Il genitivo
§ 48. Esistono due desinenze del genitivo, le quali
determinano due differenti tipi di questo caso: quelli che noi chiamiamo il genitivo sigmatico (o primo) e il genitivo lambdatico (o secondo):
1) Genitivo sigmatico (I):
-s (oppure -ś, -z) (anche con una vocale di appoggio -as,
-es, -is, -us).
2) Genitivo lambdatico (II): -l (anche con una vocale di appoggio -al, -el, -il, -ul).
1) Genitivo sigmatico sing.: apa/apas «padre/del padre»; cel(-i)/cels «(al) cielo/del Cielo»; clen/clens
«figlio/del figlio»; aura,-e/auruś
«letto funebre/del letto funebre»; śeχ/śeχis
«figlia/della figlia»; avil/avils
«anno/di anno»; tivr/tivrs «luna,
mese/della luna, mese»; Velari/Velariz
«Volterra/di Volterra; Velurś, Veluruś «di
Ueltur»; Venel/Venelus, Veneluz
«Uenel/di Uenel»; Θancvil/Θancvilus
«Tanaquile/di Tanaquile»; tlenaces/tlenaχeiś «di riconoscenza»; usil/Usils «sole/del Sole».
Genitivo sigmatico plur.: acnaśvers «d(e)i discendenti»; ais/aiseras, eis/eiseras «dio/degli
dèi»; clen/cliniiaras «figlio/dei
figli» (-r- ed -s rispettivamente
morfemi del plurale e del genitivo; § 44).
È
appena il caso di ricordare che la desinenza -s (-ś) del genitivo sigmatico etrusco trova esatta
corrispondenza nel latino, nel greco e in altre lingue indoeuropee. E non è
legittimo attenuare il valore di questa corrispondenza in ragione della sua
esiguità formale, cioè dell'essere costituita da un solo fonema. Infatti, per
il "principio di economia" che - come è noto - gioca un ruolo enorme
anche nel mondo delle lingue, i fatti grammaticali formalmente più esigui sono
quelli più largamente usati e quindi sostanzialmente quelli più importanti
(§ 110). Ed infatti il caso del genitivo o dei suoi corrispondenti complementi
sono usatissimi in tutte le lingue.
2) Genitivo lambdatico sing.: Cilens/Cilensl «Notturno/di Notturno»; Culśanś/Culśanśl
«Giano/di Giano»; Vetisl «di
Ve(d)iove»; Klaninśl «di Chianino»; Mantrnśl «di
Manturna»; Maris/Mariśl «Maris/di Maris»; Neuns/Neunsl «Nettuno/di Nettuno»; Selvans/Selvansl «Silvano/di Silvano»; Fufluns/Fuflunsl «Fufluns/di Fufluns»
(tutti teonimi); ati/atial «madre/di
madre»; hini/hinial «ombra
infernale/di ombra infernale»; zilc/zilacal
«pretore/della pretura»; husl «di
bambino»; murś/murśl «sarcofago/di sarcofago»; neś/neśl «defunto/di defunto»; puia/puil
«moglie/di moglie», tmia/tmial «thesaurus/di thesaurus»; sanś/sanśl, sianś/sianśl «genitore/di genitore»; spure/spural «città/di città»; Clevsinsl, Cleusinśl «del(lo Stato) Chiusino».
Genitivo lambdatico plur.: avil/avilχval «anno/di
anni»; cil/cilcval «culto/d(e)i
culti»; lupu/lupuval «morto/d(e)i
morti» (-cva-, -χva-, -va-; -l
rispettivamente morfemi del plurale e del genitivo; §§ 44,126).
§ 49. Per un fenomeno inverso avviene che in numerosi casi
di genitivo, sia sigmatico che lambdatico, non venga aggiunta una vocale di
appoggio, bensì ne venga persa una del tema:
Caa/Caas, Cas «Cata/di Cata»; Ceizra/Caisrs «Caere/di Caere»; Culśu/Culsl
«Culsonia/di Culsonia»; Θanr(a)/Θanrś
«Tanr/di Tanr»; Lasa/Lasl «Lasa/di
Lasa»; Tina/Tinas, Tinś
«Tin(i)a/di Tin(i)a» (teonimi); Larza/Larzl
«Lartillo/di Lartillo»; anu/aniś
«sacerdote/di sacerdote»; etera,
eteri/eterś
«cliente/di cliente»; esan/esns
«mattino/di mattino»; puia/puil «moglie/di
moglie»; tesne/tesnś «legge/di legge»; farana/farans «vergine/di vergine»; heva/hevl «nobiluomo/di nobiluomo».
§ 50. La desinenza o morfema l del genitivo lambdatico in particolari circostanze si inserisce
fra una consonante e una vocale, perdendo pertanto la caratteristica di
suffisso e assumendo invece quella di infisso:
Arnals «di
Arrunte» (Arn-al-s; § 55); Arnalisla «di quello (figlio) di
Arrunte» (Arnalis-l-a; § 85); cla «di questo-a» (c-l-a; § 81); lautneścle «di questa/della famiglia» (lautneś-c-l-e; §
82); Caluśtla «del/al (dio) Calus» (Caluś-t-l-a; §
84).
§ 51. Sono da notare i differenti genitivi Laral «di Lart» e Larial «di Lartia», rispettivamente del prenome masch. Lar e di quello femm. Lari:
(CIE 5473) Rama
Apatrui Laral seχ
Larialc Alenal «Ramta Aptronia figlia di Lart e di Lartia Aletina».
(CIE 5512) Lartiu
Cuclnies Laral clan Larialc Einanal cami eterau «*Lartione Cuculnio
figlio di Lart e di Lartia Enania censore dei forestieri».
Esistono però anche
le forme Arnial (Arneal) «di Arrunte», Larial (Lareal; § 15) «di Lart» al maschile (anche se non sempre è
possibile distinguerle con certezza da quelle femminili):
(CIE 5312) Rama
Visnai Arneal Tetnes puia «Ramta Uesnia moglie di Arrunte Tetenio».
(CIE 5071) Lareal
Caicna amries cana «opera di Lart Caecina a Tanr» ("flessione di
gruppo"; § 60).
(CIE 5092) Vel Leinies
Larial ruva Arnialum clan Velusum prumaś avils
semφś lupuce «Uel
Laenio fratello di Lart e figlio di Arrunte e pronipote di Uel morì a sette
anni».
(CIE 5094) Arn Leinies Larial clan Velusum neftś (...) «Arrunte Laenio figlio di Lart e nipote
di Uel» (...).
D'altronde sono da osservare anche i seguenti allomorfi di
genitivo: Ramas, Rames «di
Ramta»; Unial, Unias «di Giunone» (Uni) (CIE 6314, CIE 6315); Aulial, Aulias «di Aula»; rasnal, rasnas, rasneas, raśneś «della
(federazione o legge) etrusca», che ovviamente vanno spiegati a seconda dei
differenti luoghi e tempi. Però amres,
amries «di Tanr» sono documentati contemporaneamente e nella medesima
località (ET, Vs 1.115 e Vs 1.171; CIE 5001, 5071).
§ 52. Nell'etrusco recente o neo-etrusco con i gentilizi si
stabilizza questa norma generale: genitivo
sigmatico coi gentilizi maschili, genitivo lambdatico coi gentilizi femminili:
masch. Atinaś «di
Atinio» femm. Atinal «di Atinia»
masch. Latiniś «di
Latinio» femm. Latinial «di Latinia»
masch. Pumpus «di
Pomponio» femm. Pumpual «di Pomponia»
§ 53. Con i gentilizi
femminili dunque la desinenza di norma è -(i)al, -eal (§ 15), ma quando essi al nominativo terminano in -ia, la desinenza del genitivo di norma è
-ias, -iaś:
Calatial, Calerial, Vesial, Harpitial, Laerial,
Matunial, Petrunial, Plautial, Felmuial; Cafateal, Ceineal, Ceiurneal,
Cutneal, Velineal, Vestrecneal, Percumsneal.
Aviaś (anche Avial),
Arntiaś, Cauliaś, Cluvenias,
Velelias, Veliaś, Puriias, Squlias.
È notevole il fatto che per le forme in -i dei prenomi femminili Cai, Vipi,
Lari,
Titi si ha il genitivo Caial,
Vipial, Larial,
Titial, mentre per le forme in -ia degli stessi prenomi Caia,
Vipia, Laria,
Titia si ha il genitivo Caias,
Vipias, Larias,
Lariaś, Titias.
(CIE 866) Ma Minie Larias «Marco Minio (figlio) di
Lartia».
Nel periodo arcaico per i nomi di donne (prenomi e
gentilizi) è documentata una forma di genitivo in -aial, la quale molto spesso risulta troncata in -aia ed anche in -iia:
Arantaial, Caarnaial, Culnaial, Laraial, Pinaial, Teiurnaial.
Amunaia,
Atianaia, Cenaia,
Etvinaia, Vernaia, Vefarsianaia, Vinumaia, Hirminaia, Kamaia, Kansinaia, Laraia, Nuzinaia, Papaia, Papanaia,
Sarsinaia, Sucisnaia, Tarcumenaia, Tetaia.
Atiia,
Araziia, Laraniia, Lariia.
Il genitivo rideterminato
§ 54. È da precisare che quella che a prima vista a noi
studiosi moderni può sembrare una notevole "anarchia" nell'uso delle
due differenti desinenze del genitivo, -s
ed -(a)l nella lingua etrusca, in
realtà è più apparente che reale. La differenza di uso infatti quasi certamente
dipendeva dalle diverse città etrusche e dai differenti periodi storici. Su
questo punto e su qualche altro analogo, dunque, a chi intenda affrontare la
interpretazione e la traduzione di iscrizioni etrusche, si impone l'obbligo di
chiedersi a quale città etrusca e a quale periodo storico esattamente
appartenga ciascuna delle iscrizioni studiate, al fine di inquadrarle nel loro
esatto quadro linguistico, diatopico e diacronico (§ 4).
Ovviamente nei rapporti fra Etruschi di differenti città,
saranno stati anche frequenti i casi di ambiguità linguistiche, ad esempio, fra
Laral e Larial «di Lart» da una parte e Larial «di Lartia» dall'altra; d'altra parte molte di queste
ambiguità saranno state sanate e superate - come succede in tutte le lingue -
dai rispettivi contesti reali o situazionali, cioè di persone e di cose.
Comunque sia di ciò, assai probabilmente è anche a causa di
queste ambiguità che si sarà affermato, in epoca molto recente, quel
supercorrettismo costituito dal cosiddetto «genitivo rideterminato», per il
quale negli antroponimi si vedono susseguirsi entrambe le desinenze del
genitivo (ovviamente una come infisso), quasi si volesse insistere sulla
funzione del genitivo, appunto ripetendone le due desinenze:
Arnals (Arn-al-s), Arneals, Velznals, Viśnaialś, Halials, Turials, Xaireals, (tutti a Vulci); Crucrials,
Laralś, Murinals, Pacials, Teriasals,
Trilials, Truials, Turials, Xaireals. calχls (calχ-l-s), cealχls (cealχ-l-s), celχls (celχ-l-s) «di trenta»; cezpalχals (cezpalχa-l-s) «di ottanta»; muvalχls (muvalχ-l-s) «di cinquanta»; śealχlsc (śealχ-l-s-c) «(e) di sessanta» (§ 71).
Si afferra con facilità che delle due desinenze del
genitivo, -(a)l ed -s, quella che ha perduto di valenza
nella coscienza dei parlanti è la prima, mentre la seconda è quella che è stata
privilegiata. In tutte le lingue infatti la marcatura o sottolineatura di un
vocabolo oppure di un morfema si effettua appunto col metterlo per ultimo, perché in questo modo si impone
meglio all'attenzione e alla memoria dell'ascoltatore.
Il genitivo patronimico fossilizzato
§ 55. Molti gentilizi etruschi presentano una -s, -ś finale, la quale in effetti non
è altro che la desinenza di un originario genitivo patronimico, che però ha
finito col fossilizzarsi, perdendo il suo originario valore morfologico.
Pertanto, ad es., i gentilizi Partunus,
Pumpus, Tetnies in origine significavano rispettivamente «(figlio) di
Partuno, (figlio) di Pomponio, (figlio) di Tetenio», ma alla fine hanno assunto
il significato di semplice gentilizio «Partuno, Pomponio, Tetenio», pur
mantenendo la -s, -ś finale. Questo fenomeno viene
chiaramente dimostrato innanzi tutto dal fatto che talvolta un gentilizio al
nominativo nella medesima tomba compare sia privo sia fornito della -s, -ś; in secondo luogo dal fatto che
un gentilizio fornito della -s, -ś in una iscrizione risulta nella
funzione del genitivo, mentre in un'altra risulta in quella del nominativo;
infine dal fatto che un gentilizio fornito della -s, -ś addirittura
nella medesima iscrizione risulta sia al nominativo che al genitivo.
(CIE 5408) Laris
Pumpus Arnal
clan ceχase «Laris Pomponio figlio di
Arrunte giurista».
(CIE 5409) Laris Pumpu
ceχase «Laris Pomponio giurista».
(CIE 5929) Av Tarcna M
«Aulo Tarquenna (figlio di) M(arco). (CIE 5947) Laris Tarcnas Li cln «Laris Tarquenna figlio di Laris».
(CIE
5246)
Śeras an amce Tetnies Laral Arnaliśla
puia «(sarcofago) di Setra; ella fu moglie di Lart Tetenio, di
quello (figlio) di Arrunte»
[i].
(CIE 5302) Marce
Tetnies Veru sacniu «Marco Tetenio Veronio consacrato».
(CIE 5423) Velur Partunus Larisaliśa clan
Ramas
Cuclnial zilc ceχaneri
tenas avil
svalas
LXXXII «Ueltur *Partuno quello (figlio) di Laris, figlio di Ramta
Cuculnia, (morto) esercitando come pretore per giudicare (cioè di
giurisdizione), vivendo gli anni 82».
(CIE 5425) Lari Spantui Larces Spantus seχ Arnal
Partunus puia «Lartia *Spantonia figlia di Larce *Spantonio moglie di
Arrunte *Partuno».
(CIE 5720) Statlanes
Lar Velus
lupu avils XXXVI maru Paχauras Casc
lupu «Lart Statiliano (figlio) di Uel morto a 36 anni, morto
(quando era) marone del sodalizio di Bacco e di Cata» (§ 65).
(CIE 5722) eca mutna
Velurus
Statlanes Larisaliśla «questo sarcofago (è) di Ueltur
Statiliano, di quello (figlio) di Laris».
(CIE 5875) Lar Xurχles Arnal
Xurχles Θanχvilus Cracial clan avils ciemzarms lupu «Lart
Corculo figlio di Arrunte Corculo (e) di Tanaquile Gracia morto a diciassette
anni».
D'altronde è un fatto che in numerose iscrizioni, per
effetto del fenomeno che stiamo spiegando, esiste una ambiguità di
interpretazione e quindi di traduzione: es. Vel
Aties Velurus (CIE
5447) si potrebbe interpretare e tradurre sia «Uel Attio (figlio) di Ueltur»
sia «Uel (figlio) di Ueltur Attio».
Questo fenomeno relativo alla antroponimia etrusca trova
riscontro in altre lingue: ad es., nei cognomi italiani De Agostini, De Mauro, Di Giovanni, ecc. i comuni parlanti non
sentono più l'originario patronimico, cioè il significato di «(figlio) di
Agostino, di Mauro, di Giovanni», ecc.; tanto è vero che quei cognomi si
trovano iscritti anche Deagostini,
Demauro, Digiovanni, ecc.
Ma più simile è il caso di cognomi dell'area linguistica
germanica nei quali i comuni parlanti non sentono più la presenza del
sostantivo sen, son = «figlio» nei
gentilizi Andersen, Hamudsen, Hermansen,
Martinsen, Davidson, Johnson, Peterson, Wilson, ecc., i quali in origine
significavano esattamente «figlio di Andrea, di Hamud, di Ermanno, di Martino,
di Davide, di Giovanni, di Pietro, di Guglielmo, ecc.».
Il dativo
§ 56. Per il dativo esiste la desinenza -i, la quale
talvolta è preceduta da una /s/ determinando quello che noi proponiamo
di chiamare dativo sigmatico:
Dativo (normale): -i masch. e femm.
Dativo sigmatico: -si (-śi, -zi)
masch. e femm. (con una vocale di appoggio -asi,
-ase, -esi, -isi, -usi).
1) Dativo (normale) sing.: alφazei «al pane d'orzo»; Aritimi «ad Artemide»; Aχlei «ad
Achille»; Calusi(-m) (Calus-i-m) «(e)
a Calus»; caperi «al/per la coppa»; cei, icei, χei «a
questo, quello-a»; celi «al cielo»; ei,
eii «a
questo-a»; huśi «al bambino»; ipei «a cui, al/la quale»; lavtni, lavtunui «al/per la famiglia»; Lartlizi (Lartli-z-i) «a Lartillo»;
Mani «al Mane»; mlacasi, mlakasi (mlacas-i)
«a/per chi sta sciogliendo un voto»; papui
«a/per l’avo»; Θefariei
«a/per Tefario»; tei «a/per questo,
quello-a»; tulerase (tul-er-ase) «(d)a, in terreno»; Turani «a Turan»; zilci «al/sotto il pretore»; zuslei
«a/per offerta»; usli «al sole»,
oppure «a mezzogiorno»; fanusei
«al/per la consacrazione»; faśei
«al/per il pane di farro»; flerei «a/per
la vittima».
Dativo (normale) plur.: esari
(es-ar-i) «a/per gli dèi»; iperi (ipe-r-i) «ai/alle quali»; leirmeri (leirm-er-i) «ai sacerdoti»; manimeri (manim-er-i)
«a/per i monumenti sepolcrali»; melumeri (melum-er-i) «alle città-stato»; meleri (mele-r-i) «ai/sui possedimenti»; pruseri (prus-er-i) «ai
prodigi»; sacnicleri (sacni-cle-r-i) «ai/per i sacrifici»; ścunueri (ścunu-er-i) «alle concessioni o grazie»; sveleri(-c) (svel-er-i-c)
«(e) ai viventi»; śpureri (śpur-er-i) «alle città»; tineri(-m) (tin-er-i(-m) «e a/nei giorni»;
flereri (fler-er-i) «al/per le vittime»; fuśleri (fuśl-er-i)
«a/per gli appezzamenti».
2) Dativo (sigmatico) sing.: Atranesi (Atrane-si)
«(fabbricato) da Atranio»; Auleśi,
Auvilesi «ad Aulo»; Avhiricinasi
(Avhiricina-si) «a/per Africio»; zilci Ceisiniesi (Ceisinie-si) «sotto il pretore Caesinio»; Velurusi «a Ueltur»;
Venelasi, Venelisi, Venelusi «a Uenel»; Hanphinasi (Hanphina-si) «da/per Campinio»; Hirsunaiesi (Hirsunaie-si) «a/da Hersennio»; Hirumesi (Hirume-si)
«a/da Hirmio»; Hulχniesi (Hulχnie-si) «a/sotto Fulcinio»; Kaiserithesi (Kaiserithe-si) «a/da Cerite»; Kaviieśi (Kaviie-śi) «da/per Cavio»; Kuleniiesi (Kuleniie-si)
«da/per *Culenio»; Larecesi, Larekasi,
Laricesi (Larice-si) «da/per Larce»; Larusi
(Laru-si) «a/per Larone»; Licineśi (Licine-śi)
«a/da/per Licinio»; Melacinasi (Melacina-si) «a/da *Melacinio»; Numesiesi (Numesie-si) «a Numesio»; Ramaasi,
Ramuaśi «a
Ramta»; Velχainasi «a
Uelcenna»; Marcesic Caliaesi (Marce-si-c Caliae-si) «e sotto (il pretore) Marco
*Caliatio»; Alśaianasi
«a/per Alsania»; Spurieisi Teiurnasi «a
Spurio Titurnio»; Truiesi «a Troia»; apasi «al padre»; clensi, clenśi, clinsi «al
figlio»; mlerusi «all'offerente»; Clavtieurasi
«al/per la famiglia Claudia»; Precuuraśi (Precu-ura-śi) «alla famiglia Preconia»; Pultucesi (Pultuce-si) «(fatto) da Polluce»; Serturiesi (Serturie-si) «(fabbricato) da Sertorio»; svalasi (svala-si) «(d)a vivo, vivente»; Suluśi, Śuvluśi «al(la dea) Sole»; Tetasnasi (Tetasna-si) «a *Tetasnio»; Titasi (Tita-si) «a/per Titia»; Titeśi (Tite-śi)
«a/per Tito»; Veleliiasi «a Uelelia»;
Vultasi (Vulta-si) «a/per Uolta».
3)Dativo sigmatico plur.: Calusurasi (Calus-ura-si)
«ai Morti o Defunti»; clenaraśi,
c<e>leniarasi (clen-ara-śi,
c<e>leni-ara-si) «(d)ai figli»; nacnvaiasi (nacn-va-ia-si)
«agli antenati» (§ 126).
Anche qui è da ricordare che la desinenza -i del dativo etrusco trova esatta
corrispondenza nel latino e nel greco; ed anche questa corrispondenza
costituisce una solida e chiara prova della matrice indoeuropea pure della
lingua etrusca, prova che non può né deve essere attenuata nel suo valore in ragione
della sua esiguità formale, cioè dell'essere costituita da un solo fonema (§
48).
L'accusativo
§ 57. Nei sostantivi e negli aggettivi non esiste alcuna
desinenza che distingua l'accusativo dal nominativo. Un vocabolo cioè che dal
contesto risulta essere all'accusativo, mantiene la medesima forma che ha
quando risulta essere al nominativo.
Invece gli aggettivi e pronomi dimostrativi e forse anche
quello relativo al singolare hanno un morfema speciale dell'accusativo in -n:
cen,
ken, cn, kn, ecn, etan, itan, itun, n, tn accusativo rispettivamente di ca, ka, eca, e, eta, ica,
ika, ita, ta «questo-a».
inpa
accusativo di ipa «che, il/la quale)» (morfema infisso)
(§§ 81,88).
enan «alcunché, qualche cosa».
hevn
accusativo di heva «nobiluomo,
signor(e)».
(Pe 3.3 – 3/2:, su statua di bronzo, l'Arringatore) Auleśi
Meteliś Ve
Vesial clenśi cen
flereś tece
sanśl
tenine tuineś χisvlicś «ad
Aulo Metello figlio di Uel (e) di Uesia pone questa statua di Padre il (suo)
servizio di patrocinio pubblico» (tenine è il soggetto del verbo tece
e dell'intera frase).
Questa particolarità dell'accusativo indicato da una
consonante nasale trova riscontro in altre lingue indoeuropee, ad es. nel greco
e nel latino.
Si può pertanto ipotizzare che in epoche molto antiche anche
l'etrusco avesse l'accusativo pure con i sostantivi, esso però alla lunga
sarebbe caduto con i sostantivi e si sarebbe conservato solamente con i
pronomi; esattamente come è avvenuto in inglese, in albanese e in armeno e
perfino nelle lingue romanze rispetto all'accusativo dei pronomi della
madrelingua latina.
In etrusco esiste anche un accusativo posposizionale, per il quale rimandiamo al § 124.
L'ablativo
§ 58. L'ablativo,
indicante i complementi di interesse, origine, relazione, agente, è un caso
assai raro, il quale, proprio come l'accusativo, riguarda in maniera
particolare i pronomi, ma con desinenze che è problematico individuare (§ 82).
Soltanto raramente riguarda anche gli antroponimi (prenomi e gentilizi), avendo
come sua desinenza sing. -is, -iś (con
vocale di appoggio -eis, -uis, -uiś)
e
probabilmente risulta documentato soltanto in questi 6 esempi: Apatruis, Thanχviluis, Petruiś, Veluis, Trepuis, Tuteis.
(TCort 1) et
Petruiś Sceveś eliuntś «questo
(è) per Petrone Scevas l'olivicoltore».
(Vc 1.64 – rec, su sarcofago) Larϑ
Tutes anc farthnaχe Veluis Tuteis Θanχviluisc
Turialsc «Lart
Tutio ed egli nacque da Vel Tutio e da Tanaquile Turia» (TLE 323).
(Ta 1.185 – 3:, su sarcofago) Ramϑa
Apatrui Larϑal seχ Larϑialc Aleϑnal Camnas Arnϑal Larϑaliśla puia Apatruis Pepnesc \ Huzcnesc
Velznals[c ati n]acna pures nesiϑvas
avils cis muvalχls «Ramta Aptronia figlia di Lart e di Lartia
Aletina, moglie di Arrunte Camnio, di quello (figlio) di Lart, nonna per
Aptronio e Peppieno \ e Hoscinio e Volsinia, santamente morendo a cinquantatre
anni» (TLE
138).
(Cl 1.878 – rec, su ossario) Lϑ Tlesna Lϑ clanti Trepuis
«La(rt) Telesinio (figlio di) La(rt) figliastro per Trebonio».
Si osservi che ai prenomi e ai gentilizi
in ablativo fanno seguito rispettivamente gentilizi e prenomi in genitivo (cfr. Afunes, Huzcnes, Marces, Pepnes, Ramthes, Sceves, Tarnes, Tetnis²).
Probabilmente
sono in ablativo anche eisteis «col/dal/per il» e cilś «col/dal/per
il culto» (differente da cill in genitivo).
