giovedì 15 luglio 2010
Iron Age - Sardinian history - Storia del tempio di Antas
Il tempio di Antas
Si trova sul territorio di Fluminimaggiore in piena area mineraria e non presenta insediamenti vicini. Fu ricostruito di sana pianta negli anni Settanta. Le fonti letterarie classiche lo descrivono ed è stato oggetto di problemi storici e archeologici risolti solo negli anni Cinquanta. In particolare Tolomeo e l’Anonimo Ravennate, citano un tempio del Sardus Pater che non si riusciva ad individuare. Si cercava soprattutto nelle zone di Capo Pecora e Capo Frasca, in strutture che poi si sono rivelate ville romane.
Il tempio di Antas era conosciuto ma non si pensava fosse proprio quello del Sardus Pater. Si individuarono delle iscrizioni nell’epistilio ma erano relative all'iscrizione dedicatoria delle Terme di Caracalla. Non erano sufficienti per classificare il tempio, e si pensava che la struttura fosse riferita ad una città romana, forse Metalla. Si è arrivati ad una prima identificazione nel 1954, quando una laureanda trovò un frammento dell’epistilio che aiutò ad interpretare l’iscrizione. Nel 1967 fu trovato un altro pezzo nella campagna di scavo promossa dall’Università “La Sapienza” di Roma. Questo scavo ha portato alla luce un basamento circondato da una serie di elementi. Nel 1974 hanno ricostruito la parte anteriore della facciata e hanno lavorato blocchi nuovi per adattare la struttura. Tutti questi lavori riguardano il tempio romano perché quello punico si trova davanti all’ingresso.
A circa 200 m dal tempio si trova un villaggio nuragico del Bronzo Medio, ma l’area del tempio non è sede di una frequentazione prima del Ferro, intorno agli inizi del IX a.C. Nel 1981 Ugas ha scavato tre tombe nuragiche a pozzetto, allineate, profonde circa 40 cm, di forma circolare e con un diametro di circa 80 cm. Nella prima venne individuato un inumato con un corredo composto da una perlina in bronzo e due vaghi in oro; nella seconda non c’era defunto ma solo un vago in cristallo di rocca, ed è stata interpretata come cenotafio (monumento funerario a ricordo di un personaggio sepolto altrove); nella terza tomba c’era un inumato dolicomorfo (molto alto) in ginocchio, un bronzetto e numerosi oggetti d’ornamento in pasta vitrea, argento, cristallo di rocca e un anello. Il bronzetto ha influenze orientali.
Successivamente, intorno al 500 a.C., abbiamo l’impianto del tempio punico, costituito da muri realizzati con schegge cementate con malta di fango e pavimento in calcare e pietrame. Presenta tre gole egizie ma ci manca la fase arcaica. Secondo Barreca il tempio punico avrebbe visto due fasi. Nella prima ci sarebbe stato un grande recinto quadrato con un edificio di culto di forma rettangolare che custodiva al centro una roccia sacra, citata in una iscrizione scoperta recentemente nell’area, circondata da un muretto di protezione. In prossimità della roccia sacra sono stati trovati resti di fuochi e resti ossei che dimostrano l’adozione di pratiche cultuali. Intorno al 300 a.C. l’area posteriore del tempio sarebbe stata suddivisa in due da un muretto e sarebbe stato cambiato l’ordine architettonico utilizzato, nel senso che l’ordine dorico delle colonne sarebbe stato sormontato da gole egizie. Questa ricostruzione di Barreca è dovuta al fatto che le gole egizie sono state ritrovate riutilizzate nel tempio romano.
Bernardini capovolge completamente le ipotesi di Barreca: in un articolo divulgativo sostiene che il recinto non è punico, perché è impiantato sopra strati di deposito romano, e che l’altare in realtà è la copertura di una sepoltura, invisibile perché posizionata sotto la struttura. Inoltre sostiene che il tempio punico si trova sotto quello romano ma per verificare questa ipotesi si dovrebbe smontare tutto per cercarlo.
