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sabato 26 gennaio 2013

L’imperatore di Spagna Carlo V sbarca a Cagliari.

L’imperatore di Spagna Carlo V sbarca a Cagliari.
di Maurizio Corona



“Sabato 12 giugno dell’anno del Signore 1535.

Per la città di Cagliari è un giorno speciale. Quasi tutti i suoi abitanti si sono assiepati vocianti sulle banchine del porto e lungo il Carrer de Barselona nel quartiere di Lapola. Vogliono vedere, magari soltanto scorgere, l’imperatore Carlo V, che, accolto dalle più alte cariche cittadine, è appena sbarcato in città con il suo sfarzoso seguito di grandi personaggi.
Nelle acque del Golfo degli Angeli si è radunata l’imponente flotta cristiana, giunta da ogni parte del Mediterraneo occidentale. L’Imperatore spagnolo ha dato ordine ai suoi alleati di fare vela su Cáller, «que es la cabeça deste reyno», come lui la definisce in una lettera scritta alla moglie Isabella di Portogallo quello stesso 12 giugno dopo essere risalito a bordo della sontuosa bastarda dell’ammiraglio genovese Andrea Doria, che gliela mise a disposizione per l’intera durata della campagna militare.
Immaginiamo quale stupore e quale impressione destò nei Cagliaritani lo spettacolo che si presentò ai loro occhi in quei giorni: il golfo era punteggiato dai mille colori delle navi dei Regni di Spagna e di Portogallo, di Napoli e della Sicilia, della Repubblica di Genova e del Ducato di Milano, dello Stato della Chiesa e dei Cavalieri di Malta. Galee, galeotte, galeoni, bastarde, caracche, caravelle, fuste e molte altre navi destinate al trasporto di munizioni e viveri erano alla fonda davanti alla loro città. Erano lì ancorate in attesa di ricevere l’ordine di fare rotta verso Tunisi, covo e roccaforte di Khair ed-Din, che il sultano Solimano il Magnifico aveva da poco nominato kapudan-i daryâ, vale a dire grande ammiraglio della flotta ottomana.
Khair ed- Din, Il Protettore della Fede, come veniva chiamato dai musulmani, nell’estate del 1534 si era impadronito di Tunisi sottraendola al sovrano hafsida Mulay Hasan. Da quel momento era diventato un vero e proprio incubo per Carlo V. La città barbaresca era in posizione ideale per controllare il canale di Sicilia e con esso il passaggio di ogni nave tra i due bacini del Mediterraneo. Una piazzaforte di quel genere non poteva essere lasciata nelle mani del braccio armato del sultano ottomano, dello spietato Barbarossa. Così, infatti, continuavano a chiamarlo i cristiani, che sin dal 1518 avevano imparato ad associare a quel nome le più efferate razzie e devastazioni compiute sui lidi di tutto il Mediterraneo occidentale.
Davanti a Caller si radunò, quindi, tra la prima e la seconda decade di giugno del 1535, la flotta cristiana e da lì salpò il giorno 14 verso Tunisi. Alla campagna militare per la riconquista della città barbaresca l’Imperatore spagnolo, ottenuto l’appoggio del papa Paolo III, conferì il carattere sacrale di Crociata. Vi impegnò ingenti risorse finanziarie, tra cui gli enormi proventi in oro e argento affluiti da oltreoceano dopo la vittoria su Atahualpa, l’ultimo re inca, fatto garrottare da Francisco Pizarro il 26 luglio 1533 nella città andina di Cajamarca.
Di quell’episodio, che possiamo considerare storico e che tanto appassionò ed entusiasmò i Cagliaritani, oggi rimangono soltanto labili tracce: una lapide incassata nell’Antico Palazzo di Città e il cosiddetto pulpito di Carlo V, collocato nell’atrio della chiesa di San Michele.


