Scoperta la tomba di Amsicora? No, è il sepolcro dei 300 guerrieri
di Marcello Polastri
Amsicora
e il suo temutissimo esercito erano terribili ma stavolta c’entrano ben poco
con il sito archeologico nascosto dal cavalcavia di San Sperate. I protagonisti
di quest’area non sono neppure i 300 uomini dell’esercito di Leonida I Re di
Sparta che non ebbe a che fare direttamente con la Sardegna. Gli uomini sepolti
nel sud Sardegna, nell’area oggi occupata dal ponte di cemento al Km
15.600 della statale sarda 131, sono antichissimi, quasi certamente
preistorici. Mica bazzecole!
Oggi
sopra e sotto il cavalcavia situato alle porte di San Sperate, sfrecciano le
auto ma c’è chi rallenta, sia per accedere nel parcheggio del vicino Centro
commerciale e sia perchè, incuriosito da quella specie di “recinto per
pecore” situato all’ombra del cavalcavia, cerca di sbirciare
nel sito.
La
curiosità è tanta ma, di sicuro, automobilisti e pedoni non conoscono la storia
della Tomba dei 300. Chiariamolo: il sepolcro collettivo non ha
niente a che fare con la leggenda popolare che colloca qui i resti dei 12.000
guerrieri dell’esercito punico impegnato in un disastroso combattimento,
nel sud Sardegna. Dunque, fantasie a parte, chi erano i trecento?
A
fornirci una risposta è stato il professor Giovanni Ugas, archeologo che indagò
questo importante sito nel 1984. Nella sua pubblicazione San
Sperate dalle origini ai baroni (1993), Ugas ipotizza un episodio di “mortalità
collettiva“, una presunta epidemia all’origine della morte degli individui
sepolti in quest’area il cui nome è ben noto ai sardi veraci come “Su Fraigu“.
La
località è anche nota per i suoi ruderi d’età punico-romana, i resti medievali
e per l’esistenza di una più ampia necropoli preistorica.
Il
posto è un vero tesoro archeologico: alcune tombe calcolitiche sono di cultura
Monte Claro, molto simili alle sepolture indagate a Cagliari, nella zona di Sa
Duchessa, dall’archeologo Enrico Atzeni.
Procediamo
con ordine, ripercorriamo la storia. Il sepolcro nuragico dei Trecento è
stato inglobato, nel lungo cammino dei secoli, in un successivo insediamento
medievale. Secondo professor Ugas la sepoltura risale al periodo compreso tra
il 1.200 e il 1150 a.C.
“L’ipotesi
più verosimile – scrive Ugas – è che ci troviamo di fronte a
una serie di episodi di mortalità collettiva, avvenuti nell’arco di 50 anni al
massimo, determinati da cause che non sono molto chiare e che vanno spiegate”.
Dato
che oggi i tempi stanno mutando velocemente e l’attuale era della
globalizzazione ci offre strumenti di approfondimento, è possibile scovare
notizie grazie ai moderni social network, con quel processo di condivisione
delle idee e delle opinioni al ritmo del mouse.
Sulla
tomba di Su Fraigu sono giunte in redazione alcune testimonianze.
Riportiamo
il racconto del signor Antonello Epicureo Argiolas, una bella testimonianza da
leggere d’un fiato.
<<… Nel
1984 iniziai come tecnico di cantiere i lavori di ampliamento della Strada
statale 131 dal km 14+750 al km 18+100. I lavori prevedevano anche la
costruzione di 2 cavalcavia. Uno era quello della foto.
Fino
a quel momento nulla era mai emerso dai normali scavi stradali.
Ma
come sanno fare i cercatori d’oro o di petrolio, anche la Sovrintendenza sa
dove trovare il suo greggio.
Quel
giorno, fino a quel momento, era stato come tutti gli altri.
Mi
trovavo a dare istruzioni a un operatore di pala cingolata per asportare lo
strato di coltre vegetale su una collinetta dove avremmo dovuto costruire le
rampe e il cavalcavia in questione.
Si
fermò sul ciglio della strada una macchina e chi la conduceva mi si avvicinò
presentandosi come assistente del professor Giovannino Ugas, della
Soprintendenza archeologica.
Mi
disse di continuare tranquillamente il mio lavoro.
Nel
frattempo, da un acquitrino a due passi da lì, si procurò delle canne e
ricavatene dei picchetti incominciò a piantarli qui e la sul terreno ormai
ripulito dall’erba. ” Scusi, ma perché pianta quei picchetti ? “,
chiesi.
“Con
molta probabilità sotto ogni picchetto potrebbe esserci una tomba”, mi rispose.
E mi spiegò anche il perché.
Poi
dopo ore di lavoro aggiunse che da quel momento dovevo ritenere sospesi i
lavori in quell’area.
Ci impiegai poco a capire che ci tenevano d’occhio da tempo e non
aspettavano altro che intervenissimo il quella specifica zona perché sapevano
già che avrebbero potuto trovare proprio lì il loro greggio.
E
infatti fu così. L’Anas finanziò i lavori archeologici e la soprintendenza
poté iniziare la sua campagna di scavo >>.
A
volte, il mondo del web, è capace di aprire altre strade, forme di
comunicazione, relazioni che tengono unite le persone o che avvicinano le persone
nell’arduo compito della difesa e della riscoperta della nostra identità.
Ci
troviamo di fronte ad uno di questi casi ad un bel traguardo o – se preferite –
a un punto di partenza.
Aver letto una così importanza testimonianza, per voce di un testimone oculare
che in quel lontano 1984 si trovava a Su Fraigu, significa comunque aver
trovato un nuovo tassello su una storia nascosta all’ombra di un cavalcavia.
Fonte: www.sardegnasotterranea.org
Certo che lo spazio risparmiato dal cemento,almeno dalle foto,sembra limitato ad un piccolo spazio.....
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