Senza la scelta fatidica dell’imperatore Costantino (ca. 280-337 d. C.), il quale privilegiò il culto cristiano – altresì garantendo per mezzo dell’ Editto di Milano del 313 la libertà di religione in tutto l’impero -, forse il cristianesimo non avrebbe mai raggiunto la popolarità e diffusione che riscontrò in tutto il mondo. Altro fattore decisivo allo sviluppo del cristianesimo fu l’organizzazione ben funzionante della Chiesa Cattolica, che già alla fine del I secolo d. C. aveva assunto la sua struttura portante ed era in grado di effettuare un’efficiente missione di apostolato. Quando poi l’imperatore Teodosio (ca. 347-395 d. C.) innalzò il cristianesimo a religione di Stato, la vittoria dell’astro Gesù era ormai suggellata. Con somma sfortuna per i seguaci dei tanti altri culti esistenti nell’impero, che si videro da un momento all’altro accusati di paganesimo ed eresia, e quindi sottoposti a crudeli persecuzioni. Dunque Costantino spianò la via a Teodosio, il luminoso percorso che portò alla vittoria del cristianesimo. Lo storico Hartwig Brandt osserva:
sabato 24 dicembre 2016
Miti, tradizioni e leggende: La corona di Mitra, l’aureola di Gesù, la luce del sole e la festa di Natale
Miti, tradizioni e leggende: La
corona di Mitra, l’aureola di Gesù, la luce del sole e la festa di Natale
di
Sabina Marineo
Al primo sguardo
sembrerebbero due estremi: lo splendore luminoso del giorno e il chiarore
argenteo della luna d’inverno, il trionfo della natura illuminata dai raggi del
sole e il silenzio freddo dell’Avvento, quello denso di timore sacro che
accompagna la nascita divina. Eppure alle radici del Natale c’è proprio una
festa dedicata al sole, al Sol invictus, l’astro invitto e quindi anche
invincibile, quello che sempre sconfiggerà la tenebra, la luce della notte per gli
iniziati ai misteri sacri. Da festa pagana del Sole a commemorazione della
nascita di Gesù.
Il sole
affascina l’umanità dall’alba dei tempi, e il motivo è ovvio. Senza il sole,
così come senza l’acqua, non ci sarebbe vita sul pianeta. Al suo splendore rosso-dorato
è contrapposto il fievole chiarore lunare. Sol e Luna,
due elementi di primaria importanza negli scritti alchemici. Giorno e notte.
Caldo e freddo. Maschile e femminile, per quanto in altri idiomi il ruolo
maschile spetti alla
Luna e quello femminile al Sole. Nella lingua tedesca: der Mond (maschile: la luna) e die Sonne (femminile: il sole).
E se la luna,
come scriveva il mago Agrippa da Nettesheim nella sua Occulta Philosophia, era lo scrigno
di tutti i segreti degli antichi, il sole rappresentava invece il centro
dell’universo, la sapienza raggiante, la luce della Conoscenza, lo spirito di
tutte le cose. Il mitico Ermete Trismegisto lo identificò con una divinità
maschile invisibile ma sempre presente, il Nascosto. Il faraone eretico
Akhenaton ne fece il dio per eccellenza, l’incontrastato Aton signore del
cielo.
Eppure la
divinità accadica maschile Shamash, raffigurata con il disco solare a otto
raggi davanti a sé e la fune di misurazione in pugno, originariamente era…una
donna. Cambiò sesso in seguito all’incontro con il dio del sole sumero Utu,
allorché si fuse con l’immagine di questi e divenne tutt’uno con essa. Così si
trasformò in un potente signore barbuto dal copricapo cornuto. Il santuario
principale di Shamash era la ziqqurat di Sippar, città del sole per
antonomasia, in cui venivano conservate le tre tavole della Conoscenza.
Nel cielo
egizio, quale pendant di Shamash, splendeva il dio Ra. Il suo ingresso
ufficiale nel pantheon degli dèi risale alla III dinastia, fu allora che le sue
immagini giunsero a decorare i templi di re Djoser. Forse il fulgore dei suoi
raggi aveva oscurato l’importanza di un culto stellare originario che continuò
a esistere, ma asservito al dominio di Ra. Signore guerriero, Ra presenta
intriganti paralleli con le divinità protoindoeuropee del cielo sempre pronte
alla battaglia. Al suo fianco c’è Horus, il falco, che colpisce i nemici con
l’arpione. E come i signori indoeuropei portavano il loro carro di battaglia
con sé sin nella tomba, così i faraoni egizi si fecero seppellire accanto
alla loto barca, la lignea nave di Ra che attraversava il regno del Duat –
l’Oltretomba – durante le ore notturne.
