venerdì 25 gennaio 2013
Archeologia subacquea. Relitti sommersi
I relitti sommersi,
di Pierluigi Montalbano
Nel Satyricon di Petronio si legge: "...la tempesta, fedele esecutrice di ciò che il destino comanda, porta via tutto quel che resta alla nave; non vi sono più alberi, né timoni, né cordami, né remi: massa informe e desolata, il naviglio se ne va in balia delle onde. Subito accorsero dei pescatori su scafi leggeri in cerca di preda. Ma, quando videro persone vive e pronte a difendere i propri beni, la loro crudele avidità cedette a offerte di aiuto. Ed ecco udiamo uno strano mugolio, quasi un lamento di belva prigioniera, che usciva dalla cabina del magister. Ci lasciamo guidare da quel suono, e troviamo Eumolpo (figlio di Poseidone), seduto dinanzi a una pergamena immensa su cui andava accumulando versi. Con la morte alla gola quel pazzo aveva trovato il tempo di stendere un poema sulla distruzione di Troia. Lo portiamo via di là che urla e protesta, gli gridiamo di non far follie. Lui, furioso di essere stato interrotto, strepita: lasciatemi terminare la frase, sto facendo l'ultimo sforzo per finire”
Vele, sandali (relitto di Comacchio), panieri di vimini (Gelydonia, Ulu Burun, Marsala), mandorle (Kyrenia), grembiuli di cuoio (Comacchio), foglie d'olivo, canapa indiana (Marsala), nocciole (Albenga, Lipari), ramoscelli (Giens), paglia (Giannutri) e altri materiali organici deperibili provengono da scavi archeologici sottomarini, ma chissà quante pergamene si sono dissolte nei fondali prima di illuminarci sul passato: scritti trasportati a bordo delle navi, testi brevi, relativi più al mondo del commercio e del diritto, che alla letteratura epica.
Tuttavia è certo che anche opere letterarie furono concepite in mare, come nel caso sopra menzionato nel Satyricon. Cicerone ci informa che l'opera “Topica” fu iniziata a bordo di una nave in navigazione dopo Velia, e che nel percorso marittimo verso la Cilicia dopo Samo, il medesimo, divenuto governatore, modificò il testo dell'editto provinciale, che avrebbe dovuto pubblicare al momento del suo ingresso in provincia.
Le testimonianze archeologiche subacquee sono rare, ma un relitto degli anni sessanta, a 50 m di profondità al largo della Tonnara di S. Vito Lo Capo, nei pressi di Palermo, contiene numerose copie del Corano, che nel buio e nel fango della stiva hanno superato decenni di immersione nell'acqua salmastra.
Fonti antiche ci parlano di un commercio librario transmarino, come quello che coinvolse Platone che incaricò di acquistare in Sicilia, per diecimila denari versati da Dione, le opere filosofiche di Filolao, introvabili in Grecia. O quello attestato dai libri a bordo delle navi che approdavano ad Alessandria. Tolomeo Filadelfo (285-246 a.C.), ordinò che venissero ricopiati da scrivani degli uffici doganali tutti i libri in transito ad Alessandria, e che gli originali fossero trattenuti per la Biblioteca e ai viaggiatori venissero restituite soltanto le copie. Il più antico materiale scrittorio fu rinvenuto a Ulu Burun, in Turchia. Risale al 1350 a.C. e dimostra la possibilità della conservazione sul fondo marino di reperti organici assai deperibili. Si tratta di una tavoletta cerata lignea con cerniere in avorio. Purtroppo la cera della superficie scrittoria è del tutto abrasa, evidenziando le linee incrociate incise per favorire l'adesione della gomma al legno.
La composizione del carico relitto di Ulu Burun trova riscontro nelle lettere di Tell Amarna e in raffigurazioni tombali egiziane coeve, che rappresentano l'arrivo di navi levantine in Egitto e dimostrano l'usuale impiego del dittico in questione per registrare i prodotti imbarcati. Di grande interesse è valutare il ruolo esercitato dal commercio marittimo nella diffusione della scrittura. La sorprendente assenza di volumina nei papiri micenei è stata già notata e appare impossibile che segni in lineare B, oltre che su tavolette, non siano stati tracciati su papiro.
