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mercoledì 26 gennaio 2011

Tsunami in Sardegna?


La Sardegna terra di Atlante: le ipotesi di Sergio Frau al convegno di Milis.
di Mauro Manunza

La Sardegna rischia l'aggressione di maremoti?
Certamente sì, anzi è fra le più esposte delle coste italiane.
La civiltà nuragica potrebbe essere stata assassinata da uno tsunami?
In linea teorica sì, e sarebbe bene trovarne le prove.
Professore ordinario di Geofisica della terra solida all'Università di Bologna, Stefano Tinti è uno "tsumatologo" conosciuto in tutto il mondo. Vicepresidente dell'International Tsunami Commission, coordinatore di progetti di osservazione e studio sugli effetti dei maremoti lungo le coste europee. Nessuna sorpresa che mostri interesse per la storia della Sardegna, soprattutto da quando il giornalista Sergio Frau ha spostato le Colonne d'Ercole dallo stretto di Gibilterra al canale di Sicilia e ipotizzato che l'isola dei nuraghi fosse nel II millennio a.C. quella potenza improvvisamente spazzata via da uno schiaffo di Poseidone: in altre parole, la mitica isola di Atlante. Perciò il geofisico Tinti è stato al centro del convegno organizzato a Milis in apertura della mostra Isola Mito (pannelli fotografici di Francesco Cubeddu, carte geologiche e documentazioni varie) inaugurata nel Palazzo Boyl dal sindaco Antonio Mastino.
Le indicazioni di Tinti danno il via a un progetto di ricerca sulla particolarità indicata da Frau: i nuraghi di Campidano, Sinis, Marmilla, emergono tutti da una sepoltura di fango consolidato e detriti, alcuni riportati alla luce (Barumini), molti altri nascosti. Il professor Tinti spiega che il Mediterraneo ha caratteristiche incentrate sullo scontro della placca africana con quella eurasiatica: i movimenti si sviluppano lungo un fronte est-ovest, dove le coste più “tsunamigeniche” sono quelle algerine, dell'Italia meridionale e greche. Sette anni fa, ad esempio, un piccolo sisma subacqueo al largo dell'Algeria suscitò un maremoto responsabile di seri danni nelle Baleari e lungo le coste francesi e liguri, nonché di ondate particolarmente alte sui litorali ovest della Sardegna. In questo quadro appare evidente il rischio dell'isola, collocata poco sopra la linea sismica Algeria-Calabria.
Ma può un terremoto, o una frattura rocciosa, o un'eruzione nei fondali scatenare un maremoto tanto grave da inondare le aree più basse della nostra isola? Certo, ma molto dipende dalla propagazione delle onde: la recente tragedia a Sumatra è stata causata da ondate di 50 metri. Però, dopo avere provocato danni e lutti, in tempi brevi l'acqua si ritira, senza trasformare un territorio in acquitrino permanente o mutare l'assetto di vaste superfici. Quel che invece è in grado di combinarla grossa è lo tsunami conseguente alla caduta in mare di un asteroide, o una cometa. Un macigno siderale si tuffa alla velocità di 20 chilometri al secondo e solleva una massa d'acqua che si scaraventa sulle coste anche le più lontane.
Stefano Tinti, dunque, immagina la possibilità di un fenomeno del genere definendolo "il grande evento" di oltre 3000 anni fa. Il meteorite precipita non lontano dalle coste sarde creando un improvviso spostamento di massa d'acqua, una grande corrente di onde altissime, un mare alto 300/400 metri che entra nel Campidano e sommerge tutto con una pressione di spinta capace di devastare il territorio fino alle alture che circondano il livello depresso: lì si ferma, dopo avere diviso l'isola. Precisa il professore: non è come l'arrivo di un'alta marea che poi pian piano defluisce e se ne va; piuttosto un'invasione catastrofica, diciamo pure uno schiaffo del mare che travolge i nuragici delle aree basse, demolisce le loro torri e seppellisce tutto sotto una coltre di detriti trascinati assieme a fango, rocce, materiale marino organico e minerale. Un pezzo di mare che resta lì per secoli, distesa d'acqua stesa lungo la valle trasversale che dal golfo di Cagliari si allunga fino alle piane oristanesi. A pensarci, non c'è località del basso e alto Campidano che non abbia almeno il ricordo di su staini: quanti stagni, quante bonifiche in era moderna, quante lagune che ancora fanno parte del paesaggio? Ma per accertare l'ipotesi tsunami si devono scovare i segni dell'aggressione. «Bisogna cercare nel fondo del Campidano. E che cosa c'è devono dircelo i geologi», cui spetta analizzare gli strati con sedimenti marittimi e i segni di un grande flusso turbolento.
Ma ancora non basta. Dopo aver esaminato decine di nuraghi e constatato la differenza tra quelli integri del centro Sardegna e quelli incapsulati nel fango secco in Campidano, il geologo Mario Tozzi (ricercatore del Cnr e noto divulgatore scientifico) afferma la necessità che scendano in campo anche i sedimentologi.
Ecco pronta Lucia Simone, Dipartimento di Scienze della Terra all'Università napoletana Federico II: guarda caso, sta lavorando su depositi marini in Marmilla. Ma è presto per tirar somme. Avverte che in una terra antica come la Sardegna si trovano impronte di ere lontane e di condizioni recenti, e che nel caso nostro i ritrovamenti non devono essere fossili ma forme attuali. Cioè occorre trovare tracce di specie animali ancor oggi viventi. Come dire testimonianze di 3000 anni fa e non di tre milioni. Bisogna scoprire inoltre strutture sedimentarie che documentino il meccanismo di abbandono. Quindi indagini serie sedimentologiche e paleontologiche potrebbero documentare il grande evento di cui parliamo. Dare il via a studi interdisciplinari del genere sarebbe opera meritoria, così come meritoria è la strada aperta da Frau, in quanto ha introdotto un nuovo concetto: quello di archeologia del paesaggio. Questo il parere del professor Dario Seglie, direttore in Piemonte del Centro studi d'arte preistorica, e ambasciatore dell'Unesco. E Attilio Mastino, ordinario di storia romana e rettore dell'Università di Sassari, parte dal punto fermo delle Colonne d'Ercole ricollocate da Frau a est del Mediterraneo orientale, per dare atto che questa rivoluzionaria intuizione ha portato inedite ipotesi e scoperte. Nella direzione del disastroso schiaffo del mare vanno i pareri di altri studiosi che hanno vivacizzato il convegno di Milis e che trovano ora prospettive di concreto sviluppo nella sponsorizzazione, dopo otto anni di dibattiti, della Regione sarda. Attilio Dedoni, presidente commissione Cultura del Consiglio, è convinto che la scienza darà ragione a Frau. La ricerca scientifica, quindi, è praticamente al via. Quanto al giornalista, che ha sempre detto «io ho fatto ipotesi, voi adesso scavate», vede un nuovo passo in favore della sua "Pompei del mare" e ribadisce una sfida oggi più aperta che mai.

