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venerdì 23 settembre 2011

Le iscrizioni nei bassorilievi dell'Antico Egitto


I documenti eterni di Tebe
di Pierluigi Montalbano

Tebe è tra le ultime capitali dei grandi regni antichi (datati ante il secolo XIII a.C.), è nata a sud a causa delle vicissitudini sofferte dalle capitali che l'hanno preceduta, che scontano la loro presenza nel nord del paese, pressato progressivamente da tre tormentati fronti (occidentale libico, orientale ittita, settentrionale dei popoli del Mediterraneo). Non ha caso Tebe viene anche appellata Pilastro meridionale o Iunu Scemayit, in contrapposizione alla più antica e potente ma saccheggiata Eliopoli, cioè il Pilastro settentrionale o Iunu meht.
Il tempio di Karnak viene così descritto da Schuré: "Il tempio di Ammone Re è un inno di pietra allo Spirito unico ed assoluto, sovrano, del Dio degli dei (L. II, cap. V)". Il tempio colpisce per la magnifica e poderosa serie di 140 colonne che circondano le altre dodici della navata centrale, tutte diligentemente utilizzate per tramandare testi di varia natura. Ad esso, ed al suo sacerdote di Ammon, il re Sole e dio dei pianeti, Ramsete III quando è in vita concede dei territori con le relative rendite, rendendo quei religiosi ancor più potenti che in passato.
Il tempio di Karnak si trova sulla sponda orientale del Nilo, nel punto in cui questi si è creato un secondo breve corso, ed è a poche migliaia di metri da quello di Medinet Habu. Di fronte ha due edifici sacri, il maggiore d'essi è noto come il Grande Tempio di Luxor.
Nel sito detto di Medinet Abu, sulla sponda occidentale del Nilo, trova luogo sia il cosiddetto Palazzo Reale e sia il Tempio di Ramsete III. Il primo, affiancato al lato sud del secondo, è riemerso alla vista grazie agli scavi iniziati a metà degli Anni Venti dall'Istituto Orientale dell'università di Chicago, e condotti da Uvo Hoelscher, John Wilson e Harold Nelson. Esso dista circa un chilometro dall'acqua, ed è circondato da una pianura quadrettata di coltivazioni, mentre ad ovest, cioè alle spalle dell'edificio, iniziano quei brulli rilievi collinari che offrono ripari alla necropoli della Valle dei Re e della Valle delle Regine.
Il tempio è ricchissimo in ogni angolo delle sue mura, e delle colonne di incisioni e rilievi, che mostrano ideogrammi e figure narranti varie gesta, episodi storici e frasi rituali religiose: una pietra parietale mostra ad esempio quattro squadroni di soldati in marcia durante una parata, la prima fila d'uomini è costituito da egiziani, seguiti da tre altre file di mercenari stranieri: Sardi e Filistei, Beduini della Valle del Sinai, Nubiani dal sud dell'impero. I mercenari conoscendo da vicino l'evolversi della realtà sociale politica e religiosa egizia, sapranno al momento opportuno tradire il paese che a lungo ha dato loro mercede.
La Nubia appare un alleato forzato, per i dati che si hanno circa le continue incursioni dei re egizi nel ricco regno del sud, che subisce come accade agli sconfitti anche il fascino dell'arte egiziana nella edificazione di templi e piramidi che nel progetto edilizio molto hanno in comune con quelli costruiti dai potenti vicini del nord. All'epoca del lavoro eseguito su quella parete del tempio costoro sono schierati in campo contro le armate di Libi.