La capacità del fango o della sabbia del fondo di conservare reperti organici potrebbe offrire la prova mancante. Verosimilmente i viaggi a cavallo fra Bronzo e Ferro suggerirono la stesura dei poemi omerici e il trasporto per mare dei testi, utilizzati dagli esploratori che localizzavano nei siti raggiunti, le imprese che descrivevano.
Una delle più accreditate ipotesi sull'origine della scrittura nel mondo Egeo vede le cretule impresse con simboli o nomi di consegnatari, di generi e quantità di prodotti forniti.
Tali cretule furono realizzate per rendere conto di derrate palaziali affidate a esibitori di validi contrassegni corrispondenti ai prodotti forniti da chi li custodiva per conto dell'autorità, che poteva così trasmettere i suoi simboli senza il continuo ricorso alla parola parlata.
Oggetti miniaturistici e calculi in terracotta per il computo (tokens), che precorrerebbero i segni impressi e i simboli successivamente tracciati sulla tavoletta d'argilla, furono nel mondo orientale talvolta contenuti in bolle sferiche d'argilla (bullae), che venivano spezzate per verifica del contenuto in caso di contestazione in merito ai segni tracciati o impressi sulla superficie esterna.
A queste origini si ricollega la forma a cuscinetto della tavoletta d'argilla, che talvolta conteneva un duplicato nascosto all'interno. Col medesimo principio, nonostante la grande distanza nel tempo e nello spazio, fu ideata la doppia scritturazione sigillata su tavolette lignee dei documenti dell'età greco romana.
di Pierluigi Montalbano
Nel Satyricon di Petronio si legge: "...la tempesta, fedele esecutrice di ciò che il destino comanda, porta via tutto quel che resta alla nave; non vi sono più alberi, né timoni, né cordami, né remi: massa informe e desolata, il naviglio se ne va in balia delle onde. Subito accorsero dei pescatori su scafi leggeri in cerca di preda. Ma, quando videro persone vive e pronte a difendere i propri beni, la loro crudele avidità cedette a offerte di aiuto. Ed ecco udiamo uno strano mugolio, quasi un lamento di belva prigioniera, che usciva dalla cabina del magister. Ci lasciamo guidare da quel suono, e troviamo Eumolpo (figlio di Poseidone), seduto dinanzi a una pergamena immensa su cui andava accumulando versi. Con la morte alla gola quel pazzo aveva trovato il tempo di stendere un poema sulla distruzione di Troia. Lo portiamo via di là che urla e protesta, gli gridiamo di non far follie. Lui, furioso di essere stato interrotto, strepita: lasciatemi terminare la frase, sto facendo l'ultimo sforzo per finire”
Vele, sandali (relitto di Comacchio), panieri di vimini (Gelydonia, Ulu Burun, Marsala), mandorle (Kyrenia), grembiuli di cuoio (Comacchio), foglie d'olivo, canapa indiana (Marsala), nocciole (Albenga, Lipari), ramoscelli (Giens), paglia (Giannutri) e altri materiali organici deperibili provengono da scavi archeologici sottomarini, ma chissà quante pergamene si sono dissolte nei fondali prima di illuminarci sul passato: scritti trasportati a bordo delle navi, testi brevi, relativi più al mondo del commercio e del diritto, che alla letteratura epica.
Tuttavia è certo che anche opere letterarie furono concepite in mare, come nel caso sopra menzionato nel Satyricon. Cicerone ci informa che l'opera “Topica” fu iniziata a bordo di una nave in navigazione dopo Velia, e che nel percorso marittimo verso la Cilicia dopo Samo, il medesimo, divenuto governatore, modificò il testo dell'editto provinciale, che avrebbe dovuto pubblicare al momento del suo ingresso in provincia.
Le testimonianze archeologiche subacquee sono rare, ma un relitto degli anni sessanta, a 50 m di profondità al largo della Tonnara di S. Vito Lo Capo, nei pressi di Palermo, contiene numerose copie del Corano, che nel buio e nel fango della stiva hanno superato decenni di immersione nell'acqua salmastra.