L’evento del 12 giugno 1535 è qui il pretesto per far rivivere, in una singolare ricostruzione artistica di Giorgio Albertini, la città di Cagliari così come apparve quel giorno all’Imperatore spagnolo.
Ai più accorti non è certamente sfuggito che il colorato dipinto si ispira al celebre disegno inserito nella Sardiniae brevis historia et descriptio dell’avvocato, teologo e letterato cagliaritano Sigismondo Arquer, uno dei più noti intellettuali sardi del Cinquecento. Il trattatello storico-geografico fu scritto di getto, in poco più di un mese, nella primavera del 1549, dall’allora diciannovenne Arquer e fu inserito nella prima edizione in lingua latina della Cosmographia universalis di Sebastian Münster, pubblicata a Basilea nel 1550. In quel secolo, in Europa, l’opera di Münster fu uno dei libri più letti e di successo, un vero e proprio best seller, superato in popolarità soltanto dalla Bibbia.

L’enorme diffusione della Cosmographia universalis diede notorietà anche alla veduta di Cagliari inserita nella Breve storia e descrizione della Sardegna dell’Arquer. Il disegno fu ripreso in tante altre rappresentazioni della città stampate nella seconda metà del Cinquecento e nel secolo successivo. A lungo si continuò a raffigurare Cagliari così come appariva nella Sardiniae brevis historia et descriptio. In nessuna delle riproduzioni successive si tenne conto dei cambiamenti urbani e delle nuove opere realizzate lungo la sua cinta muraria per rafforzarne le difese adeguandole all’evoluzione dei sistemi di tiro in artiglieria. Furono innalzati bastioni e contrafforti, cortine e rivellini, tutti correlati all’affermarsi delle nuove fortificazioni difensive di tipo obliquo.
La certosina ricostruzione della città, frutto della sapiente matita di Giorgio Albertini, apprezzato illustratore storico anche oltre i confini nazionali, mostra ai Cagliaritani del Terzo Millennio l’inconfondibile aspetto di Caller nella prima metà del Cinquecento, contrassegnato dalle massicce torri che ancora oggi svettano nello storico quartiere di Castello. L’osservatore più attento potrà individuare il Torrione di Levante e il Bastione di Sant’Agostino, eretti a protezione del bacino portuale per volere del viceré Antonio de Cardona. Entrambi furono completati proprio nel 1535: il primo, a oriente, di forma circolare, assumerà nel Seicento il nome di Torrione di Gesus, perché contiguo alla chiesa e convento di Santa Maria di Gesus dei Minori Osservanti; il secondo, a occidente, squadrato, prendeva il nome dal vicino convento degli Agostiniani, situato allora dove oggi sorge il Palazzo Accardo, nel Largo Carlo Felice all’angolo con via Crispi. Dedicando attenzione ai particolari sarà facile scorgere l’antica Porta Cavana, che immetteva nell’appendice di Villanova e che scomparve agli inizi dell’Ottocento; oggi ne è rimasta testimonianza nel retablo raffigurante l’arresto di San Lussorio conservato nella chiesa di San Cesello, nell’attuale via San Giovanni. In molti susciterà interesse l’antica palisada, che caratterizzò l’ingresso del porto di Cagliari per oltre tre secoli, dall’epoca della dominazione pisana sino al 1581 quando, ormai cadente, fu demolita.
Altre curiosità saranno svelate nel volumetto Caller 1535, di imminente pubblicazione. Sarà un compendio di notizie e rarità sui principali siti, monumenti ed edifici della città riportati in vita dal paziente pennello di Giorgio Albertini. Vi si potrà leggere un ritratto accurato dell’enfant prodige Sigismondo Arquer, personaggio che ebbe una vita avventurosa tragicamente conclusasi sul rogo per mano dell’Inquisizione. Un particolare approfondimento sarà riservato ai luoghi e ai manufatti di Cagliari che conservano traccia dell’arrivo in città dell’Imperatore spagnolo. La narrazione di episodi e circostanze inedite di quel breve soggiorno contribuirà a fare luce su un frammento della cosiddetta Storia minore, sale e nutrimento di quella maggiore.