Il pertinentivo
§ 59. Il pertinentivo, coi complementi di agente, di comodo,
di fine, di tempo, è anch'esso un caso molto raro ed è caratterizzato dalla
desinenza -le, -la (masch. e femm.), che si presenta molto spesso
in forma articolata -tale, -tala, -tule, -tle, -tula, cioè preceduta dal
pronome-articolo ta:
Araiale «da/per Arrunte»; Calisnale «per Calusio»; Celutule «per il Celeste» (dio Urano); Larile «da Laris»; Larisale «da Larino»; Lariale «da
Lart»; Laruzale «da
Lartillo»; Seleitala «dalla
(Giunone) Dispensatrice»; Tiniantule «da/per
Tinia»; Venala «per (la dea) Vena»; Veśtiricinala «per
Vestergennia».
apertule
«dall'apertura»; aprinvale «da
cerimoniere»; esvitle «da/per la
consacrazione»; husilitule «da/per
l’infanzia»; iśveitule «da/per
la consacrazione»; mulsle «da/per
idromele»; rinaitula «nel
(Libro) Rituale»; śacnitle
«col/per
il rito sacro»; teśiameitale
«dal/sotto il comando»; umitle
«col/per il timo».
Quando si tratta di prenomi maschili in pertinentivo,
i loro gentilizi risultano in caso dativo.
Larile.
(OA
3.2 – 7:3, su askos a forma di gallo)
mi mulu Larile Zili mlaχ «io
(sono un) regalo donato da Laris Silio» (TLE 759).
Larisale.
(La
3.1; Cr 3.10 - 7s/6i, 7f6, su vasi) mi
mulu Larisale Velχainasi
«io
donato a/da Larino Uelcenna».
Larale. (ThLE²,
su parete di strada) Larale Lapicanesi
V. c. marunuci «sotto il
maronato di Lart Labicano f(iglio di) U(el)».
Lariale. (Vc
3.2 – 7f6i, su vaso) mi Lariale Melacinasi mulu «io
donato da Lart *Melacinio».
Lariale. (Ta
5.2 – 4:3, su parete di sepolcro) Lariale Hulχniesi
Marcesic Caliaesi
munsle nacnvaiasi amce
Lei «sotto (i consoli) Lart Fulcinio e Marco *Caliatio per
l'avello agli antenati ha provveduto Leio» (in pertinentivo di tempo).
Laruzale. (Fs
6.1 – 7:f, su vaso) mi zinaku Laruzale Kuleniiesi «io
fatto da Lartillo *Culenio».
Il locativo
§ 60. Il caso locativo è caratterizzato da una desinenza
speciale: -(e), -(i), -t(e),-t(i).
Ainei
(Aine-i) «in Atene»
Velcli (Velcl-i) «in
Vulci»
Velznali, Velsnali (Velsnal-i) «nel
territorio Volsiniese» (§ 126)
Tarχnal, Tarχnali [Tarχnal-(i)] «in Tarquinia»
ufli
(ufl-i) «in Tufulta», cioè
"nell'Ade"
Uriai (Uria-i) «in
Uria» (città) (§ 68)
cali, calti, cl, cli,
ecli «in
questo-a» (§ 81)
celati
(cela-ti) «nella cella funeraria» (§ 25)
celi (cel-i) «in
cielo»
hamφei, hamφete (hamφe-i/te) «nel campo, in campagna»
hupninei (hupnine-i) «nel loculo»
munisvle, munisule (munisvle-) «nell'avello»
mutnaii (mutnai-i)
«nella tomba»
śpelanei (śpelane-i) «nel corredo funerario» (CIE
4538)
śpel(i) [śpel-(i)]
«nel sepolcro»
spurei (spure-i) «nella città»
śui(i),
suti, śuiti (śui(i)/ti)
«nella tomba»
Rumitrinei (Rumitrine-i)
«nel(lo Stato) Romano» (§ 126)
śpelanei
(śpelane-i) «nel corredo funerario»
spel, śpeli (spel-, śpel-i) «nella cripta»
χim (χim-) «in ogni, in tutto» (§ 79).
Il locativo può anche avere un valore "figurato" o
traslato:
alumna(e)
[alumna-(e)] «nel servizio»
cilcveti (cil-cve-ti) «nei
culti» (§ 44)
Crapśti (Crapś-ti)
«nella festività di Grabovio»
varχti (varχ-ti) «in promessa»
unt,
tunt (/tun-t) «in uno,
insieme», «una sola volta»
melum,
melumt (melum-/t) «nella città, nello stato»
paχanati (paχana-ti) «nel
sodalizio di Bacco»
purtśvavcti (purtśvav-c-ti)
«e nella carica vaticinale»
slele
(slele-) «in due, in accordo»
Unial(i), Unialti [Unial-(i)/ti] «nella festività di Giunone».
Da alcuni degli esempi citati si vede che la desinenza del
locativo talvolta è inserita sulla forma al genitivo del sostantivo o del
pronome.
Anche questa desinenza del locativo, che a prima vista
sembrerebbe tutta particolare della lingua etrusca, in realtà trova un suo
esatto riscontro nella lingua greca: oíkothi «in casa», thýrhēthi «nella porta, fuori», Ilióthi
«in Ilio» (indeur.).
La flessione di gruppo
§ 61. La desinenza del numero e quella del caso possono
essere tralasciate nei nomi personali o prenomi, negli attributi e nelle
apposizioni, quando esse risultino presenti nei gentilizi, nei sostantivi, nei
pronomi e nei numerali cui quelli si riferiscono. Come si vedrà dagli esempi
che citeremo, in genere la desinenza viene tralasciata nel nome che precede
(prenome o gentilizio), mentre viene espressa in quello che segue.
Per il vero questo fenomeno ha propriamente una valenza
sintattica, ma noi lo anticipiamo qui, data la sua alta frequenza nelle
numerose frasi etrusche che citeremo nel prosieguo del nostro lavoro.
(Cr 2.122) Puli Marces
apas «(è) di babbo Marco Pullio».
(Cm 2.33) mi culiχna Velura
Venelus «io (sono la) coppetta di Uenel Uelturio».
(CIE 10876) Lar Meties śuina «arredo funerario di Lart
Metio».
(CIE 5724) eca mutna
Ramas
Mania «questo sarcofago (è) di Ramta Mania».
(Fa 2.14) mi tafina
Lazi Avilianas «io (sono la) ciotola di Lassio Auiliano» (gentilizio e cognomen).
§ 62. Le desinenze del plurale
e anche quelle dei casi possono
essere tralasciate quando i sostantivi siano preceduti o seguiti da aggettivi
dimostrativi o da numerali e anche quando i predicati siano riferiti a più
soggetti (§§ 45/3,71):
(CIE 5458) avils cis
zarmisc «di
anni tre e venti»; avils ciemzarms lupu
«morto a diciassette anni» (CIE 5875) (avils
in genitivo sing.).
(CIE 5470) mun murśl XX
«corredo di 20 ossari» (murśl in
genitivo sing.).
(CIE 4116) cehen sui hiniu
ueś sianś etve aure lautneścle
«questo qui (è) il sepolcro sotterraneo di un solo Progenitore» (ueś in genitivo, sianś in
nominativo sing.; etve al plur., aure al sing.).
(CIE 5704) Vipinanas
Vel clante Ultnas La[r]al
clan / avils XX tivrs śas «Uel Uibinna figliastro di
Ultena figlio di Lart / di anni 20 (e) di mesi sei» (avils e tivrs entrambi in genitivo sing.).
(TLE 888; Ta 1.167) Metli Arnthi
puia amce Spitus / Laral
svalce avil LXIIII ci cle/nar acnanas arce «Arruntia Metellia fu moglie di
Lart Spedone visse 64 anni, fece tre figli lasciando(li)» (avil al sing., ma clenar
al plur.).
salt zic «in
due scritti» (locativo figurato). Per la flessione di gruppo (§§ 83-84) e dato che il numerale precede, in zic non è indicato né
il plurale né il locativo.
Neppure questa «flessione di gruppo» fa dell'etrusco "una
lingua non paragonabile né accostabile a nessun'altra"; questa
particolarità morfologica infatti esiste anche in altre lingue indoeuropee, ad
es. nell'avestico e nel tocario
[ii].
Alcuni sostantivi declinati
§ 63. Presentiamo adesso i paradigmi della declinazione di
alcuni sostantivi etruschi, quelli per i quali si ha la più ampia
documentazione dei casi: cil «culto»; clan, clen «figlio»; melum,
meχlum «città, stato, distretto,
(con)federazione»; spure «città»:
Singolare Plurale
Nominativo cil cilcva
Genitivo cill cilcval
Dativo
-----
-----
Accusativo cil
cilcva
Ablativo cilś
-----
Locativo
----- cilcveti
Singolare Plurale
Nominativo clan, klan, clen clenar, cleniar
Genitivo clens,
clenś cliniiaras
Dativo clensi,
clenśi, clinsi clenaraśi
Accusativo clan,
klan, clen clenar, cleniar
Locativo ----- -----
Singolare Plurale
Nominativo melum -----
Genitivo melumes,
melumeś -----
Dativo
----- melumeri
Accusativo melum -----
Locativo melum, melumt -----
Singolare Plurale
Nominativo spure(-m) -----
Genitivo spural, śpural -----
Dativo
----- śpureri
Accusativo spure(-m) -----
Locativo spurei -----
Nomi di parentela e di rapporti sociali
§ 64. Presentiamo adesso i nomi indicanti legami di
parentela e anche rapporti sociali, i quali, in virtù dell'alto numero di
iscrizioni etrusche di tipo funerario, risultano citati di frequente:
apa
«padre, babbo»
apa
nacna «padre grande, nonno»
ati
«madre, mamma»
ati
nacna «grande madre, nonna»
clan,
klan, clen «figlio»
clante,
clanti «figliastro, figlio adottivo»
[iii]
śec,
śeχ; sec, seχ
«figlia»
huśur,
husiur «figli, ragazzi» (plur.)
puia
«moglie»
ruva
«fratello» (?)
neftś,
nefts «nipote (di zio)»
prumane,
prumaś,
prums «pronipote»
papa
«nonno»
papacs,
papalś, papals «nipote (di nonno)»
teta «nonna»
(?)
tetalś «nipote (di nonna)» (?) (masch. e femm.)
sanś, sianś «padre, (pro)genitore, antenato, patrono-a»
tuśurir,
tusurir «consorti, coniugi» (plur.)
atrś «famiglia, parentado»
lautn,
lavtn, lavtun, lavutn «famiglia, gens»
lautni,
lavtni, latni «domestico»
lavtnita,
lautnia,-ita, lutnia,-ita
«domestica» (§§ 22,34,37)
lautneteri,
lautn eteri «liberto»
lee «servo
della gleba, servo» (§ 37)
serve
«servo»
snena,
snenat «ancella»
acilu
«operaio» (?)
claruχie «colono»
etera,
eteri «amico, compagno, socio, cliente».
Il diminutivo e l'accrescitivo
§ 65. Il diminutivo del sostantivo e del prenome si forma in
etrusco coi seguenti suffissi:
1) -za/-sa
(anche con una vocale di appoggio -iza,
-isa, -uza)
2) -icu (solo femm.)
1) Prenomi: Arn/Arnza,
Arza, Arnsa; Aule/Aulza; Lar/Larza; Laria/Lariza;
Laris/Lariza, Larisa; Ravntu/Ravntza; Vel(i)a/Veliza, Velisa.
Appellativi: zavena/zavenuza «anfora/anforetta»;
halχ/halχza «vaso/vasetto di rame»; apna/apnza
«patera/piccola patera»; greco lékython/etr. lectumuza «vaso/vasetto»; puts/putiza
«bacile/coppetta»; qutum/qutumuza «boccale/orciolo»;
spanti/spanza «piatto/piattino».
2) Prenomi femm. Veli(a)/Velicu «Uelia/Ueliuccia»; Θan(i)a/Θanicu «Tan(i)a/Tan(i)uccia»; Hasti(a)/Hastic(i)u «Faustia/Faustiuccia»; Lari(a)/Laricu «Lartia/Lartiuccia».
3) Il terzo suffisso -(i)u
- che di certo veniva pronunciato nasalizzato (§ 11, 15) - aveva un valore
accrescitivo e insieme vezzeggiativo. Lo dimostra il fatto che, entrato dal
latino in alcune lingue romanze come -(i)on-,
in queste conserva appunto ora un valore accrescitivo ora uno vezzeggiativo.
Pertanto Arnt(i)u si può interpretare
e tradurre sia «*Arrunt(i)one» sia «*Arruntino».
Prenomi: Arn/Arnziu;
Arnt/Arntu, Arntiu, Arnziu;
Aule/Avlu, Aulu, Auliu; Velur/Velur(i)u;
Vip(i)e/Vip(i)u; Θepri(e)/Θepriu;
Lar/Larziu,
Larsiu; Lart/Lartiu; Laru.
Appellativi: ati/atiu, ativu «mamma/mammina».
Forse aveva un valore accrescitivo pure il suffisso -alu-
di alcuni gentilizi: Ceistalus, Estalus,
Velcialu, Viufralus, Kraikalus, Kutvalus,
Laialus, Platunalus, Pluχsalu, Prasalu, Sekstalus, Tetialus,
Titalu, Tulalus.
Suffissi formativi dei sostantivi
§ 66. Per la formazione dei sostantivi esistono alcuni
suffissi, dei quali i più frequenti sono questi quattro:
1) -u: il quale
corrisponde a quello nel lat. -o,-onis
e molto probabilmente veniva pronunziato nasalizzato (§ 11): acilu «operaio» (?); kurpu «buffone»; maru «marone»; scurfiu
«scorpione», suplu «flautista»; fulu «fullone» (§ 25).
2) -, -t: il quale serve per formare il nomen agentis: zatla «guardiano»; zila, zilat
«pretore»; Ral
«Radiante,
Saettante» (Apollo); snena «ancella»; tevara
«giudice»; trutnvt, trutnu «osservatore».
3) -c, -: il
quale pure serve per formare il nomen
agentis: zilac, zilc, zilχ
«pretore»; Mlacuχ
«Donata»; Munuχ, Munχ «Ornatrice»
(una Lasa); parni «patrono» (§ 31).
4) -ur, il quale ha un valore
collettivo, con riferimento a «famiglia, gens, associazione, sodalizio,
comunità, collegio, confraternita, ordine»: Aneiur(-aś)
«(della) famiglia Annea o degli Annei»; Clavtieur(-asi)
«(alla) famiglia Claudia o dei Claudi» (§§ 57,106); Cravzaur(-as) =
«(della) famiglia Crassia o dei Crassi»; Cucrinaur
«famiglia Cucrinia o dei Cucrini»; Cusuur(-aś) «(della)
famiglia Cusonia o dei Cusoni», Velinaur(-aś)
«(della) famiglia Ueltinia o dei Ueltini»; Veluriur(-as)
«(della) famiglia Uelturia o dei Uelturi»; Vipiur
«famiglia Uippia o dei Uippi»; uśaur «famiglia
Tusia o dei Tusi»; Marcniur
«famiglia Marcinia o dei Marcini»; Precuur(-aśi)
«(alla) famiglia Preconia o dei Preconi» (§§ 57,119); Telaur(-as)
«(della) famiglia Tellia o dei Telli»; [alu]mnaur(-as) «(del)
collegio degli alunni»; ceχasieur «ordine
dei giudici»; Paχaur(-as)
«(del) collegio bacchico»; tamiaur(-as)
«(della) servitù».
L'AGGETTIVO
§ 67. La lingua etrusca procedeva alla formazione degli
aggettivi, derivandoli quasi sempre da sostantivi, con l'uso di alcuni
suffissi, qualcuno più frequente, qualche altro più raro; qualcuno di essi
serve per formare anche i sostantivi (§ 65):
1) -na, -ne
2) -av, -au, -ev
3) -c, -χ
4) -va, -ve
1) ais/aisna,
eis/eisna «dio/divino-a»; apa/apana «padre/paterno-a»; Calus/Calusna «Calus/Calusio»; ceχa/ceχane «legge/legale»; cleva/clevana «offerta/offertorio-a»; elaivana, eleivana «oleario-a» hus/huslna, huslne «giovane/(vino)
novello»; Paχie/paχana «Bacco/bacchico-a»; pur/purtśvana
«vate/vaticinale»; spure/spurana, śpurana
«civico-a»;
sui/suina
«tomba/(oggetto)funerario»; usil/uslane
«sole/meridiano»; φersu/φersuna
«persona/personale»; un/unśna
«uno/primo»; zarum/zarumsne
«venti/ventesimo-a»; Mariś
husrnana «Maris/Eros bambino».
In questo gruppo sono da includere anche i gentilizi che si
sono formati su altrettanti prenomi: Velur/Velurna;
Vipe/Vipina; Marce/Marcena; Spurie/Spurina (§ 41).
2) etera/eterav,
eterau «cliente/clientelare»; sar, śar/śarśnau
«dieci/decimo-a»; eis/eisnev
«dio/divino-a»; pur/eprnev
«vate/vaticinale»; macstrev
«magistratuale»; pur/purtśvavcti
«vate/e nella carica vaticinale».
3) zamai/zamic,
zamatic «oro/aureo-a»; aura/aurχ
«sepolcro/sepolcrale»; maru/marunuc,
marunuχ, marnuχ
«marone/maronico-a»; neśrac
«aruspicino-a»; Velznaχ
«Volsiniese»; Rumaχ
«Romano»; Sveitmaχ
«Sovanese» (?); frontac «fulgurale»
(§ 11).
4) acale/acalve
«giugno/relativo a giugno»; Caisrs/Caisriva
«Caere/Ceretano»; pur/eprieva
«vate/vaticinale»; hupni(-ś)/hupniva «sonno/dormiente (?)»;
marunuχ/marunuχva «marone/maronico-a»; ati
nacna «nonna»/ati nacnuva,
nacnuva «bisnonna» (?); sren/śrencve,
śrenve
«disegno/adorno-a».
È importante osservare che in etrusco l'aggettivo è indeclinabile (esattamente come nella lingua inglese),
a meno che non sia adoperato come sostantivo, sia cioè un "aggettivo
sostantivato" (§ 126):
Laris
Avle Larisal clenar sval cn sui ceriχunce «Laris (e) Aulo figli di Laris
da vivi questo sepolcro avevano costruito» (CIE 6213) (sval «vivo» non declinato nonostante che sia attribuito al plur. clenar).
Nomi di città, di regioni ed etnici
§ 68. Anche per gli etnici, ossia per gli aggettivi ed
aggettivi sostantivati che indicano la città, la regione, il villaggio o lo
stato in cui un individuo è nato o di cui è originario, esistono in etrusco
differenti suffissi:
1) -ane, -ani
2) -ate, -ati, -ae
3) -aχ
4) -ie
5) -(i)na, -ine
6) -ie,
-ite
§ 69. Presentiamo adesso l'elenco dei nomi etruschi, assieme
ai corrispondenti latini, delle città e regioni etrusche ed anche non etrusche,
di cui conosciamo il nome, assieme coi relativi etnici. C'è però da precisare
che quasi tutti quelli citati compaiono nelle iscrizioni etrusche non come
altrettanti toponimi ed etnici, bensì come antroponimi, gentilizi o cognomina (§ 41/2):
Acr-,
Acr-, lat. Acerrae
«Acerra»; Acrate, Acrati «Acerrano»; Acratina, lat. Acerretina «Acerretina».
Alr-,
lat. Alatr(i)um, Aletrium «Alatri»; Alrnas, lat. Aletrinas,-atis «Aletrinate».
Amr-,
lat. Ameria «Amelia»; Amrie
«Amerino», lat. Amerite.
Askla, lat.
Asculum «Ascoli» (Piceno o Satriano);
Asklaie «Ascolano».
Atina, lat.
Atina «Atina»; Atinate «Atinate».
Caisr,
Ceizra, Xaire, lat. Caere «Cerveteri»; Caisriva, Xairea «Ceretano-a», Xerite
«Cerite» (Xeritna gentilizio masch.).
Capena, lat. Capena «Capena»; Capenati «Capenate».
Capue,
Capeva, lat. Capua
«Capua»; Capuane, Capevane «Capuano».
Clevsi, lat.
Clusium «Chiusi»;
Clevsina, Cleusin- «Chiusino»
[iv].
------, lat. Camaris
«Chiusi»; Camarine «Chiusino».
Cura, lat.
Cora «Cori»; Curane «Corano».
Curtun, lat.
Cortona «Cortona».
Vatlui,
Vetalu, lat. Vetulonia
«Vetulonia».
Velari, lat.
Volaterrae «Volterra».
Velχ-, «Vulci»; Velciti, Velχite
«Vulcense».
Velsu, lat.
Volsinii «Orvieto» e poi «Bolsena»; Velznani, Velznaχ
«Volsiniese».
Vipsl, Visl, lat. Faesulae
«Fiesole».
Hama probabilmente «Cuma» (greco Kyma/ē); Hamaii (Hamai-i) «in
Cuma».
hamφe, lat. campus «campo, campagna»; Campane «Campano» o "nativo della
Campania".
Hepa, lat. Heba «Magliano» (Grosseto); Hepani «Hebano».
Hurta, lat. Horta «Orte»; Hurtate, Hurtina, lat. Hortinus
«Ortano».
Kara--,
lat. Carthago «Cartagine»; Karazie
«Cartaginese».
Keisna, lat.
Caesena «Cesena»; *Keisnate «Cesenate».
Lat-,
lat. Latium «Lazio»; Latine «Latino, Laziale».
Manva, lat.
Mantua «Mantova»; Manvate
«Mantovano».
Mataliai, lat.
Massilia «Marsiglia».
-----, lat. Mefanus
pagus (Sannio); Mefanate
«Mefanate».
Mutina, lat.
Mutina «Modena».
Nula, lat.
Nola «Nola»; Nulae «Nolano».
Percums,
Pergoms, lat. Bergomum,
Pergamum,-s «Bèrgamo»; Percumsna,
Pergomsna «Bergamasco».
Petina,
----- «Petina» (Salerno); Petinate
«Petinate».
Pupluna,
Pufluna, Fufluna, lat. Populonia
«Populonia».
Ruma, lat. Roma «Roma»; Rumae, Rumate, Rumaχ,
Rumitrine «Romano» (§§ 1,11,66).
Sarsina, lat.
Sarsina, «Sarsina».
Scarna,
----, «Scarna» (Quartaja, Colle Val d'Elsa).
Seina, lat. Saena, Sena Iulia «Siena».
Sena, lat.
Sena Iulia oppure Sena Gallica, Senate «nativo di Siena
oppure di Senigallia» (§ 41).
Sentin-,
lat. Sentinum «Sentino»; Sentinate «Sentinate».
Sur-,
lat. Sutrium «Sutri»; Surina
«Sutrino».
Tarχna, lat. Tarquinii «Tarquinia»; Tarχnie «Tarquinese».
Trepla, lat. Trebula (Sabina); Treplati «Trebulano».
Umprea, lat.
Umbria «Umbria»; Umrana, Umrie «Umbro».
Uria (Uriai «in
Uria»; § 59); Urie
«Uriese» (Urinei
gentilizio femm.).
Urina, lat.
Saturnia «Saturnia»; Urinate, Vrinate «nativo di Urina».
Felcin-, lat.
Fulginia «Foligno»; Felcinate, Felqunate «Fulginate»
Felzna,
Felsna, lat. Felsina
«Bologna».
Frentin-,
lat. Ferentinum «Ferentino»; Frentinate «Ferentinate».
I NUMERALI
§ 70. Diamo adesso l'elenco dei numerali cardinali etruschi,
e precisamente di tutti quelli di cui ci è stata conservata la documentazione
nei testi etruschi. A fianco di ciascuno dei numerali della prima decina e fra
parentesi indichiamo anche i numerali di lingue indoeuropee, con i quali quelli
etruschi possono essere confrontati ai sensi e in vista di una loro identità
genetica:
1 u(n), tu(n) (latino unum)
2 zal,
sal, esal, esl- (antico alto tedesco zwa
«due»)
3 ci, ki (iranico sih «tre»)
4 hu,
hut (latino quattuor «quattro»)
5
mac, maχ [lat. (
manus) magna «mano con le 5 dita distese
[v]]
6 śa, sa (latino sex, sanscrito ṣáṣ «sei»)
7 semφ (latino septem «sette»)
8
cezp
9 nurφ (latino novem «nove»)
10
śar,
sar, zar (sanscrito dasa «dieci»)
[vi]
11 (?)
12 śranczl
13 ci śar
14 huzar
17 ciem zarm
18 eslem zarum
19 unem zarum
20 zar(u)m
23 ci zarm
24 hu zarum
25 maχ
zarum
27 ciem calχ, ciem
cealχ
28 eslem
cealχ
29 unem
cialχ
30 calχ, cealχ, cialχ
33 ci cealχ
40 *hualχ
49 unem muvalχ
50 muvalχ
53 ci muvalχ
54 hu muvalχ
60 śealχ
65 maχ śealχ
70 semφalχ
75 maχ semφalχ
80 cezpalχ
82 esal cezpalχ
85 maχ cezpalχ
90 *nurφalχ.
§ 71. Si osservi che i numerali che indicano le decine dopo
il 20 sono costituiti dai corrispondenti numerali della prima decina, cui viene
unito il suffisso -alχ. Per questo fatto si può con
tutta verosimiglianza ipotizzare che 40 e 90 si dicessero rispettivamente *hualχ e *nurφalχ.