Ci sono alcune iscrizioni che si riferiscono al tempio punico, come ad esempio la scritta Sid Addir Bab, e si è ipotizzato che il culto fosse svolto non solo da semplici fedeli ma da funzionari, come se si trattasse del tempio ufficiale di Cartagine, una sede centrale presso la quale arrivavano fedeli e funzionari da tutte le città puniche. Gli amuleti ritrovati costituiscono un problema per la ricostruzione storica di Antas perché nel mondo punico gli amuleti sono caratteristici dell’ambito funerario. Erano oggetti della vita quotidiana che venivano deposti insieme al defunto. Solo a Kition (Cipro) abbiamo un tempio nel quale sono stati ritrovati amuleti. Fra gli altri oggetti rinvenuti ci sono dei piccoli giavellotti in bronzo, una testina maschile in osso, teste in marmo di produzione greca, numerose monete, caducei in bronzo, amuleti, oggetti in oro e altri manufatti che dimostrano un livello di benessere molto alto dei fedeli che frequentavano questo tempio.
Le tracce di fuoco dimostrano che la struttura fu distrutta brutalmente e anche gli oggetti votivi furono frantumati intenzionalmente.
Dopo la fase punica c’è un reimpianto del tempio in età augustea, lo dimostrano alcune terrecotte architettoniche, come i gocciolatoi a testa di leone, che ci fanno capire che il tempio fu ricostruito nel I a.C. Una moneta che riporta l’immagine e la dizione del “Sardus Pater” dell’epoca di Azio Balbo, parente di Augusto, che fu pretore di Augusto in Sardegna nel 59 a.C. venne battuta al conio fra il 39 e il 19 a.C., quindi il vecchio tempio del Sid Addir Bab fu trasformato in tempio del Sardus Pater.
Un’ultima trasformazione è del 213 d.C. sotto Caracalla quando il tempio, come indica chiaramente l’iscrizione nell’epistilio, venne restaurato e sistemato dall’imperatore Caracalla.
Ricapitolando si potrebbe dire che in età nuragica c’era un culto riferito a Sid Addir Bab, ripreso in età punica e poi trasformato in Sardus Pater in età romana. Manca completamente la fase mediterranea fra l’VIII e l’inizio del V a.C. Finora il tempio di Antas è l’unico tempio dedicato a Sid in tutto il Mediterraneo.
Chi è Sid? Si tratta di una divinità secondaria. Nel mondo semitico sono noti molti nomi teofori, cioè che contengono all’interno il nome della divinità. Ad esempio Amilcare significa Ab Melqart, servo di Melqart. Anche i nomi ebraici che finiscono in “Ele” come Gabriele, Emanuele, Raffaele, Michele hanno la radice che significa Dio. La divinità Sid, che significa potente, è a volte associata con Tanìt e altre volte con Melqart, ma ad Antas è da sola. Un altro significato di Sid è “cacciare”, e in questo caso i giavellotti in bronzo possono essere ben inseriti in un culto al Dio della caccia. Secondo il Garbini Sid avrebbe il significato di “fondatore”.
Chi è Bab? Pare si riferisca ad una divinità nuragica, Babbai, che indicherebbe un’assimilazione ad una divinità paterna. In semitico padre si dice Ab, così come ipotizzato da Ferron il quale afferma che Babai sarebbe da riferire appunto alla radice semitica Ab
La distruzione del tempio ha creato problemi fra studiosi. C’è chi parla dei romani o chi dice siano stati i mercenari di Cartagine in occasione della rivolta del 241 a.C. L’esercito cartaginese era composto da mercenari e, poiché Cartagine non rispettò i patti monetari, si ribellarono molti dei componenti delle varie truppe dislocate nell’isola: iberici, sardi, siciliani, italici, libici e balearici chiamarono in aiuto Roma e determinarono la perdita della Sardegna da parte di Cartagine.
Il tempio di Antas era strategico ed era simbolo della potenza di Cartagine sull’isola perché questa aveva bisogno di due cose fondamentali dalle colonie per affermare la supremazia e per tenere in armi l’esercito: i metalli e le risorse agricole (orzo e grano). Il fatto che Cartagine avesse costruito un tempio per il culto ufficiale proprio ad Antas dimostra che le risorse minerarie recitarono un ruolo importante. In sostanza i mercenari distrussero il tempio perché era il simbolo della potenza cartaginese e vollero cancellarne il ricordo.
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