martedì 30 maggio 2017
Archeologia. 8000 anni fa si sviluppò la prima globalizzazione del pianeta. Le genti preistoriche del Neolitico accesero il motore dell'evoluzione grazie a intrepidi navigatori. Lasciarono anfore decorate con una conchiglia. La Cultura Cardiale. Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Archeologia. 8000 anni fa si sviluppò la prima globalizzazione del pianeta. Le genti preistoriche del Neolitico accesero il motore dell'evoluzione grazie a intrepidi navigatori. Lasciarono anfore decorate con una conchiglia. La cultura Cardiale.
Riflessioni di Pierluigi Montalbano
La cultura della ceramica cardiale è
una fase del Neolitico antico che compare intorno al 6000 a.C. nelle coste
mediterranee. E’ caratterizzata dallo stile delle decorazioni impresse nei
vasi con una conchiglia denominata Cardium. Le sue tracce più antiche sono
state individuate sulle coste adriatiche in piccoli villaggi presso grotte
occupate da gruppi che praticavano la caccia, la pesca e la raccolta di
vegetali spontanei. Lo stile di vita di queste genti si avviava a diventare
produttivo e stanziale, attraverso la pratica dell’agricoltura e dell’allevamento
che portò alla fondazione di insediamenti che offrivano maggiori garanzie di
sopravvivenza. Nella sua evoluzione, questa fase di cambiamento portò gli
uomini a praticare con successo varie attività legate alla pesca in
lunedì 29 maggio 2017
Archeologia. La pietra e il suono: esistono architetture preistoriche progettate per manipolare la mente umana attraverso le frequenze acustiche?
Archeologia. La pietra e il
suono: esistono architetture preistoriche progettate per manipolare la mente
umana attraverso le frequenze acustiche?
Riflessioni di Giorgio Giordano
Riflessioni di Giorgio Giordano
Tra pietra e suono esiste un
rapporto misterioso che da sempre incuriosisce l'uomo. Da qualche tempo le
strutture monumentali del passato sono studiate dal punto di vista delle
proprietà acustiche. Già nel Paleolitico superiore l'uomo "giocava"
con le risonanze delle caverne: uno studio sull'arte rupestre europea, dai Pirenei francesi sino agli Urali, ha stabilito che la
posizione dei dipinti all'interno delle grotte corrisponde ai punti di maggiore
risonanza e dove non c'era abbastanza spazio per una figura completa sono stati
disegnati dei puntini per marcare l'area. I test hanno dimostrato che la
massima risonanza viene attivata dalla gamma della voce umana, più che da
strumenti come flauti, fischietti o tamburi. In alcune grotte la densità
dell'immagine è proporzionale alla qualità acustica, misurata in durata della
risonanza o numero di echi. Le peculiarità sonore delle pietre sono state di
evidente interesse anche durante le fasi successive della preistoria. Il fenomeno megalitico ne rappresenta la massima celebrazione. Molte delle
domenica 28 maggio 2017
Lo stadio Sant'Elia, realizzato nel 1970 dopo la conquista dello scudetto del Cagliari Calcio. Oggi si disputerà l'ultima partita della sua storia.
Lo stadio Sant'Elia, realizzato nel 1970 dopo la conquista dello scudetto del Cagliari Calcio. Oggi si disputerà l'ultima partita della sua storia.
Lo stadio Sant'Elia prende il nome
dal quartiere di Cagliari in cui si trova. Nato come struttura sportiva polivalente,
con pista d'atletica, è stato ristrutturato più volte e la sua capienza si è
ridotta a 23500 posti. Il Cagliari Calcio nel 2015 presenta il progetto di
ricostruzione dello stadio i cui lavori sono iniziati pochi giorni fa. Progettato
nel 1964 dall'architetto Antonio Sulprizio, prevedeva un solo anello ellittico
sormontato da gradinate con una capienza di 35000 spettatori. Con la vittoria
dello scudetto nel 1970, sotto la supervisione di Giorgio Lombardi, l'impianto
fu completato nell'estate dello stesso anno con l'aggiunta del secondo anello in
cemento armato. Lo stadio fu inaugurato a Settembre in sostituzione del vecchio
Amsicora. L'impianto, capace di 60000 posti costò due miliardi, un quarto dei
quali pagati dal CONI. Il 12 settembre, nel primo turno della Coppa Italia, il
Cagliari sconfisse la Massese per 4-1 di fronte a poco più di
30 000 spettatori. Il 16 settembre, il Cagliari vinse 3-0 in Champions League
contro i francesi del Saint
venerdì 26 maggio 2017
Archeologia. Il bastione di Saint Remy e le fortificazioni medievali di Cagliari. di Pierluigi Montalbano
Archeologia. Il bastione di Saint Remy e le fortificazioni medievali di Cagliari
