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giovedì 1 settembre 2011

Le sepolture nuragiche del I Ferro.


Le necropoli nuragiche con tombe “a pozzetto”
di Paolo Bernardini


Fonte: Tharros/Felix 4 – Febbraio 2011


Nel notiziario della «Rivista di Scienze preistoriche» dell’anno 1977, Vincenzo Santoni ha illustrato un intervento di recupero operato, a seguito di scavi clandestini, nella regione di Is Aruttas, in agro di Cabras; il saggio di scavo allora condotto mise in luce, in una estensione di pochissimi metri quadrati, cinque tombe a pozzetto circolare scavate nel tufo trachitico. La densità dei ritrovamenti in un saggio esplorativo assai ridotto fa ritenere assai verisimile l’esistenza nel sito di una necropoli di una certa ampiezza e rende quanto mai urgente la ripresa della ricerca. I sepolcri a pozzetto hanno un diametro di una cinquantina di centimetri e una profondità più o meno analoga, tra i 50 e i 40 cm; in uno di essi fu rinvenuto lo scheletro del defunto, sistemato “seduto”, in posizione fortemente contratta. Una decorazione scultorea era associata alle tombe, forse come elemento di chiusura della parte superiore del pozzetto: si tratta di crescenti lunari, la cui lunghezza corrisponde al diametro dell’apertura dei pozzetti. L’attribuzione della necropoli di Is Aruttas a «momenti preparatori o del pieno dell’età del Ferro nuragica», pur avanzata senza il conforto di serie ceramiche significative, è oggi pienamente confermata dalla presenza di tombe analoghe in due santuari indigeni della Prima Età del Ferro: Antas in territorio di Fluminimaggiore da un lato, Monte Prama in territorio di Cabras dall’altro. Giovanni Ugas ha condotto nel primo sito una campagna di scavi nel 1984, che ha portato alla scoperta di tre tombe a pozzetto, allineate in direzione nord-sud, in un’area prossima al basamento del tempio del Sardus Pater; i pozzetti hanno bocca circolare, con diametro compreso tra 87 e 80 cm, e sezione cilindrica, con profondità tra 68 e 35 cm; i pozzetti erano chiusi da un tumuletto di pietre di media pezzatura. Due dei sepolcri contenevano i resti dei defunti, inumati, in posizione inginocchiata o seduta. L’inquadramento dei sepolcri dipende soprattutto dal corredo della tomba 3, che ha restituito perline sferiche in cristallo di rocca, perline a botticella, cilindriche e biconiche in ambra e vetro, vaghi e pendagli e una statuina bronzea antropomorfa; la cronologia suggerita si pone tra il IX e l’VIII a.C. anche in rapporto alle analoghe tombe di Monte Prama; una cronologia non contraddetta dai pochi frustuli ceramici presenti all’interno del pozzetto. La presenza di ornamenti e di un bronzetto figurato – e ad altre tombe analoghe nell’area rimandano a bronzi nuragici, figurati e d’uso, noti in precedenza ad Antas – rapporta direttamente queste sepolture con le tombe a cista di Sardara e di Senorbì, oltre che con quella, più problematica, del nuraghe Iselle di Buddusò.
La necropoli di Antas, indagata successivamente (1990/93), ha restituito nuovi elementi di grande interesse: due nuovi pozzetti funerari si sono aggiunti ai precedenti, uno dei quali ha restituito un inumato deposto con le stesse modalità riscontrate in precedenza; i due nuovi sepolcri si trovano più vicini al podio templare che, con ogni probabilità, occlude attualmente la serie più numerosa delle tombe indigene. Nella terra nera e carboniosa che circonda i pozzetti e che restituisce frammenti di ceramiche nuragiche, le indagini più recenti hanno individuato alcune fossette, con carboni e resti di ossa animali, interpretabili come luoghi di offerte votive; da quest’area provengono due bronzi che trovano un’impressionante connessione con il ritrovamento “curioso” del nuraghe Iselle: una figurina di cinghiale e uno spillone a capocchia articolata, di un tipo ben noto nella tradizione bronzistica locale, ma stavolta caratterizzato da un ulteriore elemento: la presenza di una serie di lettere fenicie incise sulla lama (Vedi immagine). Tipologia dell’oggetto e lettere fenicie orientano verso una cronologia che ribadisce le datazioni proposte da Ugas all’epoca del primo intervento: IX e VIII a.C. Monte Prama di Cabras restituisce un nuovo esempio di necropoli con tombe a pozzetto e, soprattutto, offre l’aggancio diretto di questa tipologia con il tipo già visto a fossa foderata di lastre e a cista litica, confermando che nella Sardegna della Prima Età del Ferro siano proprio queste le tipologie in corso di adozione e che sostituiscono gradatamente la tradizionale tomba megalitica “di giganti”. Carlo Tronchetti ha messo in luce nel sito oltre trenta tombe a pozzetto, affiancate e allineate in direzione nord-sud, coperte da lastroni monumentali; al di sotto delle lastre, sotto una quarantina di centimetri di riempimento di terra, una lastrina più piccola costituisce la chiusura vera e propria della bocca del pozzo che ospita il defunto, inumato in posizione seduta e rannicchiata; le dimensioni dei pozzetti e le caratteristiche del rituale sono praticamente identiche a quelle riscontrate ad Antas. Queste tombe non rappresentano che una parte, sottoposta a un’accurata valorizzazione monumentale e ideologica, di una necropoli più ampia, già emersa nel corso delle ricerche condotte da Alessandro Bedini e che, oltre ai pozzetti, si caratterizza per la presenza di tombe foderate con lastre e di vere e proprie ciste litiche. Gli elementi funerari finora editi sono relativi all’allineamento indagato da Tronchetti; in assenza di corredo ceramico e a parte alcuni frustuli di terracotta rinvenuti nei pozzi e al di sopra della lastrina inferiore di chiusura, l’elemento più significativo per la cronologia è al momento lo scaraboide proveniente dalla tomba, recentemente riconosciuto di produzione egiziana e attestato in Fenicia (Tiro) e a Cipro in orizzonti di VIII e VII a.C. . Come nel caso di Is Aruttas e di Antas, il giacimento di Monte Prama testimonia l’esistenza di necropoli di una certa ampiezza e densità collocate, ad eccezione del primo sito, ai margini di un’area di santuario e connotate da elementi artigianali di alto significato ideologico e di profondo spessore simbolico, in rapporto a fenomeni di celebrazione dello status dei defunti: a Is Aruttas le tombe sono coronate da crescenti lunari, ad Antas sono corredate da bronzi figurati e d’uso, mentre a Monte Prama il carattere “gentilizio” dei 33 defunti deposti nelle tombe dello scavo Tronchetti emerge sia dalle analisi sui resti osteologici che dal probabile rapporto, anche se non diretto, con la grande statuaria antropomorfa che caratterizza l’area di santuario. La sottolineatura del rango dei personaggi che trovano posto nelle tombe individuali si accompagna, nel santuario di Antas, alla testimonianza eccezionale della scrittura, intesa certamente come elemento di prestigio, segno potente e “magico” che smuove nel profondo le corde emozionali e simboliche di una società “illetterata”: la successione delle lettere proposta dopo una prima lettura, k r(?) m k, sembra fare riferimento a un nome locale, indigeno, trasposto nei phoiníkeia grámmata, e si allinea ai rari “balbettamenti” linguistici che ricorrono nella documentazione archeologica di età nuragica e che trovano oggi importanti contestualizzazioni cronologiche nella documentazione di Sant’Imbenia di Alghero e di Huelva in area iberica andalusa.