Tratto da un articolo dell'Unione Sarda del 4 Novembre 2010

7 commenti:

  1. Moltissimi studi geologici sono stati fatti nel Mediterraneo: tutti escludono che si sia mai verificato un MAREMOTO (visto che a differenza degli Angloamericani noi possediamo la parola, usiamola, perbacco! Tra l'altro, eviteremo di incorrere in ridicolaggini quali lo "tsumatologo" dell'articolo sopra riportato, che sembra un medico ambulatoriale di qualche oscura specialità) di proporzioni catastrofiche nel Mediterraneo Occidentale, specialmente nell'epoca inventata da Frau.
    Ben differente la situazione del Mare Med Orientale, nel quale tali fenomeni sono stati numerosissimi e devastanti. Ed infatti sono documentati benissimo in entità, data etc etc.
    Atlantide, naturalmente, non è mai esistita: fu un' affascinate invenzione di Platone. Dare il via a studi interdisciplinari su questo tema sarebbe opera inutile e costosa, quindi estremamente dannosa: quasi quanto studiare il periglioso viaggio sulla luna del Barone di Munschausen (puntini sulla u).

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    1. Caro, anche se non mi trovo d'accordo con quanto sostenuto da Frau non liquiderei Atlantide come una semplice favola,NE' cercherei una fantomatica isola che ne rispecchi le caratteristiche (io credo che si tratti di una chimera geopolitica riguardo ai paesi del mediterraneo occidentale ed anche alle isole anglosassoni).riguardo a dei possibili eventi cataclismici in Sardegna uno lo si potrebbe collocare in relazione all'abbandono di Tartesso ed i più noti problemi egei (Thera) che segnarono l'inizio del cosiddetto medioevo antico, o medioevo greco

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  2. Sono completamente d'accordo sulla prima parte della sua argomentazione. Per ciò che riguarda Atlantide porto avanti una mia proposta che vede l'idea di Platone come teoria affascinante che il grande studioso raccontò ai suoi contemporanei per esprimere un suo mondo ideale. Prese a piene mani dalla tradizione orale e certamente molte corrispondenze con qualche realtà ormai passata c'erano davvero.
    Raccolse racconti di marinai, storie egizie, manoscritti, portolani e tutto ciò che occorreva per costruire una bella argomentazione al limite del credibile. Probabilmente prese spunto dalle passate civiltà all'avanguardia nelle tecnologie dei metalli, nella navigazione, nell'organizzazione sociale, nell'apparato burocratico, e si basò sui leggendari minoici per descrivere la ricchezza e i gusti sfarzosi...e ancora oggi cercare una terra che risponda a quei requisiti è impresa affascinante ma ai confini della realtà.