di Pierluigi Montalbano
Le fortificazioni medievali di
Cagliari circondano l'intero perimetro del quartiere storico di Castello e
comprendono due torri principali, perfettamente integre: quella di San
Pancrazio e quella dell'Elefante. Durante il
viceregno di Dusay (1491-1508) furono realizzati importanti baluardi come
quello di fronte alla chiesa di Santa Croce e quello del Balice, e il bastione
della Fontana Bona, laddove oggi c’è il Bastione Saint Remy. Più in basso si
costruì il baluardo della Leona verso l'antico antemurale pisano e a Nord, a difesa di Buon Cammino, un fronte con mura
verticali e porta. Nel 1534, il viceré De Cardona fece costruire due bastioni
nel porto, di Levante a Est e di Sant'Agostino a Ovest. Sempre il vicerè, a Castello fece costruire un muro
fortificato fra la Torre dell'Elefante e la Torre Mordente, nella zona Santa
Croce. Nel 1535 le fortificazioni del porto furono riprese dall'architetto Pons
che progettò due bastioni all'interno della ripa e li collegò ai due terrapieni
di Sant'Agostino e di Levante con mura che chiusero il fronte a mare del
quartiere Lapola. Fra il 1552 e il
1571, l'architetto cremonese Capellino realizzò a Ovest ilgiovedì 25 maggio 2017
Archeologia. L'anfiteatro romano di Cagliari, una straordinaria opera architettonica realizzata 2000 anni fa per ospitare i giochi gladiatori. Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Archeologia. L'anfiteatro romano di Cagliari, una straordinaria opera architettonica realizzata 2000 anni fa per ospitare i giochi gladiatori.
Riflessioni di Pierluigi Montalbano
L'anfiteatro romano di Cagliari, realizzato nel bianco
calcare locale, si trova nella vallata naturale di Palabanda, tra Viale
Buoncammino e Viale Fra Ignazio, nell'area cittadina di raccordo tra il
quartiere storico di Castello e la zona di Sant'Avendrace, ai confini dell’orto
botanico. Nel I secolo d.C. i costruttori
intagliarono nel banco roccioso le gradinate, l'arena, una serie di corridoi (i
vomitoria) e altri ambienti di servizio. Le gradinate sono divise in tre ordini
(imea, media e summa cavea), riservate alle differenti classi sociali
(senatores, equites, plebei e servi). Lungo i corridoi (criptae) si
affacciavano le gabbie (claustra) per gli animali destinati ai combattimenti. La
capienza era di 10.000 spettatori, e gli spettacoli comprendevano lotte tra
uomini e belve (venationes), esecuzione di sentenze capitali e lotte tra
gladiatori (munera). Il termine amphitheatrum,
che sostituisce il più antico spectacula, si riferisce alla forma architettonica
della
lunedì 22 maggio 2017
Archeologia. Atlantide, una mitica civiltà perduta. Platone raccontò la Sardegna o altri luoghi? Ad esempio Durazzo in Albania? Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Archeologia. Atlantide, una mitica civiltà perduta. Platone raccontò la Sardegna o altri luoghi? Ad esempio Durazzo in Albania?
Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Qualche
anno fa uscì il libro di Sergio Frau “Le
Colonne d’Ercole” nel quale l'autore, ipotizzando una prima collocazione delle colonne al
Canale di Sicilia, forniva una chiave di lettura nuova a molte
testimonianze autorevoli che arrivavano dal mondo antico, come quelle di Omero,
Erodoto e Platone. Ad esempio, Platone ci racconta che dalla grandissima Isola
di Atlante, terra del tramonto, sorella della Roccia di Prometeo, il Caucaso
dell'Alba greca, si raggiungevano altre isole e la terra che tutto circonda. E
che quell'isola era stata grande, ricca di metalli e felice di tutto, fin
quando non fu travolta da cataclismi marini che Zeus inviò per rendere migliori
i suoi abitanti. L’inchiesta di Frau analizza anche Ramses III che sulle mura
di Medinet Habu, li dove sono effigiati i guerrieri Shardana, uno dei popoli
del mare citati dagli egizi nel II millennio a.C, fa incidere: "Gli
stranieri venuti dal Nord vedono le loro terre scuotersi: il loro paese è
distrutto, le loro in angoscia. I Popoli del Settentrione complottavano nelle
loro isole ma, nello stesso tempo, la tempesta inghiottiva il loro paese. Nun
(l'Oceano degli Egizi) è uscito dal
domenica 21 maggio 2017
Archeologia, miti e misteri. Atlantide di Platone e Honebu dell'Egitto sono lo stesso luogo? di Pierluigi Montalbano
Archeologia, miti e misteri. Atlantide di Platone e Honebu dell'Egitto sono lo stesso luogo?
di Pierluigi Montalbano
E se il misterioso Hanou-Nebout fosse la mitica Atlantide di Platone?