Ricordo a tutti i lettori che il prof. Bernardini sarà relatore al convegno di Domus De Maria il 3/4 Settembre con un intervento dal titolo: “Nascita della città in Sardegna ed equilibrio di forze tra indigeni e fenici”

Nell'immagine un disegno dei 3 pozzetti scavati ad Antas dal Prof. Giovanni Ugas nel 1984

5 commenti:

  1. Mi occorrerebbe un aiuto per spiegare con diplomazia ai miei parenti sardi la storia degli scheletri giganti non è vera. Esiste un articolo serio che smentisce e questa notizia? Grazie
    Paola M.

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  2. Buongiorno Paola, dovrebbe essere sufficiente dire loro che non esistono prove oggettive di ritrovamenti di ossa umane appartenenti a scheletri giganti. Si arriva al massimo a 2.75 metri, dimensioni ragguardevoli ma che riguardano uomini affetti da una malattia (gigantismo appunto) che li fa crescere molto più della media mondiale. Si tratta di casi isolati. Poi ci sono i giocatori di basket, con altezze variabili fra i 2.10 e 2.30. Non è mai stato ritrovato un osso umano che potrebbe far ipotizzare un'altezza superiore a quelle che ti ho scritto.

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  3. Grazie, manderò una mail con un link al suo blog.

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  4. Sito interessante e ben spiegato. Vorrei porgere la seguente domanda. Nel tempo, sono stati analizzati i DNA dei pochi resti che lo hanno permesso. Il DNA di Sisáia, di alcuni individui del Monte Prama (ignoro se anche di quello di Antas). Si è evidenziata una qualche omogeneità, delle affinità o si trattava di popolazioni che pur condividendo alcune visioni, ritualità ed aspetti culturali, appartenevano a ceppi differenti? Non riesco a trovare materiali su questo argomento. Mi sono limitata ad osservare che il cranio di Sisáia è dolicocefalo mentre la ricostruzione del volto di uno dei sepolti di Monte Prama parrebbe avere un cranio più arrotondato ed un volto di lontana ascendenza "più asiatica", ma, visti i pochi elementi dei quali dispongo, con ogni probabilità si tratta di una mia suggestione. Per me il DNA delle popolazioni Sarde è un rompicapo che in luogo di certezze mi lascia ancor più domande. Potrebbe suggerirmi qualcosa? Grazie, Sandra

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  5. Purtroppo l'autore dell'articolo è deceduto l'anno scorso.

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