venerdì 26 novembre 2010
Preistoria e protostoria in Sardegna 1° parte di 3
Gallura Orientale
di Paola Mancini
La Gallura è quella regione che occupa la parte settentrionale della Sardegna ed è, attualmente, inserita nella Provincia Olbia Tempio, della quale, a dire il vero, fanno parte anche alcuni comuni che non sono, almeno dal punto di vista culturale, ritenuti galluresi come Oschiri e Berchidda, Alà dei Sardi e Buddusò.
La provincia Olbia Tempio comprende 26 comuni, dalle isole dell’Arcipelago di La Maddalena, a nord, fino a Buddusò, a sud. Il lavoro, oggetto del volume Gallura Orientale, si è concentrato negli undici comuni che componevano la Comunità Montana Riviera di Gallura (Arzachena, Golfo Aranci, La Maddalena, Loiri Porto San Paolo, Monti, Olbia, Padru, Palau, Sant’Antonio di Gallura, Santa Teresa Gallura, Telti). Proprio quest’ente, infatti, prima della sua soppressione nel 2005, mi ha affidato il censimento dei beni archeologici preistorici e protostorici ricadenti nei suoi territori, passando poi il testimone al comune di Monti che mi ha supportato nelle fasi dell’indagine e nella successiva pubblicazione dei dati emersi.
I monumenti sono stati da me individuati puntualmente con un GPS e riportati sulla cartografia, elaborata in ambiente GIS con la collaborazione di Claudio Caria. L’utilizzo del GIS mi ha permesso di essere maggiormente precisa nella localizzazione dei beni e di analizzare meglio la relazione tra
i monumenti e il contesto in cui si trovano. Senza alcuna polemica, ma con il dovuto spirito critico, voglio però, sottolineare, che il GIS, oggi molto usato e spesso abusato, non deve essere svilito a mera e accattivante immagine spesso priva di contenuti, ma considerato uno strumento da ancorare a solide basi scientifiche, all’analisi territoriale compiuta preliminarmente sul campo e successivamente all’interpretazione dei dati, fine ultimo di ogni ricerca. Il volume, edito dalla casa editrice Taphros di Dario Maiore, è arricchito da contributi di altri specialisti: il geologo Giovanni Tilocca, il collega Giuseppe Pisanu e i funzionari della Soprintendenza per i Beni Archeologici per le Province di Sassari e Nuoro, responsabili di zona per l’ente nei territori di cui mi sono occupata: Angela Antona, Rubens D’Oriano e Antonio Sanciu.
Le ricognizioni mi hanno permesso di sfatare alcuni preconcetti che descrivono la Gallura come un microcosmo, una regione diversa dal resto della Sardegna e di capire che si tratta semplicemente di una parte dell’Isola, con le sue ovvie peculiarità culturali, dovute però, in gran parte, alla sua posizione geografica e alle sue caratteristiche ambientali. Quando si parla di Gallura nella mente dei più subito compaiono immagini di spiagge aggredite da folle di turisti e di lussuose ville a pochi metri dalla battigia, mentre per quei galluresi nostalgici, legati, forse in modo anacronistico, alla loro identità, è l’entroterra con gli stazzi, le unità territoriali con le tipiche costruzioni che dal Settecento alla prima metà del Novecento hanno costituito la struttura abitativa e lavorativa dei loro padri. In realtà la Gallura, così come il resto della Sardegna, è una felice commistione di mare e terra, in cui spesso le due realtà si fondono in maniera indissolubile. Questa fusione fra la natura, spesso aspra e inospitale, dell’entroterra e il mare, caratteristica di tutta la Sardegna, è esemplificata molto bene dall’isola di Tavolara; molto fragile perché calcarea ma stabilmente ancorata a un basamento solido in granito, si erge solitaria, per lo più aspra e, apparentemente, poco ospitale, in mezzo al mare ma vicinissima alla terraferma. Proprio qui sono state rinvenute testimonianze significative della frequentazione dell’uomo dalle prime fasi della preistoria.
Com’è noto i primi uomini arrivarono in Sardegna dal mare e solo la carenza di ricerche scientifiche non consente di affermare che la Gallura era abitata fin dal Paleolitico. Le testimonianze più antiche della presenza umana risalgono al Neolitico antico e si trovano nelle zone costiere. Sono da individuare nelle tracce lasciate lungo la via dell’ossidiana che partiva dal Monte Arci e, transitando proprio in Gallura, raggiungeva la Corsica e da qui la penisola italiana, la Francia meridionale e la Spagna. Le testimonianze arrivano dalle stazioni all’aperto individuate sui litorali, come quello di Lu Litarroni ad Aglientu, e dai tafoni, le rocce cave del granito adattate dall’uomo preistorico a ripari con semplici aggiustamenti in muratura. Non sappiamo con certezza se la Gallura fosse solo un punto di passaggio dell’ossidiana verso la Corsica o, invece, avesse anche un ruolo di primo piano negli scambi di questa importante materia prima tanto rara quanto preziosa. La presenza di scarti di lavorazione e schegge nei tafoni galluresi, soprattutto quelli dell’Arcipelago di La Maddalena, testimonierebbe la presenza di una lavorazione in loco del materiale, ma gli studi devono essere ulteriormente approfonditi.
...domani la 2° parte
La foto della copertina del libro della D.ssa Paola Mancini è di Egidio Trainito, e raffigura la muraglia di Monti Pinu, ubicata al confine tra i comuni di Olbia e Telti.
Tutti i diritti sulle immagini sono riservati e appartengono alla Editrice Taphros. Ogni violazione sarà perseguita.
