giovedì 6 gennaio 2011
Bronze Age - I sardi in oriente , 2° parte di 3
Eventi e luoghi degli Shardana nel Vicino e Medio Oriente
di Giovanni Ugas
Al servizio dei faraoni
L’identità e i segni della presenza degli Shardana nel Vicino e Medio Oriente necessariamente vanno cercati attraverso le informazioni archeologiche che scaturiscono dagli scavi, ma allo stato attuale delle ricerche non emergono elementi della cultura materiale particolarmente evidenti e pertanto è opportuno ricorrere ancora soprattutto alle testimonianze scritte e iconografiche relative ai paesi in cui essi prima operavano per conto dei re egiziani e appresso si insediarono dopo averli occupati per se stessi.
Occorre dire subito che la storia degli Shardana inizia già nel XV a.C. Con essi, infatti vanno identificati, senza indugi, gli inviati delle “Isole nel cuore del Verde Grande” raffigurati negli affreschi dei monumenti tebani dei visir Useramon, Senmut e Rekhmira mentre recano prodotti di prestigio per Tuthmosis III e Amenofi II. Infatti, tra le genti delle Isole, gli Shardana sono i primi ad essere menzionati nei testi di Ugarit e di el Amarna (riconducibili al più tardi ai tempi di Amenofi IV, e anche i soli che, per circa 150 anni, ricorrono nei documenti egiziani sino al tardo XIII a.C. (regno di Meremptah). Inoltre, le caratteristiche fisiche delle genti delle Isole (colorito rosso bruno, profilo spesso sfuggente della fronte e del mento, sorriso), alcuni capi d’abbigliamento e armi (gonnellino corto o lungo a punta, spada a lama larga triangolare ed elsa a pomo lunato), sono peculiari anche degli Shardana immortalati più tardi nei monumenti che celebrano le imprese di Ramesse II e Ramesse III. Di certo, agli occhi degli Egizi, gli Shardana delle Isole non erano né pallidi indoeuropei come i Micenei (così affermava il Vercoutter, 1956) e gli Ittiti, né gialli come le popolazioni del ceppo di Sem, ma rosso-bruni mediterranei come gli stessi Egizi, i Cretesi e i Cananei.
Le scene figurate tebane e altri documenti coevi attestano che i principi delle Isole nel cuore del Mediterraneo insieme a quelli di Keftyu erano coinvolti in traffici di materie prime a manufatti di grande valore con la regina Ashepsuth e i re Tuthmosis III e Amenophi II, ma soprattutto apparivano già nella veste di guerrieri con poderose spade da punta e da taglio, forse già lo scudo tondo. Al XV a.C. risalgono dunque i primi accordi intercorsi con i re egiziani che indussero gli Shardana ad offrire prestazioni militari a beneficio dei loro interessi e non sorprende che, fin dalla prima metà XIV a.C., i guerrieri (e probabilmente funzionari) Shardana prestino servizio per conto dei sovrani egiziani sia a Biblo al seguito del principe Ribaddi, come attestano tre lettere dell’archivio di el Amarna, sia nella guarnigione di Ugarit come si evince dalle tavolette di Ras Shamra scritte in accadico e in ugaritico. Alcune iscrizioni fanno riferimento a persone della stessa etnia, dimoranti a Ugarit, in possesso di campi.
A giudicare dai racconti di guerra e dalle relazioni dei funzionari, benché non si abbiano testimonianze dirette, non si può dubitare sul fatto che, nel lungo periodo compreso tra Amenofi IV e Ramesse III, gli Shardana al servizio dei re egizi abbiano preso dimora in diverse cittadelle delle loro province nord-orientali, oltre che nella terra del Nilo. Essi, infatti, si dimostrarono valorosi e soprattutto affidabili agli occhi di Ramesse II, che già prima di Kadesh li definì “guerrieri dal cuore risoluto, invincibili sul mare”; il grande re li utilizzò nel suo corpo di guardia e li schierò a Tabor in Galilea e a Kadesh contro gli Ittiti e i loro alleati del Medio Oriente. Nelle azioni di guerra e per il controllo militare-amministrativo delle province nord-orientali, Ramesse II impiegò gli Shardana senza sospetti di intese con la popolazione locale dato che essi provenivano da terre lontane, “le Isole ubicate nel cuore del Verde Grande”, cioè in mezzo al Mediterraneo.
Resta da valutare la visibilità archeologica degli Shardana nel Vicino e Medio Oriente, a Biblo e a Ugarit, così come nelle altre città sedi di guarnigioni in cui i re egiziani li stanziarono. Certo non sarà semplice trovare oggetti della vita quotidiana se non si mutano le strategie investigative. Ogni studioso pensa di trovare le risposte nei coevi manufatti mobili e immobili della regione che egli considera la patria d’origine di questi guerrieri del mare, ma forse occorre tener in maggior considerazione la loro capacità d’adattamento ai costumi dei popoli con cui venivano a contatto. Nello stesso Egitto, dove pure gli Shardana furono arruolati a migliaia, non è stata mai individuata alcuna loro sepoltura e non è segnalato neppure alcun oggetto che assomigli a quelli che portavano con sé nei monumenti in cui essi furono raffigurati.