In un'altra parete i medesimi Filistei sono raffigurati con le mani ed i polsi uniti e serrati vicino al proprio collo da un fermo, ligneo o metallico, a forma di pesce (ad indicare che costoro sono stati catturati durante una battaglia navale, sulle acque del Nilo). Il soldato egiziano è raffigurato con abilità mentre trascina il primo dei prigionieri afferrandolo per la coda delle manette a "pesce", cui si associa il prigioniero che volle attaccare il regno del faraone utilizzando, come pesce, le acque del fiume. Altri prigionieri, dei fanti, sono infatti altrove immortalati e beffeggiati con incisioni che li mostrano immobilizzati, braccia al collo, da ferma polsi a forma di leone, animale cui gli Egizi capitava di dare volentieri e per gioco la caccia.
Una diversa scena di guerra che mostra degli arcieri egiziani all'opera rivela l'interesse dell'esecutore dell'incisione per la caratteristica somatica di alcuni prigionieri; essi sono legati e seduti a terra dietro la fila di arcieri, hanno un elmo che pare mostrare un adornamento di due corni e delle guance solcate da forti tratti di scalpello, scavate più che rugose, come di soldati anziani o di una razza ben distinta. Quali nemici sono costoro? Potrebbero anche essere i Siculi come sostiene Pierre Grandet: "trois des bateaux sont montés par des Peleset, reconnaissables à leur casque à aigrette, tandis que les deux autres le sont sans doute par des Sikala, coiffés d'un casque à cornes et à jugulaire, couvrant largement la nuque; tous sont équipés d'armement mycénien" (pag.197). Militi che abitualmente ed a lungo nei secoli si distinguono per l'uso dell'elmo bicorno. Non si può dire molto altro, ma i pensieri non si arrestano: abbiamo in mente gli elmi bronzei con sporgenze custoditi nella Armeria Reale di Torino. In generale, le armi adoperate da una parte dei Popoli del mare - tra questi i Siculi - appaiono, per quello che una disegno inciso può mostrare, di firma o stile miceneo.
Chiudendo qui tale parte del discorso, ricordiamo che a Medinet Habu gli scalpellini dei faraoni hanno lasciato più di 487 metri di ideogrammi. Tanto amore per la stesura di documenti ampiamente merita gli sforzi che dagli Anni Venti l'istituto universitario americano anzidetto a profusione lascia sul suolo egiziano.
Una incisione a basso rilievo descrive così gli avvenimenti notevoli verificatisi durante il quinto anno di regno di Merenptah:
"Il perdente capo dei Libi, il miserabile Merai (Meryuy) figlio di Ded (Dyd) viene dalla terra dei Tehenu (Tjehenu), e seco porta gli arcieri Serden (Shardana), Seskles (Shakalasha?), Eqwes (Aqayuasha), Lukku (Luka), Tursa (Turusha) ed i suoi uomini migliori, ed i suoi figli ha con se, e le mogli". Inseriamo solamente qui un esempio di duplice traduzione delle scuole americana e francese.
"Il Faraone come leone si infuriò a cagione di loro (…). I Nove Archi hanno devastato le frontiere calpestate da ribelli, che si sono insediati nei campi e lungo le rive del grande fiume
da giorni e da mesi (…). Raggiungendo le colline dell'oasi di Farafra (…). Chi li guida liberamente corre per il paese, sempre combattono per saziare il loro stomaco, in Egitto cercano ciò che si può portare alla bocca (…). L'esercito del Faraone protetto da Ammon Râ andò loro incontro coi carri (…). Nessuno dei nemici scampò agli arcieri del Faraone che uccisero per sei ore (…). Merai sconfitto è in fuga a causa della sua viltà (…)".
"I capi arcieri, i capi dei fanti, i carri e le schiere dell'esercito erano ricchi di preda; Annunciarono il loro arrivo asini carichi dei falli dei non circoncisi di Libia, E le mani di quelli che a loro si allearono dai vari paesi, E simili apparvero a pesci morti sull'erba (…)".
"Riportati come prigionieri in Egitto, come la sabbia della spiaggia. Io li ho rinchiusi nelle fortezze, Prostrati sotto il mio nome. Numerosi sono i loro giovani, come girini. Io ho fornito a tutti loro razioni di vestiti ,vitto dai magazzini e dai granai ogni anno".