Anche la Roma
antica di Romolo e Remo aveva il suo dio del sole. La tradizione vuole il culto
della divinità Sol Indiges già presente su suolo latino ai tempi della
fondazione, istituito dal leggendario re dei Sabini Tito Tazio. Il Sol Indiges
veniva adorato insieme al suo pendant Luna in un tempio proprio, che era
situato nel Circo Massimo. La giornata in onore del Sol Indiges e della Luna
era il 28 agosto, giorno di fine estate. Ma la popolarità di questa divinità
antichissima aumentò nel periodo finale della Repubblica e il Sole finì per
divenire la divinità protettrice degli imperatori romani.
Vespasiano fece
innalzare in suo onore una statua gigantesca, con Traiano e Adriano l’astro
fece la sua apparizione sulle monete d’oro degli imperatori, i solidi. A
partire dal regno di Commodus, la denominazione invictus divenne un appellativo
degli imperatori romani. Traccia archeologica del passaggio del Sole nelle
pratiche cultuali, è l’iscrizione di un altare del 158 d. C. che recita “Soli Invicto Dei”. Ma già nel I
secolo d. C. il simbolo del Sole accompagnava il nome del dio Mitra, divinità
di origine iraniana le cui radici affondano approssimativamente nel 1400 a.C.
Tale processo
sincretistico appare abbastanza logico, poiché il Mitra iranico veniva da
sempre associato al cielo, alla luce e al calore e, di conseguenza, anche alla
crescita e alla fertilità. Anche Mitra, come Sol, era dispensatore di vita e al
contempo un dio guerriero. Dalla Persia (antico Iran) il culto di Mitra si
diffuse in tutta l’Asia Minore e la Mesopotamia, poi anche nell’impero romano.
Nelle raffigurazioni dell’Urbe, Mitra si presentava come giovane eroe
immortalato nell’atto di sgozzare un toro. Sul suo capo posava il tipico
berretto frigio, attributo che svelava il transfer di tradizione avvenuto
attraverso l’Asia Minore.
Il misterioso culto di Mitra
Il culto di
Mitra era una religione misterica di iniziazione. Poco sappiamo, dunque, sulle
pratiche riservate ai soli iniziati e tenute segrete. In ogni caso i seguaci
del mitraismo si riunivano nel cosiddetto mitreum, un luogo sotterraneo, una caverna, una cripta.
Indicativo del mitreum erano il vestibolo e la caverna vera e propria, stanza
rettangolare con altare, munita di panche alle pareti e detta spelunca. Le panche rivestivano
un’importanza particolare nel santuario, perché i riti in onore di Mitra
prevedevano dei pasti sacri che venivano consumati in gruppo dai fedeli. Una
vicina sorgente d’acqua caratterizzava il mitreum. Diversi simboli che fanno
parte dell’iconografia dell’eroe Mitra, richiamano alla memoria i segni
zodiacali. Secondo alcuni studiosi l’uccisione del toro rappresentava un fase
del ciclo solare, l’equinozio di primavera; secondo altri stava a indicare
l’era astrologica del toro.
Il culto di
Mitra aveva cominciato a diffondersi a Roma nel I secolo d. C., soprattutto
come culto guerresco praticato dai legionari. I più antichi santuari del dio
risalgono al II secolo. Però, già nel III secolo d. C., e proprio in seguito
alla fusione di Mitra con il simbolo del Sol Invictus, il mitraismo stesso
iniziò a impallidire, sopraffatto dal più potente culto solare. Soprattutto
durante il regno di Aureliano, dopo che la madre dell’imperatore, ardente
seguace del Sol invictus, fece costruire un tempio al Sole e fondò una casta
sacerdotale allo scopo di attribuire maggiore ufficialità al culto dell’astro
dispensatore di vita.
Tuttavia
l’importanza del mitraismo nel mondo romano fu talmente grande, che alcuni
studiosi lo considerano il primo concorrente del cristianesimo e altri suo
precursore. Sta di fatto che il culto di Mitra era aperto esclusivamente a un
pubblico maschile, mentre il cristianesimo accolse anche le donne. Ma i
paralleli fra il personaggio Mitra e la figura di Gesù sono tanti. Anche Mitra,
come Gesù, era stato mandato sulla terra dal padre per combattere contro il
Male; anche Mitra era attorniato da dodici seguaci; anche Mitra celebrò con
essi l’ultima cena prima di morire; anche Mitra resuscitò dal regno dei morti;
anche Mitra, in qualità di Sol invictus, ha il capo circondato da un’aureola
(di raggi solari); anche il culto di Mitra parlava di inferno e cielo, di
giudizio universale; anche il giorno dedicato a Mitra era la domenica; anche il
gran sacerdote del culto di Mitra veniva chiamato papa e portava il copricapo frigio di colore rosso, un
mantello rosso, un anello e un bastone pastorale; anche gli iniziati al
mitraismo praticavano un rito di consumazione di pane, vino e acqua.
