lunedì 15 maggio 2017
Archeologia. Scioglimento dei ghiacci: il diluvio universale non è soltanto un mito
Archeologia. Scioglimento dei ghiacci: il diluvio universale non è soltanto un
mito
Scioglimento. Il mito del diluvio è un grande classico della
mitologia mondiale. Le ricerche archeologiche, geologiche e paleoclimatiche
sono riuscite a ricostruire lo scenario che ha originato queste antiche
tradizioni. Durante il massimo glaciale, intorno a 20 mila anni fa, il livello marino stazionava circa 120 metri sotto il livello
attuale. Con il progressivo aumento della temperatura i ghiacciai
del Wurm hanno iniziato a sciogliersi, alimentando immensi fiumi che hanno
restituito al mare l’acqua accumulata come ghiaccio sulle terre emerse, anche
se il
surriscaldamento globale è stato interrotto da almeno tre episodi di
temporaneo raffreddamento, detti Dryas.
Il primo diluvio.
Nel corso dei millenni il
livello degli oceani si è alzato, cosicché in tutto il mondo territori sempre
più vasti sono stati sommersi: le acque hanno raggiunto il massimo tasso di
sollevamento a partire da 15 mila sino a 11 mila anni fa. Le antiche calotte si
sono via via trasformate in grandi laghi sorretti da argini di ghiaccio, ma a
un certo punto queste dighe naturali hanno ceduto. Intorno a 14 mila anni fa il lago glaciale americano
Livingston si è improvvisamente riversato nell’Atlantico, facendo
salire il livello dei mari di 13-14 metri in 300 anni. In parole povere, un
vero e proprio diluvio. Dopo questo periodo il tasso di risalita è diminuito
progressivamente. Una prima fase climatica intermedia post-glaciale si è
registrata 11-12 mila anni fa, poi è iniziato il periodo interglaciale in senso
stretto.
La scomparsa delle calotte.
I diluvi post-glaciali non
sono finiti. Un secondo grande episodio si è verificato intorno a 11500 anni fa, con il collasso di
altre due calotte: sono crollati il
lago glaciale del Baltico e il lago Agassiz in Nordamerica, che si
è riversato nel Golfo del Messico. Questi due eventi hanno determinato una
crescita dei mari di 7,5 metri in circa 160 anni. Più o meno 8000 anni fa, ha
avuto inizio un periodo caratterizzato da un deciso incremento del
riscaldamento globale: in quell’epoca, infatti, è definitivamente crollata anche la Laurentide, la
calotta glaciale a nord-est del Canada, l’ultima a sparire dalla faccia della
Terra. Questo grande evento geologico può essere inquadrato come il terzo
diluvio davvero “universale” che ha segnato la deglaciazione. I livelli marini
sono saliti di colpo, secondo recenti studi addirittura di 25 metri in poche
centinaia d’anni (generalmente si ritiene con una media di 7,6 metri).
Gli ultimi episodi
alluvionali.
Il netto aumento del livello
marino, la cosiddetta trasgressione Flandriana, è proseguito velocemente tra 8
mila e 6 mila anni fa. In quei due millenni il clima era caldo-umido, analogo a
quello monsonico dei giorni nostri, le temperature risultavano più alte di 2-3
gradi rispetto a oggi e il
mare è arrivato a superare il livello attuale: grandi estensioni di
territori costieri sono stati sommersi. È stata un’epoca di grandi catastrofi
determinate anche dall’intensissima attività sismica, stimolata dai movimenti
isostatici della crosta terrestre, che ha visto spostarsi all’improvviso il
peso del ghiaccio dalla terra agli oceani sotto forma d’acqua disciolta. La
pressione del mare, intorno a 7 mila anni fa, ha fatto cedere la diga del
Bosforo e il Mediterraneo si è riversato nel Mar
Nero. Circa 5.500 anni fa i l Golfo Persico si è alzato di tre metri
e ha allagato la piana di Sumer, già erosa dagli episodi
alluvionali precedenti, penetrando nell’entroterra per circa 70 chilometri (il
celebre diluvio di Woolley). Le coste sono ritornate al livello attuale intorno
a 4000 anni fa.
Le
coste inghiottite dal mare. Con la
deglaciazione è cambiata la forma dei continenti, il mondo ha perso complessivamente 25 milioni di chilometri quadrati di
terra. Il canale della Manica durante il massimo glaciale non esisteva,
così tra la Scozia e la Scandinavia si estendeva un vasto territorio,
battezzato Doggerland, oggi sparito. Si è inabissata la Beringia, il ponte di
terra che collegava la Siberia all’Alaska, allo stesso modo nel sud-est
asiatico è stata sommersa la piattaforma continentale della Sonda, di cui
restano solo le grandi isole di Giava, Sumatra e Borneo, così sono stati
inghiottiti dall’acqua i territori che univano l’Australia alla Nuova Guinea.
Un’analoga situazione si è registrata anche nell’area caraibica e sulle coste
meridionali degli attuali Stati Uniti.
Archeologia subacquea.
I villaggi paleolitici
posizionati lungo le coste durante il massimo glaciale oggi sono sotto il
livello del mare. Anche molti insediamenti occupati dall’uomo durante il
Neolitico hanno avuto sorte analoga. A fare scalpore tra gli appassionati di
misteri archeologici sono soprattutto i
siti megalitici sommersi. Per esempio, davanti alle coste
israeliane sono presenti diversi menhir e cromlech ormai finiti sott’acqua. Tra
questi il più famoso è il circolo di pietre di Atlit Yam, che giace sommerso a una profondità
di 8-12 metri: risale a circa 9200 anni fa e secondo le stime è stato
abbandonato intorno a 8400 anni fa, proprio a causa della risalita del mare.
Fonte: http://www.ilsecoloxix.it
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