"In tempi lontani era possibile valicare l'immenso Atlantico perché vi era un'isola che stava innanzi a quella stretta foce che ha nome Colonne d'Ercole (oggi è lo Stretto di Gibilterra ma in tempi antichi potrebbe essere altrove). A chi procedeva da quella, si apriva il passaggio ad altre isole; e da queste isole a tutto il continente opposto. Quest'isola si chiamava Atlantide, e in essa vi era una grande dinastia regale che governava l'intera isola e molte altre a parte del continente. Passarono i secoli, terremoti spaventosi e cataclismi si succedettero. Quella stirpe guerriera, tutta senza eccezione, sprofondava sotto la terra. Il mare sommerse Atlantide e tutto scomparve. Per questo motivo, nel mare, da quella parte, vi sono fondi bassi e fangosi, che producono grave impedimento alla navigazione. L'isola, sprofondando, a questi bassi fondali diede origine".
Questa è una pagina del Timeo, il primo dei tre libri che Platone dedicò ad Atlantide, basandosi sulle notizie raccolte in Egitto dal legislatore ateniese Solone, vissuto dal 630 al 558 a.C.
Nel corso di un suo viaggio in Egitto, vide delle iscrizioni del faraone Ramesse III sulle mura del
sabato 20 maggio 2017
Storia e archeologia della Sardegna. La Battaglia di Sanluri (Sa Battalla) di Alberto Massazza
Storia e archeologia della Sardegna. La Battaglia di
Sanluri (Sa Battalla)
di Alberto Massazza
Alla morte,
avvenuta per peste nel 1375, di Mariano IV d’Arborea, la cui lungimiranza
politica e militare aveva portato il Giudicato alla massima espansione,
arrivando a relegare i Catalano-Aragonesi al possesso delle sole città di
Cagliari e Alghero, il Regno d’Arborea visse oltre un trentennio di alterne
vicende, tra tirannicidi manovrati probabilmente dagli stessi aragonesi,
Giudici minori sotto la reggenza di una madre leggendaria, battaglie e
armistizi. Nonostante l’instabilità dinastica degli arborensi, i
Catalano-Aragonesi non riuscirono a trovare il bandolo della matassa per far
volgere le sorti dell’ormai secolare disputa in loro favore.
Le cose
cambiarono radicalmente nel 1407, alla morte senza eredi del secondogenito di
Eleonora, Mariano V, divenuto Giudice al compimento del quattordicesimo anno
d’età, intorno al 1393. La Corona de Logu, il particolare Parlamento formato
dai maggiorenti del Regno, investì della
giovedì 18 maggio 2017
Archeologia. Uno dei primi articoli scientifici sugli scavi di Monte Prama lo scrisse l'archeologo Marco Rendeli quasi 10 anni fa. Ho deciso di riproporlo sul quotidiano perché è ricco di dati interessanti e pensieri condivisibili. Monte Prama: Oltre 5000 punti interrogativi sulle statue scoperte nel Sinis Riflessioni di Marco Rendeli
Archeologia. Uno dei primi articoli scientifici sugli scavi di Monte Prama lo scrisse l'archeologo Marco Rendeli quasi 10 anni fa. Ho deciso di riproporlo sul quotidiano perché è ricco di dati interessanti e pensieri condivisibili.
Monte Prama: Oltre 5000 punti interrogativi sulle statue scoperte nel Sinis
Riflessioni di Marco Rendeli
Nonostante il vasto successo che le statue di Monte Prama hanno riscosso, soprattutto in Sardegna, di esse si sa ben poco. Solamente con l’avvio del restauro voluto da A. Boninu, si è intrapreso un ampio progetto che comprende la pulizia, il restauro e la ricostruzione delle stesse da parte del Centro di Conservazione Archeologica presso il Centro di Restauro Regionale di Li Punti. Tutti i pezzi sono stati portati e assemblati in un unico luogo: si tratta di oltre 5000 frammenti delle dimensioni e delle fogge più varie che restituiscono quello che a oggi è il più grandioso complesso statuario della Sardegna preromana e uno dei più importanti del Mediterraneo.
