Si tratterebbe allora di porsi il problema della comparsa dei nuraghi a corridoio, ma, in questo caso, si tratterebbe di un chiaro esempio di proprietà emergente da un progressivo mutare della stratificazione sociale delle comunità neolitiche, con la formazione di una “classe elevata” che
A questo proposito, ho sentito spesso invocare l’argomento che mancherebbero gli edifici intermedi tra nuraghe a corridoio e torre, e da ciò la conclusione che si tratti per questo di edifici privi di un legame sia funzionale sia architettonico. Tale argomento cade di fronte alla constatazione che non si può costruire un edifico intermedio (in pietra, a secco) tra un nuraghe a corridoio ed una torre, per il semplice motivo che non starebbe in piedi: una torre realizzata in pietra a secco è un sistema complesso di conci che interagiscono, e alcune delle proprietà macroscopiche dell’edificio nel suo complesso sono proprietà emergenti indipendenti dalla volontà dei costruttori e rese necessarie da precise richieste di stabilità strutturale. Detto in altre parole, una torre nuragica non è un edificio per architetti, perché si rifiuta di adattarsi a certe richieste, imponendo forme, dimensioni e soluzioni tecniche obbligate. La teoria della complessità descrive bene i fenomeni come la comparsa rapida, in confronto al periodo considerato, delle torri. Se la torre è una proprietà emergente della società dell’epoca, la comparsa della prima deve aver indotto una rapida imitazione dei vicini e la sua diffusione. Comunemente la chiamiamo “moda” ed è appunto una delle tante proprietà emergenti “misteriose” della società umana, o almeno ritenute tali finché non si ricorre alla teoria della complessità. Il fascino di quest’ultima sta proprio nell’avvicinare sistemi apparentemente assai diversi tra loro (ad esempio la società umana e la forma di un edificio) ponendone in risalto la somiglianza dei comportamenti. A questo punto, dobbiamo domandarci se la torre richiese nuove nozioni tecniche e risorse ingenti. Gli elementi architettonici basilari per la realizzazione di un nuraghe a corridoio e/o di una torre non erano nuovi né rivoluzionari. La tholos è presente in ogni parte del mondo da tempi più antichi ed è una soluzione obbligata al problema di ottenere una volta chiusa in una struttura a secco circolare con uno sbraccio ampio (è una proprietà emergente di un insieme di conci che interagiscono tra loro avendo come stabilizzazione l’azione della forza di gravità e l’attrito reciproco). La precisazione è d’obbligo per puntualizzare che i sardi non inventarono la tholos ma posti di fronte al problema ottennero la soluzione corretta, come tutti gli altri, prima e dopo di loro, che si trovarono nella necessità di farlo. Quanto tempo impiegarono e quanti tentativi, non è dato sapere, tuttavia un esame delle torri giunte fino a noi ne segnala di ben realizzate, di mediocri, di eleganti, di tozze, alcune necessariamente riprese con un rifascio al fine di stabilizzarle ed evitarne il crollo. Si và dal capolavoro alla porcheria, tra soluzioni geniali e incomprensibili fesserie. Allora, come adesso, c’erano i costruttori bravi, quelli mediocri e quelli incapaci. Sebbene esistano ipotesi ragionevoli, lo sviluppo delle torri in senso tecnico, a partire da realizzazioni meno sofisticate, non è ancora stato oggetto di indagine seria e completa, né lo sarà nel prossimo futuro perché richiederebbe uno sforzo enorme poiché la datazione di una torre necessita dell’esame stratigrafico degli accumuli antropici, quindi bisognerebbe scavare un gran numero di torri. Probabilmente si cominciò con torri semplici e si progredì come avviene in qualunque ramo della tecnica, non senza morti, crolli, rifacimenti e tentativi successivi di cui non c’è arrivata traccia. La torre nuragica risponde a precise richieste di un committente:
“Voglio una torre in pietra nella quale si possa risiedere, con una scala interna che acceda a un ballatoio superiore praticabile”. Di fronte a queste richieste, non si può che ottenere una torre nuragica, per il motivo ovvio che non esistono altre soluzioni: la dimensione della torre e i rapporti tra le dimensioni sono quasi obbligati. I nuraghi sembrano tutti uguali perché non è possibile altrimenti. Resta inteso che ciascuna torre, naturalmente, appare differente da qualunque altra nei dettagli. Per chiarire il concetto, sarà bene precisare che la dimensione di una torre cava a secco (diametro per altezza) dipende dalle dimensioni dei conci che si riesce a mettere in opera. Con i granelli di sabbia si può costruire una torre da osservare al microscopio, con conci di un metro cubo (possibilmente di forma allungata e di volume decrescente verso l’alto) una torre (cava) alta una ventina di metri.
La distribuzione statistica delle dimensioni e dei parametri di forma delle torri risulta ristretta proprio per questo: i nostri antenati massimizzarono ciò che può essere ottenuto dalle capacità di messa in opera che avevano. Disponendo essenzialmente di forza muscolare umana e animale, di utensili di bronzo e pietra per la sbozzatura dei conci e di sistemi di cordami e legno, sistemi presenti nel bagaglio culturale delle società umane da millenni, quando decisero di realizzare la prima torre dovettero semplicemente mettere in pratica, in un progetto appena più ambizioso di un nuraghe a corridoio, il bagaglio di conoscenze che avevano già. Ci provarono un po’ di volte, e tirarono su la prima torre. Da quella, le altre.
Nessun commento:
Posta un commento