Gli usali problemi dati dal saccheggio dei villaggi e delle oasi del nord e dell'ovest si rivelano piccola cosa in confronto all'attacco militare portato avanti nuovamente dai Libi nel corso del quinto anno di regno di Ramses III.
"Sono andati a riferire a Sua maestà che le genti di Tjéhénu si sono messi in cammino, facendo una cospirazione e riunendosi senza limiti Lebu, Seped e Mashuash".
"Il Faraone avanza ed il suo nome impaurisce pur le montagne".
"La città fortezza di Ousermatre Meryimen".
"Gli stranieri giunsero dal loro paese dalle isole del centro del mare e si dirigono verso l'Egitto forti del loro numero. Il nemico aveva di nuovo congiurato per perdere la sua vita contro i confini dell'Egitto essi avevano riunito le pianure e le colline ognuno della sua regione".
Le ultime indicazioni sono retrodatate, qui inserite ma copiate dagli scalpellini dopo gli avvenimenti dell'ottavo anno di regno e riportate in un'altra parete del tempio di Medinet Habu, ed aggiunte enfaticamente alle sopraddette. In totale, a Medinet Habu, disponiamo di due serie di bassorilievi (la prima serie ha sei scene e sono all'esterno del tempio, la seconda serie è a cavallo tra i muri sud ed est della seconda "corte") ed un testo, la "Grande iscrizione dell'anno quinto". Altre descrizioni belliche vennero aggiunte copiandole dalle seguenti, inerenti cioè l'ottavo anno di regno di Ramses. Una ricostruzione delle fasi guerresche di tale anno è possibile leggendone la ricostruzione a posteriori (circa 25 anni dopo) nel Papiro Harrys:
"Egli penetra in mezzo a centinaia di migliaia estende le braccia e piazza le sue frecce a suo piacimento, toro combattente, dal cuore fermo, dalle corna aguzze, terrore d'ogni paese: i Paesi del Settentrione, i Peleset ed i Tekker tremano nelle membra, lontani ed isolati dalle loro terre". Eccetera, vedi sopra nel Papiro Harrys.



La "Grande iscrizione dell'anno VIII" di regno per Ramses III recita tra l'altro:
"I paesi stranieri si sono stretti in alleanza nelle loro isole, ed essi si sono messi in viaggioe riversati tutto ad un tratto avidi di razzie. Alcuni paesi non hanno saputo resistere al loro braccio: Hatti, Qodè, Qarkemish, Arzawa, Alashiya sono stati recisi come alberi".
(Gli ultimi due paesi citati sono la futura Cilicia e Cipro, la fedele ed antica vassalla commerciale dell'Egitto).
"Fecero base nel paese di Amurru Tali popoli erano i Peleset, i Tekker, i Sekles, i Derden, gli Uashasha, e posto avevano le loro mani Sull'Egitto, fino al confine della terra sicuri nei loro cuori dicevano: Il nostro volere si compirà. Il cuore di dio, il re degli dei, era pronto a spazzarli via, come uccelli, Cosicché forza egli diede al figlio suo, Ramses".
"Gli stranieri giunsero dal loro paese dalle isole del centro del mare e si dirigono verso l'Egitto forti del loro numero. Il nemico aveva di nuovo congiurato per perdere la sua vita contro i confini dell'Egitto essi avevano riunito le pianure e le colline ognuno della sua regione".
"Uscite le vostre armi, inviate le truppe per distruggere i ribelli paesi stranieri, che ancora non conoscono né l'Egitto né la potenza di mio Ammonemio padre. Fuori le armi e mostratele ai paesi ribelli che non conoscono l'Egitto e li domeremo con la abilità di mio padre Ammone".