I frammenti furono recuperati in scavi effettuati in località Monte Prama, nel Sinis settentrionale (Oristano) nel corso degli anni Settanta. La storia delle ricerche è lacunosa, frammentata e si dipana fra interventi estemporanei (scavi Atzori nel 1974, scavi Pau 1977) e indagini programmate (scavi Bedini 1975, scavi Lilliu, Atzeni, Tore gennaio 1977, scavi Ferrarese Ceruti-Tronchetti 1977-1979). Delle indagini condotte da A. Bedini in un settore limitato del sepolcreto è imminente la pubblicazione di un preliminare: di esse si sa che sono tombe a cista con pareti litiche con una forma successiva di monumentalizzazione, ovvero di copertura formata da lastroni; gli scavi Lilliu, Atzeni, Tore sono confluiti in un importante contributo di G. Lilliu; degli scavi condotti in maniera impeccabile da Tronchetti e dalla Ferrarese Ceruti fra il 1977 e il 1979 si ha un’ampia documentazione (TRONCHETTI 2005 con bibliografia precedente). Il sito si disloca quasi al centro di un distretto ricchissimo di presenze protostoriche (nuraghi, pozzi sacri, luoghi di culto) di civiltà nuragica, la cui vita si scagliona dal Bronzo recente fino alla piena età del Ferro. Dalle relazioni di scavo pubblicate da Tronchetti si rileva che i frammenti furono rinvenuti in un unico contesto coerente che obliterava una serie di tombe a pozzetto con lastre di chiusura litiche disposte a formare un unico “serpentone” recintato da altre lastre di calcare (fig. 3). Queste tombe, in numero di 33, formavano un unico contesto di personaggi maschili e femminili, appartenenti a diverse classi d’età (dai 13 ai 50 anni), rinvenuti in posizione seduta uno per singola tomba. Esse risultano apparentemente prive di corredo: pochi frustuli ceramici nelle tombe 1-2 e dalla 24 alla 34. Fanno eccezione la t. 25, dalla quale proviene uno scaraboide databile alla fine dell’VIII a.C., e alcuni vaghi di pasta vitrea pertinenti a collane dalle tombe 24, 27 e 29: questi sono al momento gli
Monte Prama: Oltre 5000 punti interrogativi sulle statue scoperte nel Sinis
Riflessioni di Marco Rendeli
Nonostante il vasto successo che le statue di Monte Prama hanno riscosso, soprattutto in Sardegna, di esse si sa ben poco. Solamente con l’avvio del restauro voluto da A. Boninu, si è intrapreso un ampio progetto che comprende la pulizia, il restauro e la ricostruzione delle stesse da parte del Centro di Conservazione Archeologica presso il Centro di Restauro Regionale di Li Punti. Tutti i pezzi sono stati portati e assemblati in un unico luogo: si tratta di oltre 5000 frammenti delle dimensioni e delle fogge più varie che restituiscono quello che a oggi è il più grandioso complesso statuario della Sardegna preromana e uno dei più importanti del Mediterraneo.
I frammenti furono recuperati in scavi effettuati in località Monte Prama, nel Sinis settentrionale (Oristano) nel corso degli anni Settanta. La storia delle ricerche è lacunosa, frammentata e si dipana fra interventi estemporanei (scavi Atzori nel 1974, scavi Pau 1977) e indagini programmate (scavi Bedini 1975, scavi Lilliu, Atzeni, Tore gennaio 1977, scavi Ferrarese Ceruti-Tronchetti 1977-1979). Delle indagini condotte da A. Bedini in un settore limitato del sepolcreto è imminente la pubblicazione di un preliminare: di esse si sa che sono tombe a cista con pareti litiche con una forma successiva di monumentalizzazione, ovvero di copertura formata da lastroni; gli scavi Lilliu, Atzeni, Tore sono confluiti in un importante contributo di G. Lilliu; degli scavi condotti in maniera impeccabile da Tronchetti e dalla Ferrarese Ceruti fra il 1977 e il 1979 si ha un’ampia documentazione (TRONCHETTI 2005 con bibliografia precedente). Il sito si disloca quasi al centro di un distretto ricchissimo di presenze protostoriche (nuraghi, pozzi sacri, luoghi di culto) di civiltà nuragica, la cui vita si scagliona dal Bronzo recente fino alla piena età del Ferro. Dalle relazioni di scavo pubblicate da Tronchetti si rileva che i frammenti furono rinvenuti in un unico contesto coerente che obliterava una serie di tombe a pozzetto con lastre di chiusura litiche disposte a formare un unico “serpentone” recintato da altre lastre di calcare (fig. 3). Queste tombe, in numero di 33, formavano un unico contesto di personaggi maschili e femminili, appartenenti a diverse classi d’età (dai 13 ai 50 anni), rinvenuti in posizione seduta uno per singola tomba. Esse risultano apparentemente prive di corredo: pochi frustuli ceramici nelle tombe 1-2 e dalla 24 alla 34. Fanno eccezione la t. 25, dalla quale proviene uno scaraboide databile alla fine dell’VIII a.C., e alcuni vaghi di pasta vitrea pertinenti a collane dalle tombe 24, 27 e 29: questi sono al momento gli
martedì 16 maggio 2017
Archeologia. I cosiddetti pugilatori di Monte Prama, guerrieri nuragici. Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Archeologia.
I cosiddetti pugilatori di Monte Prama, guerrieri nuragici.