Nell'ambito delle decine la numerazione avviene per
addizione: 14 = hu zar (hu + zar); 24 = hu zarum; 33 = ci cealχ; 65 =
mac śealχ; 82 = esal cezpalχ
(esattamente come avviene in latino: undecim,
duodecim, tredecim, ecc.).
Ad iniziare invece dal numero 17 la numerazione avviene per
sottrazione dalla decina seguente:
17 =
ciem zarm (3 sottratto da 20);
18 =
eslem zarum (2 sottratto da 20);
19
= unem zarum (1 sottratto da 20);
49
= unem muvalχ (1
sottratto da 50). Anche questo modo di numerazione per sottrazione trova
riscontro nella lingua latina, che quasi certamente l'ha derivato proprio
dall'etrusco:
18 = duodeviginti; 19 =
undeviginti; 28 = duodetriginta; 29 = undetriginta[vii].
Evidentemente il suffisso sottrattivo -
em
unito ai numerali
un, esl-, ci
corrisponde alla preposizione lat.
de
e pertanto propriamente significa «da».
Al numerale u(n),
tu(n) «uno» sono da riportare la formula unem (un-em) «uno
(sottratto) da»; gli avverbi ufi
«una (sola) volta», tuśi, tuśti «in
uno-a, insieme» (cfr. lat. una); probabilmente gli aggettivi uva «singolo, ciascuno-a», uncule «singolo, ciascuno-a», unule «da singolo», tunur «singoli-e» (plur.).
Al numerale zal, sal,
esal, esl- «due» sono da riportare la formula eslem (esl-em) «due
(sottratto) da», l'altro numerale zar(u)m
«venti», l'aggettivo plur. zelur
«doppi-ie», il gerundio zelarvenas
«duplicando» e probabilmente anche slele
«in due, in accordo».
Al numerale ci
«tre» è da riportare la formula ciem (ci-em) «tre (sottratto) da».
Che hu, hut
significhi realmente «quattro» e non «sei» è dimostrato sia dal nome della antica città dell'Attica Hyttēnía = Tetrapolis, sia dalla frase Xarun hus «(figura) del quarto Caronte»
(quarto rispetto ad altri tre raffigurati in una tomba; Ta 7.81).
Che śranczl
significhi «dodici» è dimostrato dal fatto che nel Cippo di Perugia (CIE 4538)
la locuzione naper śranczl
ricorre scritta anche naper XII =
«napure 12». Pertanto questo numerale è da interpretarsi letteralmente śran-c-zl
«dieci e due» (śar, śra +
zal).
La variante śar «dieci» si può enucleare da śariś.
Probabilmente ciala
è una variante di cial, ceal «trenta»
(§ 31).
Numerali cardinali declinati
§ 72. Conosciano alcuni dei più frequenti numeri cardinali
sottoposti a declinazione:
Genitivo: ueś, unś,
unis «di uno»; esals
«di due»; cis, ciś «di tre» (§ 29); huiś, hus «di
quattro»; mas «di cinque»; śas «di
sei»; semφś «di sette»; śariś
«di
dieci»; huzars «di quattordici»; zarmis, zarms, zarumiś,
zarums «di venti»; ceals,
cealuś, cealus, cealuz, cialuś «di trenta».
Però i numerali composti col suffisso -al hanno di preferenza un genitivo con la desinenza -alls, il quale può essere considerato
un genitivo rideterminato (§ 55)
oppure nel quale la seconda l è una
semplice postsonanza della prima:
cealls «di
trenta»; muvalls «di cinquanta»; śealls «di
sessanta»; semφalls «di
settanta»; cezpalals «di ottanta».
Dativo: uni «ad
uno»; huti «a quattro» (?) (§ 122).
Quando i numerali sono composti, vengono declinati entrambi
i componenti: ciś
śariś «di tredici» (LL VIII 1); avils cis zarmisc «di anni tre e venti»
(CIE 5458); huiś
zarumiś «di
ventiquattro» (LL VIII 3). Invece non si declina il numerale
caratterizzato dal suffisso sottrattivo -em:
ciem cealls «di ventisette» (Ta 1.23).
Nei §§ 45/3,61 abbiamo visto che, a norma della “flessione
di gruppo”, quando i sostantivi sono preceduti o seguiti da un numerale
superiore all'uno, possono risultare al singolare invece che al plurale.
I numerali ordinali
§ 73. Fino al presente sono stati individuati solamente
alcuni numerali ordinali:
unśna
«primo-a» da un «uno»; ceanu «terzo-a» (§ 125), kisne «terzo-a» (?) da ci, ki «tre»; śarśnau
«decimo-a» da śar «dieci»; zarumsne «ventesimo-a» (§ 66); snuiaφ, śnuiuφ «settimo-a» da semφ «sette»; Xosfer «Ottobre», = «ottavo» da cezp «otto» (?) (§ 75).
§ 74. Coi numerali più frequenti il suffisso -z(i) forma altrettanti avverbi, i quali
indicano le "volte" e vengono usati spesso negli epitafi per indicare
il numero di volte in cui i defunti hanno ricoperto alcune cariche: unz «una (sola) volta»; eslz «due volte»; ciz, cizi, citz «tre volte» (§ 20); huz «quattro volte»; cezpz
«otto volte», nurφzi «nove
volte».
Lar
Ceisinis Velus clan cizi zilaχnce
melum nurφzi cance Calusim lupu meiani municle «Lart
Caesinio figlio di Uel per tre volte resse come pretore lo Stato, per nove
volte fu censore e morto per Calus (è) in questo splendido sepolcro» (CIE 5526;
TLE
99).
§ 75. Gli aggettivi numerali venivano indicati anche con
numeri, e precisamente con i seguenti:
| = lat. I (=
1); Λ = lat. V (= 5); X = lat. X (= 10); ↑ = lat. L (= 50); C = lat. C (=
100); M = lat. M (= 1000).
Questi sono i numeri fondamentali, i quali corrispondono
quasi tutti a quelli latini (il numero Λ è il rovescio di quello lat. V); la
loro combinazione serve a formare tutti gli altri numeri, alla maniera esatta
del latino. I seguenti numeri sono tutti effettivamente documentati in epitafi
etruschi:
XXI = 21; XXV = 25; XXIIX, XIIXX = 28; XXX = 30; XXXII = 32;
XXXIIII = 34; XXXVI = 36; XXXVIII = 38; XXXVIIII = 39; XXXXII = 42; XXXXIII =
43; XXXXV = 45; LXVI = 66; LXX = 70; LXXII = 72; LXXVI = 76; LXXX = 80; LXXXII
= 82; CVI = 106.
Nomi di suddivisioni del tempo e dei mesi
§ 76. Ed ora indichiamo i nomi di alcune suddivisioni del
tempo e inoltre quelli dei mesi, precisando che fra questi mancano, perché non
documentati oppure non individuati, quelli di «Febbraio» e di «Novembre»:
*tin
«giorno» (genitivo tinś,
dativo tinśi).
tivr,
tiur, tiiur «mese» (e «luna») (genitivo tivrs, tiiurś, dativo
tiuri).
avil
«anno» (genitivo avils, avilś, plur. avilχva, genitivo
plur. avilχval; § 48).
Aniaχ
probabilmente «gennaio», derivato da *(i)ane
«Giano», da confrontare coi lat. Ianuarius,
Ianus (dio della porta o dell’ingresso) di probabile origine etrusca (dicle
97).
Velcitanus
«marzo», assai probabilmente «mese dedicato a Vulcano».
Cabreas
«aprile», omoradicale col lat. Aprilis
e forse dedicato ad Afrodite.
Amphiles,
Ampiles, Anpilie «maggio», letteralmente «mese dei pàmpini» (cfr. greco ámpelos),
dedicato a Bacco, dio della vite e della vegetazione.
Acala, Acale (Liber
xi 1, vi 17) significato quasi certo «giugno», da confrontare con
la glossa latino-etrusca Aclus «giugno» (thle 415; legl 99).
Traneus
«luglio»,
probabilmente mese dedicato a Turan
«Venere».
Ermius
«agosto»,
glossa latino-etrusca (ThLE 416), = "mese dedicato ad Ermes",
da confrontare col greco argolico Hermaĩos
«Ottobre-Novembre» (LEGL 99).
Caelius,
Celius «settembre», glossa latino-etrusca (ThLE 415) da confrontare col lat. caelum «cielo» (di origine incerta; dell, deli); se si
privilegia la prima forma significherebbe “mese dedicato al Cielo o Urano”.
Xosfer
«ottobre», probabilmente = «ottavo» derivato da cezp «otto», col significato di "ottavo" mese ad iniziare
da marzo, perché in origine l'anno iniziava con questo mese (§ 72).
Masan,
Masn «dicembre» o, in subordine, «novembre».
IL PRONOME
I pronomi personali
§ 77. Dei pronomi personali etruschi conosciamo in maniera
certa solamente quelli della 1ª e della 3ª persona singolare: mi, mii «io»; an «egli, ella»; ed in maniera probabile hel «egli, ella» (genitivo helś, hels «di
lui, di lei»), il cui aggettivo corrispondente sarebbe helu «proprio, privato, personale, familiare» (Cippus, 21;
Pe 8.4).
Conosciamo inoltre il pronome in «esso-a», «lo, la», «ciò»,(anche accus.), il cui dativo è inni
«a/per lui».
Sempre in maniera probabile conosciamo il pronome di 1ª
pers. plur. in genitivo enaś «di noi».
Il pronome an
valeva sia per il maschile che per il femminile:
(Ve 3.29, su vaso) Vel
Matunas Larisalisa / an cn sui ceriχunce «Uel
Matonio quello (figlio) di Laris / egli aveva costruito questa tomba» (CIE
6159).
(CIE
5246) Śeras
an amce Tetnies Laral Arnaliśla puia
«(sarcofago) di Setra; ella fu moglie di Lart Tetenio, di quello (figlio) di
Arrunte».
§ 78. Del pronome di 1ª pers. sing. abbiamo anche le
seguenti forme in accusativo: me, mene,
mi, mine, mini «me, mi», le quali ovviamente richiamano le corrispondenti
latine me, mene (indeur.) (§ 58):
Avle
Zuqu me turace Menervas «Aulo Succonio mi ha donato a Minerva».
mini
muluvanice «mi avevano donato» (su vaso, Ve 3.23).
mini
muluvanice Mamarce Apuniie Venala «Mamerco Aponio mi aveva donato
a(lla dea) Vena» (su vaso, Ve 3.5) (§ 57).
mine
muluvanece Avile Vipiiennas «mi aveva donato Aulo Uibenna» (su
vaso, Ve 3.11).
Le forme più frequenti dell'accusativo sono me, mene, mini, mine, però è certo che,
soprattutto in epoca arcaica, veniva usata anche l'altra forma mi, uguale a quella in nominativo. La
ambiguità tra il valore di nominativo e quello di accusativo di mi evidentemente veniva superata dai
parlanti in virtù del contesto linguistico e soprattutto di quello
extralinguistico o pragmatico:
mi
Mamarce zinace «mi ha fatto Mamerco» (su vaso, Ve 6.2).
mi
Aran Ramuaśi Veśtiricinala muluvanice
«Arrunte mi aveva donata a Ramta Uestergennia» (su anfora, Cr 3.20).
mi
Sataiies Avele acasce «mi ha fatto Aulo *Sataio» (su vaso, REE
42, num. 302).
Puzne
Qaχu \ mi mulvenece putere S Ciaruiaχ «Pusinnio
Caco e S(etra) Ciartia hanno donato me (oinochoe)» (su vaso, Vc 3.3).
ure mi
«vuotami!» (su ciotola, Sp 2.55) (§ 100).
§ 79. Abbiamo anche le seguenti forme del pronome di 1ª
pers. sing. in accusativo: minipi, minpi,
mipi, menepi, menpe «(a) me», le quali si possono interpretare come in
"accusativo posposizionale" (§§ 102,108,124):
(Cm 2.13) mi χuliχna
Cupes Alrnas ei minipi capi mini Θanu(χvils) «io (sono la) coppetta di Cupio
Aletrinate; non mi prendere! mi (ha donato) a Tanaquile» (TLE 12).
(Cm 2.46) Qupes fuluśla mi ei minpi capi mi nunar \
Thevruclnas \ Aces X «io (dono) di Cupio, di quello
(figlio) del tintore; non mi prendere! io (sono un) regalo \ a *Tauricillia \
(opera) di Accio (prezzo) 50» (?)».
(REE 65-68,15, su fondo di ciotola) ei menepi χape mi Veneluś <mi> Karkus
«non
mi prendere io (sono) di Uenel Carconio».
(Pa 2.1 – 5:3, su vaso)
[e]i menpe kape / mi [nunar] «non mi prendere! io (sono un dono)».
Aggettivi e pronomi indefiniti
§ 80. Conosciamo in maniera più o meno certa o probabile
cinque aggettivi e pronomi indefiniti:
ceuś,
ceus «di ciascuno, di ognuno-a»; ceus cilcval «di ogni culto, dei singoli culti»; clalum ceus «e di ciascuno di questi». ceusn (Po 4.4, defixio) probabilmente «ciascuno, ognuno-a», in accusativo.
enan (ThLE²)
«alcunché, qualche cosa» (accusativo). (StEtr 64, 1998 [2001] 221) ein
thui ara enan probabilmente «non fare qui alcunché».
eniaca (enia-ca
?) «quanti, tanti quanti-e» (CIE 6314).
i «ciascuno, ogni, tutto»
(genitivo il, dativo ii); ii il «all'uno e all'altro» (?) (Cippo di Perugia; CIE 4538).
im
«ogni, qualunque, tutto» (genitivo iś, locativo im; § 29).
Aggettivi e pronomi dimostrativi
§ 81. Degli aggettivi e dei pronomi dimostrativi etruschi
conosciamo i seguenti:
ica,
ika
(arc.), eca, ca (rec.) «questo-a».
ita
(arc.), eta, e, ei, eit, ta (rec.)
«questo-a».
eśta, eiśta «codesto/questo/quello-a» (eśtla in genitivo lambdatico; eisteis
«col/dal/per il» probabilmente in ablativo).
È probabile che in origine fra questi tre aggettivi e
pronomi dimostrativi valesse la distinzione che esisteva fra quelli analoghi
latini (ed i corrispondenti toscani), con la indicazione dunque della vicinanza
al parlatore (hic «questo») oppure
all'ascoltatore (iste «codesto») o
infine della lontananza dall'uno e dall'altro (ille «quello»). Questa probabile distinzione però fino al presente
sembra che si possa cogliere soltanto in questa frase della 1ª lamina di Pirgi:
ita tmia icac heramaśva «questo thesaurus e
quelle statuette» (CIE 6314).
I primi due pronomi hanno il significato preminente del
pronome ital. «questo-a», ma in formazioni articolate si traducono meglio con
l'altro «quello-a» e cioè «il-la» (§§ 82,83).
Declinazione degli aggettivi e pronomi dimostrativi
§ 82. È molto probabile che i primi due pronomi (i/e)ca ed (i/e)ta «questo-a» siano semplicemente varianti di un solo
indentico pronome originario, però è un fatto che essi hanno alla fine
sviluppato due forme di declinazione abbastanza differenti:
Singolare
Plurale
Nominativo ica, ika, eca, ca, ka ica
Genitivo I ecs, ceś, cś
-------
Genitivo
II icel (?), cal, cl, cla clal,
clel (?)
Dativo icei,
cei
-------
Accusativo ecn,
cen, cn
cnl
Ablativo cnl, cśl (?) -------
Locativo calti, celi, ecli,
clz, cl, cli -------
Singolare
Plurale
Nominativo ita,
eta, e, ei, eit,
ta etva/e, eitva
Genitivo I itas, tez, tes, teis,
tś eviś
Genitivo II ial, ital, el, tal -------
Dativo itai,
iti, eiti, tei -------
Accusativo itan,
itun, etan, eun, etun, tn, n
-------
Esistono anche le forme enclitiche -ica, -ca, -cś,
-cla, -cle, -cleri, -cn, -cn, -clat, -cle,
-clet; -ta, -tas, -teiś, -tś, -ts; -n,
-sa, -śa, -śla, -sla, -tra, -tre, -raś, -traś, -treś,
delle quali parleremo diffusamente nei paragrafi seguenti.
Conosciamo anche questi altri pronomi dimostrativi, che però
risultano usati molto poco:
(CIE 4116) cehen «questo-a
qui» (forma enfatica).
(Cr 4.10/2) icecin,
icec[in] forse «questo-a qui», accusativo sing. di forma enfatica del
pronome ica «questo-a» (?).
(Liber VII 19;
XI 5) cnticn forse cnti-cn «proprio qui, in/a questo punto».
Le formazioni
articolate
§ 83. In frasi molto brevi, che sottintendono quasi sempre
la copula (§ 127), i pronomi dimostrativi (i)ca,
(i)ka, (i)ta vengono usati anche in posizione enclitica rispetto agli
antroponimi ed ai sostantivi cui si riferiscono, dimostrando di avere, in tale
posizione, il significato più del pronome ital. «quello-a» che non dell'altro
«questo-a» ed inoltre il valore di “articolo determinativo” «il/lo-la» (§§
80,83). Queste formazioni, che si possono chiamare "articolate", vengono
usate con le forme del nominativo-accusativo e del genitivo:
(Cr 2.99,100) Avilesca
apas (Aviles-ca) «(coppa) quella
di babbo Aulo» .
hamφisca (hamφis-ca)
«quello-a del campo o della campagna».
(CIE 10868) Θansesca Numnal acil (Θanses-ca) «opera quella di *Tanso (servo) di
Numenia».
laivisca
(laivis-ca) «questo/quello-a di
sinistra».
(CIE 10948, su patera)
Luvcaniesca (Luvcanies-ca)
«quella di Lucanio».
(CIE 8567) Namureska (Namures-ka) «(vaso) quello di Namerio».
arvusta
(arvus-ta) «quello/il seminato».
(Cm 2.65, su patera)
mi Cupesta (Cupes-ta) «io (sono)
quella di Cupio».
(Ad 2.9, su patera)
Kaviśta mi (Kaviś-ta) «io
(sono) quella di Cavio».
(Cm 2.32, su brocca)
mi Limurcesta pruχum (Limurces-ta) «io (sono) quella di
*Limurco» .
(Cm 2.35, su patera)Maiflnasta
mi (Maiflnas-ta) «io (sono) quella di *Maeflanio».
(OI S.63) Tinsta (Tins-ta) «quello di Tinia»; Maris Tinsta «Maris quello (figlio) di
Tinia».
cupe
Velieśa (Velie-śa) «patera quella di Uelio» (?)
(§ 85).
Si osservi che l'antroponimo o il sostantivo risulta essere
al genitivo; d'altra parte pure il pronome-articolo può essere al genitivo (§
83):
(Ta 1.107)
Hanipaluscle (Hanipalus-cle)
«dell'(esercito) di Annibale», letteralmente «di quello di Annibale».
(CIE 4116) lautneścle (lautneś-cle) «di
questa famiglia».
L'articolo determinativo enclitico
§ 84. Ancora in posizione enclitica i pronomi (i)ca ed (i)ta hanno finito con l'acquistare il valore di “articolo
determinativo enclitico”, dimostrando ancora di avere, pure in tale posizione,
il significato più del pronome ital. «quello-a» che non dell'altro «questo-a»
(§§ 80,82). Ciò avviene con le forme di quasi tutti i casi: nominativo,
genitivo, dativo, accusativo, pertinentivo e locativo: -(i)ca, -(i)cś,
-cla, -cle, -cleri, -cn, -cn, -clat, -cle,
-clet; -(i)ta, -tas, -teiś,
-tś, -ts,
-n,
-tn, -tra, -tre, -raś, -traś, -treś.
La trasformazione dell'originario pronome dimostrativo in
articolo determinativo si constata in altre lingue indoeuropee (ad es. in
quelle germaniche e in quella greca), nel paleosardo, lingua imparentata con
l'etrusco
[viii],
ed anche in tutte le lingue neolatine rispetto agli originari pronomi
dimostrativi latini. Addirittura nella lingua rumena l'articolo determinativo
viene posposto al sostantivo in posizione enclitica, proprio come adesso
vedremo avvenire in etrusco:
omu
«uomo»,
omul «l'uomo» (dal lat.
homo ille). E d'altronde questo fenomeno
si constata anche nella lingua danese.
Nominativo singolare -(i)ca,
-(i)ta; plurale -tra, -tre
(morfema infisso del plurale -r-; §
44):
Aumica (Aum-ica
o Aumi-ca
?)
«il Signore» (Tinia), letteralmente «quel Signore».
aeneica (aene-ica) «la
patera»
(esvi), esvita (esvi-ta) «il sacrificio».
(mlaχu), mlaχuta (mlaχ-u-ta) «il donato».
Plurale: (cela), celetra (cele-t-r-a) «le celle».
celestra (celes-t-r-a) forse «i Celesti, gli abitanti del cielo» (?).
hilχvetra (hilχve-t-r-a) «i
possedimenti».
hivustra (hivus-t-r-a) «i massaggi» (?)
(husrnana), huzrnatre (huzrna-t-r-e) «i giovani».
snenaziulastra (snena-ziulas-t-r-a) «le piccole
ancelle».
Vipinaltra (Vipinal-t-r-a) «i Uipini».
Genitivo singolare -(i)cś, -tas, -teiś, -tś, -tla, -(i)cla, -cle;
plurale -raś, -ras,
-traś, -treś
(morfemi del genitivo -ś,
-s
oppure -l-, del plur. -r-):
aemeiścaś (aemeiś-caś) «del vaso», letteralmente «di quel
vaso».
aumicś (aum-icś o aumi-cś ?), amic[ś] «del signor(e)».
vuvcnicś (vuvcni-cś)
«della tromba» (?).
(huslne), huslneśtś (huslneś-tś) «del
(vino) nuovo».
(apna), apneśtś (apneś-tś)
«della patera».
(Θufla), Θuflicla
(Θufl-icla) «del/di quel Tufulta» (cioè
dell'Ade).
(laive), laivetsm (laive-ts-m) «e della sinistra».
(lae), laiscla (lais-cla) «del seminato» (?)
(muni), municle (muni-cle) «del monumento sepolcrale».
(muni), munistas (munis-tas) «del monumento sepolcrale».
(sacni), śacnicla (śacni-cla) «del
rito sacro».
(śanti), śantiśtś (śantiś-tś) «del
(vino) benedetto».
(tesne), tesnśteiś raśneś (tesnś-teiś) «del
diritto etrusco».
(Calus) Caluśtla (Caluś-tla) «di
questo/del Calus» (§ 50).
Genitivo plurale:
(cluce), clucraś, cluctraś (cluc-/tr-aś) «dei
calici».
falares (fala-re-s) «dei cippi» oppure «degli
astri» (?). (sacni), śacnicśtreś (śacnicś-tr-eś) «dei
riti sacri».
(śec), śectraś (śec-tr-aś)
«delle figlie».
(sval, svel-), svelśtreśc (svelś-tr-eś-c) «e
dei viventi, degli animali».
(spure), śpureśtreś (śpureś-tr-eś)
«delle città».
(in alcuni degli esempi citati il morfema del genitivo è
presente, oltre che nell'articolo enclitico, anche nel sostantivo; § 82).
Dativo plurale -cleri
(morfemi del plurale -r-, del dativo
-i):
(sacni), śacnicleri (śacni-cleri) «ai
riti sacri».
Accusativo -cn, -cn,
-n, -(i)tn, -ican (morfema dell'accusativo -n-):
(acil), aclχn (acl-χn)
«l'opera».
aumitn (aum-itn o aumi-tn
?)
«il Signore» (Tinia), letteralmente «quel Signore».
aemeican (aeme-ican) «la
patera» (§ 23).
uncn (un-cn) «il solo, l'unico, il singolo-a»
(?)
purun
(puru-n) «quello-a purificato-a» (?)
(sacni), śacnicn (śacni-cn) «il
rito sacro».
(sacni), śacnitn (śacni-tn) «il
rito sacro».
teśamitn (teśami-tn) «il
precetto» (?)
Locativo: -clat, -cle, -clet, -italte
(morfema del locativo -, -t,
-te):
(muni), municlat, municle, municlet (muni-clat, muni-cle, muni-clet) «nel
monumento sepolcrale».
(Cr 4.10) śacnitalte (śacn-ital-te) «nel
rito sacro».
§ 85. Conosciamo un certo numero di epiteti, in genere di
dèi o di semidèi, i quali risultano formati appunto con l'articolo
determinativo enclitico, al nominativo oppure al genitivo:
Lasa
Racuneta (Racune-ta) «Lasa
la -?-» (semidea).
Lasa
Sitmica (Sitmi-ca) «Lasa
la -?-» (semidea).
Lurmicla
(Lurmi-cla) «del *Lurmio (?)».
Lurmitla,
Lvrmitla (Lurmi-tla) «del
*Lurmio (?)»
Mariśl Menitla (Meni-tla) «di Maris il donatore»,
letteralmente «di Maris del donatore» (AV 4.1).
Seleitala
(Sele-itala) «da (Giunone)
Dispensatrice».
Selvans
Sancuneta (Sancune-ta)
«Silvano il Sanguinario».
