sul margine dell'altopiano, a 15 m a Sud-Ovest di Cuccurada B, residua il tratto di una muraglia lunga 8 metri in opera ciclopica di basalto, dotata di un piccolo ingresso architravato. La muraglia potrebbe risalire, al 2400-2100 a.C. La struttura Cuccurada A sorge sull'estremo ciglio Sud del pianoro. Ha pianta sub-ellittica con asse maggiore Nord-Sud (25.8x11.8 metri). Nell'area archeologica si segnalano anche rinvenimenti isolati di materiali Ozieri (3200 - 2800 a.C.) che attestano stretti contatti con l'insediamento di Puisteris, situato sull'altra riva del Rio Mogoro”.
Nel cortile interno ascoltiamo la descrizione degli scavi raccontata da Sandra ma il sole è ormai alto, e i suoi raggi colpiscono in pieno, riscaldandola, l'area nella quale ci troviamo. Al contrario, all'interno delle torri la temperatura era gradevole, tanto che una tholos è stata scelta da Arturo, l'immancabile pipistrello locale. Non posso fare a meno di notare la distesa di conci in basalto scuro e marna chiara, disposti ordinatamente al lato del nuraghe.
Mensoloni, macine, pietre sagomate a martellina, massi con incastri e altri con coppelle, testimony di una civiltà in grado di edificare con perizia strutture maestose in grado di restare in piedi per oltre 3000 anni. La visita è finita, rientriamo a Cagliari certi di aver "toccato con mano" un'altro prodigio dell'antica civiltà nuragica. Salutiamo Sandra con la promessa di inserire il sito fra le mete della prossima stagione di escursioni nell’ambito della rassegna “Viaggio nella Storia”, che in Autunno inizierà la sua 8° stagione consecutive.
Tutte le foto sono di Sara Montalbano.
Nell'ultima foto, in basso, c'è Arturo...il pipistrello di Mogoro.
Il corsivo del testo è tratta dal libro “Sardegna, l’isola dei nuraghi”, Capone Editore.
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