Riflessioni
di Pierluigi Montalbano
(Statua Monte Prama - Bronzetto Dorgali - Daniele Carta)
Nell’età
del Bronzo, i grandi imperi combattevano fra loro con utilizzo di eserciti e
carri. Conosciamo le modalità di guerra grazie ai resoconti trovati nei
palazzi, soprattutto la contabilità riguardante la quantità di risorse
investite e il costo di mantenimento di guerrieri e carri, ma sfugge il ruolo
della fanteria, spesso assoldata in situazioni contingenti d’emergenza e,
quindi, poco addestrata. A volte le guerre non venivano combattute e i sovrani
si limitavano a mostrare i muscoli: l’armata più attrezzata convinceva il
nemico ad arrendersi senza spargimento di sangue. Tuttavia c’è un dato
importante su cui riflettere: quando le guerre si combattevano nella stagione della
semina o del raccolto, il costo da pagare per l’allontanamento dai campi della
forza lavoro che si dedicava all’agricoltura era alto. Nel suo “The end of the
Bronze Age” lo studioso R. Drews assegna alla fanteria alcuni compiti importanti
come l’inseguimento dei nemici su terreni dove i carri non transitavano, la
difesa notturna degli accampamenti e l’assedio. Tuttavia, i più grandi eserciti
dell’epoca, egizi ed ittiti, erano composti quasi totalmente da fanti armati
alla leggera, e questi costituivano il nucleo forte nei campi di battaglia
visto che i carri combattevano solo nelle pianure. Così, ci si rende conto che
pur se la fanteria era un elemento subordinato e, probabilmente, i suoi
componenti erano poco addestrati e sottopagati, il loro
lunedì 15 maggio 2017
Archeologia. Scioglimento dei ghiacci: il diluvio universale non è soltanto un mito
Archeologia. Scioglimento dei ghiacci: il diluvio universale non è soltanto un
mito
Scioglimento. Il mito del diluvio è un grande classico della
mitologia mondiale. Le ricerche archeologiche, geologiche e paleoclimatiche
sono riuscite a ricostruire lo scenario che ha originato queste antiche
tradizioni. Durante il massimo glaciale, intorno a 20 mila anni fa, il livello marino stazionava circa 120 metri sotto il livello
attuale. Con il progressivo aumento della temperatura i ghiacciai
del Wurm hanno iniziato a sciogliersi, alimentando immensi fiumi che hanno
restituito al mare l’acqua accumulata come ghiaccio sulle terre emerse, anche
se il
domenica 14 maggio 2017
Archeologia e tradizioni popolari. Sa Acabadora, una sacerdotessa della morte Riflessioni di Claudia Zedda
Archeologia e tradizioni popolari. Sa Acabadora, una sacerdotessa della morte
Riflessioni di Claudia Zedda
C’era un tempo in cui la gente di uno stesso paese si conosceva per soprannome, un tempo nel quale la morte non era fatto di stato, un tempo in cui le strade al crepuscolo, poteva succedere venissero attraversate da piccole donnicciole che è d’obbligo immaginare vestite di nero. Non foss’altro per il loro tentativo di passare inosservate. C’era un tempo chi le chiamava sacerdotesse della morte e chi le chiamava donne esperte. Avete compreso delle nonnette alle quali mi riferisco? C’era chi le chiamava più sbrigativamente Acabadoras. Il termine è pregno di una sonorità tutta spagnola, e mai nessun altro sarà tanto evocativo. Degradazione di acabar, queste donne che l’immaginario racconta d’età avanzata, “acabavano” appunto, ponevano la parola fine alla vita degli agonizzanti, che stentavano nell’abbandonarla. Ci si è interrogati ampiamente sulla veridicità della figura, ci si è spesso chiesti se non si tratti di un residuo tradizionale, che in effetti non faccia capo ad alcuna realtà. Quesiti questi che altri prima di noi si posero. Alberto Della Marmora nel 1826 era quasi sicuro che queste donnette fossero esistite per davvero, e per
Riflessioni di Claudia Zedda
C’era un tempo in cui la gente di uno stesso paese si conosceva per soprannome, un tempo nel quale la morte non era fatto di stato, un tempo in cui le strade al crepuscolo, poteva succedere venissero attraversate da piccole donnicciole che è d’obbligo immaginare vestite di nero. Non foss’altro per il loro tentativo di passare inosservate. C’era un tempo chi le chiamava sacerdotesse della morte e chi le chiamava donne esperte. Avete compreso delle nonnette alle quali mi riferisco? C’era chi le chiamava più sbrigativamente Acabadoras. Il termine è pregno di una sonorità tutta spagnola, e mai nessun altro sarà tanto evocativo. Degradazione di acabar, queste donne che l’immaginario racconta d’età avanzata, “acabavano” appunto, ponevano la parola fine alla vita degli agonizzanti, che stentavano nell’abbandonarla. Ci si è interrogati ampiamente sulla veridicità della figura, ci si è spesso chiesti se non si tratti di un residuo tradizionale, che in effetti non faccia capo ad alcuna realtà. Quesiti questi che altri prima di noi si posero. Alberto Della Marmora nel 1826 era quasi sicuro che queste donnette fossero esistite per davvero, e per
sabato 13 maggio 2017
Archeologia. Il pensatore di Israele, una statuetta di 4000 anni fa. Riflessioni di Diana Civitillo
Archeologia.