Selvanzl
Enizpetla (Enizpe-tla) «di Silvano il -?-».
Patronimico matronimico gamonimico pronominali
§ 86. Esiste un altro pronome dimostrativo etrusco, il quale
viene usato molto frequentemente in posizione enclitica e anche con vocale di
appoggio rispetto agli antroponimi (soprattutto prenomi maschili, ma anche
gentilizi) per la formazione del patronimico, del matronimico,
del gamonimico, cioè per indicare la relazione di parentela di un
individuo rispetto al padre e alla madre oppure quella di una donna rispetto al
marito e anche il rapporto socio-giuridico del servo rispetto al padrone o del
liberto rispetto all'ex-padrone o patrono che l'ha affrancato.
Le sue forme sono -(i)śa, -(i)sa e
quella del genitivo è -(i)śla, -(i)sla coi
significati «quello-a», «di quello-a». Che si tratti effettivamente di un
pronome è dimostrato dal fatto che la desinenza /l/ del genitivo risulta
inserita a titolo di infisso, come
negli altri pronomi (§§ 50,81).
È possibile che questo pronome non sia
altro che lo sviluppo del pronome ta
«questo-a», secondo la trafila fonetica: ta
> *a > *za > sa.
Patronimico con prenomi:
Avle
«Aulo»; Avlesa «quello (figlio) di
Aulo» (nominativo); Avlesla «di
quello (figlio) di Aulo» (genitivo).
Arn «Arrunte»; Arnalisa
«quello (figlio) di Arrunte» (nominativo); Arnalisla «di
quello (figlio) di Arrunte» (genitivo).
Velur «Ueltur»; Veluruśa «quello (figlio) di Ueltur»
(nominativo); Velurusla «di
quello (figlio) di Ueltur» (genitivo).
Lar
«Lart»;
Laralisa,
Larialisa
«quello
(figlio) di Lart» (nominativo)
[ix];
Laralisla «di
quello (figlio) di Lart» (genitivo);
Larialisvle Cestnal clenaraśi «ai/dai figli di Cestia, di
quella (figlia) di Lart» (genitivo femm. di forma arcaicizzante).
Laris
«Laris»; Larisalisa «quello (figlio)
di Laris» (nominativo); Larisaliśla «di quello (figlio) di Laris»
(genitivo).
Marce
«Marco»; Marcesa «quello (figlio) di
Marco» (nominativo); Marceśla «di quello (figlio) dio Marco»
(genitivo).
Śere «Setre»; Śereśa «quello (figlio) di Setre»
(nominativo); Śereśla «di quello (figlio) di Setre»
(genitivo).
mi
cana Arnal Prastnaś Lavcisla «io
(sono il) simulacro di Arrunte Prastina, di quello (figlio) di Lucio» (Fs 7.2).
Da questi chiari esempi di formazione patronimica risulta
che l'antroponimo è in genitivo e che il pronome patronimico è talvolta
preceduto da una vocale di appoggio [i]:
Arnal-i-sa;
Arnal-i-sla.
Pertanto nella forma al genitivo si deve interpretare che sia appunto al
genitivo non soltanto il pronome, ma anche l'antroponimo, per cui, ad es., Veluruśa, Velurusla e Śereśa, Śereśla probabilmente vanno interpretati e distinti in Velurus-śa, Velurus-sla e Śereś-śa, Śereś-śla. Tale interpretazione è
suggerita e confermata sia dalle forme in nominativo Arnalisa,
Larisalisa (Arnal-isa, Larisal-isa), sia
dalle altre, sempre in genitivo, Avilesca,
Cupesta, Θansesca (Aviles-ca, Cupes-ta, Θanses-ca) che
abbiamo visto nel § 82, sia infine da Cauślinissa (Cauślinis-sa) che
vedremo fra poco.
In generale diciamo che chi continua a definire la
formazione Arnal-i-sla come un
"genitivo del genitivo" oppure come un "doppio genitivo",
dimostra di non averne afferrato la esatta struttura morfologica.
Matronimico con prenomi:
A Arini Scurfu A Patislanialisa (Patislan-ial-isa) «Ar(runte) Arinio
Scorpione (figlio) di Ar(runte), quello (figlio) di *Patislania» (nominativo).
A
Haprni A Acratinalisa (Acratin-al-isa)
«Arrunte Faberio (figlio) di A(ulo), quello (figlio) di Acerretina»
(nominativo).
Velχe Fulni Velχes Ciarialisa
(Ciar-ial-isa) «Uulca Folnio (figlio) di Uulca, quello
(figlio) di Ciartia» (nominativo).
Gamonimico con prenomi:
Fasti
Kainei Tulesa kn [turke] (Tule-sa) «Fausta Caenia quella (moglie)
di Tullio [dona] questo» (nominativo) (Ar 1.1).
Θana Vetui Veluś Cauślinissa (Cauślin-is-sa)
«Tana Uetunia (figlia) di Uel, quella (moglie) di *Causlinio» (nominativo).
Θana Lei
Pumpusa «Tana Letia quella (moglie) di Pomponio» (nominativo).
Veru
«Ueronio»; Verusa (Velu-sa)
«quella (moglie o figlia) di Ueronio» (nominativo).
Rapporto di servo o liberto (di servo quando si tratta di un
nome individuale, di liberto quando si tratta di un gentilizio):
Qupes
Fuluśla mi (Fulu-śla) «io (sono) di Cupio, di quello
(servo o liberto) di Fullonio».
Lar Hepni Falisa (Fal-isa) «Lart Hepenio quello (servo o
liberto) di Falio» (nominativo).
Vel
Aties Velurus
Lemniśa
celati cesu (Lemn-iśa) «Uel Attio (figlio) di Ueltur, quello (servo o liberto) di Lemonio
(è) deposto nella cella» (nominativo).
§ 87. D'altra parte il patronimico, il matronimico e il
gamonimico venivano effettuati innanzi tutto con i sostantivi clan, clen «figlio», sec, seχ «figlia» e puia
«moglie» preceduti o seguiti rispettivamente dal prenome del padre, dal
gentilizio della madre e dal gentilizio del marito (ed eventualmente dal
prenome di costoro) posti in caso genitivo:
Laris
Pumpus Arnal
clan ceχase «Laris Pomponio figlio di
Arrunte, giudice».
Lari Spantui Larces Spantus seχ Arnal
Partunus puia «Lartia *Spantonia figlia di Larce *Spantonio, moglie di
Arrunte *Partuno».
Laria Latini Cesunia Tutnasa Ultimnial śec «Lartia Latinia Cesonia quella
(moglie) di Tutinio figlia di Ueltymna».
Vela
Visnai puia Arnal
Tutes amce «Uelia Uesnia è stata moglie di Arrunte Tutio».
Lari Einanei Seres sec Ramas Ecnatial puia Larl Cuclnies Velurusla avils hus cealχls «Lartia Enania figlia di Setre
(e) di Ramta Egnatia, moglie di Lart Cuculnio, di quello (figlio) di Ueltur, di
anni trentaquattro».
D'altra parte i sostantivi clan, sec, puia potevano essere sottintesi, per cui figurava
solamente il nome del padre, della madre o del marito in genitivo:
Vel
Tite Aules «Uel Titio (figlio) di Aulo».
Arn Apunas Velus «Arrunte
Aponio (figlio) di Uel».
Θana Heli Marcniś «Tana
Helia (moglie) di Marcinio».
mi
Arunia
Malamenaś «io (sono) Arruntia (moglie o
figlia) di *Malamenio».
mi Laria Fulvenas atrś «io
(sono) Lartia (moglie o figlia) di Fulvenio - la famiglia (pose)».
mi
hupnina Arunial Śalcieś «io
(sono l') ossario di Arruntia (moglie o figlia) di *Salcio».
mi
capi L Versni L «io contengo (?) L(artia) Versinia (figlia) di L(art/aris)»
(su ossario) (§ 92).
Da tre delle citate frasi si vede che non sempre è possibile
capire se una donna fosse la moglie oppure la figlia di un certo individuo.
Ovviamente questa ambiguità non coinvolgeva affatto anche i parenti ed i
conoscenti vivi dei defunti.
Il pronome relativo
§ 88. Nel materiale linguistico etrusco conservato sembra
che l'unico pronome relativo sia ipa
«che, il/la quale», la cui la declinazione è probabilmente questa:
Singolare Plurale
Nominativo ipa, ipe «il/la quale»
ipa «i/le quali» Genitivo
masch. ipaś «del
quale»
Genitivo femm. ipal «della
quale» (?)
Dativo ipei «al/la
quale» iperi
«ai/alle quali»
Accusativo inpa «il/la quale»
Ablativo inpein «nel/la quale, in cui» (?)
§ 89. Sembra che questo stesso pronome abbia anche il valore
di pronome interrogativo: ipa
«quale?»: ipaś ikam ? «e di chi (è) questo?».
Però ipa è anche
avverbio relativo di luogo avente il significato di «dove» (§ 109).
Di questo pronome sembra la variante arcaica epa, ep(-c),
epl, ma col significato «(di)
quello-a; il/la».
§ 90. Sul piano di una affinità genetica indoeuropea si
osservino queste probabili corrispondenze etrusco-latine:
etrusco latino
ica hic
ita, e id
eśta iste-a
pśl
(pś-l) (genitivo II) ipse, ipsa (i-ps-e)
ipa qui,
quae
IL VERBO
Il verbo copulativo
§ 91. Purtroppo il verbo è la parte meno conosciuta della
lingua etrusca e questo fatto costituisce una notevole difficoltà nell'entrare
nel vivo di questa lingua, dato l'importantissimo ruolo che il verbo ha in
tutte le lingue, per il suo indicare sia l'essere
delle cose, sia il loro agire ed il
loro subire.
La scarsissima conoscenza che noi abbiamo del verbo etrusco
è conseguente in primo luogo al fatto che esso risulta assai poco documentato
nel materiale lessicale conservatoci, per le sue stesse caratteristiche che
abbiamo indicato in precedenza (§ 4), cioè la relativa scarsezza e la pessima
qualità, in secondo luogo al fatto che il lavoro di interpretazione che i
linguisti hanno condotto su lessemi del
Liber linteus che quasi
certamente sono altrettanti verbi, risulta fino al presente fallito in larga
misura. La limitatissima conoscenza che fino al presente abbiamo del verbo
etrusco è dimostrata già dal fatto che perfino del verbo copulativo “essere” -
usatissimo in tutte le lingue - conosciamo pochissime forme, e precisamente
soltanto le seguenti:
ama «è,
(essi-e) sono», oppure «sia», «siano» (?).
ame «è,
(essi/e) sono», copula sing. e plur.
amake,
amuce, amce «fu; è stato-a» (perfetto debole; § 96).
am «sia!» (imperativo forte 3ª pers.
sing.).
ama «sia!», «siano!» (congiuntivo pres. 3ª pers. sing. e
plur.).
La seguente frase del Cippo di Perugia (Pe 8.4/2; CIE 4538) ipa ama hen naper XII Velinauraś «dove
sono esattamente (?) le 12 napure (o mappe) della famiglia Ueltinia» ci
assicura che la 3ª pers. sing. ama
«è» aveva anche il valore di 3ª pers. plur. ama
«(essi-e) sono»; ed è questa una particolarità che vedremo fra poco anche in
altre voci verbali: dunque sembra che la
3ª persona singolare dei verbi sia sempre uguale a quella plurale (§§
94,96,98).
L'indicativo presente
§ 92. 1ª pers. sing. -i:
(Vt 1.116 – rec, su ossario) mi capi L Versni L «io contengo L(art/aris) Uersinio (figlio di)
L(art/aris)»; (Vt 1.117 – rec, sull'ossario della precedente iscrizione) mi capi L Versni Se L Versni lupuve «io
contengo L(art/aris) Uersinio (e) Se(tre) Uersinio (figli di) L(art/aris)
defunti» (si trattava dunque di due fratelli) (TLE 395).
Se la interpretazione e traduzione delle due iscrizioni
fosse certa, allora conosceremmo la 1ª pers. sing. dell'indicativo presente: capi «(io) prendo, contengo». E in
questo caso sarebbe certo che la differenza fra capi «prendo» e capi!
«prendi!» (imperativo, § 100) era segnata dalla differente pronunzia delle due
forme verbali (esattamente come avviene in molte altre lingue, ad es. in quella
italiana: prendi e prendi!).
3ª pers. sing. -a, -e:
acnina
«cede» nunena
«annunzia, pronunzia»
ale «dà, dona» renine «contiene»
cape,
kape «prende»
śatena «soddisfa, mantiene»
cerene
«cura, fa» ścuna, scuna «cede»
farce «incide» tva «mostra»
mena «dà,
dona»
tece «pone, contiene»
Le differenti terminazioni -a, -e lasciano intravedere che anche in etrusco esistessero
differenti coniugazioni dei verbi; cfr. lat. amat, monet, legit, audit (§§ 99,101/2).
Il futuro
§ 93. È probabile che le seguenti forme verbali, tutte
documentate nel Cippo di Perugia (CIE 4538) siano al futuro:
acilune
«farà»; śatene «manterrà, soddisferà»; ścune, scuvune
«cederà»; turune «darà, donerà».
Il passato o perfetto
§ 94. Di forme verbali al passato conosciamo in maniera
certa il perfetto o preterito e in maniera probabile il trapassato o
piuccheperfetto.
Il passato o perfetto etrusco corrisponde sia al nostro
passato prossimo, sia al nostro passato remoto e forse anche al nostro
imperfetto.
Esistono due forme di perfetto: il perfetto forte e il perfetto
debole. Di entrambi abbiamo numerosi esempi, tanto che si può affermare che
la forma verbale etrusca meglio documentata e meglio conosciuta è per l'appunto
il perfetto. Però di questo noi conosciamo solamente la 3ª pers. singolare, la
quale d'altra parte è uguale alla 3ª pers. plurale (§§ 91,96,98).
Di questa voce verbale la desinenza è costituita nella forma
forte dalla vocale -e, alla quale
nella forma debole si aggiunge come infisso
la velare tenue oppure quella aspirata: -ce,
-ke, -χe (cfr. § 103).
§ 95. Ecco un elenco di verbi che molto probabilmente sono
in perfetto forte:
hece
«fece(ro), pose(ro); ha(nno) fatto, posto»
leśe «scelse, sceglieva» (?)
line
«(pre)dispose, preparò; ha (pre)disposto, preparato»
mlace
«donò, regalò, dedicò; ha donato, regalato, dedicato»
muluvene
«diede, donò; ha dato, donato»
mulune «diede, donò; ha dato, donato»
tenve
«tenne, svolse, esercitò;
ha tenuto, svolto, esercitato» (cfr. tence).
(AS 1.311/2 - rec) mi murs Arnal
Vetes Nufres Laris Vete mulune / La[r]ia
Petruni mulune «io (sono l’) ossario di Arrunte Uetio *Nufrio; Laris Uetio
(mi) ha donato / Lartia Petronia (mi) ha donato» (i donatori saranno stati
coniugi) (TLE
420).
(Vc 3.4 – 6:m, su oinochoe) mine muluvene Avile Acvilnaś «mi ha donato Aulo Aquilinio».
§ 96. Molto più frequente è il perfetto debole, il quale ha
come desinenza della 3ª pers. sing. e plur. -ce, -ke, -χe,
desinenza che è simile a quella del perfetto greco -ke, dell'ittito -ha, del
licio -ca, ecc. (indeur.). Forse in
due locuzioni del disco di Heba o Magliano abbiamo la 1ª pers. sing.: mi menicac (menica-c) «(e) diedi, ho dato»; mlace
«votai, offrii, affidai in voto; ho votato, offerto, affidato in voto» (?). Ma
la forma veramente comune è quella della 3ª pers. sing. e plur.:
acasce,
akasce, akśke «fece, compose; ha fatto,
composto».
acnaice
«lasciò, ha lasciato».
aisece
«consacrò, ha consacrato».
alice,
alike, alce «diede, donò; ha dato, donato».
arce
«fece, costruì; ha fatto, costruito».
amake,
amuce, amce «fu; è stato-a» (§ 91).
cance «fu, è stato censore».
castce
«purificò, ha purificato».
cesece «riposò; ha riposato, trovato
pace».
ersce
«andò, è andato-a via» (?)
farice
«guarnì, arredò; ha guarnito, arredato».
flerrce
«immolò,
ha immolato».
hecece
«fece, ha fatto, posto».
lesece
«scelse, ha scelto» (?).
lucairce
«governò, ha governato da lucumone».
lupuce
«morì, è morto».
menece
«diede, donò; ha dato, donato».
murce
«dimorò, soggiornò; ha dimorato, soggiornato».
φurce «vaticinò, ha vaticinato».
puce «terminò,
ha terminato».
śelace «elargì,
ha elargito o fatto elargizioni».
slicaχe «indisse, ha indetto» (?)
svalce
«visse; è vissuto-a».
amuce,
amce «dispose, ha disposto».
rasce
«succhiò, ha succhiato (il latte)».
tence «tenne, svolse, esercitò; ha tenuto, svolto,
esercitato» (cfr. tenve).
turace,
turice, turuce, turuke, turce, turke «donò, ha donato».
zilaχce «fu, è stato console (o
pretore)».
zinace,
zinake, zineke «fece, ha fatto».
Si osservi che di alcuni dei citati preteriti deboli esiste
sia la forma arcaica, non sincopata, sia quella recente, sincopata (§§ 13,35).
L'uguaglianza della terminazione della 3ª pers. plurale con
quella singolare del perfetto (proprio come in quello inglese e anche di altre
lingue moderne) è dimostrata, ad esempio, da questa iscrizione:
(Pe 5.1 – 2:2, nella parete di
tomba) Arn Lar Velimnaś Arzneal husiur sui acil hece «Arrunte (e) Lart Uolumnii figli di
Arsnia hanno fatto l’opera del sepolcro» (TLE 566).
§ 97. Si ritiene da numerosi etruscologi che nel perfetto
debole la desinenza -χe, con
la velare aspirata, avrebbe un valore passivo rispetto all'altra -ce, con la velare sorda, che ha un
sicuro valore attivo. Noi respingiamo questa opinione per la ragione
fondamentale che è pressoché assurdo che venisse delegata alla assai lieve
differenza c ≠ χ
l'importantissima distinzione fra l'attivo e il passivo, soprattutto in una
lingua, come l'etrusco, in cui l'alternanza fra le consonanti tenui e quelle
aspirate si incontra a ogni passo, senza alcuna opposizione
fonologico-semantica (§§ 29,33; TETC, TLE 278). Ecco come invece vanno
tradotte tutte le frasi in cui compaiono perfetti con la desineza -χe:
(Fa 6.3 – 7:m, su arhyballos
la figurina di un cavaliere) mi
Araiale ziχuχe «mi
hanno disegnato per Arrunte» (non «io
sono stato disegnato da Arrunte») (TLE 278);
(Cippus 45-46) iχ ca ceχa ziχuχe «come
questa sentenza ha prescritto».
(AH 3.4; S.4 su specchio)
mi Titasi cver menaχe «mi
hanno dato in dono a Titia» (
non «io
sono stato dato in dono da Tito»)
[x] (
TLE 282).
(AS 6.1 – 2:m, su bronzetto di donna diademata) L Calznis Śuvluśi kana menaχe «L(art/aris) *Calsinio al(la
dea) Sole la statua ha dato» (TLE 447).
(Co 3.6, su statuina di bambino) Veliaś Fanacnal Thuflaś alpan menaχe clen ceχa tuineś tlenaχeiś «dono
di Uelia *Fanacia a Tufulta; (l') ha
dato per grazia della protezione a favore del figlio» (TLE 652).
(Vc 1.93 – 3:2, su
sarcofago) Tute Lar anc farnaχe Tute Arnals Halials Ravnu zilχnu cezpz purtśvana unz lupu avils esals cezpalχals «Lart Tutio ed egli nacque da
Arrunte Tutio (e) da Raventia Hatilia, fatto console (o pretore) otto volte,
sacerdote vaticinale una volta / morto a ottantadue anni».
(Ta 1.107 – 2:, su
parete di sepolcro) Felsnas La Lees /
svalce avil CVI / murce Capue / tleχe Hanipaluscle
«La(ris)
Felsinio (figlio) di Letio / visse anni 106 / soggiornò a Capua / resistette
all’esercito di Annibale».
(Pirgi I; Cr 4.4) vatieχe Unialastres
probabilmente
«per vaticinio sono divenuti di Giunone-Astarte».
Il trapassato
§ 98. L'esistenza delle coppie zilaχce/zilaχnce (o zilaχnuce, zilaχnuke) e
forse ziχuχe/ziχunce (?) rende probabile l'ipotesi
che la seconda delle due forme verbali fosse non un passato o perfetto, bensì
un trapassato o piuccheperfetto, caratterizzato dalla terminazione -nece, -nice, -nike, -nuce, -nce, -nke. E
in trapassato, in 3ª pers. sing. ed anche plur., sarebbero le seguenti forme
verbali, per nulla contraddette nel loro significato dai contesti in cui
figurano:
ceriχunce «aveva(no), curato, costruito».
zilaχnce, zilaχnuce, zilaχnuke «era
stato console (o pretore)»
muluvanece,
muluvaneke, muluvanice, muluvanike, muluveneke, muluvenice, muluvunuke,
mulvanice, mulvanike, mulvenece, mulveneke, mulvenice, mulvenike, mulenike,
mulvunuke, muluanic[e] «aveva(no) dato, donato».
śanavence «aveva
sanato, curato».
teniχunce «aveva tenuto, posto» (§ 91).
Sul piano fonetico è da notare che esiste una desinenza -nce, mentre non esiste una desinenza -nχe*. Sul
piano semantico non si incontrerebbe alcuna difficoltà ad intendere un
trapassato invece che un passato.
Due iscrizioni mostrano chiaramente che anche nel trapassato
la 3ª pers. singolare è uguale alla 3ª pers. plurale (§§ 91,94,96):
Vel
Matunas Larisalisa an cn sui ceriχunce «Uel
Matonio quello (figlio) di Laris; egli aveva costruito questa tomba» (CIE
6159).
Laris
Avle Larisal clenar sval cn sui ceriχunce
«Laris (e) Aulo figli di Laris da vivi questo sepolcro avevano costruito» (CIE
6213).
L'esortativo
§ 99. Quasi certamente esisteva in etrusco anche
l'esortativo in 2³ persona singolare e plurale, con la desinenza -n:
Singolare Plurale
ceren «(che
tu) faccia» -----
----- cesasin «(che) poniate»
----- cisasin «(che) poniate»
favin «(che tu)
taccia» ------
firin «(che tu)
bruci» ------
hemsince (-ce) «(e)(che tu) offra» ------
lecin «(che
tu) effettui» ------
mutin,
mutince
«(e)(che tu) protegga» ------
nunen «(che
tu) annunzi, preghi» ------
nuin (che tu) noti, osservi» ------
ścanin, ścanince «(e)(che tu ti) levi» ------
serin «(che tu col)leghi, incateni»
------
aśin «(che
tu) ordini, disponga» ------
ezin, ezince «(e)(che tu)immoli» ezine «(che) immolino?»
tutin «(che tu) osservi» o «protegga» ------
tezan «(che) fissi(no)» ------
utince (-ce) «(e) (che tu) usi» ------
vertun «(che tu)
porti via» ------
ziχunce
(-ce) «(e
che tu) segni, scriva» ------
I significati prospettati sono quasi
tutti incerti.
Anche con questi verbi la differente
vocale di appoggio (a, e, i, u) dimostra che pure nella lingua etrusca
esistevano diverse coniugazioni del verbo.
L'imperativo
§ 100. Nel materiale etrusco conservato l'imperativo è una
forma verbale abbastanza ampiamente documentata, anche se è molto difficile
decifrare il significato dei verbi che appaiono essere in tale modo verbale.
Tale difficoltà dipende soprattutto dal fatto che anche l'imperativo etrusco,
come quello di altre numerose lingue, è ridotto ad essere quasi sempre un
vocabolo monosillabico oppure bisillabico.
Singolare Plurale
acnaine
«lascia(mi!)» (?) ------
------ aś «colpite!» (?)
al(-c),
ale «(e) da'!, dona!» ------
ar,
ara
«fa', fai!» ar «fate!»
arse
«allontana!»
------
cal, cala «chiama!, proclama!» ------
capi,
kape/i, χape «prendi!» ------
cara/e
«purifica!» ------
cav,
cave «guardati!»
cave «guardatevi!»
fler, flere «immola!» ------
heci
«fa'!, metti!, poni!»
------
heχz «versa!» heχś «versate!»
lein,
leine «riposa (in pace)!» ------
male «guarda!,
controlla!» ------
mir
«guarda!, (am)mira!» ------
mlaχe «dona!, offri!» ------
mule
«dona!, offri!» ------
mur
«ferma(ti)!, trattieni(ti)!» ------
mu
«tieni!, proteggi!»
------
pute «liba!, bevi!» ------
śin «accetta!» ------
raχ
«reggi!» (?) rac, raχ «reggete!»
ramue «mesci!» ramue «mescete!»
rane(-m) «e aspergi!» ------
staile «chiama!»
------ strete «(capo)volgete!»
su «metti(ti)!,
posa(ti)!» ------
aca(-c)
«(e)
taci!» ------
------ en «tenete!»