La colorata veduta di Giorgio Albertini, in realtà, è solo l’inizio, il prologo, di un intrigante viaggio nel passato per rievocare l’affascinante duello tra Carlo V e il suo eccezionale avversario Khair ed-Din, ancora oggi venerato dai turchi come Il Re del Mare. La crociata contro Tunisi fu l’ennesimo capitolo dell’aspra lotta tra cristiani e musulmani, tra la Croce e la Mezzaluna, per il dominio del Mediterraneo. Sul suolo dell’antica Cartagine l’Imperatore spagnolo ebbe la meglio sul suo grande rivale che riuscì però a eludere l’accerchiamento nemico e a mettersi in salvo lasciando Tunisi prima che la città si arrendesse. Tre anni dopo, il 27 e il 28 settembre del 1538, Khair ed-Din si prese la sua grande rivincita infliggendo una pesante sconfitta alla flotta della Lega cristiana. Lo scontro avvenne nelle acque ioniche a nord dell’isola greca di Santa Maura, nel braccio di mare prospiciente la base navale ottomana di Prévesa, situata all’estremità meridionale della penisola che chiude il Golfo di Arta. Lì, in vista del celebre promontorio di Azio, dove nel 30 a. C. Ottaviano disperse le navi di Antonio e Cleopatra, l’ammiraglio di Solimano il Magnifico inaugurò gli anni della supremazia turca sul Mediterraneo destinata a protrarsi sino alla fatidica battaglia di Lepanto.
Quando per scrivere La rivolta di Ampsicora svolsi accurate ricerche per ricostruire quell’importante frammento della storia della Sardegna mi meravigliò non poco che agli storici di professione fossero sfuggiti molti significativi aspetti di quella cruciale vicenda della seconda guerra punica. Oggi, nel mettere insieme le copiose notizie fornite dalle fonti sulla spedizione militare del 1535 contro Tunisi, provo lo stesso stupore. Trovo laconici e incompleti i resoconti degli storici sardi sull’arrivo di Carlo V e della sua armada nelle acque del Golfo degli Angeli. Poco o nulla è riportato sulla composizione della flotta cristiana, sulle magnifiche navi che ne facevano parte, sui grandi personaggi che vi erano imbarcati, sul soggiorno dell’Imperatore spagnolo in città e sui luoghi da lui visitati. Ho constatato persino che alcune tra le più significative testimonianze di chi partecipò all’evento sono state del tutto trascurate.
Ma, più che stupirmi, dovrei dare ragione a Erik Durschmied, il grande corrispondente di guerra della BBC, che in uno dei suoi apprezzati best seller ammonisce: «Il passato offre due certezze: primo, non cambia mai; secondo, c’è sempre qualcosa da scoprire».”
(Tratto da Maurizio Corona, Caller 1535, Akademeia, 2012, per gentile concessione dell’Autore)

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2 commenti:

  1. Ho studiato abbastanza questi fatti. Il tentativo di Carlo V contro Tunisi fece cilecca. Carlo V era arrivato a Cagliari dopo una permanenza di un solo giorno ad Alghero, che ha lasciato imperitura traccia nei racconti locali, anche per quella frase (Estote) todo caballeros detta ddall'imperatore guardando dalla finestrella del palazzo in cui alloggiò in Piazza civica i villivi locali. L'estote è stato aggiunto localmente per avvalorare la tesi che per l'imperatore fossero tutti cavalieri. E' invece da considerare una frase di scherno e derisione alla vista di un popolino in agitazione per la visita imperiale.
    La realtà storica è che Carlo V come un secolo dopo il re di Francia nulla potè fare di risolutiv contro il Barbarossa, molto superiore in intelligenza, tecniche belliche e superiorità navale rispetto all'Europa cristiana di quel tempo. Ma c'è troppo da scrivere, rimando alle mie pubblicazioni sul tema.

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  2. leggo questo bel articolo, dopo aver letto un'articolo di oggi, sull'unione sarda, sembra una revisione di questo... ma con diverso autore

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