Il pensatore di Israele, una statuetta di 4000 anni fa.
Riflessioni
di Diana Civitillo
Gli archeologi della Israel Antiquities Authority hanno scoperto una statuetta in argilla
datata al 1800 a.C. a Yehud nel Distretto Centrale di Israele. Rappresenta un unicum: si tratta di un personaggio montato
su un vaso di ceramica. Gilad Itach,
l’archeologo responsabile del sito, ha affermato che l’ultimo giorno di scavi,
giusto prima che iniziasse la costruzione di un edificio sul sito, è stata
rinvenuta la figurina, alta 18
centimetri, insieme ad un assortimento di altro materiale. Pare che sia stato prima realizzato il vaso,
secondo lo stile caratteristico del periodo, a cui sarebbe stata
successivamente aggiunta la statuina, di una tipologia mai
rinvenuta durante le ricerche precedenti. Il livello di precisione e di
attenzione ai dettagli è davvero impressionante, valutando che si tratta di un
manufatto di quasi 4.000 anni fa. Il collo della brocca è servito da base per
venerdì 12 maggio 2017
Archeologia. La società degli Etruschi: Patriarcale, ma le donne partecipavano ai banchetti scandalizzando gli altri popoli europei. Riflessioni di Giovanni Caselli
Archeologia. La società degli Etruschi: Patriarcale, ma le donne partecipavano ai banchetti scandalizzando gli altri popoli europei.
di Giovanni Caselli
di Giovanni Caselli
La società etrusca era
patrilineare e patriarcale, tuttavia la relativa libertà della donna, che nella
società etrusca poteva partecipare ai banchetti assieme agli uomini,
scandalizzava gli altri popoli mediterranei che tenevano le loro donne in
stretta clausura, come del resto accade ancora oggi nella maggior parte del
Mediterraneo o accadrebbe ancora altrove se non fossero stati imposti regimi
democratici nel XX secolo. Questo tratto culturale indica senza ombra di dubbio
una tradizione massagetica, sarmatica o forse mitannica, originaria cioè delle
steppe nord caucasiche, dove le donne, che almeno in guerra avevano gli stessi
doveri degli uomini, furono dette
giovedì 11 maggio 2017
Archeologia. Lo scavo archeologico: tecniche, leggi e metodo scientifico di Pierluigi Montalbano
Archeologia. Lo scavo archeologico: tecniche, leggi e metodo scientifico
di Pierluigi Montalbano
Uno scavo archeologico mira a porre in luce monumenti e documenti delle civiltà passate con metodi diversi a seconda del carattere delle ricerche, della natura del terreno da esplorare, del vario tipo delle città o dei monumenti da mettere in luce.
Il rilievo topografico di un territorio dove ci siano ruderi emergenti o sepolti, anche attraverso la fotografia aerea, può giovarsi dello scavo per saggiare il terreno nei punti in cui la sua superficie mostri la presenza di vestigia archeologiche.
I saggi di scavo, ossia aprire un terreno con trincee, gallerie o pozzi, mostrano i confini di una zona monumentale, città o necropoli; rilevano la pianta di un edificio; individuano gli strati e materiali archeologici del sottosuolo. Il taglio verticale dovrà essere fatto in modo che consenta agevolmente sia l'asportazione della terra sia la possibilità di fotografare le pareti della trincea per documentarne gli strati. Le pareti del taglio dovranno avere l'inclinazione sufficiente per non causare franamenti. Le terre di risulta vanno sempre gettate lontano per permettere un eventuale ampliamento. Quando il taglio del terreno ha come scopo di riconoscere il carattere delle fondazioni di un edificio, basterà che il cavo, fatto a ridosso della costruzione, ne consenta la visione.
martedì 9 maggio 2017
Archeologia della Sardegna. Cosa utilizzavano gli antichi sardi per scolpire il granito? Dovremo retrodatare di parecchi secoli la conoscenza del ferro nell'isola? Scoperta una "filiera" metallurgica sui monti di Domusnovas. Riflessioni di Pierluigi Montalbano e Marcello Onnis
Archeologia della Sardegna. Cosa utilizzavano gli antichi sardi per scolpire il granito? Dovremo retrodatare di parecchi secoli la conoscenza del ferro nell'isola?
Scoperta una "filiera" metallurgica sui monti di Domusnovas.
Riflessioni di Pierluigi Montalbano e Marcello Onnis
Recentemente, abbiamo depositato alla Soprintendenza archeologica di Cagliari una denuncia di rinvenimento di un sito di valenza Archeometallurgica.