------
strete «girate,
rovesciate!»
ezi «immola!» ------
tec,
ec «metti!, accetta!» ------
tev «(ag)giudica!» ------
trin
«spruzza!» trin «spruzzate!»
tru,
trut «osserva!»
trut «osservate!»
tul,
tule «togli!».
------
tur,
ture «dona!» ------
un,
une
«fa’, compi!, adempi!» unu «fate!, compite!»
ure,
vre, vri «vuota!» ------
urχ
«assisti!, proteggi!» (?)
------
usi «attingi!» ------.
Anche qui la diversità della seconda vocale lascia
intravedere che pure in etrusco esistessero differenti coniugazioni dei verbi
(§§ 92,99,101/2).
§ 101. Da queste che quasi certamente sono tutte forme di
imperativo, documentate in massima parte nel Liber linteus, nonostante che quasi sempre il loro rispettivo
significato sia dubbio, si possono dedurre le seguenti norme:
1ª) La forma singolare dell'imperativo etrusco corrisponde
alla sola radice del verbo; proprio come avviene nei latini
dic, duc, fac, fer ed in altre lingue
indoeuropee
[i].
La prima costituisce la forma “forte”, mentre la seconda con la vocale finale
costituisce la forma “debole”.
2ª) Quando nella forma singolare compare una vocale finale,
questa può essere -a, -e, -i; proprio
come avviene nei latini ama, mone, lege,
audi (§§ 92,99).
3ª) La forma plurale è caratterizzata dalla terminazione -, (-t
?); ed anche questo fatto trova riscontro negli imperativi latini amate, monete, legite, audite.
Le quali chiare convergenze dell'imperativo etrusco con
quello latino costituiscono una nuova valida prova della matrice indoeuropea
dell'etrusco.
L'imperativo negativo
§ 102. L'imperativo negativo
si fa con la semplice anteposizione della particella negativa ei, ein, en. Esempi (altri sono citati
nei §§ 78,124):
(Ve 3.13) [---- mini
mulva]nice Venalias Lapinas en mipi capi m[i nunar] «[-?- mi aveva dona]to
a Uenalia (moglie) di *Lapinio; non mi prendere! i[o sono un regalo]».
(CIE 10417) (---) e[n]
mini qapi (---) «(---) non mi prendere! (---)» .
(Cr 3.16 – 6:i, su askos
anulare) mi Venelusi Aχesi mulu e(n) mini vertun «io donato a/da Uenel Accio;
non mi portare via!».
Il participio presente
§ 103. Nel materiale lessicale etrusco conservatoci si
trovano alcune voci che risultano essere altrettanti «participi presenti»,
anche “sostantivati”:
Amin
«Cupido, Eros», letteralmente "(l') Amante".
clevan «(l’)
offerente».
Van «(la)
Evanescente o Vanificante», demone femm. della morte.
eliunt(-ś) «olivicoltore».
Lein
«Quiete, Pace (eterna)», letteralmente "(la) Pacificante".
nunen
«(il)
pronunziante, (l') orante».
presne «(pubblico)
presente».
enunt
«che
tiene o afferra, cacciatore» (?)
tesin
«comandante, soprintendente».
zilaχn(-as) «che
è console (o pretore)».
È evidente che la derminazione di questo participio -n trova esatto riscontro in quella del
participio presente del latino e del greco in -nt- (indeur.).
Il participio passivo e medio
§ 104. Nel corpus della lingua etrusca risulta molto
documentato il participio passivo, il quale però coi verbi intransitivi ha
valore medio. La sua desinenza è -u, -v,
la quale è invariabile, cioè valida per il maschile e il femminile, per il
singolare e il plurale:
aisiu
«consacrato-a»; c[a] aisiu himiu
«quest’elmo (è) consacrato (alla divinità)» (TLE 360)
aliqu,
alχu «dato» (§ 18)
alpnu «(il)
donato, dono»
caru
«curato, fatto»
cenecu «(l') equiparato, equivalente», «(il)
manufatto» (?)
ceriχu «curato, fatto, costruito»
cesu,
ceśu
«posto, deposto»
zilaχnu, zilχnu «fatto console (o pretore)»
zilu
«governato, amministrato»
zinaku
«fatto, fabbricato»
hermu
«(con)fermato»
ilucu «(il)
lamentato, lamento funebre»
kacriqu
«regalato»
(?)
lupu,
lupuku «morto, defunto»
menaqu
«dato,
donato»
mlaχu «donato, offerto»
mulu
«dato, donato»
nuncu «pronunziato,
pregato»
puscu
«domandato, (ri)chiesto» (?)
reχu «retto, eretto» (?)
sacniv,
sacniu «consacrato, santificato»
svalu
«vissuto» (?)
śuu «posto, deposto, iniziato»
amcu, amequ «disposto»
elu «divenuto»
tenu «tenuto,
esercitato»
trau
«versato»
tularu
«(terreno) delimitato»
turu «dato, donato»
tuiu «tutelato, protetto»
unu
«fatto, compiuto, mosso»
uru
«vuotato»
φeχucu «fatto,
nominato».
(CIE 2403) ecn turce
Lari Leanei alpnu Selvansl Canzate «questo ha dato come dono Lartia
Litania a Silvano Canzate» (= “venerato a Canzo”; Como).
(Ta 1.182 – 3:, su sarcofago) Camnas Lar Laral Śatnalc clan an śui lavtni
zivas ceriχu / teśamsa śui atrśrce scuna calti śuii mun zivas murśl XX «Lart
Camnio figlio di Lart e di Satenia; egli il sepolcro famigliare da vivo avendo
ordinato che fosse costruito e nel sepolcro (ora ci sono) i famigliari; da vivo
concede in questo sepolcro il corredo di 20 ossari» (TLE 135).
(Ta 1.34) Palazus A Lr rutzs ril XXXXII / marunuχva cepen tenu zilaχnu «sarcofago di A(ulo) *Palasone (figlio)
di Laris di età 42 / stato sacerdote maronico (e) fatto console (o pretore)» (TLE
133).
(CIE 5241, Vc 1.4) eca
śui Laral Tarsalus sacniu «questo
(è il) sepolcro consacrato di Lart Tarsalo oppure
consacrato a Lart Tarsalo» (genitivo di dedicazione; § 115).
(Vc 1.10) eca śui Tarcas Levial hatr(en)cu sacniv
«questo (è il) sepolcro consacrato della signora Tarchia Levia oppure consacrato alla signora Tarchia
Levia».
§ 105. Alcuni di questi participi risultano usati come
«aggettivi» e così si spiega come anch'essi siano indeclinabili (§ 66):
(CIE 5554) Lar Velcas
ui cesu «Larth Vulca (è) qui deposto».
(CIE 5452) Rama
Zertnai ui cesu «Ramta Sertina (è) qui deposta» (cesu senza indicazione del femm.).
(Ta 1.84) Puslinei
Vela Laral sec Apunalc Larial Aninas Velurus Velurusla puia avils XXXVIII
lupu «Uelia Pusilliena figlia di Lart e di Lartia Aponia, moglie di Ueltur
Aninio, di quello (figlio) di Ueltur, morta a 38 anni» (lupu senza indicazione del femm.).
(CIE 6213) Laris Avle
Larisal clenar sval cn sui ceriχunce
apac atic sanisva ui cesu Clavtieurasi «Laris (e) Aulo figli di Laris
da vivi questo sepolcro avevano costruito. I genitori, e il padre e la madre,
(sono) qui deposti. (Il sepolcro appartiene) alla famiglia Claudia» (sval e cesu senza indicazione del plur.).
Il gerundio
§ 106. Probabilmente il gerundio presente ha la desinenza -ś,
-s:
acaś, acas
«facendo»
acnanas
«lasciando»
araś «facendo»
zivaś, zivas «vivendo»
apintaś «maledicendo»
menaś «dando, donando»
mlakaś, mlakas, mlaχas «dando, donando» (§§
29,121,123)
nesivas
«morendo»
savalas,
svalas «vivendo»
slapinaś «benedicendo»
sutanaś «ponendo»
tenas
«tenendo».
(Ta 1.183 – 3:, su sarcofago) Lar Arnal Plecus clan Ramasc eslz zilaχnas avils unem muvalχls lupu «Lart
figlio di Arrunte *Plecone e di Ramta Aptronia, che era console (o pretore) per
la seconda volta, morto a quarantanove anni» (TLE 136).
(Ta 1.168) Semni Rama
Spitus La[risal] puia amce lupu avils [L]XII huśur ci acnanas «Ramta Semnia fu moglie di Laris Spedone,
morta a 62 anni lasciando tre figli».
(Ta 1.9 – 4:3, su sarcofago) Velur Partunus Larisaliśa clan Ramas Cuclnial zilχ ceχaneri tenas avil / svalas LXXXII «Ueltur
*Partuno quello (figlio) di Laris, figlio di Ramta Cuculnia, esercitando come
pretore per giudicare (cioè di giurisdizione) / vivendo gli anni 82» (TLE 126).
(Fa 2.3 – 7:3, su balsamario) mlakas Se La aska mi eleivana «(sta) donando(mi) Se(tre) La(…) - io
(sono) un vaso oleario» (TLE 762).
Probabilmente il gerundio passato ha la desinenza -śa, -sa:
acasa
«avendo fatto»
acnanasa
«avendo lasciato»
araśa «avendo fatto»
eluśa «essendo divenuto»
emiasa
«avendo concesso»
sacniśa, sacnisa
«avendo consacrato»
tenasa
«avendo
tenuto»
teśamsa
«avendo comandato»
trinaśa «avendo spruzzato»
trutanaśa «avendo osservato».
(AT 1.105 – rec, su coperchio di sarcofago) Alenas V V elu zila parχis zila eterav clenar ci acnanasa elsśi zilaχnu eluśa ril XXXVIIII papalser acnanasa VI manim arce ril LXVI «Uel
Aletio (figlio) di Uel divenuto pretore dell’economia, per la seconda volta
essendo divenuto console (o pretore) all’età di 39 anni / pretore peregrino (o
dei forestieri), avendo lasciato tre figli, avendo lasciato 6 nipoti, fece il
monumento sepolcrale \ (morì) all'età di
66».
(CIE 5247) Ravnu
Seitii ativu / sacniśa aturś «mamma *Rantonia Setidia /
avendo la famiglia consacrato (la tomba)».
Il gerundivo
§ 107. Esistono alcune voci verbali che corrispondono al
gerundivo della lingua latina e la cui terminazione è -(e)ri:
acasri «da
fare» seasri «da (non) posare»
caresri «da
curare» spetri «da
guardare»
ceχaneri «da giudicare» taśri «da assegnare»
faneri «da consacrare» aśeri «da disporre»
faniri «da consacrare» ezeri
«da immolare»
heczri «da
(non) porre» urri «da
ordire»
hermeri «da
fermare» ziri «da segnare»
nuneri «da
recitare»
(Pe 5.2 – 2:, su parete di sepolcro)
cehen sui hiniu ueś sianś etve
aure lautneścle caresri Auleś Larial Precuuraśi Larialisvle Cestnal clenaraśi e fanu lautn Precuś ipa murzua cerurum ein heczri tunur
clutiva zelur [----]r «questo qui (è) il sepolcro sotterraneo di un solo
Antenato. Queste tombe della famiglia (sono) da curare da Aulo (figlio) di
Lartia per la famiglia Preconia (e) dai figli di Lart (e) di Cestia. Questo (è
il) sacrario della famiglia di Preconio, dove ossari e (vasi) fittili non sono
da porre (né) urne singole (né) doppie -----»
[ii] (§§ 115,126).
(Ta 1.9 – 4:3, su sarcofago) Velur Partunus Larisaliśa
clan Ramas Cuclnial zilχ ceχaneri tenas avil svalas LXXXII «Ueltur
*Partuno quello (figlio) di Laris, figlio di Ramta Cuculnia, (morì) esercitando
come pretore per giudicare (cioè di giurisdizione) / vivendo gli anni 82» (TLE
126).
LA PREPOSIZIONE
§ 108. Fino al presente sono state individuate in maniera
quasi certa soltanto tre preposizioni della lingua etrusca, nella quale
peraltro saranno state di certo più numerose:
ceχa «per, a favore di...»
nac,
naχ «per» (§§ 109,112)
pi,
-pi, -pe «a, in, per» (anche posposta) (cfr. greco epí); pśl
«con, da», genitivo di pi (?).
(Vs 8.1) spurepi
(spure-pi) «per la città» (§ 62).
(Ve 3.34 – 6:, su olla) mi
[ina Apu]niies Aritimipi Turanpi mi nuna «io (sono un') olla di Aponio per
Artemide (e) per Turan; io (sono un') offerta».
minipi,
minpi, mipi, menpe «(a) me» (accusativo posposizionale) (§ 124).
(Co 3.6; OA 3.9) clen ceχa «a
favore del figlio»; (OB 3.2 – rec, su bronzetto di Apollo) mi flereś spulare
Aritimi Fasti Rufriś t[u]rce clen ceχa «io (sono una) statuettata votiva di preservazione (?) ad
Artemide; Fausta (moglie o figlia) di Rufrio (mi) ha donato a favore del
figlio» (TLE 737).
La preposizione nac «per»
nella seguente frase della 1ª lamina di Pirgi sembra reggere il nominativo-accusativo
nella prima locuzione, avente un implicito valore "temporale", ed
invece il genitivo nella seconda, avente un valore "causale": nac ci avil χurvar (...) nac atranes zilacal «per
i tre anni di regno (...) per la presidenza del tempio» (CIE 6314).
L'AVVERBIO
§ 109. Fino al presente sono stati individuati nell'etrusco,
non sempre in maniera sicura, i seguenti avverbi:
Avverbi di negazione
ei,
ein, en «non» (§ 102)
eim...eim
(ei-m) «e non...e non», «né...né»
e mini vertun (Cr 3.16; TLE 60) (su
anfora; Ta 2.1 - 7:p) = e(n) mini vertun «non mi portare via!»
(evidentemente si pronunziava e mmini; vedi en); (CIE 10417)
(---) e(n) mini qapi (---) «(---) non
mi prendere! (---).
Avverbi di luogo
clt,
clz, cl, cli «qui,
qua»
cnticn
«proprio
qui, in/a questo punto» (?)
ecli «qui,
qua» (anche «in questo-a»; § 81)
hanin
«da/in davanti» (moto?)
hen «qua,
qui»
hina,
hinu «in basso, in giù, sotto» (stato)
hinin «da
giù, da sotto» (moto?)
i,
ui, tui «qui, qua» (cfr. greco tyí «qui, qua»)
unś, unz «una (sola) volta», «(dap)prima»
ia «qua, qui»
ipa
«ivi», «dove» (cfr. lat. ibi, ubi)
lescan «in
largo, in larghezza»
śeu
«sopra», śeuś (genitivo); aiseras śeuś «degli
dèi superni»
śi
«sotto»; eiser śic śeuc «dèi
e inferi e superni», letteralmente «dèi e sotto e sopra» (= lat. dei inferi et superi) (LL).
Avverbi di modo
ic, iχ
«così, come»
iχnac (iχ-nac) «così come»
etnam
ic
«nello stesso modo che»
nac, naχ
«così, come» (cfr. lidio
nak «così»)
[iii]; nac
....
iχ «così .... come»
.
(Vt S.2 – 4/3, su specchio) eca sren tva iχnac
Hercle Unial clan rasce «questa figura mostra come Ercole
figlio di Giunone succhiò (il suo latte)» (TLE 399).
Avverbi di tempo
enac, enaχ «poi,
dopo, quindi, allora». Vedi nac.
etnam «poi,
dopo» (§ 112)
ui «ora,
adesso»
ufi «una
(sola) volta» (§ 70)
matam,
matan «avanti, prima» (§ 23)
nac «poi,
dopo», «quindi» (cfr. tedesco nach
«dopo»; indeur.); nac .... iχ «appena
.... allora»
pul,
epl, pl (?) «poi, dopo» (§ 112)
LA CONGIUNZIONE
§ 110. Fino al presente nella lingua etrusca sono state
individuate due congiunzioni copulative, entrambe enclitiche:
1) -c, -ce, -k, -χ (cfr.
lat. -que, sanscrito -ca; indeur.).
2) -m, -um (-m quando il vocabolo termina in vocale,
-um quando termina in consonante)
(cfr. lidio -m, -um; ittito -ma; indeur.)
1) clanc (clan-c) «e figlio»
zilaχnuk (zilaχnu-k) «e fatto console (o pretore)»
avilsχ (avils-χ) «e
dell'anno»
Cursnialχ (Cursnial-χ) «e di Corsinia» (§ 30).
(Co 1.3 – 4:, su parete di sepolcro) tuśi ui hupninei Arnt Mefanateś Veliak Hapisnei «insieme qui nel loculo
(sono) Arrunte Mefanate e Uelia *Hapisia» (TLE 630).
Nella seguente iscrizione sembra che la congiunzione risulti
infissa:
(Vc 1.94, su sarcofago) Tutes Śere Laral clan Pumplialχ Velas zilaχnu ciz /
zilcti purtśvavcti lupu avils maχs zarums «Setre Tutio figlio di Lart e di Uelia
Pompilia, fatto console (o pretore) tre volte, morto nel consolato (o nella
pretura) e nella carica vaticinale a venticinque anni» (TLE 325) (purtśvavcti
sarebbe da distinguere in purtśvav-c-ti; § 125,131,143).
2) cerurum (cerur-um) «e (oggetti) fatti» (CIE 4116)
(§ 126)
cisum (cis-um) «e di tre»
clalum
(clal-um) «e di questi-e» (?) (§ 81)
uium (ui-um) «ed ora»
mutinum
(mutin-um) «e (che tu) protegga» (§ 99)
nacum (nac-um) «e così», «e dopo»
pulum (pul-um) «e poi»
trinum
(trin-um) «e spruzza!»
trutum
(trut-um) «e guarda!, e osserva!»
imm (im-m) «e in ogni, e in tutto» (§ 79).
Anche
in questo caso non è legittimo attenuare il valore della corrispondenza delle
due congiunzioni enclitiche etrusche con altre indoeuropee in ragione della
loro esiguità formale (un
solo fonema o una sola sillaba!).
Infatti, per il noto "principio di economia" che vale anche nel campo
delle lingue, i fatti grammaticali formalmente più esigui sono quelli più
largamente usati e quindi sostanzialmente quelli più importanti (§ 48).
Polisindeto e asindeto
§ 111. Entrambe le congiunzioni sono adoperate nella
modalità del polisindeto; e d'altra
parte è anche frequente la figura dell'asindeto:
apac
atic (apa-c ati-c) «e padre e madre» (CIE 6213).
eiser śic śeuc (śi-c śeu-cś «dèi e inferi e superni» (LL
V.10, V.14).
(AT 1.1, su sarcofago) [------(-)]s
Arn
Larisal clan Θanχvilusc
Peślialχ ma[runuχ paχa]urac tenasa / eisnevc eprnevc
macstrevc ten[asa t]eznχvalc tamera zelarvenas ui zivas
avils XXXVI lupu «[------]
Arrunte figlio di Laris e di Tanaquile *Peslia avendo esercitato come marone
del sodalizio bacchico e avendo
esercitato [le cariche] sacerdotale e vaticinale e magistratuale e delle leggi,
la cappella duplicando qui da vivo, morto a 36 anni» (TLE 195).
(Vs 1.178 – 4/3, su parete di sepolcro) Vel Leinies Larial ruva Arnialum
clan Velusum prumaś avils
semφś lupuce «Uel
Laenio fratello di Lart e figlio di Arrunte e pronipote di Uel è morto a sette
anni».
Laris
Avle Larisal clenar «Laris (e) Aulo figli di Laris» (CIE
6213).
(Vc 7.38 – 4f3i, su vaso) Atmite Alcsti \ eca ersce nac Aχrum
flerrce
«Admeto (e) Alcesti \ costei andò via, così Acheronte (la) immolò».
§ 112. Altre congiunzioni, meno frequenti e meno importanti,
sono:
enac,
enaχ, nac «poi, dopo, quindi, allora» (§§
108,109).
etnam «poi,
inoltre, ed anche» (§ 109).
-tnam forma
enclitica; cntnam (cn-tnam) «questo poi» (?) (accusativo; §
81), vacltnam (vacl-tnam) «(il) rito poi».
pul,
epl, pl «poi, dopo» (?) (§ 109).
pul
... pul ... pul «poi ...
poi ... poi».
pulum
(pul-um) «e poi».
ia....ia «o....o», «sia....sia» (?).
S I N T A S S I
L'apposizione
§ 113. In etrusco è conosciuta la apposizione, cioè l'attribuzione
di un sostantivo ad un altro, nel medesimo caso e senza alcuna preposizione,
proprio come in latino:
(OA 3.8, su vaso)
Marce Svincinas alpan puts = lat. Marci
*Suincini munus buttis «vaso dono di Marco *Suincino».
(AH 3.3) Tite Cale
Atial turce malstria cver = lat. Titus
Callius Attiae donavit speculum donum «Tito Callio ha donato ad Attia lo
specchio in dono».
(AH 3.4; S.4 su specchio) mi Titasi cver menaχe «mi
hanno dato in dono a Titia» (non «io
sono stato dato in dono da Tito»).
(Pe 5.1 – 2:2, nella parete di tomba) Arn Lar Velimnaś
Arzneal husiur sui acil hece «Arrunte
(e) Lart Uolumnii figli di Arsnia hanno fatto l’opera del sepolcro» (TLE
566).
Il genitivo di appartenenza o possesso
§ 114. L'uso del genitivo etrusco corrisponde a grandi linee
a quello del genitivo della lingua latina. Anche in etrusco esiste il genitivo di appartenenza o di possesso,
il quale però talvolta sottintende qualche vocabolo:
(CIE 4544) Θaniaś Leunal Atnal śeciś
«(cippo) di Tania Leonia figlia di Atinia».
(CIE 484) Laria Sepia
lupuval «Lartia Seppia (è) dei morti».
(Pa 4.2) Cels «del
Cielo o Urano»; Cilensl «di (dio)
Notturno»; Vetisl «di Vedio»; Θuflas «di
Tufulta»; Lasl «di Lasa»; Marisl «di Maris»; Satres «di Saturno»; Tins
«di Tinia»; Usils «del Sole» (nomi di
divinità che figurano nelle caselle del fegato di Piacenza, in genitivo, che
sottintende un sostantivo, ad es., cela
«cella, casella»).
In scritte poste accanto a raffigurazioni grafiche o
pittoriche è notevole il fatto che spesso sostantivi in genitivo ne
sottintendano un altro al nominativo, quale potrebbe essere sren «ornamento, disegno, figura,
immagine, scena»:
hiuls
«(immagine) di chiù o assiolo» (Vc 7.1); Θevrumines
«(immagine) del Minotauro» (Fa S.2); Truials
«(immagine) di Troiano» (CIE 5260); hinial
Patrucles «(immagine) dell'ombra di Patroclo» (CIE 5257); hinial Terasiaś o Teriasals «(immagine) dell'ombra di
Tiresia» (Vc S.11; CIE 5368) (§ 55); teurs
«(scena) del giudizio» (di Paride) (Um S.4); Xarun hus «(immagine) del quarto Caronte» (Ta 7.81); Vercnas «(immagine) della Vergine»
(leggenda di una moneta che presenta la testa della vergine Athena; NU N.8).
Il genitivo di donazione o di dedicazione
§ 115. È tipico dell'etrusco il genitivo di donazione o di
dedicazione, la cui origine logica e storica ci sembra essere stata la
seguente.
È da premettere che l'offerta di un ex-voto o dono votivo a
una divinità poteva essere espressa con una formula di questo tipo: «questo
(oggetto) è della divinità»: Menervas
«(è) di Minerva» (Ve 4.1); Unial «(è)
di Giunone» (Cr 4.8); mi Θanrś «io (sono) di Tanr» (OB 4.2); Fuflunsul Paχies «(è)
di Fufluns Bacco» (Vc 4.2); Θuflas
cver «ex-voto di Tufulta» (CIE 10007); mi Turuns, mi Turns «io (sono) di Turan» (Ta 4.1,5,6,7,11,13); Farans «(è) della Vergine (Minerva)»
(Cr 4.15); tinścvil mi Unial = «io
(sono un) dono votivo di Giunone» (Co 4.6, 4.7); (Co 4.1-5 su 5 bronzetti) mi celś Atial celi «io
(sono) della Madre del cielo (Urania), (che sta) in cielo» (TLE 625) (cioè "io appartengo a
Minerva, a Giunone, a Tanr", ecc.).
Tale formula però alla lunga è stata intesa come «io (sono
un) dono votivo (offerto) a Minerva, a Giunone, a Tanr», ecc. In altre parole
si può affermare in linea generale che il «genitivo di dedicazione» non è altro
che lo svolgimento del «genitivo di possesso», tanto è vero che quasi sempre
può essere svolto con questo.
D'altra parte alla lunga si sono avute formule del seguente
tipo, nelle quali quello che ci aspetteremmo essere un complemento di termine
in dativo viene invece espresso col genitivo di dedicazione o di donazione:
(Po 3.2) Karmu Kavtaś turke
«*Carmonio ha donato a Cauta» (divinità), letteralmente «di Cauta» .
(CIE 10021) itun
turuce Venel Atelinas Tinas cliniiaras «questo ha donato Uenel Atellio ai
figli di Tinia», letteralmente «dei figli» .
