domenica 27 gennaio 2019
Archeologia. L’età del Ferro in Sardegna, arte e religiosità si incontrano nella produzione di raffinati oggetti legati al sacro: Bronzetti, Navicelle e Giganti di Monte Prama. Articolo di Pierluigi Montalbano
Archeologia. L’età
del Ferro in Sardegna, arte e religiosità si incontrano nella produzione di raffinati oggetti legati al sacro: Bronzetti, Navicelle e Giganti di Monte Prama.
Articolo di Pierluigi Montalbano
Durante
la Civiltà Nuragica è evidente un cambio sociale avvenuto intorno al X secolo
a.C., con una serie di tracce archeologiche che vedono la trasformazione del
rituale funerario, con la realizzazione di una nuova tipologia tombale, con pozzetto a ipogeo singolo, che sostituisce le Tombe di Giganti, con l’abbandono
dell’attività edilizia di costruzione di nuovi nuraghi e con l’avvio di un
piano urbanistico che utilizza nuove strutture, realizzate smontando gli
edifici in disuso. Già da due secoli le architetture civili erano affiancate
dai templi a pozzo, raffinati edifici in cui l’acqua è l’elemento privilegiato
per la celebrazione dei culti e dei rituali iniziatici. A queste strutture si
aggiungono alcuni piccoli templi, denominati a megaron, chiamati così perché l’ambiente centrale è prolungato nella
parte anteriore o posteriore da
due muri paralleli. In questi luoghi sacri gli archeologi trovano offerte
votive come bronzetti, armi, ciondoli, oggetti di ornamento, amuleti e altri
manufatti legati alla sfera religiosa. L’incremento delle attività legate agli
scambi commerciali suggerisce ai sardi un cambio di passo rispetto alle torri,
costose da mantenere in vita e poco adatte alla nuova organizzazione sociale ed
economica che vede nei mercati i luoghi di riunione delle comunità. Raffinate
ceramiche, incantevoli piccole sculture di bronzo e poderose statue a tutto
tondo in pietra, fanno parte della vita quotidiana dei sardi dell’età del
Ferro. Con il prosperare dei
commerci, i prodotti della metallurgia e i manufatti sardi raggiunsero ogni
angolo del Mediterraneo, dalle coste nordafricane, a quelle siro-palestinesi, alle
iberiche e, per ultime, alle atlantiche portoghesi. I villaggi assunsero le
caratteristiche di città, con abitazioni, magazzini, templi, mercati e grandi
edifici circolari per le assemblee. Spicca, fra i siti d’interesse
internazionale, il santuario di Mont’e Prama, un luogo dedicato alla sepoltura
di personaggi importanti, arricchito da monumentali sculture in pietra locale
lavorate a tutto tondo con le forme, il vestiario e le armi dei guerrieri
nuragici rappresentati nei contemporanei e ben conosciuti bronzetti. Denominati
Giganti di Mont’e Prama, queste sculture sono le statue a tutto tondo più
antiche di tutto l’Occidente mediterraneo, precedendo di qualche secolo i
kouroi greci. La pietra arenaria locale mostra soldati armati con archi e altre
armi, testimonianza di un passato e un presente dove l’attività militare era
tenuta in gran conto. Fra i bronzetti si notano uomini e donne abbigliati con
mantelli, tuniche, copricapo, gonnellini, corpetti e tutti gli accessori
pertinenti alle attività di guerra o di pace. Ci sono sacerdoti, militari,
artigiani, atleti, musicisti e semplici popolani, a volte accompagnati da
animali, che tengono in mano oggetti dell’epoca come ceste, anfore e vassoi. La
bronzistica a cera persa, poi, mostra oltre 150 imbarcazioni di vario tipo, tutte
dotate di una testa-totem animale nella prua, frutto delle sapienti conoscenze degli
artigiani locali. Questi, potevano contare sull’esperienza marinaresca degli
specialisti sardi della navigazione di piccolo cabotaggio e d’altura. Gli
archeologi hanno portato alla luce anche figure mitologiche a metà strada fra
uomini e animali, eroi con poteri straordinari raffigurati con 4 occhi e 4
braccia, animali con due teste e tantissimi uccelli, spesso posizionati sopra
le barche. Le tribù nuragiche erano legate a una religiosità che vedeva
protagonista la fertilità di donne, campi e animali, e celebravano feste
propiziatorie in ogni stagione per ingraziarsi le divinità e poter progredire.
La forza virile, rappresentata dal sole e dal toro, era accolta nel ventre di
Madre Terra, attraverso rappresentazioni della fertilità distinguibili nella luna
crescente e nell’acqua. Gli scavi hanno portato alla luce edifici magici in
vari luoghi dell’isola, siti con alloggi e strutture di tipo aggregativo, a
volte gradonate, in cui il pozzo sacro funge da elemento catalizzante la sfera
del sacro. In Sardegna ci sono una decina di grandi santuari federali, luoghi
dove uomini illuminati, sacerdoti e divinità erano in contatto spirituale, dove
le feste religiose consacravano le alleanze e propiziavano accordi commerciali
e matrimoniali. In alcuni siti gli archeologi hanno trovato piscine rituali collegate
a un sofisticato sistema idraulico che venivano utilizzate per purificazioni, abluzioni,
immersioni rituali e rituali iniziatici dei quali non è sopravvissuto il
ricordo. Le relazioni internazionali del periodo, richiedevano, per i sardi, l’utilizzo
di barche adatte alla navigazione d’alto mare, e la specializzazione delle
attività marinaresche fu un motore trainante dell’economia nuragica. Il
ritrovamento di ancore nuragiche in pietra del peso di oltre un quintale lungo
la costa orientale, confermano che le imbarcazioni erano grandi e adatte al
trasporto di notevoli quantità di beni economici. Un raffronto con la
produzione bronzea miniaturizzata, le celebri navicelle nuragiche, deriva dalla
conoscenza delle tecniche nautiche e, seppur simboliche, le incantevoli barchette
sarde votive sono delle riproduzioni di navi che, in proporzione, dovevano
avere una lunghezza dai 10 ai 30 metri secondo il modello di scafo. Frammenti di ceramiche nuragiche del XIII a.C. sono
stati trovati a Tirinto, nel porto di Kommos a Creta, a Cipro, in Sicilia, a
Lipari e lungo la rotta che collegava l'oriente all'occidente del Mediterraneo.
Brocchette askoidi per il vino, anfore, tripodi e spade nuragiche sono state
scoperte in decine di siti iberici come Huelva, Terragona, Teruel, Malaga e
Cadice. Inoltre, gli scambi con l’area etrusca sono testimoniati dal
ritrovamento di bronzetti nelle sepolture tosco-laziali e ceramiche condivise
con le popolazioni locali, verosimilmente perché le zone minerarie etrusche
furono sfruttate in collaborazione con reciproci vantaggi, infatti, anche in
Sardegna sono state trovate fibule, spade e altri oggetti in metallo di
produzione tirrenica, testimoniando la vitalità degli scambi tra le due aree
metallifere. Uno studio del 2013 sugli isotopi del piombo di 71 reperti metallici
trovati in Svezia, ha svelato che la maggior parte degli oggetti è stato
prodotto con rame proveniente da zone iberiche e dalla Sardegna.
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