sabato 31 dicembre 2016
Archeologia. La Sardegna antica nel cuore del Mediterraneo: un'intervista di Francesca Bianchi a Pierluigi Montalbano
La Sardegna antica nel cuore del Mediterraneo: un'intervista a Pierluigi Montalbano
di Francesca Bianchi
FtNews ha avuto il grande piacere di intervistare lo
scrittore Pierluigi Montalbano,
studioso di paleostoria che dirige il quotidiano di storia e archeologia e
organizza conferenze e incontri sulla storia della Sardegna. Presidente di
Honebu e relatore in ambito storico-archeologico in convegni, collabora con una
équipe su temi riguardanti la navigazione antica, i relitti sommersi del Bronzo
e del Ferro e i commerci fra Oriente e Occidente mediterraneo. Durante la
nostra conversazione, Montalbano ha parlato del suo ultimo libro e di alcuni
lavori pubblicati nel corso degli ultimi anni, spaziando dai commerci nel Mar
Mediterraneo durante l'età del Bronzo ai Fenici, dalla Sardegna nuragica ai
"Popoli del Mare".
Recentemente ha
dato alle stampe il libro "Porti e approdi nel Mediterraneo antico. Quando i Fenici
solcavano i mari", che prende in esame gli antichi
traffici commerciali dal punto di vista economico, l'analisi dei ritrovamenti e
dei reperti archeologici. Allo stato attuale degli studi, cosa si può dire
della storia umana, culturale e religiosa dei navigatori che 3000 anni fa si
muovevano nel Mediterraneo?
Ogni nuova ricerca
aggiunge tasselli al grande mosaico culturale che prese corpo nel “Lago
Mediterraneo”, inteso come culla di grandi civiltà antiche nel paesaggio
geografico mondiale. Oggi sappiamo che lo strumento più efficace di diffusione
di una cultura è la comunicazione scritta nelle sue varie forme: alfabeto
odierno, caratteri cuneiformi, pittogrammi, geroglifici e altri segni. Chi
possedeva la scrittura era in grado di raccontare una storia rendendola
immortale. Egizi, greci e latini riuscirono nell’intento regalando pagine della
loro storia ai posteri. Fu così che
la tradizione orale e i racconti delle
avventure dei viaggiatori si concretizzarono in alcune opere letterarie che
oggi conosciamo: Bibbia, Iliade, Odissea per citare le più celebri. Attraverso
il filtro dell’archeologia, gli studiosi cercano di verificare se quei racconti
hanno un fondo di verità. Ad esempio, sappiamo che i grandi mercanti d’alto
mare che utilizzavano le vie commerciali costiere lasciavano tracce facilmente
interpretabili: relitti con il loro carico, edifici, manufatti. Seguendo queste
tracce possiamo stabilire gli approdi frequentati, le direzioni delle merci e
lo sviluppo di tecnologie che intrecciavano conoscenze condivise.
Chi erano
esattamente i Fenici?
Erano quelle genti
che viaggiavano per mare portando merci e idee negli approdi che li ospitavano.
Arrivavano da tutto il Mediterraneo, da Oriente e da Occidente, e in ogni porto
c’erano marinai che sbarcavano e altri che si imbarcavano in navi che
ampliavano i loro orizzonti. Si tratta di ciprioti, cretesi, siriani, greci,
sardi, nord-africani, iberici, e altri, appartenenti alle celebri città-stato
dell’antichità: Biblo, Sidone, Tiro, Amrit, Micene, Cadice, Huelva e tutti gli
altri nuclei portuali lungo le coste, comprese quelle del Nord Africa. Non sono
identificabili in una nazione come la intendiamo oggi. Avevano usi, tradizioni,
riti, divinità e potere diversi fra loro. In passato pensavamo fossero genti
del Vicino Oriente, precisamente della zona dell’attuale Libano. Oggi sappiamo
che la loro provenienza e il loro raggio d’azione erano molto più estesi.
Quali rapporti instauravano questi mercanti con le
popolazioni locali, con i villaggi e le tribù nuragiche?
Erano mercanti, e come tali avevano necessità di
mantenere ottimi rapporti con le genti che incontravano. Sbarcare in un approdo
ostile porta guai seri, come raccontava anche Omero nell’Odissea, e transitare
sotto costa in zone nemiche era morte certa.
Chi si imbarcava in
queste lunghe navigazioni e quali beni venivano commerciati?
Erano navi internazionali, e gli equipaggi erano
misti. Si commerciavano soprattutto metalli e merci preziose come manufatti in
avorio, oggetti di lusso per le corti e derrate alimentari.
Quali erano i porti
più importanti del Mediterraneo raggiunti dai Fenici? Che cosa è venuto alla
luce nel corso delle campagne di scavo in quei siti?
Secondo il periodo notiamo la supremazia di alcune
città sulle altre, è difficile elencarle tutte. Diciamo che decine di porti si
alternavano nell’amministrazione delle merci che viaggiavano. Le tracce più
evidenti si trovano nelle anfore trovate nei bassi fondali dove il contenuto è
rimasto “conservato” sotto il fango. Già le forme dei vasi offrono indicazioni
precise sulla provenienza perché, oggi come allora, c’erano le mode: il gusto
per l’esotico è sempre esistito, e quando una nuova anfora compariva sul
mercato in breve tempo si adottava la nuova forma. Naturalmente la funzionalità
era sempre tenuta in primo piano. Riconosciamo i vasi dalle anse, dal collo,
dalla bocca e dalle decorazioni. Ogni periodo ha le sue.
Lei dedica un
capitolo alla religiosità dei Fenici. Cos'erano i Tofet e a quale uso erano
destinati?
Il dibattito è ancora aperto. Fino a qualche anno fa
si pensava che fossero dei luoghi di sepoltura per vittime sacrificali,
soprattutto bambini. Oggi gli studi convergono sull’ipotesi che si tratti di
santuari a cielo aperto nei quali si deponevano i bimbi nati morti o deceduti
nei primi anni di vita. Probabilmente c’era un rito di passaggio, simile al
nostro battesimo cristiano, per accedere alla comunità degli adulti. Nei tofet
si seppelliva chi moriva prima del rito di iniziazione.
Abbiamo
testimonianze archeologiche che ci autorizzano ad affermare con certezza che i
Fenici giunsero anche in Puglia e nel Salento?
I materiali che circolavano nel Mediterraneo erano
comuni a tutti i popoli che avevano accesso al mare. Le popolazioni locali
ospitavano i nuovi arrivati e consentivano l’integrazione pacifica. E’
improponibile una teoria che vede l’Adriatico escluso dalle rotte navali.
Diciamo che la ricerca archeologica procede lentamente ma inesorabilmente, e
oggi abbiamo la possibilità di confrontare i reperti in tempo reale tramite i
mezzi informatici. Laddove era forte la presenza greca, come in Puglia e nel
Salento, i manufatti d’importazione fenicia ebbero problemi a diffondersi.
Tuttavia, le mode influenzavano le forme, i colori e i materiali dei manufatti,
e anche quei luoghi, tradizionalmente legati alla matrice greca, finirono per
sintetizzare i gusti e accontentare un grande bacino di clienti. Ecco, quindi,
comparire materiali che assegniamo ai greci ma, in realtà, sono frutto della
fusione fra locali, greci, fenici e altri. C’è commistione stilistica.
Si dice che i
Fenici siano stati i primi a usare la scrittura alfabetica. E' vera questa
affermazione?
I Fenici sono artefici della diffusione, non
dell’invenzione. Con il crollo dei grandi imperi come Egizi, Ittiti, Micenei e
Mitanni, scomparve la casta degli scribi, e si adottò un sistema di scrittura
semplificato che consentiva di compilare registri, stipulare accordi
commerciali o politici, e contabilizzare le risorse. Serviva un sistema di
scrittura facile e condiviso, e i fenici lo “istituzionalizzarono” per
convenienza.
Gli Antichi Sardi
navigavano?
Certo, come tutti gli altri popoli che si affacciano
sul mare. Chi vive lungo le coste utilizza il trasporto marittimo come mezzo di
comunicazione senza barriere. Ancora oggi, ad esempio, se hai una barca idonea
alla navigazione d’altura, puoi girare il mondo senza grosse difficoltà.
Nel 2012 ha scritto
"Sardegna. L'isola dei Nuraghi".
Si può dire con precisione quando furono costruiti i primi nuraghi e che
funzione avevano?
Ci sono tre periodi di costruzione. Il più antico iniziò
intorno al XVIII a.C. con degli edifici privi di torri e attraversati da un
corridoio munito di scala per accedere alla parte superiore, il bastione. Sono
chiamati nuraghi a corridoio, o a bastione, o orizzontali. Alti circa 5 metri,
sono caratterizzati da una massa muraria notevole, e non ci sono spazi interni
utilizzabili per funzioni vitali. Penso utilizzassero il bastione per scopi
legati al controllo del territorio e delle baie. In un secondo momento, dal XV
a.C., compaiono i primi edifici verticali. Sono le torri che oggi si notano nel
paesaggio sardo. Non presentavano ancora camere circolari e chiusura a tholos,
ma sono già funzionali, oltre al controllo del territorio, anche come luoghi per
manifestare il potere da parte dei leader delle comunità. Sono, probabilmente,
dei luoghi di rappresentanza del potere politico e del potere spirituale, ma la
questione è dibattuta. L’ultima tipologia è quella a tholos, con edifici
straordinari che risolvono questioni statiche notevoli, come ad esempio la
sovrapposizione di tre torri a cupola per arrivare ad altezze di 27 metri. A
parte le piramidi, che però sono tombe, nessun popolo sul pianeta riusciva a
sovrapporre tre torri vivibili, dotate di scale, corridoi, grandi nicchie,
silos, cortili con pozzo e sistemi idraulici sofisticati. Direi che i nuragici
furono eccellenti architetti e straordinari artigiani della pietra.
Come si spiega
l'importanza dei nuraghi anche dal punto di vista astronomico?
Costruire un edifici comporta la soluzione di problemi
organizzativi che aumentano con la grandezza della struttura. Tutte le
variabili costruttive devono essere tenute in gran conto, compresa la
protezione dai venti dominanti, l’esposizione alla luce del sole e la garanzia
di vivibilità o di rispetto del motivo che ha ispirato la costruzione.
L’ingresso dei nuraghi è rivolto generalmente a sud-sud/est, e in Sardegna
questa esposizione è quella che ancora oggi è preferita per le case. Il legame
con sole o luna o altri astri è certamente esistente, ma dubito che la funzione
di quei poderosi edifici sia finalizzata a motivi astronomici.
Questi
imponenti edifici ricordano le fortificazioni megalitiche di Tirinto, di
Micene, di Hattusa, in Asia Minore. Furono gli architetti sardi a diffondere
nel Mediterraneo la tecnica costruttiva megalitica o ci furono influenze
culturali reciproche tra le diverse civiltà che diedero vita alle monumentali
fortificazioni, presenti in tutti i paesi che del Mediterraneo?
Ogni giorno che passa vado convincendomi sempre più che gli
architetti sardi diffusero le loro conoscenze presso i popoli che
frequentavano. Teniamo conto che la sovrapposizione delle pietre non è certo
nata in Sardegna. Vedo i segni più antichi del megalitismo nell’Europa del
nord, pur se è difficile capirne la diffusione. L’isola fu frequentata da genti
di cultura megalitica fin dal Neolitico recente, e vista la ricchezza di
risorse come ossidiana, rame, argento e altri metalli, convogliò genti da ogni
dove assorbendone le conoscenze e applicandone le tecnologie. E’ facile pensare
che i sardi a loro volta esportarono le tecniche e aprirono botteghe
artigianali. Vedo l’evoluzione umana come ciclica e non ritengo utile proporre
il luogo di origine di un fenomeno. Quando qualcosa funziona bene e risponde a
un’esigenza viene immediatamente utilizzata, chiunque sia il produttore.
Recentemente è
intervenuto in videoconferenza al Castello Ruffo di Scilla, nel corso della
presentazione del libro "Popoli del
Mare - Cenni preliminari" dello studioso Oreste Kessel Pace. Chi erano
questi misteriosi "Popoli del Mare"?
La coalizione di guerrieri conosciuta con il nome di “Popoli
del Mare” operò nel Vicino Oriente dopo la metà del XIII a.C. provocando
gravissime crisi politiche negli imperi più potenti dell’epoca, compreso
l’Egitto. Si riversarono a ondate successive in quei luoghi dove era garantita
la sopravvivenza alimentare. Il Nilo, con i suoi molteplici raccolti annuali,
era meta ambita per tutte le genti dell’antichità, e una serie di eventi
naturali, ad esempio un clima arido che favorì le carestie, convinse i capi di
etnie, anche lontane, ad allearsi per attaccare le città costiere del Mediterraneo
orientale. Caddero, una dopo l’altra, tutte le città stato greche, turche e
cananee, e l’amministrazione di questi luoghi passò ai leader delle coalizioni.
Solo il faraone Ramesse III, intorno al 1170 a.C. riuscì a impedire il tracollo
del suo popolo. In una celebre battaglia navale combattuta nel Delta del Nilo,
ricordata in poemi e bassorilievi scolpiti nei templi egizi, affrontò i Popoli
del Mare e li convinse a deporre le armi. Questa pace costò all’Egitto la
perdita di molte province che passarono ai nemici. Tutte le nuove
amministrazioni si spartirono i territori più fertili e da quel momento
l’Egitto perse la sua posizione preminente nel panorama politico mondiale.
Quali elementi
ci inducono ad affermare che gli antichi Sardi devono essere annoverati
fra i “Popoli del Mare”?
E’ un
discorso lungo che non si può riassumere in poche righe, tuttavia gli Shardana sono
menzionati più volte nei testi che raccontano le guerre nelle quali furono
coinvolti i Popoli del Mare. Nei templi egizi più importanti sono visibili i
dettagli in bassorilievo di guerrieri con specifici attributi riconoscibili, ad
esempio armi e vestiario. Quei dettagli sono gli stessi che troviamo nei
bronzetti sardi e nella grande statuaria a tutto tondo conosciuta con il nome
di Giganti di Monte Prama. Per questi, e altri motivi, abbiamo la certezza che
in Sardegna vivevano gli stessi eroi che combatterono quelle guerre. Inoltre,
la Stele di Nora, il testo scritto più antico di tutto l’Occidente, trovato
proprio nella città della costa sud-occidentale sarda, riporta
inequivocabilmente ad attribuire alla Sardegna il luogo nel quale risiedevano
gli Shardana.
Quali motivi
hanno portato i "Popoli del Mare" a combattere contro gli Egizi?
Le guerre sono sempre figlie della folle idea di conquista
che distingue l’uomo dall’alba dei tempi. Ciò che sorprende non è il motivo che
spinse quegli uomini a combattere ma l’avversario: gli egizi erano la più
potente macchina da guerra dell’antichità. E’ evidente che ci furono motivi
concatenati che provocarono un indebolimento della potenza egizia. Forse crisi
interne di successione, o qualche cataclisma, o la ricerca della sopravvivenza
da parte di moltitudini di popoli che riuscirono a mettersi d’accordo verso un
bersaglio. I motivi furono sicuramente vari e contemporanei.
Una
delle navi più antiche del Mar Mediterraneo, rinvenuta in ottimo stato di
conservazione, è una barca egizia. Gli antichi Egizi navigavano per mare?
Abbiamo
raffigurazioni dei viaggi organizzati dai faraoni nei quali si notano
imbarcazioni gigantesche dotate di ampie vele e attrezzate per affrontare
lunghe traversate, ad esempio quello della regina Hatshepsut, figlia del
faraone Thutmose I. Al momento della morte del sovrano, il successore Thutmose
II, per confermare il suo diritto al trono, sposò Hatshepsut attribuendole il
titolo di grande sposa reale. Autocelebratasi faraone nel 1479 a.C., questa
donna preparò una flotta nel suo IX anno di regno e la inviò in Somalia per
approvvigionarsi di mirra e incenso, oltre ad animali esotici e altri tesori.
Questa spedizione è documentata dai rilievi del tempio funerario di Deir
el-Bahari e vede 5 grandi navi che vengono caricate di viveri per la
traversata.
Quali
erano i rapporti tra gli Egiziani e i Nuragici nell'età del bronzo?
I rapporti commerciali degli egizi erano sempre a
largo raggio e interessavano tutti quei luoghi nei quali era possibile
acquistare metalli come rame e argento. La Sardegna era una delle zone più
ricche di queste preziose materie prime e i leader delle comunità sarde
entrarono certamente nell’orbita dei traffici egizi. In seguito potrebbero
esserci stati accordi militari perché se, come penso, gli Shardana erano di
stanza in Sardegna in epoca nuragica, siamo a conoscenza dell’acquisizione di
spadaccini e altri specialisti nella guerra che finirono al soldo del faraone
Ramesse II per combattere contro gli Ittiti. E’ facile pensare che queste
avanguardie militari furono teste di ponte per una collaborazione stretta fra
milizie sarde ed eserciti egizi. C’è da dire che questa proposta intriga non
poco gli studiosi sardi, ma trovare prove concrete di questa ipotesi non è
facile.
Nel 2007 è
uscito un Suo libro dedicato alle navicelle bronzee nuragiche. Quali funzioni
avevano queste imbarcazioni bronzee?
Erano una rappresentazione simbolica e in miniatura delle
barche che solcavano i mari. Nelle 156 piccole sculture di bronzo conosciute,
distinguiamo 3 tipologie principali che si differenziano secondo l’utilizzo:
barche palustri, navi da carico, navi da pesca sotto costa. Naturalmente si
tratta di modellini di qualche decina di centimetri e rivestono un valore
simbolico. Poiché sono state trovate prevalentemente in luoghi sacri, ossia
sepolcri e templi dell’acqua, la mia proposta è che si tratti di offerte votive
legate alla religiosità dell’epoca. Erano barche dedicate alle divinità da
marinai scampati a un naufragio, oppure mezzi che dovevano accompagnare i
defunti nel viaggio verso l’aldilà. Non possiamo scindere il loro aspetto
religioso da quello realistico. I sardi conoscevano bene le tecniche
marinaresche e riversarono tutta la loro conoscenza in questi eleganti oggetti
per concepire un mondo dove spiritualità e concretezza si univano in una
suggestiva alchimia.
Attualmente sta
lavorando a qualche progetto?
Ho in preparazione un lavoro divulgativo legato proprio ai
bronzetti e alla religiosità. E’ nella prima fase di studio, quella della
raccolta dati, e trascorrerà tutto il 2017 prima di concretizzarsi in una
pubblicazione.
Fonte: http://www.ftnews.it/articolo.asp?cod=947&titolo
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Egregio dott.Montalbano vorrei porLe alcune domande per semplice curiosita popolare. I fenici come nascono ? E quando ? Erano in parte sardi di ritorno dal levante ( tiro e sidone ) ? Potrebbe essere piu preciso al riguardo ?
RispondiEliminaRimango in attesa di vostra risposta.
Buone feste e buon anno.
Cordiali saluti.
Il lettore Antonio Spissu
I fenici sono identificabili in quei mercanti che mediavano le merci nel Mediterraneo all'inizio del I millennio a.C. Erano in parte sardi perché la Sardegna era coinvolta negli scambi e nei traffici che durante le età dei metalli, e quando le merci circolano si formano delle alleanze e si fanno contratti. I sardi circolavano, come tanti altri, e ancora oggi si viaggia e ci si integra nei luoghi dove si arriva. Nel Vicino Oriente, e altrove, arrivarono sardi e alcuni di essi decisero di stabilirsi lì mescolandosi con i locali. E' possibile che qualche figlio e qualche nipote decise di ritornare nella terra degli antichi avi, ma ciò avviene ancora oggi quando i sardi emigrano in Germania, in Francia e altrove. Tutti gli equivoci nascono nel momento in cui si vuole, forzatamente, attribuire una nazionalità ai fenici. Esiste un'età fenicia, ossia un epoca in cui il Mediterraneo era frequentato da genti che vivevano dall'intermediazione di merci e tecnologie (conoscenze e tecniche di lavorazione). Aprivano botteghe, creavano mode, si sposavano con i locali...esattamente come avviene oggi. Nel giro di tre generazioni (50 anni circa) la nazionalità scompare. L'epoca fenicia durò mezzo millennio...non ritengo affidabile cercare l'origine di quelle genti. Erano genti mediterranee.
RispondiElimina