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mercoledì 3 novembre 2010

Paleolitico


Nuove scoperte sulla socialità dell’uomo di Neanderthal
di Martina Calogero

Da una ricerca di un team della New York University emergono novità sull’uomo di Neanderthal: non era un bruto senza cuore, ma aveva un grande senso di compassione e pietà verso il prossimo, in particolare i più deboli. Infatti, l’equipe statunitense ha scoperto l’esistenza di alcuni gruppi di Neanderthal che abitavano l’Europa tra 500 e 40 mila anni fa che si prendevano cura di feriti e malati.
La ricerca, pubblicata sulla rivista “Time and Mind”, dimostra che l’interdipendenza fra gli individui di questi gruppi, che mangiavano e cacciavano insieme, portò alla nascita di un senso di cura e impegno nei confronti degli altri. Gli studiosi hanno analizzato alcune testimonianze archeologiche e individuato un bambino colpito da un difetto cerebrale congenito che non era stato abbandonato, ma era invece sopravvissuto sino a cinque-sei anni di età e un adulto cieco da un occhio, con piedi deformi e un braccio non totalmente sviluppato sopravvissuto per vent’anni.
I ricercatori del dipartimento di Archeologia dell’università newyorkese hanno quindi ideato un modello in quattro parti che ripercorre lo sviluppo di sentimenti quali l’empatia nei nostri antenati. Secondo gli studiosi l’Homo erectus incominciò provare compassione circa 1,8 milioni di anni fa. L’esistenza di compassione è testimoniata dalla cura dei malati, mentre il trattamento speciale riservato ai morti mostra l’evoluzione del senso di lutto per la morte dei propri cari e il desiderio di consolare gli altri. A partire da 120 mila anni fa, la compassione negli esseri umani ha incominciato a estendersi verso gli animali, gli oggetti, gli sconosciuti e i concetti astratti.
Le più innovative indagini in ambito genetico di un’equipe di scienziati dell’Istituto di Antropologia di Lipsia ipotizzano che un’ibridazione tra Neanderthal e Sapiens avvenne tra 80 e 50 mila anni fa nel Vicino Oriente, e si crede che gli esseri umani di origine euroasiatica condividano fra l’uno e il quattro per cento del patrimonio genetico degli uomini di Neanderthal. Questo significa che la specie non si è estinta totalmente, poiché una piccola parte del suo patrimonio genetico sopravvive tutt’oggi negli euroasiatici. Queste tracce genetiche si trovano negli euroasiatici e nei nativi americani ma non negli africani e questo indica che l’ibridazione sia avvenuta alle prime fasi della migrazione della specie umana dall’Africa, probabilmente quando entrò in contatto con i Neanderthal che abitavano il Medio Oriente, circa 80 mila anni fa.

Fonte: Archeorivista
Immagine di www.infoaddict.com

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