(Ta 3.4 – 4:, su vaso) Turns
turce Ramtha Venatres «a Turan (Venere) (lo) ha donato Ramta (figlia o
moglie) di Uenatore», letteralmente «di Turan» (CIE 10337).
(CIE 5241, Vc 1.4) eca
śui Laral Tarsalus sacniu «questo
(è il) sepolcro consacrato a Lart Tarsalo oppure
«questo (è il) sepolcro consacrato di Lart Tarsalo» (§ 106).
(Vc 1.10) eca śui Tarcas Levial hatr(en)cu sacniv
«questo (è il) sepolcro consacrato alla signora Tarchia Levia oppure «questo (è il) sepolcro
consacrato della signora Tarchia Levia» (§ 106).
(CIE 5001) Arneal
Caicnas amres «(cippo) di Arrunte Caecina a Tanr».
(CIE 5071) Lareal
Caicna amries cana «opera di Lart Caecina a Tanr».
(CIE 4116; Pe 5.2, 3)
etve aure
lautneścle caresri Auleś Larial «queste tombe della famiglia
(furono date) da costruire ad Aulo (figlio) di Lartia», letteralmente «di Aulo»
(§ 107).
Il genitivo di età
§ 116. Proprio come in numerose altre lingue esiste
nell'etrusco il genitivo di età:
(CIE 5471) avils unem
muvalχls lupu
«morto a quarantanove anni».
(CIE 5479) avils cealχls lupu
«morto a trenta anni».
(CIE 5480) avils hus
muvalχls lupu
«morto a cinquantaquattro anni».
(CIE 5511) avils hus cealχls «di anni trentaquattro».
(CIE 5704) avils XX
tivrs śas «di anni 20 (e) di mesi
sei». +(CIE 5525) lupum avils macs śealχls eitva «e
morta in questi (in corso) sessantacinque anni».
(Vt 1.114 – rec, su ossario) ana Velui S eviś avilś LXIII
r(il) «Tana Uelonia (figlia o moglie) di S(etre morta) in questi
(in corso) 63 anni di età» (TLE 391).
(AT 1.125 – 3s2p, su sarcofago) Nerinai Ravnu avils ril LIIX ati Cravzauras
Velurs
L[a]ralc
«Raventonia Neria in età di 58 anni, madre di Ueltur e di Lart della famiglia
dei Crassi». (Ta 1.154) Vela Lei Laral Aninas Canus
puia avils LVIII ril «Uelia Letia moglie di Lart Aninio
*Cantone, in età di 58 anni».
Però l'indicazione della età di un individuo può essere
espressa con quello che probabilmente era un aggettivo indeclinabile (§ 66) ril (cfr. lat. natus-a), col quale però la data compare sempre in cifre e mai in lettere: ril XXXXII; ril XXXXV; ril LXIII; ril XXXVIIII; ril LXVI; ril XXXVIII
eitva; ril XXXII; ril XLII «di anni 42, 45, 63, 39, 66, 38 circa, 32, 42».
Il genitivo di nascita
§ 117. Da quattro chiari esempi risulta che in etrusco
esisteva anche un genitivo di nascita:
(1ª
lamina di Pirgi) emiasa meχ(lumes) uta efariei Velianas sal [cl]
Cluvenias «avendo la Protettrice della città concesso a Tefario
Uelianio due [figli] da Cluvenia».
(Vc 1.92 – 4:3, su sarcofago bisomo) Lar Tetnies \ an farnaχe Arneals Tetnis Ramesc Viśn<ai>alś \ anχvil
Tarnai \ an farnaχe
Marces Tarnes Ramesc Xaireals «Lart
Tetenio \ egli nacque da Arrunte Tetenio e da Ramta Uisennia \ Tanaquile Tarnia
\ ella nacque da Marco Tarna e da Ramta Chaeria».
(Vc 1.93 – 3:2, su sarcofago) Tute Lar anc farnaχe Tute Arnals Halials Ravnu zilχnu cezpz purtśvana unz lupu avils esals cezpalχals «Lart Tutio ed egli nacque da
Arrunte Tutio (e) da Raventonia Hatilia, fatto console otto volte, sacerdote
vaticinale una volta, morto a ottantadue anni» (TLE 324).
Il genitivo di tempo
§ 118. Come in tutte le lingue, anche in etrusco la nozione
di "tempo" viene indicata per mezzo di vocaboli con morfema zero:
eta esan
«questa mattina».
esan
«al(la) mattino(/a)».
Masan
tiur «nel mese di dicembre» (...) pulumχva
«sugli astri, rispetto agli astri».
Lucer
Laerna
svalce avil XXVI «Locer Laterino visse anni 26».
(CIE 5721) Rama
Nuiclnei ci avil puia Statlanes Velus «Ramta Nuclia per tre anni
moglie di Uel Statiliano».
Però da tre passi del Liber
linteus e da una iscrizione risulta che in etrusco esisteva anche un
genitivo temporale:
(Liber VIII 9)
celi huiś zarumiś «il
ventiquattro settembre».
(Liber V 19; VI 17) tinś «(il) giorno».
(AT 1.67) Lari
Ceisi Ceises Velus Velisnal Ravnus seχ avils
śas
amce Uples «Lartia Caesia figlia di Uel Caesio (e) di Raventonia
Uelesinia / per sei anni fu (moglie) di Uppilio».
Il dativo di comodo o interesse
§ 119. Anche per il dativo etrusco si deve dire che esso
corrisponde a grandi linee a quello latino. Infatti anche il dativo etrusco,
oltre che implicare come principale valore il concetto di attribuzione, indica spesso il complemento di comodo o interesse:
Calusurasi «per
i Defunti».
(CIE 6213) Clavtieurasi «per
la famiglia Claudia».
nacnvaiasi «per
gli antenati».
Precuuraśi «per la famiglia Preconia» (§§
44,57,65,126).
(CIE 5526) Calusim
lupu «e morto per Calus».
(Vc S.23 – 4:f, su specchio con la quadriga di Achille)Aχlei
Truiesi esu farce «Testone (lo) incide per Achille a
Troia».
Il dativo di appartenenza o possesso
§ 120. Nella lingua etrusca esisteva anche il dativo di
appartenenza o possesso, il quale sembra che sottintendesse sempre la copula:
(CIE 6213) Clavtieurasi «(è o
appartiene) alla famiglia Claudia» (§ 65/3, 106).
(AS 0.2 – arc, su vaso) mi
Feliśi «io (sono o appartengo) a
Felio».
(AV 2.12) mi Lartlizi «io
(sono o appartengo) a Lartillo».
(Fs 0.1 – 7:, su fronte di sepolcro) Salaneri (Salan-er-i)
«(appartiene) ai Salanii».
Il dativo di agente
§ 121. Anche nella lingua etrusca, proprio come in quella
greca, esiste il dativo di agente:
Atraneśi, Pultuceśi, Serturiesi
«(fatto) da Atranio, Polluce, Sertorio» (marchi di fabbrica impressi su vasi).
(OA 3.1 – 7:m, su oinochoe)
mi mulu Ave[lesi m]laχ mlakasi «io
donata da Aulo che sta facendo un regalo oppure facendo o sciogliendo un
voto» (§§ 29,103,123).
(Vc 1.87 – rec., su cippo
funerario) eca śuic Velus Ezpus / clensi cerine «questo (cippo) e il sepolcro
(sono) di Uel Espone / cura da parte del figlio» (TLE 315).
Talvolta non si riesce a comprendere dal «contesto
linguistico» se abbiamo di fronte un «dativo di attribuzione» oppure un «dativo
di agente»; ambiguità che invece veniva superata in virtà del “contesto
fattuale o pragmatico”:
(Cr 6.2 – 7:4, su vaso) mini
zinace Aran Arunzina mlaχu mlacasi «mi ha
fatto Arrunte *Arunsinio donato a/da chi sta facendo un regalo».
(AT 3.1 – 7:s, su vaso) mi mulu Kaviiesi «io donato
a/da Cavio».
(Cr 3.12 – 7f6i, su oinochoe)
mi Hirumesi mulu «io donata a/da Hirmio».
(Cr 3.4-7 – 7:4, su vasi) mi Spurieisi Teiurnasi aliqu «io
donato a/da Spurio Titurnio».
(Cr 3.10 - 7s/6i, 7f6, su vasi) mi mulu Larisale Velχainasi
«io
donato a/da Larino Uelcenna».
(Cr 3.13 – 7f6i, su vaso) mi mulu Licineśi Velχainaśi «io
donato a Licinio da Velcenna», oppure «io donato da Licinio a Velcenna».
(Cr 3.18 – 6:1, su vaso di alabastro) mi Licinesi mulu Hirsunaiesi «io donato a Licinio da Hersennio»,
oppure «io donato da Licinio a Hersennio».
(Vc 3.2 – 7f6i, su vaso) mi
Lariale
Melacinasi mulu «io donato da Lart *Melacinio».
(Fs 6.1 – 7:f, su thymiatérhion prima della cottura) mi zinaku Laruzale Kuleniieśi «io fatto da Lartillo *Culenio»
(§§ 57/3,64/2).
Il dativo di tempo
§ 122. Pure nella lingua etrusca, proprio come in quella
greca, esiste il dativo temporale:
(TLE 171) apasi
svalas «(ancora) vivendo il padre».
(Liber) tinśi tiurim avilś ciś «nel
giorno e nel mese di ogni anno».
huti «il
quattro» (?) (§ 71).
(Ta 8.1) zilci
Ceisiniesi V «sotto il pretore Uel Caesinio».
(Ta 5.5, su tomba) zilci Vels Hulχniesi Lar
Velχas Vel[ur]us
Aprn[al]c cl[a]n sacniśa ui
[cl] śui
acazr «sotto il pretore Uel Fulginio, Lart Uelcio figlio di Ueltur
e di Aburtennia, avendo consacrato qui in questa tomba gli arredi (funerari)» (TLE 91).
(Ta 5.2 – 4:3, su parete di sepolcro)
Lariale Hulχniesi
Marcesic Caliaesi
munsle nacnvaiasi amce
Lei «sotto (i consoli) Lart Fulcinio
e Marco *Caliatio l'avello agli antenati ha preparato Leio» (due
dativi di tempo e uno di comodo).
L'accusativo posposizionale
§ 123. Rispetto al pronome di 1ª persona esisteva in etrusco
un accusativo posposizionale, determinato dalla preposizione pi «a, in, per», ma in posizione
enclitica -pi, -pe (§ 108), analogo
all'"accusativo preposizionale" che nello spagnolo, nel sardo e
nell'italiano meridionale si usa coi pronomi e coi nomi di persona e dei
familiari («a me non mi imbrogli», «a me mi vedi?», «chiama a Mario!», «Chi
vuoi? A babbo»). Esempi (altri sono citati nei §§ 79,102):
(Cl 2.4) [mi He]kinaś Kurtinaś en
minipi capi mii nunar «[io (sono) di Fe]cinio Curtinio, non
mi prendere! io (sono un) regalo».
(Vc 2.3) ei mipi kapi
mi nunar Avequs mi «non mi prendere! io (sono un) regalo di Aequo, io».
(Pa 2.1) [----- e]i
menpe kape mi [nunar] «non mi prendere io [sono un regalo]».
Il locativo temporale
§ 124. Come avviene in molte altre lingue, antiche e
moderne, pure in etrusco il locativo ha spesso anche un valore o significato
"temporale":
zilci,
zilcti, zilcte (zilc-i,-ti,-te)
«nel/durante il consolato o la pretura».
huzrnei (huzrne-i) «in gioventù» oppure
«nell'associazione giovanile».
lauχumneti (lauχumne-ti)
«nella lucumonia» oppure «durante la lucumonia».
purtśvavcti (purtśvav-c-ti) «e nella carica vaticinale» (§ 110).
ceanu «nel terzo (giorno)».
Crapśti (Crapś-ti) «nella
festività di Grabovio».
Marti (Marti-) «in Marzo», oppure «il martedì» o infine «nella festività
di Marte».
Unial(i) (Unial-(i) «nella festività di Giunone».
Uniiai (Uniia-i) «in Giugno» (?).
Aggettivo e participio sostantivati
§ 125. Anche in etrusco esiste la forma dell'aggettivo
sostantivato e pure quella del participio sostantivato:
acazr «le
cose fatte» (plur.).
aisna
«divino-a», «ufficio divino».
alpnu «(il)
donato, dono»
cerur
«oggetti fatti» (plur.).
lupuval «dei
morti».
mlaχu «offerto-a», «oggetto votivo».
mulu
«oggetto donato».
nacnvaiasi «ai
grandi», «agli antenati»
paχana «bacchico», «baccanale».
raśnal
«dello Stato».
rasnas
«della Federazione Etrusca».
sacni
«sacro-a», «rito».
suina
«funerario-a», «arredo funerario».
Clevsinsl
«del(lo Stato) Chiusino».
Velznali,
Velsnali «nel
(territorio) Volsiniese».
Rumitrinei
«nel(lo Stato) Romano».
L'ellissi della copula
§ 126. Nelle dichiarazioni di appartenenza, nelle dediche e
negli epitafi e infine nelle indicazioni di luogo l'ellissi della copula è la
regola. In altre parole, in etrusco sono frequenti le proposizioni nominali,
proprio come nell'indoeuropeo in generale
[iv]:
(AV S.6) ca Θesan
«questa (è) Aurora».
eca
mutana Cutus Velus «questo sepolcro (è) di Uel Cutione».
(AT 1.192) ta śui Avles Θansinas
«questa tomba (è) di Aulo Tansio».
ati
Cventinas aska ita «quest'ossario (è) di mamma Quintina».
mi
Mamurces Urinates «io (sono) di Mamerco Urinatio».
mi
putiza Puriias «io (sono il) vasetto di Puria».
mi
Aveles Aukanas qutumuza «io (sono l') orciolo di Aulo Aucanio».
(OA 3.7 su bronzetto di Proserpina) fleres tlenaces cver «statuina ex voto di riconoscenza» (TLE
735).
mi
Lareceś Śupelnas
afna «io
(sono la) coppa di Larce Subulnio».
(AT 1.40
– 2:, su sarcofago) Larisal Larisaliśla Θanχvilus Calisnial clan avils huzars «(è il sarcofago) di
Laris, di quello (figlio) di Laris, figlio di
Tanaquile Calusia, di anni
quattordici».
(Ta 1.81,
83 – 2:, su parete di sepolcro) ui cli mutnaii Vel Veluśa avils cis zarmisc
/ Seitiialiśa «qui in questo sepolcro (c'è)
Uel quello (figlio) di Uel di anni ventitré / quello (figlio) di Setidia» (TLE 93).
hevl
Anaieś mi «io (sono) del nobiluomo
Anaio».
(Pirgi I) itanim
heramve avil eniaca pulumχva «e a
queste statue (siano) anni quanti (sono) gli astri».
Il verbo impersonale
§ 127. Come in molte lingue antiche e moderne, anche in
etrusco è conosciuto l'uso impersonale del verbo, messo in 3ª pers. plur.:
(Fa 6.3) mi Araiale
ziχuχe «mi
hanno disegnato per Arrunte».
(AH 3.4) mi Titasi cver
menaχe «mi hanno dato in dono a
Titia».
L'ordine dei vocaboli
§ 128. Circa l'ordine secondo cui i vocaboli si susseguono
nella frase etrusca non possediamo materiale sufficiente e adatto per
giudicare, soprattuto dal punto di vista qualitativo. Si ha però l'impressione
che l'ordine dei vocaboli fosse meno libero di quello della lingua latina e più
simile a quello della lingua greca:
Arnal
clan «figlio di Arrunte».
Cels
clan «figlio del Cielo» (uno dei Titani) (TLE 368).
Tinas
cliniiaras «dei figli di Tina».
sutiś eca penuna / Cai Velś Caiś areś lautni
«questo cippo di sepolcro (è) di Caio Uelio domestico di Caio Tario».
(Ta 1.13 – 4f3i, su sarcofago) Lari Spantui Larces Spantus seχ Arnal Partunus puia «Lartia
Spantania figlia di Larce Spantano moglie di Arrunte *Partuno».
§ 129. In etrusco, come nel latino, si nota anche la
tendenza a mettere il verbo alla fine della frase:
(AS 1.314 – rec, su ossario) Laria Śrutznei Natisal puia aura
clan line «Lartia *Srusinia moglie di Nattio; il figlio ha disposto
il sepolcro».
(Pe 3.1 su paletta bronzea) eta Kavaś aχuiaś persie \ Avle Numnaś turke «questo
persillo (è) della Celere (?) Cauta \ Aulo Numenio (l’) ha donato» (TLE
622).
(Ta 5.1 – 6:3, su parete di sepolcro) Ara Spurianas [ac]il hecece fariceka «Arrunte Spuriano fece
l'opera (e la) arredò» (TLE 78).
LESSICO DELLA LINGUA ETRUSCA
acala/e «giugno».
acalve
«relativo a giugno».
acas, acaś «facendo».
acasa
«avendo fatto».
acasce
«fece,
compose; ha fatto, composto».
acasri «da
fare».
acazr «oggetti
fatti».
acil
«opera, azione».
acilu
«operaio» (?)
acilune
«farà» (?)
aclus «giugno» (glossa).
aclχn «l'opera» (accus.).
acnaice
«lasciò, ha lasciato».
acnaine
«lascia(mi!)» (?)
acnanas
«lasciando».
acnanasa
«avendo lasciato».
acnaśvers «d(e)i discendenti».
acnina
«cede».
Acrate/i
«Acerrano, nativo di Acerra».
Acrum
«Acheronte».
aesar «dèi»
(glossa).
ais «dio».
aisece
«consacrò, ha consacrato».
aiser «dèi».
aiseras «degli
dèi».
aisiu
«consacrato-a».
aisna
«divino-a», «ufficio divino».
akasce
«fece,
compose; ha fatto, composto».
akśke «fece, compose; ha fatto,
composto».
al(-c),
ale «(e) da'!, dona!».
alce
«diede, donò; ha dato, donato».
ale «dà, dona».
alice,
alike «diede, donò; ha dato, donato».
aliqu «dato».
alpnu «(il)
donato, dono»
alumna(e)
«nel
servizio».
alχu «dato».
Alrnas
«Aletrinate, nativo di Alatri».
am «sia!».
ama «è,
(essi-e) sono», oppure «sia», «siano» (?)
ama
«sia!», «siano!».
amake «fu; è
stato-a».
amce «fu;
è stato-a».
ame «è,
(essi-e) sono».
Amin
«Cupido, Eros», letteralmente "Amante".
amphiles,
ampiles, anpilie «maggio» (glossa).
Amrie
«Amerino, nativo di Amelia».
amuce «fu; è
stato-a».
an
«egli, ella».
Aneiur(-aś)
«(della) famiglia Annea».
aniaχ
«gennaio» (?)
apa
«padre, babbo».
apa
nacna «padre grande, nonno».
apana «paterno-a».
apas «del
padre, di babbo».
apasi «al padre, a babbo».
apcar «contabile».
apertule
«dall'apertura».
aprinu
«cerimoniere».
aprinvale «da cerimoniere».
ar «fa',
fai!».
ara «fa',
fai!».
araś «facendo».
araśa «avendo fatto».
arce
«fece, costruì; ha fatto, costruito».
arse
«allontana!».
arvusta
«quel/il
seminato».
ar
«fate!».
aska
«vaso».
Askla
«Ascoli» (Piceno o Satriano).
Asklaie
«Ascolano».
aś «colpite!» (?)
ati
«madre, mamma».
ati
nacna «grande madre, nonna».
ati nacnuva,
nacnuva «bisnonna» (?)
atial «di
madre, di mamma».
Atina
«Atina».
Atinate
«Atinate, nativo di Atina».
atiu,
ativu «mammina».
atrś «famiglia, parentado».
avil
«anno».
avilcval
«degli
anni».
Avilesca
«quella
di Aulo».
avils,
avilś «dell'anno».
avilsχ «e dell'anno».
avilχva «gli anni».
avilχval «d(egl)i anni».
aemeican
«quella/la patera».
aemeiścaś «di
quella/della patera».
aeneica «quella/la
patera».
Ainei
«in
Atene»
aniś «di/del sacerdote».
anu «sacerdote».
are
«atrio».
Aumica «il
Signore».
aumicś «del
signor(e)».
Aumitn «il
Signore», «quel Signore» (Tinia).
ca «questo-a».
Cabreas
«aprile» (glossa).
Caelius
«settembre»
(glossa).
Caisr (lat. Caere) «Cerveteri».
Caisriva
«Ceretano».
Caisrs
«di
Caere, Cerveteri».
cal «chiama!, proclama!».
cal «di
questo/quello-a».
cala «chiama!, proclama!».
calti «in questo-a», «qui, qua».
calti,
cali «in
questo/quello-a».
Calus (dio
infernale).
Calusi
«a/per Calus».
Caluśtla «di quel/del Calus».
calusurasi «ai morti o defunti».
calχ «trenta».
calχls «di trenta».
Camarine (lat.
Camaris «Chiusi») «Chiusino».
Campane
«Campano, nativo della Campania».
cami
«censore».
cana «opera».
cance «fu, è stato censore».
cape «prende».
Capena
«Capena».
Capenati
«Capenate».
caper
«coppa».
caperi «al/per la coppa».
caperχva «le coppe».
Capeva
«Capua».
Capevane
«Capuano».
capi
«prendo».
capi!
«prendi!».
capra
«urna».
Capuane
«Capuano».
Capue «Capua».
caresri «da
curare, da fare».
caru
«curato, fatto».
castce
«purificò, ha purificato».
cav «guardati!».
cave
«guardati!».
cave
«guardatevi!».
cara/e
«purifica!»
(?)
cealc
«trenta».
cealχ «trenta».
cealχls «di trenta».
cealχls «di
trenta».
cealχs «di
trenta».
cealχuś, cealχus,
cealχuz
«di
trenta».
ceanu
«terzo-a» (?)
ceanu «nel terzo (giorno)».
cehen «questo-a
qui».
cei «a/per
questo-a».
Ceizra
(lat.
Caere) «Cerveteri».
celati
«nella
cella funeraria».
celetra «le
celle».
celi «al cielo».
Celius
«settembre»
(glossa).
cels «del
cielo».
Celutule
«per il Celeste» (Urano).
celχls «di trenta».
celestra «i
Celesti» (?)
celi «in cielo».
celi «in
questo/quello-a», «qui, qua».
cen «questo/quello-a»
(accus.).
cenecu «equiparato, equivalente», «manufatto»
(?)
cepar «cippi (confinari)».
cepen
«sacerdote».
ceren «(che
tu) faccia».
cerene
«cura, fa».
cerine
«cura», «costruzione» (?)
ceriχu «curato, fatto,
costruito».
ceriχunce «aveva(no), curato, costruito».
cerur «manufatti, (vasi)
fittili».
cerur
«oggetti fatti».
cerurum «e
(oggetti) fatti».
ceś «di questo/quello-a».
cesasin
«(che) poniate» (?)
cesece «riposò; ha riposato, trovato
pace».
cesu,
ceśu
«posto, deposto».
ceus
cilcval «di ogni culto, dei singoli culti».
ceus,
ceuś «di ciascuno, di ognuno-a».
ceusn «ciascuno,
ognuno-a» (accus. ?)
cezp «otto».
cezpalχ «ottanta».
cezpalχals «di ottanta».
cezpz «otto
volte».
ceχa «legge, diritto».
ceχa «per, a favore di...».
ceχane «legale, giuridico-a».
ceχaneri «da giudicare o legiferare».
ceχasieur «ordine
dei giudici».
ci «tre».
ci
cealχ «trentatré».
ci
muvalχ «cinquantatré».
ci śar «tredici».
ci
zarm «ventitrè».
ciala
«trenta» (?)
cialc
«trenta».
cialχ «trenta».
cialχuś «di trenta».
ciem «tre
da ...».
ciem (ci-em) «tre (sottratto) da».
ciem calχ «ventisette».
ciem cealχ «ventisette».
ciem
cealχls «di ventisette».
ciem
zarm «diciassette».
cilϑ «culto».
cilcva «i culti».
cilcval «d(e)i culti».
cilcveti «nei culti».
cill «di/del
culto».
cilś «col/dal/per
il culto».
cipen
«sacerdote».
ciś
śariś «di tredici».
cis
zarmisc «di ventitré».
cis,
ciś «di tre».
cisasin «(che) poniate» (?)
cisum «e di
tre».
ciz,
cizi, citz «tre volte».
cl «di
questo/quello-a».
cla «di questo/quello-a».
clal «di
questi/quelli-e» (genit. plur. ?)
clalum
«e
di questi/quelli-e» (?)
clalum
ceus «e di ciascuno di questi» (?)
clan «figlio».
clanc «e
figlio».
clante «figliastro, figlio adottivo».
clanti
«figliastro, figlio adottivo».
claruχie «colono».
Clavtieur(-asi)
«(alla) famiglia Claudia».
clel «con/da/per
questi/quelli-e» (ablat. ?)
clen «figlio».
clenar
«figli».
clenaraśi, c<e>leniarasi «(d)ai figli».
cleniar «figli».
clens
«di/del figlio».
clensi, clenśi «al/dal/per
il figlio».
cletram «lettiga».
cleva «offerta».
clevana
«offertorio-a».
clevan «(l’)
offerente».
Clevsi
«Chiusi».
Clevsina,
Cleusin- «Chiusino».