Fonti antiche ci parlano di un commercio librario transmarino, come quello che coinvolse Platone che incaricò di acquistare in Sicilia, per diecimila denari versati da Dione, le opere filosofiche di Filolao, introvabili in Grecia. O quello attestato dai libri a bordo delle navi che approdavano ad Alessandria. Tolomeo Filadelfo (285-246 a.C.), ordinò che venissero ricopiati da scrivani degli uffici doganali tutti i libri in transito ad Alessandria, e che gli originali fossero trattenuti per la Biblioteca e ai viaggiatori venissero restituite soltanto le copie. Il più antico materiale scrittorio fu rinvenuto a Ulu Burun, in Turchia. Risale al 1350 a.C. e dimostra la possibilità della conservazione sul fondo marino di reperti organici assai deperibili. Si tratta di una tavoletta cerata lignea con cerniere in avorio. Purtroppo la cera della superficie scrittoria è del tutto abrasa, evidenziando le linee incrociate incise per favorire l'adesione della gomma al legno.
La composizione del carico relitto di Ulu Burun trova riscontro nelle lettere di Tell Amarna e in raffigurazioni tombali egiziane coeve, che rappresentano l'arrivo di navi levantine in Egitto e dimostrano l'usuale impiego del dittico in questione per registrare i prodotti imbarcati. Di grande interesse è valutare il ruolo esercitato dal commercio marittimo nella diffusione della scrittura. La sorprendente assenza di volumina nei papiri micenei è stata già notata e appare impossibile che segni in lineare B, oltre che su tavolette, non siano stati tracciati su papiro.
La capacità del fango o della sabbia del fondo di conservare reperti organici potrebbe offrire la prova mancante. Verosimilmente i viaggi a cavallo fra Bronzo e Ferro suggerirono la stesura dei poemi omerici e il trasporto per mare dei testi, utilizzati dagli esploratori che localizzavano nei siti raggiunti, le imprese che descrivevano.
Una delle più accreditate ipotesi sull'origine della scrittura nel mondo Egeo vede le cretule impresse con simboli o nomi di consegnatari, di generi e quantità di prodotti forniti.
Tali cretule furono realizzate per rendere conto di derrate palaziali affidate a esibitori di validi contrassegni corrispondenti ai prodotti forniti da chi li custodiva per conto dell'autorità, che poteva così trasmettere i suoi simboli senza il continuo ricorso alla parola parlata.
Oggetti miniaturistici e calculi in terracotta per il computo (tokens), che precorrerebbero i segni impressi e i simboli successivamente tracciati sulla tavoletta d'argilla, furono nel mondo orientale talvolta contenuti in bolle sferiche d'argilla (bullae), che venivano spezzate per verifica del contenuto in caso di contestazione in merito ai segni tracciati o impressi sulla superficie esterna.
A queste origini si ricollega la forma a cuscinetto della tavoletta d'argilla, che talvolta conteneva un duplicato nascosto all'interno. Col medesimo principio, nonostante la grande distanza nel tempo e nello spazio, fu ideata la doppia scritturazione sigillata su tavolette lignee dei documenti dell'età greco romana.
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Interessante commento su un aspetto troppo spesso trascurato dell'archeologia marina o marittima o subacquea che dir si voglia. Il commercio, trasporto o in oogni caso la presenza a bordo di testi amministrativi o molto più raramente di altro genere non è mai, per quanto ne so, stata fatta oggetto di uno studio particolare. Solo qualche sporafico commento. Non so poi se i corani di S.Vito lo Capo siano stati restaurati, chiederò agli amici Sebastiano Tusa e Gianfranco Purpura. Ricordo che 12 anni fa, nelle pieghe di un importante congresso, Tusa mi portò a Trapani a vedere e fotografare il materiale di S.Vito lo Capo per studiarlo, ma non mi parlò di questi corani.
RispondiEliminaI Corani sono con la copertura plastica /1970 ca,, e sono finiti nelle case dei palermitani.. Ho avuto la fortuna di avere una foto in bianco e nero tanti anni fa.. e la Soprintendenza sta facendo restaurare un libro rinvenuto a Mazzara del Vallo.
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