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  3. Vorrei intervenire sulla questione, in particolare per rintuzzare i pregiudizi ostinati dell'anonimo, il quale dice che "tutti escludono che si sia mai verificato un MAREMOTO nel Mediterraneo Occidentale", laddove Tinti, citato dall'autore di questo blog, oltreché Tozzi e altri specialisti, hanno accertato la presenza di una "sepoltura di fango consolidato e detriti" su molti nuraghe, compreso Barumini. Mi chiedo: questo fango e questi detriti chi ce li ha portati nel bel mezzo della Sardegna?
    Poi l'anonimo dice che Atlantide fu un'invenzione di Platone, laddove Semerano e altri linguisti e filologi hanno ampiamente dimostrato e da tempo che tale parola, di origine accadica, significa Occidente, tant'è vero che la sua radice si ritrova anche nel nome del nostro Paese, Italia, nonché nella regione occidentale della Grecia, Etolia.
    Comunque per un greco dell'epoca di Platone Atlantide era un nome generico derivato dalle tradizioni mitologiche che significava semplicemente Paese dell'Occidente, dove appunto secondo il mito il titano Atlante reggeva sulle sue spalle il mondo intero.
    Poi, dice bene Montalbano, a cui faccio i miei complimenti per il suo blog, quando dice che Platone "raccolse racconti di marinai, storie egizie, manoscritti, portolani e tutto ciò che occorreva per costruire una bella argomentazione al limite del credibile" con "certamente molte corrispondenze con qualche realtà ormai passata" e annegata nel mito.
    Ricordo però a tutti che anche Troia e Micene, prima di Schliemann, si credeva che fossero bubbole inventate da Omero o chi per lui.
    La tesi di Frau, invero, è senz'altro molto plausibile anche perché trova molte rispondenze nelle fonti egizie, ugaritiche e ittite del XII secolo a.C., se le si vuol leggere senza pregiudizi.

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  4. Grazie per il contributo Roberto, la tesi di Frau ha aperto una nuova strada e ha creato un bel dibattito, e ancora oggi è più vivo che mai. Come tutte le proposte sulla preistoria e protostoria, occorre affrontare il suo scritto con cautela e verificare se i presupposti sono validi.

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  5. Sono capitato per caso su questo interessante blog, e mi felicito per l'attenzione al mondo nuragico.
    La questione se Atlantide sia esistita non mi pare molto importante; in ogni caso fa parte dei miti fondatori.
    Un grande merito di Sergio Frau, oltre ad aver aperto nuove prospettive di ricerca, è quello di aver acceso un luminoso faro sulla Sardegna e sulla Civiltà Nuragica, purtroppo non conosciuta e valorizzata a sufficienza. Questa Civiltà è fondamentale nella Storia dell'Umanità in generale e del Mediterraneo in particolare. Ho dichiarato in varie sedi che il complesso delle molte migliaia di nuraghe e dei loro contesti ambientali ed archeologici dovrebbe essere promosso a Patrimonio dell'Umanità; accontentarsi di Barumini, inserito nella World Heritage List nel 1997, è semplicemente assurdo.
    E' l'intero complesso nuragico della Sardegna che dovrebbe essere inserito nella WHL dell'UNESCO. Superando eventuali resistenze campanilistiche, dovrebbe essere il Governo della Regione Sardegna ad agire preparando un dossier di candidatura, in accordo col Ministero per i BBCC di Roma. I segnali lanciati dal sottoscritto e da altri studiosi in questo senso, per ora, non pare abbiano destato echi a Cagliari nei palazzi regionali.

    Per aspera ad astra.

    Dario Seglie

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  6. Io vado quasi ogni estate nell'Oristanese e vi posso dire che se vi fate un giro da quelle parti vi renderete conto che queste tesi (maremoto a causa di terremoto marino o asteroide sul mare) non sono per nulla campate in aria:
    1. La numerosità e vastità degli stagni (consideriamo anche quello del Sassu, ante bonifica di Arborea. Vi basterebbe prendere una cartina dei primi 900 per capire la sua grandezza).
    2. La costruzione e l'evoluzione stessa dei nuraghi: torri costruite sempre più alte nei secoli ma apparentemente senza avere lo scopo principale di difendersi da eventuali invasori (come se nel passato fosse già avvenuto qualche evento catastrofico proveniente dal mare da cui difendersi).
    2. La distribuzione dei villaggi nuragici: ce ne sono quasi ovunque in Sardegna (si stima 8.000) ma quelli in migliori condizioni si trovano tutti nel centro Sardegna tra i monti. Nella costa Ovest, in Marmilla e nel Medio Campidano risultano o nascosti dal fango (Barumini e anche Uras su cui purtroppo ci hanno costruito sopra la nuova SS131), o quasi totalmente distrutti (vedasi diversi protonuraghi vicino al mare dell'Oristanese) oppure con costruzioni successive sovrastanti (una su tutte la Basilica di Santa Giusta - OR).
    3. Il fatto che storicamente la popolazione sarda ha visto uno sviluppo sulle coste in ritardo rispetto ad altre popolazioni isolane come se avesse quasi paura della vicinanza col mare.
    4. La scoperta dei Giganti di Mont'e Prama e la cui datazione potrebbe davvero cambiare la storia.

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