Archeologia. La guerra di Megiddo, il primo grande conflitto armato documentato della storia. Fu combattuta all'inizio del XV secolo a.C. dal faraone Thutmose III per sottomettere i principi Mitanni.
Articolo di Pierluigi Montalbano
La battaglia di Megiddo (1457 a.C.). Nei primi decenni
del XV a.C., il faraone Thutmose III sbaragliò una coalizione di principi
cananei capeggiati dal sovrano di Qadesh, che dopo la sconfitta si
rifugiarono a Megiddo. Assediata la città, il faraone ripristinò la signoria
egiziana in Palestina raggiungendo il massimo ampliamento
territoriale del Paese delle Due Terre. Per venti anni, vista la giovane
età di Thutmose III, il potere era diviso con la sovrana Hatshepsut, reggente
perché sposa del defunto faraone Thutmose II. La regina, verso la fine del
suo mandato, consentì Thutmose III di dirigere le sue forze armate nei
territori controllati dalla città di Qadesh, e dichiarare guerra al re di
Kadesh, ai monarchi Mitanni e
ad alcuni regni in Palestina e Siria, uniti da un patto di alleanza. La sua
prima spedizione militare, consistente nel giungere a Megiddo, poco distante
da Nazareth, fu la
più celebre. La guerra è documentata a Karnak, negli
Annali di Thutmose III, e sulle pareti del corridoio dove si custodivano
gli arredi sacri del Tempio di Amon. Altri testi sono incisi sulla stele di Gabel Barkal, l’antica Napata,
e sulla stele di Ermontis, nei
pressi di Tebe. Nel 1484 a.C. la fortezza di Qadesh, al confine fra Libano e Siria, fu teatro di una guerra contro gli egizi condotta da 330 principi siriani che, durante l’amministrazione del Paese delle Due Terre da parte di Thutmose I, si ribellarono al sovrano. Il re di Qadesh radunò gli eserciti della coalizione a Megiddo, e dichiarò guerra al faraone. Le truppe egizie attraversarono il deserto e dopo 10 giorni giunsero a Megiddo. Nella città di Aruna, Thutmose III radunò i suoi generali per decidere la strategia militare fra tre possibilità, scegliendo quale strada percorrere, ben sapendo che le due laterali erano larghe e facilmente percorribili. La prima portava a Taanach e la seconda a Djefti, ma entrambe avrebbero allungato i tempi di marcia. Per ultima c’era la via mediana, così stretta che il carro da guerra del faraone avrebbe avuto difficoltà a passare. Valutando che il nemico mai avrebbe immaginato un attacco dalla via stretta, e non temendo un’imboscata proprio per l’imprevedibilità di quella scelta, la distanza era sensibilmente minore. I generali e gli ufficiali del faraone non erano convinti e cercarono di dissuaderlo, e lui rispose che potevano evitare di seguirlo e percorrere una delle vie più lunghe. I guerrieri, sicuri e all’unanimità, scelsero di andare dietro Thutmose III e, dopo essersi riposati per tre giorni, s’incolonnarono e, in mezza giornata, attraversarono la stretta fra le pareti ripide. La scelta del faraone si dimostrò vincente e, vedendo i nemici accampati a notevole distanza, nei pressi delle due vie laterali, comprese che il suo progetto era andato a buon fine. Si fermò in prossimità del Fiume Kina, attese che i suoi soldati incolonnati arrivassero nell’estesa zona pianeggiante e fece distribuire cibo e bevande. Dopo un giorno di riposo, nella giornata della festa della luna nuova, la battaglia poteva iniziare. Gli egizi, freschi e ben nutriti, ebbero la meglio, e i nemici dovettero rifugiarsi dentro le mura di Megiddo. L'esercito cananeo era superiore in termini di numeri, ma inferiore per quanto riguarda preparazione e dotazione. Se da un lato c’erano guerrieri di professione, a fronteggiarli si trovavano contadini a cui erano state date delle armi. Gli egizi avevano il vantaggio del carro, una formidabile unità da tiro che aveva l’opportunità di decimare la fanteria avversaria portandosi a distanza utile per non subire una carica dalla prima linea nemica. La fanteria dei cananei era composta da spadaccini e lancieri, mentre i soldati da tiro erano principalmente frombolieri. Gli arcieri egizi, invece, erano avvantaggiati dalla possibilità di sfruttare la traiettoria ad arcobaleno resa possibile dall’arco. L’accampamento fu depredato e iniziò il blocco militare nel centro urbano assediato.Gli Egizi scavarono un fossato lungo il perimetro della struttura muraria difensiva, cingendolo con uno steccato, e accerchiarono la città per mesi, fino a quando Megiddo, costretta alla fame, si arrese. I principi e le loro concubine furono imprigionati, il re della città riuscì a scappare, e solo il popolo che riconobbe la supremazia del faraone fu risparmiato. Dopo un giuramento di fedeltà futura li fece rientrare nelle loro città. Thutmose III svuotò la città di ogni tesoro e la sottomise per ampliare le frontiere dell’Egitto. I principi che si sottomisero furono condotti a Tebe, capitale d’Egitto, nel palazzo del faraone dove iniziarono a studiare le istituzioni egizie. Concluso il ciclo di studi, e avendo apprese e rispettate le usanze e le tradizioni tebane, furono ricondotti nei loro paesi natali. Thutmose III dispose che nei territori occupati avessero dimora i diplomatici e i reparti militari egizi, ai quali era affidato il compito di tenere sotto stretta vigilanza i principi del posto, riscuotere le tasse e impedire guerre fratricide tra i signorotti locali.
Immagine di https://www.rom.on.ca/sites/default/files/imce/warfare_2.jpg
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