Questo articolo è tratto dalla relazione dell'autrice al convegno di Barumini del 7 Novembre 2010, nell'ambito della rassegna "Viaggi e Letture".
di Paola Mancini
La Gallura è quella regione che occupa la parte settentrionale della Sardegna ed è, attualmente, inserita nella Provincia Olbia Tempio, della quale, a dire il vero, fanno parte anche alcuni comuni che non sono, almeno dal punto di vista culturale, ritenuti galluresi come Oschiri e Berchidda, Alà dei Sardi e Buddusò.
La provincia Olbia Tempio comprende 26 comuni, dalle isole dell’Arcipelago di La Maddalena, a nord, fino a Buddusò, a sud. Il lavoro, oggetto del volume Gallura Orientale, si è concentrato negli undici comuni che componevano la Comunità Montana Riviera di Gallura (Arzachena, Golfo Aranci, La Maddalena, Loiri Porto San Paolo, Monti, Olbia, Padru, Palau, Sant’Antonio di Gallura, Santa Teresa Gallura, Telti). Proprio quest’ente, infatti, prima della sua soppressione nel 2005, mi ha affidato il censimento dei beni archeologici preistorici e protostorici ricadenti nei suoi territori, passando poi il testimone al comune di Monti che mi ha supportato nelle fasi dell’indagine e nella successiva pubblicazione dei dati emersi.
I monumenti sono stati da me individuati puntualmente con un GPS e riportati sulla cartografia, elaborata in ambiente GIS con la collaborazione di Claudio Caria. L’utilizzo del GIS mi ha permesso di essere maggiormente precisa nella localizzazione dei beni e di analizzare meglio la relazione tra
i monumenti e il contesto in cui si trovano. Senza alcuna polemica, ma con il dovuto spirito critico, voglio però, sottolineare, che il GIS, oggi molto usato e spesso abusato, non deve essere svilito a mera e accattivante immagine spesso priva di contenuti, ma considerato uno strumento da ancorare a solide basi scientifiche, all’analisi territoriale compiuta preliminarmente sul campo e successivamente all’interpretazione dei dati, fine ultimo di ogni ricerca. Il volume, edito dalla casa editrice Taphros di Dario Maiore, è arricchito da contributi di altri specialisti: il geologo Giovanni Tilocca, il collega Giuseppe Pisanu e i funzionari della Soprintendenza per i Beni Archeologici per le Province di Sassari e Nuoro, responsabili di zona per l’ente nei territori di cui mi sono occupata: Angela Antona, Rubens D’Oriano e Antonio Sanciu.
Le ricognizioni mi hanno permesso di sfatare alcuni preconcetti che descrivono la Gallura come un microcosmo, una regione diversa dal resto della Sardegna e di capire che si tratta semplicemente di una parte dell’Isola, con le sue ovvie peculiarità culturali, dovute però, in gran parte, alla sua posizione geografica e alle sue caratteristiche ambientali. Quando si parla di Gallura nella mente dei più subito compaiono immagini di spiagge aggredite da folle di turisti e di lussuose ville a pochi metri dalla battigia, mentre per quei galluresi nostalgici, legati, forse in modo anacronistico, alla loro identità, è l’entroterra con gli stazzi, le unità territoriali con le tipiche costruzioni che dal Settecento alla prima metà del Novecento hanno costituito la struttura abitativa e lavorativa dei loro padri. In realtà la Gallura, così come il resto della Sardegna, è una felice commistione di mare e terra, in cui spesso le due realtà si fondono in maniera indissolubile. Questa fusione fra la natura, spesso aspra e inospitale, dell’entroterra e il mare, caratteristica di tutta la Sardegna, è esemplificata molto bene dall’isola di Tavolara; molto fragile perché calcarea ma stabilmente ancorata a un basamento solido in granito, si erge solitaria, per lo più aspra e, apparentemente, poco ospitale, in mezzo al mare ma vicinissima alla terraferma. Proprio qui sono state rinvenute testimonianze significative della frequentazione dell’uomo dalle prime fasi della preistoria.
Com’è noto i primi uomini arrivarono in Sardegna dal mare e solo la carenza di ricerche scientifiche non consente di affermare che la Gallura era abitata fin dal Paleolitico. Le testimonianze più antiche della presenza umana risalgono al Neolitico antico e si trovano nelle zone costiere. Sono da individuare nelle tracce lasciate lungo la via dell’ossidiana che partiva dal Monte Arci e, transitando proprio in Gallura, raggiungeva la Corsica e da qui la penisola italiana, la Francia meridionale e la Spagna. Le testimonianze arrivano dalle stazioni all’aperto individuate sui litorali, come quello di Lu Litarroni ad Aglientu, e dai tafoni, le rocce cave del granito adattate dall’uomo preistorico a ripari con semplici aggiustamenti in muratura. Non sappiamo con certezza se la Gallura fosse solo un punto di passaggio dell’ossidiana verso la Corsica o, invece, avesse anche un ruolo di primo piano negli scambi di questa importante materia prima tanto rara quanto preziosa. La presenza di scarti di lavorazione e schegge nei tafoni galluresi, soprattutto quelli dell’Arcipelago di La Maddalena, testimonierebbe la presenza di una lavorazione in loco del materiale, ma gli studi devono essere ulteriormente approfonditi.
...domani la 2° parte
La foto della copertina del libro della D.ssa Paola Mancini è di Egidio Trainito, e raffigura la muraglia di Monti Pinu, ubicata al confine tra i comuni di Olbia e Telti.
Tutti i diritti sulle immagini sono riservati e appartengono alla Editrice Taphros. Ogni violazione sarà perseguita.
Questo articolo è tratto dalla relazione dell'autrice al convegno di Barumini del 7 Novembre 2010, nell'ambito della rassegna "Viaggi e Letture".
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento