sabato 10 dicembre 2016
I riti di iniziazione e di passaggio, cerimonie pubbliche che simboleggiano l'ingresso di un individuo in un nuovo status.
I riti di
iniziazione e di passaggio, cerimonie pubbliche che simboleggiano l'ingresso di un individuo in un nuovo status.
In tutte le
società antiche il passaggio dall’età infantile a quella adulta rivestiva una
grande importanza, perché attraverso i riti di passaggio o iniziazione, la
comunità riconosceva gli individui appartenenti ad essa e la loro veste
sociale. Per poter far parte di una comunità l’individuo doveva dimostrare di
condividerne i valori culturali e sociali, alcuni di essi legati alla classe
d’età e allo status, altri erano assoluti ed uguali per tutti i membri del
gruppo. I riti di passaggio consistono in cerimonie pubbliche che hanno la
funzione di mostrare alla comunità che l’individuo, o una classe di individui,
ha acquisito determinate conoscenze e che quindi da quel
momento in poi può
essere integrato in una nuova classe d’età o in un nuovo gruppo sociale
caratterizzato da altri diritti e doveri. A volte l’individuo era assoggettato
ad un periodo di marginalità sociale. Queste cerimonie generalmente vengono
identificate in 2 tipi: quelli di iniziazione a classi d’età (tra cui
nascita, matrimonio e morte) e quelli di iniziazione a gruppi sociali
importanti (sacerdoti, indovini, guaritori, fabbri, membri di gruppi
particolari ecc.). Come nei riti dove si celebra ad esempio l’uscita
dell’inverno e l’ingresso nella nuova stagione di fertilità, nel passaggio
poteva essere presente tutta la comunità. Questi riti hanno comunemente una
struttura tripartita: una cerimonia iniziale stabilisce una separazione che
simboleggia il distacco dell’individuo dalla famiglia o dal corpo sociale: egli
si allontana e uscendo dallo spazio civilizzato, muore agli occhi della
comunità. In questo modo viene appunto celebrata la morte rituale. Successivamente
vi è una fase di marginalità, durante la quale l’iniziato vive in spazi
predeterminati (campagne, boschi, grotte, isole), spesso accompagnato da un
adulto con funzione di educatore. La fase di marginalità può essere anche di
brevi periodi, come l’immersione in un calderone, un tuffo in mare o la
scomparsa sotto un velo o un mantello. Vi sono momenti in cui i periodi di
marginalità si possono ridurre a semplici processioni. È il caso di
quelle celebrazioni annuali in cui i partecipanti sono condotti dalla città ai
confini del territorio o presso i santuari. Il ritorno alle famiglie o nella
città rappresenta una rinascita e viene celebrato con una cerimonia di aggregazione.
L’individuo ha un nuovo ruolo sociale e una nuova identità, a volte
sottolineata dal cambio di nome. Anche nella letteratura celtica irlandese
troviamo questo tipo di usanza.
La figura
dell’adulto iniziatore, soprattutto in età arcaica, assolve un ruolo
fondamentale: a lui la comunità o la famiglia affidano la preparazione del
giovane al rito di passaggio o la sua formazione nella fase di marginalità,
sottoponendo il giovane a prove che possono essere anche mortali o impone tabù
comportamentali (astinenza sessuale o alimentare, cibi particolari, linguaggi
speciali, modalità di comportamento), la cui trasgressione comporta il fallimento
dell’iniziazione e la morte sociale dell’individuo. Consueta è la
trasfigurazione in uomo-animale, riconducibile a pratiche di travestimento che
dovevano testimoniare lo status speciale dell’iniziatore e il suo contatto
privilegiato con il mondo della natura.
Nel mito greco, ad
esempio, la figura del centauro Chirone, maestro dei più celebri eroi,
specializzato appunto nell’educazione dei giovani, insegnava loro le tecniche
di caccia e di guerra. I giovani spartani invece dovevano intraprendere un
periodo di marginalità chiamato krypteia (una parte “dell’agoghé”),
nelle foreste e nelle campagne, vivendo e comportandosi come lupi. I giovani
appendevano le proprie vesti su un albero e si tuffavano in un lago dal quale
uscivano “trasformati” e dovevano vivere per nove anni alla macchia, senza
prendere mai contatto con la civiltà. Questi rituali sviluppavano le capacità
di sopravvivenza e l’astuzia dei giovani, come nel caso di Sparta, dove il
rituale di aggregazione prevedeva che essi mostrassero la destrezza e il coraggio
acquisito rubando le offerte dall’altare di Artemide, mentre i compagni li
fustigavano a sangue. Nelle famiglie aristocratiche irlandesi il ruolo
dell’iniziatore veniva solitamente affidato ad un membro della famiglia
materna, nonno o zio. Nel rito di passaggio ha un significato simbolico anche
il taglio di capelli, che per i giovani coincide comunemente con l’ingresso
all’età adulta, testimonia la fine dell’adolescenza (in cui un ragazzo può
essere scambiato per una ragazza) e al tempo stesso raffigura la sua rinascita
(la rasatura lo rende simile ad un neonato).
La maturità presso i celti
Dell’esistenza
di riti di passaggio all’età adulta per i giovani Celti non abbiamo notizie
certe, però possiamo comparare alcune fonti riguardanti popoli coevi (Germani)
dello stesso ceppo di origine (indoeuropei):
“Nessun affare
trattano, né pubblico né privato, se non armati ma, per consuetudine, nessuno
prende le armi se non quando la comunità l’ha giudicato idoneo. Allora, in
assemblea, uno dei capi o il padre o un parente ornano il giovane dello scudo e
della framea: questa è per loro la toga, questo il primo attestato d’onore per
i giovani: prima di quel momento sono considerati parte della famiglia, poi
dello stato.” Tacito –
Germania, Par. 13
“È diventata
consuetudine presso i Catti una pratica adottata, ma raramente e solo a seguito
di personale ardimento, anche da altri popoli germanici: si lasciano crescere,
appena entrati nella giovinezza, i capelli e la barba e non cambiano
quell’aspetto del volto, promesso in voto e consacrato al valore, se non dopo
aver ucciso un nemico. Sopra le spoglie insanguinate scoprono la fronte e solo
allora pensano di aver pagato il prezzo della loro nascita e si ritengono degni
della patria e dei genitori: ai vili e agli incapaci in battaglia rimane
l’aspetto incolto.” Tacito – Germania, Par. 31
Quindi anche i
Celti avevano i loro riti di passaggio, ma come stabilire quando effettivamente
questo avvenisse? Soffermandoci sulla presenza di armi in alcune sepolture in
contesto gallico, dove il defunto dai rilievi effettuati risulta
particolarmente giovane (es. 10-15 anni da alcune tombe della necropoli di
Monte Tamburino, Bologna), possiamo ipotizzare già un individuo iniziato alla
maturità, a ruolo di guerriero. Le armi però non sempre sono una diagnostica
che indica la posizione sociale di un uomo: possiamo ipotizzare che questi
giovani fossero effettivamente dei guerrieri già iniziati alla guerra, oppure
che le armi stesse deposte nelle tombe attribuiscano un ruolo che in vita non
avevano ancora avuto modo di ottenere. Vi sono circostanze, infatti, che
determinano per l’individuo morto, un passaggio alla maturità prima del suo
raggiungimento in vita. È il caso di una tomba a Lazisetta di S. Maria di Zevio
(VR): la presenza di elementi di un carro da guerra insieme ad una panoplia
completa e alcune monete, vengono ritrovati con uno scheletro di bambino tra i
5 e i 7 anni. Il senso del rito di passaggio ha quindi un valore simbolico ma
anche spirituale, che nel corso dei secoli ha differenziato i popoli e le tribù
antiche. Dall’iniziazione si rinasce ad una condizione adulta, in quanto
durante questo periodo i giovani vengono fatti rinascere in una dimensione
diversa da quella quotidiana: sono introdotti nella sfera del sacro:
“Colui che
passa, nel corso della sua vita, attraverso queste alternative, si trova a un
certo momento, per il gioco stesso delle concezioni e delle classificazioni, a
far perno su sé stesso e a volgersi al sacro anziché al profano.” (Van
Gennep).
Nell’esperienza
di iniziazione è racchiuso l’accostamento alla concezione del mondo attraverso
le credenze, i valori spirituali, la storia sacra della propria comunità,
valori che sono trasmessi al fine di modellare l’uomo e di esporlo a questo
insieme di immagini e contenuti mitici. Nella concezione arcaica l’uomo dunque
è fatto, non è lui a farsi da solo. L’esposizione al mito durante
l’iniziazione, e perciò il rito di passaggio stesso, assumono un’importanza
notevole sia per l’individuo iniziato, che per la comunità stessa.
Fonte: https://ambatii.wordpress.com
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