"Sua Maestà si avvicina all'orizzonte del padrone dell'universo per chiedere a lui la forza, il coraggio, la potenza. Suo padre Ammone, signore degli dei, gli concede una vitalità nuova e la sua congiunta forza distrugge il paese di Timhiu che aveva violato le sue frontiere. Montu e Seth danno la loro magica protezione alla sua destra ed alla sua sinistra. Oup-Ouaou era dinnanzi a lui per proteggergli il cammino e lo rendeva potente per abbattere i paesi spacconi".
"Ho difeso la frontiera della Fenicia istruendo i principi del luogo. Ho istruito i comandanti delle schiere dei Maruani. Ho fatto predisporre con muraglie fortificate l'imboccatura del Nilo, con battelli da guerra, navi e scorte protette da soldati coraggiosi ed armati da prua a poppa, e da truppe d'assalto da me scelte tra le migliori d'Egitto e simili a leoni ruggenti sui monti. Vi ho aggiunto una serie di carri con soldati selezionati ed usi ai cavalli e pronti a calpestare i soldati stranieri. Ma io sono il valoroso Montu fermo alla loro testa in modo che possa vedere ciò che catturano le mie due mani, il re di Basso e Alto Egitto".
"Un muro di lance li circonda sulle rive, e sono trascinati, abbattuti, uccisi, sono ammassati colà ed i loro battelli affondano con tutti i loro beni. Ora i Paesi stranieri settentrionali che erano nelle loro isole tremano nelle loro membra. Essi hanno penetrato le vie delle foci del Nilo e i loro nasi hanno cessato di respirare pur se desiderano il soffio della vita. sua maestà irrompe su loro, come tempesta agile sul campo di battaglia, e la sua valentia irrompe come paura nel corpo dei nemici che sono distrutti ove sono, stretti al cuore, privati del Ba le loro armi sono sparse sul Grande Verde la freccia regale trafigge chi vuole e il fuggiasco può solo cadere nell'acqua. Ammone Ra ha combattuto e vinto e schiacciato i popoli per lui sotto i suoi sandali. Lui è re di Alto e Basso Egitto Signore delle Due terre".
"Io sono colui che si muove, coraggioso e consapevole della propria potenza, l'eroe che protegge le sue armate nel giorno del combattimento".
"Egli è un grande e potente signore, la sua fama ed il terrore che suscita hanno buttato a terra i Nove Archi. E' come un leone che ruggisce sui monti. Tutto il mondo lo teme a motivo della sua gloria. Egli è simile ad un falco padrone delle sue due ali che percorrono con un solo balzo i fiumi e le terre. Egli è un leopardo che ben conosce la sua preda, che afferra con l'attacco, mentre che le sue due mani straziano il torace di chi ha osato violare i suoi confini. Egli si scatena e si impegna nel combattimento, quindi uccide centinaia di migliaia di uomini calpestati dai suoi cavalli. Per egli le moltitudini sono come cavallette ridotte in polvere come farina".
"La spina dorsale dei Tjéméhu è spezzata fino alla fine dei tempi, i loro piedi hanno finito di violare la frontiera dell'Egitto e coloro che sono fuggiti sono adesso miseri e tremanti. La gente di Tjèmèhu è fuggita di corsa; i Mashuash sono in fuga cacciati dai loro paesi. Sono tutti in fuga dal primo all'ultimo Dyd, Mashken, Meryuy e del pari Ourmer, Tjetmer ed ogni capo nemico che attaccò l'Egitto al seguito dei Libi".
Anche in questa occasione agli sconfitti vengono fatte pronunciare delle espressioni di riconoscimento della colpa e della giustezza della relativa pena:
"Gli dei hanno ordinato di ucciderci tutti poiché noi abbiamo volontariamente violato i loro nomoi, e noi adesso conosciamo la grande forza dell'Egitto".
