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martedì 21 settembre 2010

Missione archeologica Italiana


IV campagna archeologica italiana a Tell al-Mashhad
di Francesco M. Benedettucci


Rapporto preliminare sulla quarta campagna della Missione archeologica Italiana a Tell al-Mashhad (Giordania)
Tra i mesi di luglio e agosto del 2010, si è svolta a Tell al-Mashhad, nel Regno Hascemita di Giordania, la quarta campagna di indagini e prospezioni archeologiche, organizzata dall’Associazione OLIM di Roma, grazie ad un generoso finanziamento privato. La missione ha goduto inoltre del fattivo supporto del locale Dipartimento delle Antichità. Hanno preso parte alla campagna 2010 gli archeologi Simona Bracci, Angelo Ghiroldi, Nicolò Pini, Dario Scarpati, Giacomo Tabita e il sottoscritto (responsabile delle attività sul campo).
Tell al-Mashhad, noto anche come Khirbet ‘Ayun Musa, è un importante sito dell’epoca del Ferro, collocato in una posizione strategica, a guardia di una sorgente perenne, che la tradizione locale identifica con quella fatta sgorgare da Mosè durante le quarantennali peregrinazioni che portarono il popolo ebraico verso la Terra Promessa. Il legame della regione con le tradizioni bibliche, in particolare con la figura di Mosè, è ulteriormente sottolineato dal fatto che il sito oggetto dello scavo si trova proprio nella valle sottostante il monte Nebo, dove il profeta morì dopo aver potuto finalmente vedere da lontano la Palestina.
La presenza umana nella zona circostante Tell al-Mashhad inizia già nell’epoca paleolitica, come attestato da alcuni manufatti rinvenuti a poche decine di metri dall’insediamento. Pur avendo forse goduto di una possibile occupazione anche in epoche precedenti, la fase principale dell’insediamento umano si ha tra la fine dell’VIII e l’inizio del VI secolo a.C., quando l’area di Madaba, il principale centro regionale, si trova contesa tra i due regni tribali di Moab e Ammon, vassalli del grande impero assiro.
Il sito di Tell al-Mashhad è caratterizzato soprattutto dalla presenza di un grande edificio quadrangolare che domina il villaggio, disposto lungo il pendio di una ripida collina; esso è stato individuato nel 1932 da N. Glueck, padre dell’archeologia della Transgiordania, che ne aveva fornito una descrizione abbastanza dettagliata, unitamente ad una prima, sommaria pianta, nei resoconti dei suoi viaggi a cavallo nella terra a est del Giordano. Ulteriori visite al sito furono compiute negli anni ’50 dal tedesco H. Henke, che, come Glueck, vi raccolse anche frammenti di alcune figurine umane fittili; negli anni ’80, una nuova visita fu realizzata dalla missione americana operante nella non lontana Hesban, nell’ambito del survey regionale, e, infine, nel 1995, dalla missione danese, del Mount Nebo Survey, cui prese parte anche lo scrivente, sotto la direzione di P. Mortensen.
Le attività di scavo vero e proprio furono avviate nel 1999, grazie anche a finanziamenti del Ministero per gli Affari Esteri, da un team della Fondazione “Ing. C.M. Lerici” (Politecnico di Milano) di Roma, con il supporto logistico del Franciscan Archaeological Institute, allora guidato dal compianto p. Michele Piccirillo: esse si concentrarono soprattutto nel settore meridionale del tell (che aveva da poco subito dei gravi danni a causa dell’ampliamento e dell’asfaltatura di una stradina che già all’epoca di Glueck divideva il sito archeologico in due parti), con l’individuazione di alcuni ambienti domestici, ed il rinvenimento di preziose testimonianze sulla vita quotidiana dell’epoca del Ferro, tra cui una gran quantità di cereali e legumi carbonizzati. Nel corso della seconda campagna, svoltasi nel 2000, l’area di scavo fu ampliata e vennero realizzate delle indagini geofisiche che portarono alla possibile individuazione di strutture sepolte in diversi punti del tell.
La campagna del 2002-2003 fu invece principalmente dedicata alla realizzazione di una prima, dettagliata pianta delle pietre affioranti relative al grande edificio che domina l’insediamento, edificio che è stato proprio l’oggetto della campagna 2010, che ha messo fine a un lungo periodo di inattività della missione a causa della scarsità di finanziamenti. Purtroppo, proprio nei giorni precedenti l’inizio delle attività di scavo, si è verificata un’intensa attività da parte di scavatori clandestini che hanno realizzato una grande e pericolosa fossa, profonda fino a 6 metri, proprio nel centro dell’edificio.


Lo scavo italiano si è allora concentrato proprio sulla messa in sicurezza del settore interessato dall’attività clandestina, ma, soprattutto, si è spostata sulle mura perimetrali della struttura, che sono state portate alla luce nella quasi totale interezza in tre lati su quattro della grande costruzione, a pianta quadrata, di circa 22 metri di lato. Si è quindi potuto osservare, non senza sorpresa, che le mura, realizzate con grandi pietre rozzamente squadrate, erano molto ben conservate raggiungendo, in alcuni punti del lato settentrionale, quasi i tre metri di altezza. I prioritari lavori di messa in sicurezza della parte interna dell’edificio non hanno consentito di accertare l’effettivo spessore delle mura stesse, che, tuttavia, non sembra essere inferiore al metro e mezzo.
La tipologia architettonica cui può essere ricondotta la struttura è quella dei cosiddetti Quadratbau, molto utilizzata in Palestina sin dall’epoca del Bronzo Tardo, per i più diversi scopi, dai templi (come nel caso dell’edificio sacro individuato alla fine degli anni ’50 nell’area del vecchio aeroporto di Amman), agli usi agricoli (come nel caso della struttura individuata a Mabrak) fino a quelli militari (come a Rujm al-Mukhayyat, molto vicina a Tell al-Mashhad).
Il materiale rinvenuto è essenzialmente ceramico; tra le tipologie identificate, si riconoscono diversi tipi di coppe, tra cui alcune carenate, ma anche forme chiuse, come pentole, crateri e giare, in particolare le cosiddette “Ridged Neck Jars” (giare dal collo crestato), tipiche dell’epoca del Ferro.
Allo stato attuale delle nostre conoscenze, non appare possibile indicare con certezza il nome antico del sito, per il quale è stato in più occasioni proposto quello di Bet-Peor, che ricorre (talvolta con la variante Baal-Peor) in diversi passi dell’Antico Testamento.
La prossima campagna, prevista per l’estate 2011, avrà tra i principali obiettivi la completa liberazione del perimetro dell’edificio, per poterne identificare la porta di accesso, la realizzazione di alcuni sondaggi in profondità all’interno dello stesso per poterne verificare la storia occupazionale e la ricerca di elementi che portino all’identificazione del nome antico dell’insediamento.

Fonte: Archeorivista
Approfondimenti
http://digilander.libero.it/tellalmashhad

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