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mercoledì 18 marzo 2015

Scoperta la tomba di Amsicora? No, è il sepolcro dei 300 guerrieri

Scoperta la tomba di Amsicora? No, è il sepolcro dei 300 guerrieri
di Marcello Polastri

Amsicora e il suo temutissimo esercito erano terribili ma stavolta c’entrano ben poco con il sito archeologico nascosto dal cavalcavia di San Sperate. I protagonisti di quest’area non sono neppure i 300 uomini dell’esercito di Leonida I Re di Sparta che non ebbe a che fare direttamente con la Sardegna. Gli uomini sepolti nel sud Sardegna, nell’area oggi occupata dal ponte di cemento al Km 15.600 della statale sarda 131, sono antichissimi, quasi certamente preistorici. Mica bazzecole!
Oggi sopra e sotto il cavalcavia situato alle porte di San Sperate, sfrecciano le auto ma c’è chi rallenta, sia per accedere nel parcheggio del vicino Centro commerciale e sia perchè, incuriosito da quella specie di “recinto per pecore” situato all’ombra del cavalcavia, cerca di sbirciare
nel sito.
La curiosità è tanta ma, di sicuro, automobilisti e pedoni non conoscono la storia della Tomba dei 300. Chiariamolo: il sepolcro collettivo  non ha niente a che fare con la leggenda popolare che colloca qui i resti dei 12.000 guerrieri dell’esercito punico impegnato in un disastroso  combattimento, nel sud Sardegna. Dunque, fantasie a parte, chi erano i trecento?

A fornirci una risposta è stato il professor Giovanni Ugas, archeologo che indagò questo importante sito nel 1984. Nella sua pubblicazione  San Sperate dalle origini ai baroni (1993), Ugas ipotizza un episodio di “mortalità collettiva“, una presunta epidemia all’origine della morte degli individui sepolti in quest’area il cui nome è ben noto ai sardi veraci come “Su Fraigu“.
La località è anche nota per i suoi ruderi d’età punico-romana, i resti medievali e per l’esistenza di una più ampia necropoli preistorica.
Il posto è un vero tesoro archeologico: alcune tombe calcolitiche sono di cultura Monte Claro, molto simili alle sepolture indagate a Cagliari, nella zona di Sa Duchessa, dall’archeologo Enrico Atzeni.
Procediamo con ordine, ripercorriamo la storia. Il sepolcro nuragico dei Trecento è stato inglobato, nel lungo cammino dei secoli, in un successivo insediamento medievale. Secondo professor Ugas la sepoltura risale al periodo compreso tra il 1.200 e il 1150 a.C.
L’ipotesi più verosimile – scrive Ugas – è che ci troviamo di fronte a una serie di episodi di mortalità collettiva, avvenuti nell’arco di 50 anni al massimo, determinati da cause che non sono molto chiare e che vanno spiegate”.
Dato che oggi i tempi stanno mutando velocemente e l’attuale era della globalizzazione ci offre strumenti di approfondimento, è possibile scovare notizie grazie ai moderni social network, con quel processo di condivisione delle idee e delle opinioni al ritmo del mouse.
Sulla tomba di Su Fraigu sono giunte in redazione alcune testimonianze.

Riportiamo il racconto del signor Antonello Epicureo Argiolas, una bella testimonianza da leggere d’un fiato.
<<… Nel 1984 iniziai come tecnico di cantiere i lavori di ampliamento della Strada statale 131 dal km 14+750 al km 18+100. I lavori prevedevano anche la costruzione di 2 cavalcavia. Uno era quello della foto.
Fino a quel momento nulla era mai emerso dai normali scavi stradali.
Ma come sanno fare i cercatori d’oro o di petrolio, anche la Sovrintendenza sa dove trovare il suo greggio.
Quel giorno, fino a quel momento, era stato come tutti gli altri.
Mi trovavo a dare istruzioni a un operatore di pala cingolata per asportare lo strato di coltre vegetale su una collinetta dove avremmo dovuto costruire le rampe e il cavalcavia in questione.
Si fermò sul ciglio della strada una macchina e chi la conduceva mi si avvicinò presentandosi come assistente del professor Giovannino Ugas, della Soprintendenza archeologica.
Mi disse di continuare tranquillamente il mio lavoro.
Nel frattempo, da un acquitrino a due passi da lì, si procurò delle canne e ricavatene dei picchetti incominciò a piantarli qui e la sul terreno ormai ripulito dall’erba. ” Scusi, ma perché pianta quei picchetti ? “, chiesi.
“Con molta probabilità sotto ogni picchetto potrebbe esserci una tomba”, mi rispose. E mi spiegò anche il perché.
Poi dopo ore di lavoro aggiunse che da quel momento dovevo ritenere sospesi i lavori in quell’area.
Ci impiegai poco a capire che ci tenevano d’occhio da tempo e non aspettavano altro che intervenissimo il quella specifica zona perché sapevano già che avrebbero potuto trovare proprio lì il loro greggio.
E infatti fu così. L’Anas finanziò i lavori archeologici e la soprintendenza poté iniziare la sua campagna di scavo >>. 
A volte, il mondo del web, è capace di aprire altre strade, forme di comunicazione, relazioni che tengono unite le persone o che avvicinano le persone nell’arduo compito della difesa e della riscoperta della nostra identità.

Ci troviamo di fronte ad uno di questi casi ad un bel traguardo o – se preferite – a un punto di partenza.
Aver letto una così importanza testimonianza, per voce di un testimone oculare che in quel lontano 1984 si trovava a Su Fraigu, significa comunque aver trovato un nuovo tassello su una storia nascosta all’ombra di un cavalcavia.

Fonte: www.sardegnasotterranea.org

1 commento:

  1. Certo che lo spazio risparmiato dal cemento,almeno dalle foto,sembra limitato ad un piccolo spazio.....

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