"Ammirate la grande possanza di mio padre Ammone-Ra, dei popoli avevano rivolto i loro volti contro l'Egitto ed i loro cuori errando si affidavano alla forza delle loro braccia, ma una rete venne predisposta per fermarli. E coloro che si addentrarono entrando fin nelle foci del Nilo caddero come uccelli, colpiti ai fianchi, nel luogo ove erano, braccia e petti lacerati. Io ho fatto sì che possiate contemplare la mia potenza manifestata dalle azioni del mio braccio. Ammone-Ra è rimasto alla mia destra ed alla mia sinistra, la sua fama ed il timore che ispira si emanavano dal mio corpo".
"Nel cuore ho con me il mio dio, il re degli dei, Ammon Râ, eroico dio della forza che più grande è di quella degli altri dei e che la vita stessa, per quanto duri e dalle sue mani ci viene data assieme al destino ed a tutti gli anni".
Il cosiddetto "Poema dell'anno XI" di governo di Ramses III ci descrive una ennesima guerra contro la numerosissima popolazione resa indigente del Mediterraneo a causa della pax hittito-aegiptiaca, e della carestia mondiale del XII secolo a.C. verificatasi forse per una serie di variazioni climatiche avverse all'agricoltura:
"Ascoltatemi in tutto il paese, tutti coloro che sono in vita, le giovani generazioni e gli onorevoli anziani del Paese divino. Io sono figlio della valorosa semenza del dio eroe dalla grande forza, re del Sud e del Nord".
"Io ho sconfitto quei paesi stranieri che hanno violato i miei confini, come compete a chi come re è posto sul trono di Atum. Nessun paese nemico è nei miei pressi e sono sicuro di fronte ad essi come un toro dalle corna aguzze".
"Io ho ricacciato i Nove Archi che calpestavano l'Egitto il ricordo del mio nome genera terrore in quei loro paesi. Io ho atterrato i Tekker, le terre dei Peleset, i Danau, gli Uashasha, I Sekles, e tolto la vita ai Meswes (…) Ho portato in alto il capo chino dell'Egitto".
"Meshesher, figlio di Kaper, come loro capo si prostrò steso ed aperto ai piedi del Faraone, generò terrore per timore di me, la sua gente coi suoi figli e l'esercito erano distrutti ed i suoi occhi non vedevano più la luce (il disco) del sole".
"I guerrieri vennero condotti via, come le donne ed i fanciulli prigionieri, le braccia legate al collo, carichi sulle spalle dei loro averi, mentre buoi e cavalli prendevano la via per l'Egitto".
"Il faraone era una torcia potente che sprigionava fiamme provenienti dal cielo per cercare il loro Ba e recidere le loro radici che erano ancora nei loro paesi".
"Raccogliete codesti prigionieri presi dal valente braccio del faraone e portateli come servi nel tempio di Ammone, Re degli dei che con la sua mano ce li ha consegnati".
Discorso di pietà tenuto dall'umiliato capo dei prigionieri, Mesher, pure in presenza del genitore, il vecchio re Kaper, umiliando così il passato ed il futuro dei vinti:
"La vita ci viene da te donata, signore dell'Egitto e luce dei Nove Archi, Ammone tuo padre ci vuole ai tuoi piedi. Agogniamo di rimanere in vita, respirare ancora l'aria, Ed essere servitori del tuo tempio. Tu sei il nostro signore per l'eternità come lo è tuo padre Ammone".
"La trappola è scattata su noi in presenza di Ramses. Il nostro passo ed il nostro cammino non esistono più mentre che egli si siede sul suo trono. Il nostro dio è stato catturato, tale ad una preda, e noi siamo stati resi un bottino dinanzi a lui, che non si volge, mentre che noi l'imploriamo".
"Guarda. Ho distrutto la tua fama per sempre. Dalla tua bocca non verrà più alcuna minaccia contro l'Egitto". Conclude il "Procreato da Ra", in presenza dei suoi sacerdoti e del proprio popolo provato da anni di razzie e di guerra.

Fonte: www.terraeliberazione.org

Immagini da www.anticoegitto.net

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