Poiché il culto
di Mitra è molto più antico del cristianesimo, ovviamente sono stati i
cristiani a inserire nella propria religioni elementi propri al mitraismo, e
non viceversa. Comunque fu dal sincretismo del culto di Mitra e del culto del
Sol invictus che si sviluppò la festività del 25 dicembre, originariamente come
ricorrenza della nascita di Mitra. Era il Dies solis invicti. Nel periodo più buio dell’anno, alla fine
del giorno più breve dell’anno, si festeggiava la festa della luce. Un gesto
dal sapore atavico e propiziatorio, che ricorda senz’altro il calendario
celtico: la festa di Yule (21 dicembre), notte in cui la dea della fertilità
partorisce nel ventre della terra colui che, nel corso del ciclo annuale,
sarebbe diventato il dio della luce e suo nuovo compagno.
La vittoria del cristianesimo
Senza la scelta fatidica dell’imperatore Costantino (ca. 280-337 d. C.), il quale privilegiò il culto cristiano – altresì garantendo per mezzo dell’ Editto di Milano del 313 la libertà di religione in tutto l’impero -, forse il cristianesimo non avrebbe mai raggiunto la popolarità e diffusione che riscontrò in tutto il mondo. Altro fattore decisivo allo sviluppo del cristianesimo fu l’organizzazione ben funzionante della Chiesa Cattolica, che già alla fine del I secolo d. C. aveva assunto la sua struttura portante ed era in grado di effettuare un’efficiente missione di apostolato. Quando poi l’imperatore Teodosio (ca. 347-395 d. C.) innalzò il cristianesimo a religione di Stato, la vittoria dell’astro Gesù era ormai suggellata. Con somma sfortuna per i seguaci dei tanti altri culti esistenti nell’impero, che si videro da un momento all’altro accusati di paganesimo ed eresia, e quindi sottoposti a crudeli persecuzioni. Dunque Costantino spianò la via a Teodosio, il luminoso percorso che portò alla vittoria del cristianesimo. Lo storico Hartwig Brandt osserva:
Senza la scelta fatidica dell’imperatore Costantino (ca. 280-337 d. C.), il quale privilegiò il culto cristiano – altresì garantendo per mezzo dell’ Editto di Milano del 313 la libertà di religione in tutto l’impero -, forse il cristianesimo non avrebbe mai raggiunto la popolarità e diffusione che riscontrò in tutto il mondo. Altro fattore decisivo allo sviluppo del cristianesimo fu l’organizzazione ben funzionante della Chiesa Cattolica, che già alla fine del I secolo d. C. aveva assunto la sua struttura portante ed era in grado di effettuare un’efficiente missione di apostolato. Quando poi l’imperatore Teodosio (ca. 347-395 d. C.) innalzò il cristianesimo a religione di Stato, la vittoria dell’astro Gesù era ormai suggellata. Con somma sfortuna per i seguaci dei tanti altri culti esistenti nell’impero, che si videro da un momento all’altro accusati di paganesimo ed eresia, e quindi sottoposti a crudeli persecuzioni. Dunque Costantino spianò la via a Teodosio, il luminoso percorso che portò alla vittoria del cristianesimo. Lo storico Hartwig Brandt osserva:
“Il passo dal Sol invictus a Gesù Cristo era breve, e il suo
superamento da parte di Costantino fu di certo il risultato di una decisione
pragmatica.” (B. Seewald, “Kaiser Konstantin, der brutale Machtpolitiker” da:
Die Welt online del 02.12.2014)
Nessuna visione
divina sul campo di battaglia, quindi. Nessun “In hoc signo vinces”. Come qualsiasi capo di Stato,
Costantino era in primis un freddo calcolatore. E può essere che, proprio per
un’ironia del destino, quella nuova religione privilegiata dall’imperatore per
appoggiare i propri giochi di potere, un giorno abbia contribuito al
disfacimento dell’impero stesso. Brandt aggiunge:
“I cristiani non furono di certo i becchini dell’impero. Ma una cosa è
chiara: l’impero romano affondava le sue radici in un rapporto di fiducia fra
culti e religione. Questa lealtà fu gravemente lesa e distrutta in gran parte
proprio dall’intolleranza militante del cristianesimo.” (ibidem)
Ora, dalla
penombra della cripta cristiana che tanto ricorda il misterioso mitreum, saliamo
i gradini ed entriamo nella chiesa inondata di luce del giorno. Poi
abbandoniamo anche l’edificio sacro, le superstizioni del passato. Lasciamo le
guerre di religione alle nostre spalle e con esse il colorato universo degli
dèi, la lungimiranza politica della pax romana, l’intransigenza dei primi padri
della Chiesa e i tanti martiri, pagani o cristiani che fossero.
Nel buio di un
inverno come tanti altri e che sempre si ripeterà, cerchiamo la luce dentro noi
stessi. Il divino ci circonda nell’aria che respiriamo, nella bellezza della
natura e di tutte le meraviglie intorno a noi. Adesso possiamo festeggiare il
Natale senza pregiudizi, come si festeggia la notte che precede il ritorno
della luce.
Fonte: http://storia-controstoria.org/personaggi-e-miti/sol-invictus-mitra-da-festa-pagana-del-sole-natale/
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