L’archeologo che ha scavato il Nuraxi di Barumini ha ritenuto di poter affermare l’esistenza del ballatoio terminale nel grande nuraghe in base al ritrovamento, non in situ, ma sparsi nel terreno, di lunghi massi che egli ha considerato “mensoloni”, i quali appunto avrebbero sostenuto il “ballatoio” terminale dell’imponente edificio.
Senonché nessun nuraghe ha mai avuto un “terrazzino o ballatoio terminale”, per il fatto essenziale che lo impediva la tecnica costruttiva di allora, fondata sull’uso esclusivo della “pietra”, per di più senza l’uso di alcuna malta.
Si deve considerare che la costruzione dei ballatoi terminali degli antichi campanili, torri e castelli è stata possibile solamente dopo l’uso di mattoni cotti, cementati da malte molto resistenti. Però nessuno studioso ha mai affermato e tanto meno dimostrato che i nuraghi avessero sulla cima ballatoi costruiti con mattoni e cementati con una qualsiasi malta.
Questa “favola” dei ballatoi terminali dei nuraghi, messa in bella mostra dai cartelloni esplicativi di nuraghi monumentali e dei nostri musei e dai pieghevoli pubblicitari ad uso dei turisti, è partita – come dicevo poco fa - dal ritrovamento, ai piedi prima del Nuraxi di Barumini e dopo di numerosi altri nuraghi, di “mensoloni” che avrebbero per l’appunto avuto la funzione di sorreggere quei “ballatoi”.
Io però avevo pubblicato, già nel 1970 e poi di recente nel 2006, le fotografie di mensoloni situati ancora in situ, sulla cima dei Tresnuraches di Nùoro e del nuraghe Albucciu di Arzachena, i quali risultano separati l’uno dall’altro e intervallati, in una posizione che non ha alcuna funzionalità pratica, mentre mostra di averne una semplicemente decorativa, esattamente come fanno i mensoloni che si trovano sulla cima delle torri dell’Elefante e di san Pancrazio di Cagliari e del Castello dei Malaspina di Bosa (M. Pittau, La Sardegna Nuragica, Cagliari 2006, Edizioni della Torre, pagg. 64, 65; M. Pittau, Il Sardus Pater e i Guerrieri di Monti Prama, Sassari 2009, II ediz., EDES, pag. 16).
A questi esempi sono oggi in grado di aggiungere le fotografie di un nuraghe dei monti di Baunei, che mi sono state fornite da un mio amico del luogo:
Insomma i mensoloni terminali dei nuraghi in effetti determinavano e costituivano una “corona radiata” con funzione decorativa dell’edificio. Ma oltre che funzione decorativa i mensoloni delNuraxi di Barumini e di altri numerosi nuraghi potevano forse avere una funzione simbolico-religiosa, indicante i raggi del Sole, divinità che indubbiamente anche i Nuragici adoravano.
In realtà i supposti 8 modelli di nuraghi complessi non sono altro – come è stato giustamente detto da un altro archeologo – che “basi di colonne” e “capitelli” del tempio ivi esistente.
In realtà le 13 statuette di Monti Prama non sono altro che miniature di “lucerne” o di “candelabri”, la cui cupoletta finale indica la fiamma accesa.
Si deve considerare con attenzione che la presenza di lucerne o candelabri in miniatura nel sito di Monti Prama ha una sua esatta motivazione nel fatto che erano in un sito sacrale e precisamente in un tempio dedicato al Sardus Pater. Invece eventuali “modellini di nuraghe” quale mai motivazione potevano avere nel tempio e, più in generale, in qualsiasi altro sito? Che senso aveva e quale spiegazione aveva la fabbricazione di molti “modellini di nuraghe” in generale? Nella sala delle riunioni del nuraghe di Palmavera di Alghero la presenza di un altare a forma di coppa o calice ha un senso in vista delle importanti decisioni politico-religiose che vi si prendevano, mentre la presenza di un “grande modello di nuraghe” – come è stato comicamente detto e scritto – non ha alcun senso né alcuna spiegazione.
E le stesse identiche obiezioni muovo per il bronzetto di Ittireddu, anch’esso erroneamente interpretato come “modellino di nuraghe”.
È verosimile che queste due lucerne plurime implichino anche una “simbologia cosmica”, come ha scritto il mio amico architetto Franco Laner: i bracci dei quattro spigoli rappresenterebbero i quattro punti cardinali, mentre il braccio centrale rappresenterebbe la dimensione verticale dell’alto e del basso.
In proposito è da ricordare che questa medesima simbologia probabilmente esisteva anche nella cosiddetta “Tomba di Porsenna” di Chiusi, in Etruria.
La “favola” del ballatoio terminale dei nuraghi è entrata anche nella fabbricazione del cosiddetto “modellino di nuraghe quadrilobato di San Sperate”, in pietra arenaria giallo-rosa, esposto in bella evidenza nel Museo di Cagliari, che io di recente ho dimostrato essere nient’altro che un grossolano ed anche ridicolo “falso”. Che di falso si tratti, scolpito da qualcuno che quasi certamente si potrebbe riconoscere dalle carte che riguardano l’acquisizione dell’oggetto da parte della Soprintendenza Archeologica di Cagliari, è dimostrato chiaramente da alcuni fatti, ma soprattutto da due particolari: 1) Il supposto modello di nuraghe presenta un “porticato” che costituirebbe la base dell’edificio; 2) Il muro dei quattro torrioni presenta nella sua parte finale una “rientranza circolare”. Senonché si tratta di due particolari costruttivi che da un lato non si ritrovano in nessun nuraghe reale, dall’altro avrebbero impedito la prosecuzione della costruzione del nuraghe stesso, il quale sarebbe crollato subito, con la messa in opera dei successivi cerchi di massi.
Infine l’oggetto sembra appena uscito dall’officina di uno scultore (e ben a ragione!), dato che presenta molti spigoli della pietra ancora vivi ed intatti.
Professore salve; scrive Rolando Berretta.
RispondiElimina(Seguo un’altra pista.) Ho sempre cercato di capire, in base alla struttura, come circolasse l’aria all’interno dei vari livelli del Nuraghe. La “cosa” è abbastanza intrigante. Sicuramente la parte terminale dovrebbe essere la più calda. Qualche aletta di raffreddamento non ci starebbe male.