Nel territorio del Comune di Domusnovas, immerso nell’incantevole vallata di Oridda, dietro le Grotte di San Giovanni, l’allineamento di Punta Tinnì, Punta Fundu de Forru e Perda Niedda, con il vertice opposto di punta Serra Tinnì, costituisce un triangolo, attraversato dal Rio Tiny, particolarmente interessante già per la sola toponomastica. La località di Perda Niedda tradisce la presenza di un giacimento di magnetite dal tenore di ferro intorno al 74 %. La Punta Fundu de Forru, indica la presenza di attività fusoria. Il nome del rio e delle sommità dei luoghi dedicate a Tinnì dichiarano palesemente la frequentazione dei mercanti di età
Scoperta una "filiera" metallurgica sui monti di Domusnovas.
Riflessioni di Pierluigi Montalbano e Marcello Onnis
Recentemente, abbiamo depositato alla Soprintendenza archeologica di Cagliari una denuncia di rinvenimento di un sito di valenza Archeometallurgica.
Nel territorio del Comune di Domusnovas, immerso nell’incantevole vallata di Oridda, dietro le Grotte di San Giovanni, l’allineamento di Punta Tinnì, Punta Fundu de Forru e Perda Niedda, con il vertice opposto di punta Serra Tinnì, costituisce un triangolo, attraversato dal Rio Tiny, particolarmente interessante già per la sola toponomastica. La località di Perda Niedda tradisce la presenza di un giacimento di magnetite dal tenore di ferro intorno al 74 %. La Punta Fundu de Forru, indica la presenza di attività fusoria. Il nome del rio e delle sommità dei luoghi dedicate a Tinnì dichiarano palesemente la frequentazione dei mercanti di età
domenica 7 maggio 2017
Archeologia della Sardegna. I Guerrieri di Mont'e Prama, decine di statue in pietra a grandezza naturale che vegliavano sul sonno degli eroi nuragici. Erano Shardana? Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Archeologia della Sardegna. I Guerrieri di Mont'e Prama, decine di statue in pietra a grandezza naturale che vegliavano sul sonno degli eroi nuragici. Erano Shardana?
Riflessioni di Pierluigi Montalbano
A metà degli anni Settanta del secolo scorso, lungo la
strada che collegava il porto nuragico di Tharros nel golfo di Oristano e l’immenso
nuraghe S’Uraki di San Vero Milis, probabile reggia amministrativa della zona, un
contadino che arava il suo terreno a Mont’e Prama si accorse che l’aratro
intercettava pietre lavorate con forme umane. Una serie di campagne di scavo
condotte dagli archeologi Alessandro Bedini prima e Carlo Tronchetti poi,
coadiuvati dai relativi staff di ricerca, portava alla luce una necropoli
nuragica con decine di sepolture a pozzetto di varia tipologia, allineate lungo
un viale funerario che seguiva l’andamento naturale del terreno. Lo scarso
corredo funerario non offriva una cronologia affidabile del sito e gli
archeologi, prudentemente, assegnarono al Primo Ferro l’epoca di realizzazione
dei sepolcri. Indagini più
sabato 6 maggio 2017
Archeologia. Chi erano veramente gli Shardana? Il pensiero dell'archeologo Alfonso Stiglitz
Archeologia. Chi erano veramente gli Shardana?
Il pensiero dell'archeologo Alfonso Stiglitz
Uno dei miti più profondamente radicati nel nostro immaginario quotidiano è quello degli “Shardana dal cuore ribelle”, balentes ante litteram, portatori di un ribellismo permanente, al quale gli ideologi colonialisti (consapevoli o meno) condannano la Sardegna e le altre terre: nobili, ribelli e sconfitti.Agenzie di viaggio, marchi commerciali, libri di successo, società per lo studio della genetica, sono tutti portatori di quel nome e propagatori di una lettura ideologica della storia.
Ma è una storia vera? Chi erano veramente gli Shardana?
Mentre oggi si continuano a ripetere gli stereotipi di un secolo fa, basati su una lettura credulona dei testi propagandistici dei faraoni, in Vicino Oriente gli archeologi scavano i luoghi delle gesta degli Shardana e degli altri “popoli del mare”, fornendoci dati oggettivi sulla loro
Il pensiero dell'archeologo Alfonso Stiglitz
Uno dei miti più profondamente radicati nel nostro immaginario quotidiano è quello degli “Shardana dal cuore ribelle”, balentes ante litteram, portatori di un ribellismo permanente, al quale gli ideologi colonialisti (consapevoli o meno) condannano la Sardegna e le altre terre: nobili, ribelli e sconfitti.Agenzie di viaggio, marchi commerciali, libri di successo, società per lo studio della genetica, sono tutti portatori di quel nome e propagatori di una lettura ideologica della storia.
Ma è una storia vera? Chi erano veramente gli Shardana?
Mentre oggi si continuano a ripetere gli stereotipi di un secolo fa, basati su una lettura credulona dei testi propagandistici dei faraoni, in Vicino Oriente gli archeologi scavano i luoghi delle gesta degli Shardana e degli altri “popoli del mare”, fornendoci dati oggettivi sulla loro
giovedì 4 maggio 2017
Linguistica. Il Fanum Carisi di Orosei: localizzazione precisa del tempio e della divinità pagana al quale esso era dedicato. Riflessioni di Massimo Pittau
Linguistica. Il
Fanum Carisi di Orosei: localizzazione precisa del tempio e della
divinità pagana al quale esso era dedicato.