Clevsinsl
«del(lo Stato) Chiusino».
cliniiar
«figli».
cliniiaras «d(e)i figli».
clinsi
«al/dal/per il figlio».
clt «qui,
qua».
clucraś, cluctraś «d(e)i
calici».
clutiva
«vasi».
clz «in questo/quello-a», «qui, qua».
cl, cli
«in
questo/quello-a», «qui, qua».
cn «questo/quello-a»
(accus.).
cnl «con
questo, con ciò» e «questi-e» (ablat. ?)
cnticn
«proprio qui, in/a questo punto» (?)
cntnam
(cn-tnam) «questo poi» (accus. ?).
Crapśti «nella festività di Grabovio».
Cravzaur(-as) =
«(della) famiglia Crassia».
cś «di
questo/quello-a».
cśl «con/da/per
questo/quello-a» (ablat. ?)
Cucrinaur
«famiglia Cucrinia».
culcna «coppetta».
culiχna «coppetta».
culścva «le
porte».
Cupesta
«quella
di Cupio».
Cura (lat.
Cora) «Cori» (città).
Curane
«Corano, nativo di Cori».
Cursnialχ «e di
Corsinia».
Curtun
«Cortona».
Cusuur(-aś) «(della)
famiglia Cusonia».
cver(a) «dono, ex voto».
e = e(n)
«non».
eca «questo-a».
ecli «in questo-a», «qui, qua».
ecn «questo-a»
(accus.).
ecs «di
questo-a».
ei «non».
eim...eim
(ei-m) «e non...e non», «né...né».
ein «non».
eis «dio».
eiser
«dèi».
eiseras «degli
dèi».
eisna
«divino-a».
eisnev
«divino-a».
eiśta
«codesto/questo/quello-a».
eisteis «col/dal/per
codesto/questo/quello» (?)
eit «questo-a».
eiti «a/da/per questo-a» (dat.).
eitva «questi-e» (plur.).
ei «questo-a».
eii «a questo-a».
elaivana,
eleivana «oleario-a».
eliunt «olivicoltore».
en
«non».
enac,
enaχ «poi, dopo, quindi, allora».
enan «alcunché, qualche cosa» (accus. ?).
enaś «di noi».
eniaca
«quanti, tanti quanti-e» (?).
epa, ep(-c) «(e)
quello-a; (e) il/la» (?)
epl
«di quello-a; del/la» (?)
epl «poi,
dopo» (?)
epl «verso» (?)
eprieva
«vaticinale».
eprnev «vate».
eprnev
«vaticinale».
Ermius
«agosto»
(glossa).
ersce
«andò, è andato-a via» (?)
Erus «Eros,
Amore, Cupido», dal greco érhōs.
esal «due».
esal
cezpalχ «ottantadue».
esals «di
due».
esari «agli dèi».
esl-
«due».
eslem cealχ «ventotto».
eslem
zarum «diciotto».
eslz «due
volte».
eśta «codesto/questo/quello-a».
eśtla «di
codesto/questo/quello-a».
esvita
«quel/il
sacrificio».
esvitle
«da/per il/quel sacrificio».
eta «questo-a».
etan «questo-a»
(accus.).
etera «amico, compagno, socio, cliente».
eterau,
eterav «clientelare, relativo ai clienti».
eteri «amico, compagno, socio, cliente».
eterś «di/del cliente».
etnam «poi,
inoltre, ed anche».
etnam
ic
«nello stesso modo che».
etun, eun «questo-a»
(accus.).
etva, etve «questi-e».
e «questo-a».
ei «a questo-a».
el, «di
questo-a» (genit.).
eviś «di questi-e» (genit. plur.).
falares «dei
cippi» oppure «degli astri» (?)
faneri «da consacrare».
faniri «da consacrare».
fanu «tempietto».
fanusei «al/dal/per la consacrazione».
farce «incide».
farice
«guarnì, arredò; ha guarnito, arredato».
farana
«vergine».
farans «di vergine».
farnaχe «nacque, è nato-a».
farne «vergine».
faśei «al/dal/per il pane di farro».
faśena
«arena».
favin «(che tu)
taccia» (?)
Felcin-
(lat. Fulginia) «Foligno».
Felcinate,
Felqunate «Fulginate, nativo di Foligno»
Felsna,
Felzna, lat. Felsina
«Bologna».
firin «(che tu)
bruci».
fler, flere «immola!».
flere
«vittima»
flerei «alla vittima».
flereri «alle vittime».
flerχva «(le) vittime».
flerrce
«immolò,
ha immolato».
Frentin-
(lat. Ferentinum) «Ferentino».
Frentinate
«Ferentinate, natio di Ferentino».
frontac
«fulgurale».
Fufluna
«Populonia».
fulu
«fullone, lavandaio».
fulumχva «gli oggetti votivi».
fuluni «follone, lavandaio».
fuśle «appezzamento» (?)
fuśleri «agli appezzamenti» (?)
halχ «vaso
di rame».
halχza
«vasetto di rame».
Hama «Cuma».
Hamaii «in Cuma».
hamφe
«campo, campagna».
hamφei, hamφete «nel
campo, in campagna».
hamφisca «quello-a
del campo».
Hanipaluscle «di
quello di Annibale».
hanu
«tempietto».
hanin
«da/in davanti» (moto ?).
hapre «fabbro».
harϑna
«vergine».
hatrencu
«signora».
hece
«fece(ro), pose(ro); ha(nno) fatto, posto»
hecece
«fece, ha fatto, posto».
heci
«fa'!, metti!, poni!».
heczri «da
(non) porre».
hel
«egli, ella» (?).
helś, hels «di
lui, di lei».
hemsince «(e) (che
tu) offra».
hen «qua,
qui».
Hepa (lat. Heba)
«Magliano».
Hepani
«Hebano».
heramasva
«statuette».
heramve
«statue».
hermeri «da
fermare, confermare».
hermu
«fermato, confermato».
heva «nobiluomo».
hevl «di/del nobiluomo».
hevn «nobiluomo, signore» (accus.).
heχś «versate!».
heχz «versa!».
hilχvetra «i
possedimenti, possessi».
hina «in
basso, in giù, sotto» (stato).
hini «ombra
infernale».
hinial «di
ombra infernale».
hinu «in
basso, in giù, sotto» (stato).
hinin «da
giù, da sotto» (moto ?).
hivustra «i
massaggi» (?)
hufni «loculo,
ossario, urna».
hupni
«loculo, ossario, urna».
hupni(-ś) «sonno» (?)
hupninei «nel loculo, ossario, urna».
hupniva
«dormiente» (?)
hupniva
«loculi, ossari, urne».
Hurta «Orte».
Hurtate
«Ortano,
nativo di Orte».
Hurtina
(lat.
Hortinus) «Ortano, nativo di Orte».
hus*
«bambino, ragazzo, giovane».
huśi «al bambino».
husilitule
«da/per l’infanzia».
husiur
«ragazzi,
figli».
husl «di
bambino».
huslna,
huslne «(vino) novello».
huslneśtś «del
(vino) novello».
husrnana
«bambino».
huśur
«ragazzi, figli».
hut «quattro».
huti «a
quattro» (dat.).
huzrnatre
«i
giovani».
huzrnei «in
gioventù» oppure «nel sodalizio giovanile».
hu
«quattro».
hu
muvalχ «cinquantaquattro».
hu
zarum «ventiquattro».
huiś
zarumiś «di
ventiquattro».
huiś, hus
«di
quattro».
huz
«quattro volte».
huzar
«quattordici».
huzars «di
quattordici».
ia «qua, qui».
ia....ia «o....o», «sia....sia» (?)
ic «così,
come».
ica «questo-a».
icecin
«questo-a qui» (accus. ?)
icei «a/da/per questo-a» (dat. ?)
icel «di
questo-a» (genit. ?)
ika
«questo-a».
ilacve «le
offerte».
ilucu
«lamentato, lamento funebre» (?)
ilucve
«lamenti».
in
«esso-a», «lo, la», «ciò».
inni «a/da/per lui» (dat.).
inpa «che,
il/la quale» (accus. ?)
inpein
«nel/la quale, in cui» (ablat. ?)
ipa «che, il/la quale)».
ipa
«ivi», «dove».
ipal «della
quale» (?)
ipaś «del
quale».
ipe «il/la quale», «i/le quali» (?)
ipei «al/la quale, a cui» (dat.?)
iperi «ai/alle
quali» (?)
iśveitule «da/per la consacrazione».
ita «questo/quello-a».
itai «a/per questo-a» (dat. ?).
ital «di questo-a» (genit.).
itan «questo-a»
(accus.).
itas «di
questo-a» (genit.).
iti «a/da/per
questo-a» (dat.).
itun «questo-a»
(accus.).
ial «di
questo-a» (genit. ?)
iχ
«così, come».
iχnac (iχ-nac) «così come».
ka «questo-a».
kacriqu
«regalato»
(?)
kana «opera».
kape
«prende».
kape «prendi!».
kapi
«prendi!».
Kara--
(lat. Carthago) «Cartagine».
Karazie
«Cartaginese».
Kaviśta «quella di Cavio».
Keisna
(lat.
Caesena) «Cesena».
ken «questo-a»
(accus.).
ki «tre».
kisne
«terzo-a» (?)
kluti
«vaso».
kn «questo-a»
(accus.).
kurpu
«buffone».
laiscla
«di
quel/del seminato» (?)
laive «mancino,
sinistro-a».
laivetsm
«e
della sinistra».
laivisca
«questo/quello-a
di sinistra».
Lat-
(lat. Latium) «Lazio».
Latine
«Latino, Laziale».
latni «domestico».
lautn «famiglia,
gens».
lautneścle «di quella/della famiglia».
lautneteri,
lautn eteri «liberto».
lautni «domestico».
lautnita,
lautnida, lautniϑa «domestica».
lauχumneti «nella
lucumonia» o «durante la lucumonia».
lavtn,
lavtun, lavutn «famiglia, gens».
lavtni «al/dal/per la famiglia».
lavtni «domestico».
lavtnita,
lautnia,-ita, lutnia,-ita
«domestica».
lavtunui «al/dal/per la famiglia» (dat. ?).
lecin «(che
tu) effettui».
lectumuza «vasetto».
lein,
leine «riposa (in pace)!».
Lein
«Quiete, Pace», letteralmente "Pacificante".
leive «mancino,
sinistro-a».
leirmeri «ai sacerdoti».
lescan «in
largo, in larghezza».
leśe «scelse, sceglieva» (?)
lesece
«scelse, ha scelto» (?).
leu
«leone».
lee «servo
della gleba, servo».
Limurcesta
«quella
di *Limurco».
line
«(pre)dispose, preparò; ha (pre)disposto, preparato».
lucairce
«governò, ha governato da lucumone».
lupu «morto».
lupuce
«morì, è morto».
lupuku
«morto, defunto».
lupuval «d(e)i morti»
lupuve
«morti,
defunti».
Luvcaniesca
«quella
di Lucanio».
lucva «i
ludi».
mac «cinque».
macstrev
«magistratuale».
Maiflnasta
«quella di *Maeflanio».
male «guarda!,
controlla!».
malena «specchio».
malna «specchio».
mama «cessione, donazione,
regalo» (?)
mamer «cessioni, donazioni,
regali» (?)
Mani «al/dal/per il Mane» (dat.).
manim
«monumento (sepolcrale)».
manimeri
«ai/dai/per
i monumenti (sepolcrali)».
Manva (lat. Mantua)
«Mantova»
Manvate
«Mantovano».
Marcniur
«famiglia Marcinia».
marnuχ «marone, maronico».
marnuχ «maronico».
Marti «in
marzo» o «martedì» o «nella festività di Marte».
maru
«marone».
marunuc
«marone, maronico».
marunuχ «marone,
maronico».
marunuχva «maronico-a».
marχar «mercante».
Masan,
Masn «dicembre», o in subordine «novembre».
Mataliai
(lat.
Massilia) «Marsiglia».
matam,
matan «avanti, prima».
maχ «cinque».
maχ cezpalχ «ottantacinque».
maχ śealχ «sessantacinque».
maχ semφalχ «settantacinque».
maχ zarum «venticinque».
maχs «di cinque».
me «me,
mi» (accus.).
mele «possedimento,
possesso».
meleri
«ai
possedimenti, possessi».
mena «dà,
dona».
menaqu
«dato,
donato».
menaś «dando, donando».
menaχe «diede(ro),
ha(nno) dato».
menaχe «hanno dato» (non «sono stato dato»).
mene «me,
mi» (accus.).
menece «diede(ro),
ha(nno) dato».
menepi
«(a) me» (accus. posposizionale).
menica-c «(e)
diedi, ho dato».
menpe
«(a) me» (accus. posposizionale).
menpe «me,
mi» (accus. posposizionale).
meϑlum
«città-stato o federazione».
meϑlumeri «per/alle città-stato o
federazioni».
melumes,
melumeś «della città-stato o federazione».
melum, melumt «nella città-stato o federazione».
meχlum «città-stato o federazione».
mi «me,
mi» (accus.).
mi,
mii
«io».
mine «me,
mi» (accus.).
mini «me,
mi» (accus.).
minipi
«(a) me» (accus. posposizionale).
minpi
«(a) me» (accus. posposizionale).
mipi
«(a) me» (accus. posposizionale).
mir
«guarda!, (am)mira!».
mlac,
mlaχ «dono. Ex voto».
mlacaś,
mlakas, mlaχas
«donando».
mlacasi, mlakasi «a chi scioglie un voto» (dat.).
mlace
«donò, regalò, dedicò; ha donato, regalato, dedicato».
mlaciϑa «donatrice».
mlakaś, mlakas, mlaχas «dando, donando».
mlaχe «offri!».
mlaχu «donato, offerto-a», «oggetto
votivo».
mlaχuta «quel/il donato».
mlace «votai,
offrii in voto; ho votato, offerto in voto» (?)
mlerusi «all'offerente» (dat.).
mulac,
mulaχ «dono, ex voto».
mule «dona!,
offri!».
mulsle «al/dal/per
l'idromele».
mulu «dato,
donato», «oggetto donato».
mulune «diede, donò; ha dato, donato».
muluvanece,
muluvaneke, muluvanice, muluvanike, muluveneke, muluvenice, muluvunuke
«aveva(no) dato, donato».
muluvene
«diede, donò; ha dato, donato».
mulvanice,
mulvanike «aveva(no) donato».
mulvenece,
mulveneke, mulvenice, mulvenike «aveva(no) donato».
mulvunuke
«aveva(no) donato».
municlat,
municlet, municle
«nel
monumento sepolcrale».
municle
«di
quel/del monumento sepolcrale».
munistas
«di
quel/del monumento sepolcrale».
munisvle, munisule «nel
sepolcro, nell'avello».
mun «corredo».
mur
«ferma(ti)!, trattieni(ti)!».
murce
«dimorò, soggiornò; ha dimorato, soggiornato».
murs,
murś «sarcofago, urna».
murśl «di/del sarcofago».
murzua
«urne, sarcofagi».
mutana «tomba, sepolcro».
mutin,
mutince
«(e)(che tu) protegga».
Mutina
«Modena».
mutinum
«e
(che tu) protegga».
mutna «tomba, sepolcro».
mutnaii «nella tomba».
muvalχ «cinquanta».
muvalχls «di cinquanta».
mu
«tieni!, proteggi!».
nac
«così, come».
nac «per».
nac «poi,
dopo, quindi, allora».
nac .... iχ «così
.... come», «appena .... allora».
nacna
«grande».
nacnuva
«bisnonna» (?)
nacnvaiasi
«ai
grandi, agli antenati».
nacnvaiasi «ai
grandi», «agli antenati»
nacum «e
così», «e dopo».
Namureska
«quello di Namerio».
naper «napure, mappe».
naχ «così, come».
naχ «per».
neftś,
nefts «nipote (di zio)»
neś «defunto-a».
nesivas
«morendo».
neśl «del defunto-a».
netśvis,
netsviś «aruspice».
neśrac
«aruspicino-a».
Nula
«Nola».
Nulae
«Nolano».
nuna, nunar «offerta, dono».
nuncu «pronunziato,
pregato, recitato».
nunen «(che
tu) annunzi, preghi, reciti».
nunena «(egli) annunzia, pronunzia,
recita».
nunen
«(il)
pronunziante, orante, recitante».
nuneri «da
pronunziare, pregare, recitare».
nurφ «nove».
nurφzi «nove
volte».
nuin (che tu) noti, osservi».
papa
«nonno».
papacs «nipote (di nonno)».
papals «nipote (di nonno)».
papalser
«nipoti (di nonno)».
papui «al/dal/per il nonno od avo» (dat.).
parniχ «patrono» (?)
patara
«patera».
patna
«scodella».
paχana «bacchico», «baccanale».
paχanati «nel sodalizio di Bacco».
Paχaur(-as)
«(del) sodalizio bacchico».
Paχie «Bacco».
penϑuna, penϑna «pietra
sepolcrale».
Percums,
Pergoms (lat. Bergomum, Pergamum) «Bèrgamo».
Percumsna,
Pergomsna «Bergamasco».
persu «maschera,
attore».
Petina
«Petina» (Salerno).
Petinate
«Petinate, nativo di Petina».
pi,
-pi, -pe «a, in, per».
pl «poi,
dopo» (?)
pl «verso» (?)
Precuur(-aśi)
«(alla) famiglia Preconia».
presne «(pubblico)
presente».
prumane «pronipote».
prumaś «pronipote».
prums «pronipote».
pruχum «brocca».
pruseri «ai prodigi».
pśl «con,
da» (?)
Pufluna
«Populonia».
puia «moglie».
puil «di/della moglie».
pul
... pul ... pul «poi ...
poi ... poi».
pul «poi,
dopo» (?)
pulum «e poi».
pulumχva «gli astri, le stelle».
Pupluna
«Populonia».
purtśvana
«vaticinale».
purtśvavcti «e
nella carica vaticinale».
purun
«quello-a
purificato-a» (?)
pur «vate,
indovino».
purne «vate, indovino».
puscu
«domandato, (ri)chiesto» (?)
pute «liba!, bevi!».
putiza «coppetta».
puts «bacile».
puce «terminò,
ha terminato».
qutum,
qutun «boccale».
qutumuza «orciolo».
rac «reggete!»
ramue «mesci!».
ramue «mescete!».
rane(-m) «e aspergi!».
raśnal
«dello Stato».
rasnas
«della (Federazione) Etrusca».
rasnas,
rasneas «del/la etrusco-a; statale».
raχ
«reggi!» (?)
raχ «reggete!».
Ral
«Radiante,
Saettante» (Apollo).
renine
«contiene».
reχu «retto, eretto» (?)
rinaitula
«nel (Libro) Rituale».
ruma
«mammella».
Ruma
«Roma».
Rumate,
Rumae «Romano».
Rumaχ
«Romano».
Rumitrine «(lo
Stato) Romano».
Rumitrinei «nel(lo Stato) Romano».
ruva
«fratello» (?)
ruz,
rutzs «sarcofago».
ruze
«porco».
rucva «le
ruote».
śa, sa «sei» (numerale).
sacni
«sacro-a», «rito».
śacnicla
«di
quel/del rito sacro».
sacnicleri, śacnicleri «ai riti sacri, ai
sacrifici».
śacnicn
«quel/il
rito sacro» (accus. ?)
śacnicśtreś «dei
riti sacri».
sacniśa, sacnisa
«avendo consacrato».
śacnitalte «nel
rito sacro».
śacnitle «col/per il rito sacro» (ablat. articolato
?)
śacnitn
«quel/il
rito sacro» (accus. ?)
sacniu,
sacniv «consacrato, santificato-a».
sal «due».
śanavence «aveva
sanato, curato».
sanisva
«genitori».
sanś «genitore,
progenitore».
sanśl «di/del (pro)genitore».
śantiśtś «del
(vino) benedetto».
sar, śar «dieci».
śariś
«di
dieci».
śarśnau
«decimo-a».
śarśnau «decimo-a».
śas «di sei».
śatena «soddisfa, mantiene».
śatene «manterrà, soddisferà».
savalas
«vivendo».
savcn-
«sacro».
ścanin, ścanince «(e) (che ti) levi».
ścuna, scuna «cede».
ścune «cederà».
ścunueri «alle concessioni o grazie».
scurfiu
«scorpione».
scuvune
«cederà».
śealχ «sessanta».
śealχls «di sessanta».
sec, śec «figlia».
śectraś «delle
figlie».
Seina (lat. Saena,
Sena Iulia) «Siena».
śelace «elargì,
ha elargito, fatto elargizioni».
Seleitala «dalla Dispensatrice» (Giunone).
semφ «sette».
semφalχ «settanta».
semφalχls «di settanta».
semφś «di sette».
Sena (lat. Sena Iulia oppure Sena Gallica).
Senate
«nativo di Siena oppure di Senigallia».
Sentin-
(lat. Sentinum) «Sentino».
Sentinate
«Sentinate, nativo di Sentino».
serin «(che tu col)leghi, incateni».
serve
«servo».
śeu
«sopra».
śeuś «di sopra» (genit.).
seχ, śeχ «figlia».
śeχis
«della figlia».
seasri
«da
posare».
śi
«sotto».
sianś «genitore, progenitore».
sianśl «di/del (pro)genitore».
śin «accetta!».
slapinaś «benedicendo».
slele «in
due, in accordo» (?)
slicaχe «indisse, ha indetto» (?)
snenat,
snena
«ancella».
snenaziulastra «le
piccole ancelle» (?)
snuiaφ, śnuiuφ «settimo-a».
spanti «piatto».
spanza «piattino».
śpelanei «nel corredo funerario».
spel, śpeli
«nella cripta».
spetri «da guardare».
spural, śpural «di/della città».
spurana,
śpurana,
śpurane «civico,
cittadino-a».
spure
«città».
śpureri «per/(d)alle città».
śpureśtreś «delle
città».
spurei «nella
città».
spurta
«sporta».
śranczl
«dodici».
sren «disegno».
śrencve, śrenχve «adorno-a».
staile «chiama!».
strete «girate,
rovesciate!».
śuci
«profumo» (?)
śuciva
«profumi» (?)
suplu
«flautista».
sutanaś «ponendo».
suti, suϑi «tomba, sepolcro».
śuϑiϑ, śuϑiϑi «nella tomba».
su «metti(ti)!,
posa(ti)!».
sui «tomba,
sepolcro».
suil «arredo funerario, ossario».
suina
«funerario-a», «oggetto, arredo funerario».
śui(i),
suti, śuiti «nella tomba, nel sepolcro».
Sur-
(lat. Sutrium) «Sutri».
Surina
«Sutrino, nativo di Sutri».
śuu «posto, deposto, iniziato».
sval
«vivo-a, vivente».
svalasi «a/da vivo, vivente» (dat.).
svalce
«visse; è vissuto-a».
svalu
«vissuto» (?)
svalas
«vivendo».
sveleri «ai
viventi, vivi».
svelśtreśc «e dei
viventi, degli animali».
ta «questo-a».
tafina
«ciotola».
tal «di questo-a» (genit.).
tamera
«camera, cappella sepolcrale».
tamiaur(-as)
«(della) servitù».
tanasar
«attori».
Tarχna (lat. Tarquinii)
«Tarquinia».
Tarχnal, Tarχnali «in Tarquinia».
Tarχnie «Tarquinese».
taśri «da assegnare».
tec,
ec «metti!, accetta!».
tece
«pone, contiene».
tei «a/per questo, quello-a» (dat.).
teis «di
questo, quello-a» (genit.).
Telaur(-as)
«(della) famiglia».
tence «tenne, svolse, esercitò; ha tenuto, svolto,
esercitato».
teniχunce «aveva tenuto, posto».
tenu «tenuto,
svolto, esercitato».
tenve
«tenne, svolse, esercitò;
ha tenuto, svolto, esercitato».
tenas
«tenendo».
tenasa
«avendo
tenuto».
tes «di
questo-a» (genit.).
teśamitn «il
precetto», «quel precetto» (accus.)
teśamsa
«avendo comandato».
teśiameitale
«dal/sotto il comando».
tesin
«comandante, soprintendente».
tesne «legge».
tesnś «di/della legge».
tesnśteiś «di
quel/del diritto».
teta «nonna»
(?)
tetalś «nipote (di nonna)» (?)
tev «(ag)giudica!».
tevara «giudice».
tez «di
questo-a» (genit.).
tezan «(che) fissi(no)».
tin*
«giorno».
tineri «ai/nei giorni».
Tiniantule
«da/per Tinia».
tinś «di/del
giorno» (genit.).
tinscvil «dono
votivo».
tinśi «al/per il giorno» (dat.).
Tinsta
«quello
di Tinia».
tiur,
tivr, tiiur «mese» e «luna».
tiuri «al mese» e «alla luna» (dat.).
tivrs, tiiurś «del
mese» e «della luna».
tlenaces
«di
riconoscenza».
tlenaχeiś «di riconoscenza».
tleχe «sostenne, resistette; ha
sostenuto, resistito».
tmia «thesaurus».
tmial
«di/del thesaurus».
tn «questo-a»
(accus.).
-tnam forma
enclitica di etnam.
Traneus
«luglio»
(glossa).
trau
«versato».
Trepla, lat. Trebula (Sabina).
