martedì 20 gennaio 2015
Linguistica e lingua sarda. Castro e castrare, di Massimo Pittau
Linguistica. Castro e castrare
di Massimo Pittau
Nella varietà logudorese
della lingua sarda è molto usato l'appellativo castru, crastu, gastru, grastu
coi significati di «ciottolo, sasso, macigno, rocca, roccia, roccione». Esso
compare molto di frequente nella toponimia col significato prevalente di
«macigno, roccia, roccione».
Max Leopold Wagner, nel suo Dizionario Etimologico Sardo (DES I 316) ha fatto derivare
l'appellativo sardo dal lat. castrum
«luogo fortificato» (diminutivo castellum
«castello»; suff. -ell-; Norme 5). Senonché egli non si è accorto, nel
prospettare la sua tesi, di una grossa difficoltà: lo sviluppo semantico
«ciottolo, sasso → macigno → roccia →
rocca → roccaforte →
castello → luogo fortificato» è senz'altro concepibile, quello
inverso è del tutto inverosimile.
Il Thesaurus Linguae Latinae (ThLL) presenta l'appellativo latino
come di "origine dubbia" e il Dizionario
Etimologico Italiano (DEI 801) come "probabilmemte
mediterraneo".
A parere dello scrivente il
lat. castrum è derivato dalla lingua
etrusca, nella quale infatti esistono sia il gentilizio CASTRECE, al quale
corrisponde chiaramente il gentilizio lat. Castricius, documentato in Sardegna (CIL X 7808, 7885, Sardinia), sia il lessema CASTRU (ThLE²). Questo potrebbe significare
«castrone», adoperato come soprannome (cognomen;
e infatti esisteva il gentilizio lat. Castronius
e il cognomen Castricus;
RNG) (alternanza e/i; suff.
-on-/-ů;
Norme 1, 7).
Sempre a parere dello
scrivente il sardo castru
«ciottolo, sasso, macigno, rocca, roccia, roccione» non può derivare dal
corrispondente latino, a causa della suddetta grande difficoltà semantica, ma è
un vocabolo protosardo o paleosardo, che risale cioè alla lingua che parlavano
gli antichi Sardi Nuragici, prima della loro latinizzazione linguistica,
effetto della conquista romana dell'isola.
La conferma viene da questa
serie di toponimi che sono chiaramente protosardi, come dimostrano i vari
suffissi e suffissoidi da cui sono caratterizzati: nuraghe Castrachesu
(Cuglieri), Casturre (Ovodda), Crastaduresu (Bono), Crastadulesu
(identico) e Crastorra (Orotelli), Crastalói
(Sarule), Crastanile (Dualchi).
A. Ernout e A. Meillet, autori del Dictionnaire Étymologique
de la Langue Latine (DELL, IV édit., IV tirage, Paris 1985) hanno mostrato di non trovare alcuna difficoltà a
connettere l'appellativo lat. castrum «luogo
fortificato, castello» col verbo castrare
«castrare, tagliare i testicoli a un animale e pure all'uomo»; e ciò hanno
fatto con il richiamo e con la connessione al sanscrito çastrám «coltello». Sta però di fatto che questa connessione non
abbia convinto – come abbiamo già visto – gli autori dei ThLL e DEI.
Per parte mia faccio notare
che il salto semantico dal significato di «tagliare» a quello di «luogo fortificato»
nel latino e soprattutto a quello sardo di «ciottolo, sasso, macigno, rocc(i)a,
roccione» è eccessivo, non è condivisibile e pertanto va respinto.
Nel sardo castru il significato di «ciottolo,
sasso, macigno, rocc(i)a, roccione» è una singolarità linguistica, la quale
trova riscontro in un'altra singolarità e pure arcaicità, questa etnografica:
nelle zone appartate della Sardegna fino a un secolo fa circa la castrazione
degli animali non si effettuava affatto col “taglio” dei testicoli, ma si
effettuava col loro “schiacciamento” effettuato con “sassi” (uno grosso faceva
da incudine e uno piccolo faceva da “martello”; con quale sofferenza per i
poveri animali noi maschi umani possiamo facilmente immaginare!). Anticamente a
Nùoro il dare un colpo i testicoli di un individuo si diceva tirare una crastada.
Ebbene, con tali arcaicità,
una linguistica e l'altra etnografica, documentate in quella terra fortemente
conservatrice che è la Sardegna, siamo in grado di riscotruire la esatta
trafila semantica e linguistica dei vocaboli e dei fatti citati: protosardo castru «ciottolo, sasso, macigno,
rocc(i)a, roccione», etr.-lat. castrum
«luogo fortificato, castello», castra
«accampamenti»; castrare
«schiacciare i testicoli coi sassi».
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