Riflessioni di
Massimo Pittau
L'«Itinerario
di Antonino» (Itinerarium provinciarum) - compilato sotto l'imperatore romano M. Aurelio Antonino, detto
"Caracalla" (211-217 d. C.), alla metà della strada romana che
seguiva la costa orientale della Sardegna, presenta una mansione o stazione che
chiama Fanum Carisi «Tempio di Carisio» (80.2). Fino ad ora non risulta
localizzata la esatta posizione di questa mansione, anche se si è intravisto
che essa era nel territorio dell'odierno paese di Orosei. E nessuno studioso ha
fino ad ora approfondito e intravisto quale fosse la divinità pagana alla quale
era dedicato il tempio. Ebbene, col mio presente studio mi lusingo sia di
localizzare esattamente il sito del tempio, sia di individuare la divinità
pagana al quale esso era dedicato.
A
mio giudizio il Fanum Carisi si trovava nelle immediate vicinanze
dell'odierno villaggio di Orosei, anzi al
mercoledì 3 maggio 2017
Archeologia, Archeoastronomia e navigazione. Fenici e Greci: La misura del tempo. Riflessioni di Alfonso Stiglitz
Archeologia, Archeoastronomia e navigazione. Fenici e Greci: La misura del tempo.
Riflessioni di Alfonso
Stiglitz
“parva Cynosura. Hac fidunt duce nocturna Phoenices
in alto”.
Archeologia e
astronomia, una navigazione oltre l’orizzonte. Gli uomini hanno delle
stelle che non sono le stesse. Per gli uni, quelli che viaggiano, le stelle
sono delle guide. Per altri non sono che delle piccole luci. Per altri, che
sono dei sapienti, sono dei problemi.
(Antoine de
Saint-Exupéry, Il piccolo principe)
L'intervento è indirizzato a valutare il rapporto tra il
discorso archeologico e quello archeoastronomico dal punto di vista di un
archeologo; valutazione applicata, in particolare, al mio ambito disciplinare
legato al I millennio a.C. e alla cultura fenicia in Sardegna. Apparentemente,
in quest'ambito, non c'è rapporto tra archeologia e archeoastronomia visto che
quest'ultima, per lo meno in Sardegna, ha come tema pressoché esclusivo
l'ipogeismo preistorico, il megalitismo e i nuraghi, quasi che la storia
dell'isola non vada oltre quest'ultima fase. Ritengo, invece, che gli spazi per
un rapporto proficuo ci siano, anche oltre il II millennio a.C. Che i Fenici
abbiano a che fare con l'astronomia è persino banale ricordarlo: per Plinio il
Vecchio «Il popolo stesso dei Fenici gode grande fama per aver inventato le
scienze astronomiche» (Naturalis Historia V, 67). È ovvio che si tratta di una
esagerazione, ogni gruppo sociale in ogni epoca, dalle
lunedì 1 maggio 2017
Archeologia. Una cometa colpì la Terra nell’11.000 a.C.: la scoperta a Gobekli Tepe
Archeologia. Una cometa colpì la Terra intorno all’11.000
a.C.: la scoperta a Gobekli Tepe
Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Tredicimila anni fa uno sciame di comete devastò la Terra modificando
l’inclinazione dell’asse terrestre e causando l’estinzione di grandi animali come i mammut e provocando un raffreddamento globale che durò parecchi secoli. Un gruppo di
ricercatori dell’Università di Edimburgo ha studiato i bassorilievi scavati nel 1995 a Gobekli Tepe, nel Sud della
Turchia.
Già in questo quotidiano parlammo di questo sito archeologico, con un approfondimento che metteva in evidenza le grandi potenzialità di studio che offrivano gli scavi. Potete leggerlo al link http://pierluigimontalbano.blogspot.it/2011/10/il-mistero-di-gobekli-tepe-in-turchia.html
Già in questo quotidiano parlammo di questo sito archeologico, con un approfondimento che metteva in evidenza le grandi potenzialità di studio che offrivano gli scavi. Potete leggerlo al link http://pierluigimontalbano.blogspot.it/2011/10/il-mistero-di-gobekli-tepe-in-turchia.html
Una delle stele, quella dell’avvoltoio, ha catturato l’attenzione degli archeologi perché riproduce, attraverso la rappresentazione di simboli animali, una serie di costellazioni,
indicandone la posizione nel cielo. Con un programma di informatica è stato
possibile stabilire che le stelle si trovavano in quel punto esattamente nel
10.950 a.C., alla fine del Pleistocene. Altri bassorilievi mostrano la
caduta delle comete e un individuo decapitato indica la perdita di un gruppo di
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