Treplati
«Trebulano».
trin
«spruzza!».
trinum
«e
spruzza!».
trin «spruzzate!».
trinaśa «avendo spruzzato».
truia
«carosello equestre».
trut,
tru «osserva!».
trutanaśa «avendo osservato».
trutnvt,
trutnu
«osservatore».
trutum
«e
guarda!, e osserva!».
trut
«osservate!».
tś «di questo-a»
(genit.).
tu
«uno».
tui «qui,
qua».
tul,
tule «togli!».
tular ««terra,
terreno», «cippo di terreno o confinario».
tularu
«(terreno) delimitato».
tulerase
«(d)a,
in terreno».
tun
«uno».
tunt «in
uno, insieme», «una sola volta».
tunur «singoli-e».
tupi
«sasso».
tur,
ture «dona!».
turace
«donò,
ha donato».
turce,
turke «donò, ha donato».
turice
«donò, ha donato».
turu «dato, donato».
turuce,
turuke «donò, ha donato».
turune
«darà, donerà».
tuśti, tuśi «in
uno-a, insieme».
tuśuri
«coniuge, consorte».
tuśurir
«coniugi, consorti».
tutin «(che tu) osservi o protegga».
tuiu «tutelato, protetto».
tva
«mostra».
ulpaia
«olpe».
Umprea
«Umbria».
Umrana,
Umrie «Umbro».
un,
une
«fa’, compi!, adempi!».
Unialti
«nella festività di Giunone».
Unial(i)
«nella festività di Giunone».
uniiai «in
giugno» (?)
unu
«fatto, compiuto, mosso».
unu «fate!,
compite!».
ure «vuota!».
ure
mi «vuotami!».
Uria «Uria»
(città).
Uriai «in Uria».
Urina, lat.
Saturnia «Saturnia».
Urinate
«nativo
di Urina».
Urie
«Uriese, nativo di Uria».
uru
«vuotato».
urχ
«assisti!, proteggi!» (?)
urri «da ordire».
usi
«attingi!».
usil «sole»
(anche dio).
usils «del
sole».
uslane
«solare, meridiano-a».
usli «al sole» oppure «a mezzogiorno».
utince «(e) (che tu) usi».
vacal,
vacl «rito».
vacil «rito».
vacr «patto».
Van
«Evanescente o Vanificante», demone femm. della morte.
varχti «in promessa».
vatieχe «per vaticinio sono divenuti» (?)
Vatlui
«Vetulonia».
Velari
«Volterra».
Velcitanus
«marzo» (glossa).
Velciti,
Velχite «Vulcense».
Velcli «in Vulci»
Velieśa «quella di Uelio» (?)
Velsnali,
Velznali «nel
(territorio) Volsiniese».
Velsu (lat. Volsinii)
«Orvieto», poi «Bolsena».
Velznani,
Velznaχ
«Volsiniese».
Velχ- «Vulci».
Velinaur(-aś)
«(della) famiglia Ueltinia».
vertun «(che tu)
porti via».
Vetalu
«Vetulonia».
Vipinaltra «i
Uipini».
Vipiur
«famiglia Uippia».
Vipsl, Visl «Fiesole».
vre,
vri
«vuota!».
Vrinate «nativo
di Urina».
vuvcnicś «della
tromba» (?).
zal «due».
zamatic, zamtic, zamϑic
«aureo-a».
zamai «oro».
zar «dieci».
zavena «anfora».
zavenuza «anforetta».
zarm «venti»
(numerale).
zarmis,
zarms, zarumiś, zarums «di
venti».
zarum «venti»
(numerale).
zarumsne
«ventesimo-a».
zelarvenas
«duplicando, raddoppiando».
zelur
«doppi-ie».
zicu «scriba».
zilac,
zilaχ, zilaϑ «console,
pretore».
zilacal «del
consolato, della pretura».
zilat,
zila «console, pretore».
zilaχce «fu, è stato console o
pretore».
zilaχnce, zilaχnuce, zilaχnuke «era
stato console o pretore»
zilaχnu «fatto console o pretore».
zilaχnuk «e fatto console o pretore».
zilaχn(-as) «che
è console o pretore».
zilc
«console, pretore».
zilci «al/sotto il console o pretore».
zilci,
zilcti, zilcte «nel/durante il consolato o la pretura».
zilu
«governato, amministrato».
zilχ
«console, pretore».
zilχnu «fatto console o pretore».
zinace,
zinake «fece, ha fatto».
zinaku
«fatto, fabbricato».
zince «fece, ha fatto».
zineke
«fece, ha fatto».
zivaś, zivas «vivendo».
ziχ «segno».
ziχri «da segnare».
ziχu «scriba».
ziχunce «(e
che tu) segni, scriva».
ziχuχe «(pre)scrisse,
ha (pre)scritto».
ziχuχe
«hanno disegnato» (non «sono stato
disegnato»).
zusle
«offerta».
zuslei «a/per offerta».
zusleva,
zusleve «offerte».
zusleval
«delle
offerte».
aca(-c)
«(e)
taci!».
ϑafna «ciotola».
ϑahvna «ciotola».
amce «dispose, ha disposto».
amcu «disposto».
amequ «disposto».
amuce «dispose, ha disposto».
anasa «attore».
ans
«attore».
Θansesca «quella
di *Tanso».
ansur
«attori».
apintaś «maledicendo».
apna «patera».
apneśtś «di
quella/della patera».
apnza
«piccola patera».
aura,
aure «letto funebre».
auruś «del
letto funebre».
aurχ
«sepolcrale, funebre».
ϑavhna «ciotola».
aχśeri «da disporre».
aχśin «(che tu) ordini, disponga».
ec «metti!,
accetta!».
elu «divenuto».
eluśa «essendo divenuto».
emiasa
«avendo concesso».
enunt
«che
tiene o afferra, cacciatore» (?)
en «tenete!».
esan «mattino».
esns «di/del mattino».
ezeri «da
immolare».
ezi «immola!».
ezin, ezince «(e) (che tu)immoli»
ezine «(che)
immolino» (?)
i «ciascuno, ogni, tutto».
i «qui,
qua».
ii
«a/per ciascuno, ogni, tutto» (?)
ii il
«all'uno
e all'altro» (?)
il «di ciascuno, ogni, tutto».
ina
«tino».
lupcva «gli
inferi».
n «questo/quello-a» (accus.).
rasce
«succhiò, ha succhiato (il latte)».
u «uno».
ueś «di
uno».
ufi «una
(sola) volta».
Θufli «in Tufulta», cioè "nell'Ade".
Θuflicla
«di
quel/del Tufulta».
ui «ora,
adesso».
ui «qui,
qua».
uium «ed ora» (?)
umitle
«col/per il timo».
un «uno» (numerale).
uncn «il
solo, l'unico, il singolo-a» (accus. ?)
uncule
«singolo, ciascuno-a» (?)
unem cialχ «ventinove».
unem
muvalχ «quaranntanove».
unem
zarum «diciannove».
uni «ad
uno» (dat. ?).
unis «di
uno» (genit. ?).
unś «di uno»
(genit. ?).
unś «una
(sola) volta», «(dap)prima».
unśna
«primo-a».
unt «in
uno, insieme», «una sola volta».
unz «una
(sola) volta».
unχule «da singolo» (?)
Θuśaur «famiglia Tusia».
uva «singolo,
ciascuno-a» (?)
φersu «persona», «attore».
φersuna
«personale».
φeχucu «fatto,
nominato».
φurce «vaticinò, ha vaticinato».
Χaire (lat. Caere) «Cerveteri».
Χerite «Cerite, Ceretano-a».
χosfer «ottobre» = «ottavo» (?) (glossa).
χape «prendi!».
χei «a
questo, quello-a» (?)
χiem «tre da ...».
χim
«ogni, qualunque, tutto».
χim «in
ogni, in qualunque, in tutto».
χimm «e in ogni, e in tutto».
χiś
«di ogni, di qualunque, di tutto».
χuliχna «coppetta»
Note:
[1] Prima di entrare nel vivo del mio
discorso, sento il dovere ed insieme il piacere di ringraziare pubblicamente i
colleghi proff. Giambattista Pellegrini e soprattutto Onofrio Carruba per la
lettura attenta che essi hanno in anteprima accettato di fare di questa mia
opera e per i numerosi e importanti perfezionamenti che mi hanno suggerito di
effettuare.
Ringrazio inoltre mio genero dott. Filippo
Pinna per la attenta, continua ed efficace assistenza che mi ha ancora una
volta dato nella trascrizione dell'opera in un calcolatore elettronico.
2 Si tratta di un'opera molto
importante, autentica "tappa negli studi sulla lingua etrusca";
tuttavia si vedano i numerosi difetti che abbiamo avuto modo di segnalare nei
nostri studi: M. Pittau, Gli Etruschi e
Cartagine - i documenti epigrafici, negli «Atti dell'XI convegno di studio
L'Africa Romana», Cartagine, 1994 (Ozieri, 1996), pagg. 1657-1674; M. Pittau, Le lamine di Pirgi - nuove acquisizioni
ermeneutiche, negli «Atti del Sodalizio Glottologico Milanese», XXXIV,
1993, (Brescia, 1996), e per i quali essa va consultata con la massima cautela.
In particolare il volume degli Indices
non è del tutto affidabile, per cui i lemmi che vi compaiono vanno sempre
confrontati con quelli che risultano realmente nel volume dei Texte.
3 A proposito di questa nostra opera
precisiamo che di recente ne abbiamo pubblicato la II edizione, migliorata e
riveduta, intitolata 600 iscrizioni etrusche tradotte e commentate,
Ipazia Books 2013 (edizione digitale, Amazon). Siccome essa è stata composta
9/8 anni fa, ovviamente non tutte le nostre interpretazioni che vi compaiono
sono da noi condivise nel presente. Ed ovviamente le nostre nuove
interpretazioni compaiono nella presente opera.
[1]4 Vedi M. Pittau, Sul significato e l'origine del toponimo Roma, negli «Atti
dell'VIII Convegno Intern. di Linguisti», Milano 10-12 settembre 1992 (Paideia
Editrice, Brescia, 1993, pagg. 453-466); ed anche negli Atti del X Convegno di
studi «L'Africa Romana», Oristano, 1992 (Sassari, 1994), pagg. 1129-1140.
5 Vedi M. Pittau, Nuova iscrizione etrusca rinvenuta in Sardegna, negli Atti del IX
Convegno di studi «L'Africa Romana», Nuoro 13-15 dicembre 1991 (Sassari, 1992,
pagg. 637-649); M. Pittau, Ulisse e
Nausica in Sardegna, Nùoro, 1994, Edizioni Papiros-Insula, cap. 8 e nota 1
del cap. 12.
6 Cfr. M. Pittau, Gli Etruschi e Cartagine - i documenti epigrafici cit. nella nota
2.
7 Cfr. Ernout A., Les éléments étrusques du vocabulaire latin, in «Bull. de la Soc.
de Ling.», XXX, 1930, pag. 82 segg., dopo nel vol. Philologica, I, Paris, 1946, pag. 29.
8 Vedi M. Pittau, LELN, pagg. 210-211.
9 Essi sono: Ellanico, Timeo di
Taormina, Anticle di Atene, Scimmo di Chio, Scoliaste di Platone, Diodoro
Siculo, Licofrone, Strabone, Plutarco, Appiano, Catullo, Virgilio, Orazio,
Ovidio, Silio Italico, Stazio, Cicerone, Pompeo Trogo, Velleio Paterculo,
Valerio Massimo, Plinio il Vecchio, Seneca, Servio, Solino, Tito Livio, Tacito,
Festo, Rutilio Namaziano, Giovanni Lidio, C. Pedone Albinovano. Anche dando per
scontato che molti di questi autori in realtà si sono fatti la loro opinione su
quella degli autori precedenti, pure la loro adesione ai precedenti è per se
stessa molto significativa. Al contrario non risulta che la tesi di Dionisio di
Alicarnasso abbia avuto nel mondo antico qualche adesione.
10 Ci limitiamo
a citare i più famosi di questi studiosi: A. Akerström, C. Battisti, J. Bérard,
V. Bérard, V. Bertoldi, K. Bittel, R. Bloch, A. Boethius, P. Bosch Gimpera, W.
Brandenstein, E. Brizio, O. Carruba, R.S. Conway, A. Della Seta, P. Ducati, G.
Dumézil, M. Durante, R. Dussaud, A. Furumark, G. Ghirardini, W. Georgiev, A.
Grenier, J. Heurgon, A. Hus, G. Körte, H. Krahe, P. Laviosa Zambotti, M.
Lejeune, D.R. Mac Iver, G. Maddoli, S. Mazzarino, B. Modestov, O. Montelius,
L.R. Palmer, G. Patroni, G.B. Pellegrini, A. Piganiol, M. Pittau, I. Pohl, G.
Pugliese Carratelli, H. Rix, G. Säflund, F. Schachermeyr, J.B. Ward Perkins.
11 Tacito, Annales, IV, 55, 8; Livio, VII, 3, 7. Cfr. M. Pittau, OPSE, §§ 10, 11, 56.
12 G. Rohlfs, Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti,
Torino, 1966, I, § 196.
13 Nello stesso modo in cui attualmente
molti poeti che scrivono in lingua sarda fanno confusione fra il segno della
zeta sonora z e quello della zeta
sorda tz.
14 Cfr. M. Pittau, Colpo di glottide barbaricino, gorgia dorgalese e gorgia toscana,
in «Quaderni Bolotanesi», Cagliari-Sassari, XV, 1989, pagg. 285-290.
15 Anche G. e L. Bonfante, Lingua e cultura degli Etruschi, Roma,
1985, pag. 9, implicitamente lamentano il fatto che «L'etrusco è stato studiato
per lo più da archeologi e da storici, specialisti di etruscologia».
16 Cfr. M. Durante, Considerazioni intorno al problema della classificazione dell'etrusco,
in «Studi Micenei ed Egeo-Anatolici», VII, 1968, pagg. 7-60.
Fino al
presente la comparazione dell'etrusco col lidio è stata purtroppo effettuata in
maniera piuttosto superficiale e pertanto si attende che vada affrontata in
maniera approfondita. D'altra parte, data la scarsità delle iscrizioni lidie
(poco più di 60) e data la loro attestazione relativamente tarda (tutte
posteriori al V sec. a. C.), non c'è da sperare molto dalla comparazione
approfondita che tuttavia noi auspichiamo
17 Anche i Sardi infatti provenivano dalla
Lidia, dalla cui capitale Sardis essi
avevano perfino derivato il loro nome e quello della loro isola: cfr. M.
Pittau, LELN, OPSE.
18 M. Pittau, La questione dei numerali etruschi,
negli «Atti del Sodalizio Glottologico Milanese», XXXIII, Milano, 1994 (1996).
19 Cfr. M.
Pittau, TET, pagg. 10 segg.
20 M. Pittau, LELN; M. Pittau, OPSE.
21 Già molto
significativi sono i risultati ottenuti dalle opere di S. Pieri, Toponomastica della valle dell'Arno, in
«R. Accademia dei Lincei», appendice al vol. XXVII, 1918, Roma (1919); S.
Pieri, Toponomastica della Toscana
meridionale (valli della Fiora, dell'Ombrone, della Cècina e fiumi minori) e
dell' Arcipelago toscano, Siena, 1969; ma resta ancora moltissimo da fare
nella direzione indicata.
22 Si noti ciò
che ha scritto di questo "sostrato mediterraneo" M. Durante, artic. cit., pagg. 23, 24: «L'unità
linguistica degli strati non indoeuropei e non camitosemitici dell'area
mediterranea è ormai un assunto insostenibile [...] non è facile credere che
focolai paleolitici, isolati e dispersi attraverso un'area vastissima,
fruissero di un linguaggio più o meno omogeneo».
23 L'aggettivo bustrofèdico deriva dall'avverbio greco boustrophedón «nel
modo di far girare (stréphein) i
buoi (bous)».
Chi si
trovi per le prime volte di fronte alle iscrizioni etrusche oppure non si sia
ancora abituato alla loro inusuale direzione sinistrorsa, potrà ricorrere
all'accorgimento di leggerle su uno specchio messo di fronte alle iscrizioni
stesse.
24 Questo fatto
della trasformazione della o greca in
u etrusca costituisce un'ottima prova
del fatto che certi vocaboli greci sono entrati nel latino per il tramite
dell'etrusco, come dimostra appunto la diversità della vocale tonica u dei vocaboli latini a fronte della o dei rispettivi vocaboli greci: es.
lat. bulbus «bulbo» < greco bolbós;
lat. amurca, amurga «morchia delle
olive» < greco amórga/ē (in questo c'è anche la prova della trasformazione della
consonante g notata dal gamma greco
nella velare sorda latina c).
25 Col quale è
da confrontare il gentilizio lat. Frontacius (RNG).
26 Precisiamo di ritenere errata la
denominazione di "armonia vocalica" che comunemente si dà a questo
fenomeno fonetico, per la ragione che non comprendiamo perché la ripetizione
della medesima vocale in un vocabolo sia per se stessa un fatto di
"armonia”.
27 Questo fenomeno fonetico esiste anche
nel protosardo, lingua lontanamente imparentata con l'etrusco: toponimi Ísili,
Mándara, Mògoro, Orgòsolo,
Semèstene, Sòrgono, ecc.
28 Cfr. M. Pallottino, La langue étrusque, Paris, 1978, pagg.
54-55 nota 40; id. id., Etruscologia,
Milano, 1984, VII ediz. pag. 455.
29 A nostro
avviso, il più grave errore commesso da H. Rix nei suoi Etruskische Texte (vedi nota 2) è quello di aver adoperato ben otto differenti grafemi per indicare la
sibilante come veniva trascritta nell'Etruria meridionale, in quella
settentrionale ed a Caere. Otto differenti grafemi sono indubbiamente eccessivi
e inoltre sono contrari alla convenzione tradizionale e ormai pacifica tra gli
specialisti circa la trascrizione dell'etrusco. Quale motivo concreto esiste a
favore dell'uso di otto grafemi, posto che di certo essi non indicavano
altrettanti differenti fonemi?
30 Cfr. A. Maggiani, Casi di scambio φ:ϑ
nell'Etruria settentrionale, StEtr, 55, 1987/1988.
31 Cfr. H. Rix, in M. Cristofani, Gli Etruschi - una nuova immagine,
Firenze, 1984, pag. 210; id. id., SCIE,
pag. 1295.
32 Cfr. G. Bonfante, op. cit. pagg. 93-94.
È molto
probabile che proprio in virtù di questo fenomeno fonetico si possa ritenere
che anche il nome latino Paestum
della città di Poseidonia, nella costa tirrenica della Lucania, sia derivato
dal greco Poseidōnía attraverso la mediazione etrusca. Ed infatti
è attestato un influsso degli Etruschi perfino in questa città.
33 Cfr. M. Pittau, LELN 125.
34 Questo antroponimo è chiaramente
connesso col nome della città umbra Sarsina
(§ 68) ed entrambi sembrano riportare all'ordinale etr. śarśnau
«decimo-a» (§ 72).
35 Si faccia molta attenzione a non
confondere il cognomen dei Romani e
degli Etruschi col nostro cognome; il cognomem
romano ed etrusco infatti corrispondeva al nostro «soprannome o nomignolo»,
mentre il nostro cognome corrisponde al nomen
gentilicium romano ed etrusco. Al fine di evitare questa confusione, nella
presente opera per indicare il primo useremo solamente il vocabolo latino cognomen,-ina.
36 Fra i Romani il nome della donna veniva
formato sul gentilizio della famiglia: Lucretia,
Tullia, Sempronia, oppure secondo l'ordine di nascita: Prima, Secunda, Tertia.
37 Anche nel
paleosardo o nuragico, lingua imparentata con l'etrusco (§ 5), una delle
desinenze del plurale era la -r; vedi
M. Pittau, Ulisse e Nausica in Sardegna
cit., cap. III.
38 Con
l'intento di evidenziare la norma esposta nel § 85 e cioè che Arnaliśla è in
genitivo, preferiamo tradurre «di Lart Tetenio, di quello (figlio) di Arrunte»,
ma avremmo potuto tradurre semplicemente «di Lart Tetenio quello (figlio) di
Arrunte» (e così faremo in numerosi altri esempi successivi).
39 Cfr. G. Bonfante, op. cit., pgg. 121, 128.
40 Che però esiste anche come gentilizio. Gli etr. clan e clante sono da collegare all'antico irlandese (indeur.) cland «figliolanza».
41 Questo
suffisso etrusco -na, -ne è anche
alla base degli etnici etrusco-latini Clusinus,
Aletrinus, Amerinus, Camerinus, Hortinus, Iguvinus, Medullinus, Reatinus,
Teatinus, ecc. (cfr. M. Pittau, Ulisse
e Nausica in Sardegna cit., pg. 215).
42 È stato Onofrio Carruba a prospettare
che, in base a quanto è documentato in altre lingue anatoliche, l'etr. mac sia da riportare alla radice del
lat. magnus-a, col significato
pertanto di «(mano) grande», cioè con tutte le 5 dita distese, mentre la
«(mano) piccola» indicava il numero «quattro» perché aveva distese le 4 dita,
ma piegato il pollice. A conforto della tesi del Carruba noi aggiungiamo questo
fatto: è stato già prospettato che il numero lat. V (e quello rovesciato etr.
Λ) deriva dalla immagine della mano che ha unite le quattro dita, ma distaccato
ed aperto il pollice. Inoltre aggiungiamo che in etrusco è documentato
l'aggettivo nacna «grande»,
corrispondente al lat. magnus-a.
43 zar,
sar e sra compaiono
rispettivamente nelle iscr. CIE 5195, 5807 e 10562, śar nel
LL VIII.1. Vedi M. Pittau, La questione
dei numerali etruschi citato nella nota num. 18.
È da
precisare che la esiguità formale delle concordanze etrusco-indoeuropee sui
numeri della prima decina è largamente compensata dalla assoluta precisione
delle concordanze semantiche: nei numeri e coi numeri, infatti, non sono
possibili le "sbavature semantiche".
44 Cfr. M. Lejeune, in «Bulletin de la
Societè de Linguistique de Paris», 76, 1981, pagg. 241-248; G. Bonfante, op. cit., pag. 111.
45 Vedi M.
Pittau, Ulisse e Nausica in Sardegna
cit., cap. IV.
46 Larialisa
potrebbe significare anche «quello (figlio) di Lartia» (cfr. Larial
§§
51, 55); si tratta di verificare di volta in volta i contesti in cui
l'antroponimo compare.
47 Cfr. M. Pittau, La formula etrusca mla mlakas
e l'iscrizione mi araiale ziue, negli «Atti del Sodalizio Glottologico
Milanese», XXXIII-XXXIV, 1992 e 1993 (Milano, 1994), pagg. 31-38.
48 Cfr. G. Bonfante, op. cit., pg. 117. Si ricordino gli imperativi italiani da', di', fa', tie', to', va', ve'.
49 Cfr. M. Pittau, TETC 619; Idem, L'iscrizione etrusca di San manno di
Perugia, in Studia linguistica amico
et magistro oblata (Enzo Evangelisti), Milano, 1991, Edizioni Unicopli,
pagg. 321-323.
50 Cfr. E.
Vetter, Zu den lydischen Inschriften,
Wien, 1959, pag. 60; R. Gusmani, Lydisches
Wörterbuch, Heidelberg, 1964; Ergänzungsband,
Lieferung 1, 1980; Lieferung 2,
1982.
51 Cfr. G.
Bonfante, op. cit., pag. 123.
"IPOTESI SULLA FORMAZIONE DELLA LINGUA ETRUSCA" di Alberto Palmucci
RispondiEliminaA Troia si parlava verosimilmente un dialetto ittita (come voleva il Georgiev) oppure il Luvio (variante dell'Ittito). Nella Misia e nella Lidia si parlava il Luvio. Erano tutte lingue indoeuropee. Esistono prove archeolgiche che fra il XIII ed XII sec. a.C. varie genti europee (a cominciare dalla Danimarca) scesero sino all'Italia centrale tirrenica (valle del Fiora, valle del Marta e del Mignone). Da qui, uniti a molti abitanti del luogo presero la rotta marina già aperta dai Micenei, e si portarono nei Balcani meridionali, in Grecia, fra le isole Egee (Lemno, Samotracia, Lesbo, ecc.) e sulle coste dell'Anatolia (Troade, Misia, Arzawa "futura Lidia", ecc.). Sono i cosidetti "Popoli del Mare" che tentarono pure d'invadere l'Egitto. Dall'incontro delle loro lingue (già contaminate nelle varie tappe della migrazione) con quelle parlate da Troiani, Misi, Lidi, ecc. dovette nascere la lingua Pelasgica che ancora ai tempi di Erodoto si parlava nel bacino orientale del Mediterraneo (a Lemno ne abbiamo testimonianze epigrafiche). Quando, fra il XII e l'XI sec. a.C., alcuni Troiani, Misi, Lidi, Lemni e Pelasgi vennero nell'Italia centrale tirrenica portarono la loro pelasgica lingua. Dalla fusione di questa lingua con quella che ancora si parlava (se pure parzialmente mutata nel tempo) sul luogo della migrazione dovette nascere l'Etrusco dei tempi storici. Ciò spiegherebbe perché l’Etrusco ha una struttura grammaticale indoeuropea, ma un fondo di vocabolario spesso privo di facili riscontri.
VEDI pp. 200-202 di www.academia.edu/4582955/LE_ORIGINI_DEGLI_ETRUSCHI_di_Alberto_Palmucci