Nel periodo compreso tra i regni di Meremptah e Ramesse III gli Shardana mutarono radicalmente i loro rapporti con la terra dei faraoni poiché, in accordo con alcune popolazioni del Nord-Africa, decisero di non appoggiare più la politica dei faraoni ma di condurre la guerra contro l’Egitto al fine di impadronirsi, per conto loro, delle province a Est e A Ovest del Delta. Per occupare le regioni costiere del Vicino e Medio Oriente, gli Shardana delle Isole del cuore, non solo agirono in alleanza con altre popolazioni mediterranee settentrionali (a nord del delta), quali Sikali (Zakkar, Tjekker) e Peleset-Filistei, ma poterono contare altresì su gruppi di guerrieri della loro stessa etnia dimoranti già da prima nelle terre delle colonie egiziane e, forse, sull’apporto di gruppi locali cananei in rivolta.
L’Onomastico d’Amenemope documenta, alla fine del XII a.C., una situazione successiva alla perdita dei domini orientali da parte dell’Egitto e presuppone che gli Shardana, sconfitto Ramesse III (non il contrario come è sostenuto a Medinet Habu), si fossero già insediati sulle coste i prossimità dei Filistei, che avevano occupato Gaza e le terre del circondario, e dei Sikali (Tjekker o Sikkar). Questi ultimi si erano stabiliti nella regione di Dor, a settentrione dei Pelasti (Filistei), come si racconta nel viaggio di Uenamon.
Sisara e Deborah
Ubicazione e ampiezza dei domini: le diverse proposte
Purtroppo, la semplice elencazione di popoli e città dell’Onomastico si presta a diverse interpretazioni e l’ubicazione dei luoghi occupati dagli Shardana nella regione di Canaan è tutt’altro che ben definita. In ogni caso, benché lo Alt ritenesse che gli Shardana fossero stanziati in una zona intermedia tra i Filistei e i Sikali, la maggior parte degli studiosi è dell’avviso che essi si trovassero a Nord di entrambi perché nell’elenco dell’Onomastico risultano in successione prima dei Filistei e dei Sikali e per altre motivazioni. Per la loro ubicazione, gli studiosi si sono affidati soprattutto su due passi biblici che sia pure non esplicitamente li richiamano: uno è relativo allo scontro nella valle del Qishon tra il generale Sisara e la giudicessa Deborah affiancata dal generale Barak (Giudici 4,1-23); l’altro riguarda Shamgar di ben Anath (Giosuè 19.38, Giudici 1,33), un personaggio legato alla Galilea. A questi va aggiunto, a mio avviso, il racconto sulla battaglia del Monte Gelboa che segnò la fine del regno di Saul (I Samuele 31, 1-13).
Opportunamente, in base alle risultanze degli scavi, Dothan pensa che Akko, distrutta e ricostruita dai Popoli del Mare, si prestasse ad essere un approdo degli Shardana per la sua posizione marina immediatamente a Nord del litorale di Dor, e a Sud, dei centri fenici.
Piano generale di El Ahwat (da Adam Zertal)
Si affida alle tracce archeologiche e della letteratura anche Tubb quando sostiene che Tel Sa’idiya, sulla riva orientale del Giordano, può aver ospitato gli Shardana di una guarnigione egiziana tra la fine del secolo XIII e il XII. I lavori compiuti a Tell Sa’idiya da Pritchard e da Tubb segnalano la presenza di nuclei di guerrieri dei Sea Peoples nella valle del Giordano nel XII-XI a.C. Sono indicative le inumazioni con coppe per vino, fiasche, daghe in bronzo e forse proiettili da fionda. Gli Shardana conoscevano bene i segreti dei luoghi essendo in precedenza al servizio degli Egiziani e inoltre potevano essere stati impiegati nello sfruttamento dei minerali e nella lavorazione dei metalli oltre che come guerrieri. Però, sulla scorta di alcuni reperti archeologici, Tubb prospetta per gli Shardana un’origine egea affine a quella dei Filistei. I segni della cultura egea sarebbero secondo il Tubb alcuni manufatti metallici in particolare dei pugnali in bronzo e il sistema idraulico che, come quello di Meghiddo, può aver conosciuto l’intervento dei Popoli del mare. Occorre dire, però, che il pugnale della Tomba 53, ritenuto di ascendenza “egea”, può essere imparentato non da meno con pugnali sardi a nervatura per la forma e per l’ornato geometrico a bulino. Anche le costruzioni i di Tel Sa’idiya e di Megiddo potrebbero risentire delle esperienze edilizie e idrauliche sarde non di meno di quelle egee. I segni della cultura egea a Tel Sa’id’iydia sarebbero alcuni manufatti metallici, in particolare dei pugnali in bronzo, e il sistema idraulico che, come quello di Megiddo, mette in relazione con l’intervento dei Popoli del Mare che egli individua negli Shardana. Per Megiddo occorre richiamare anche l’immagine del guerriero, che accompagna il re e due suoi prigionieri dal copricapo bilobato, in una ben nota placca antropomorfa “in avorio (seconda metà XIII-XII a.C.). Questo personaggio poteva essere uno shardana a giudicare poiché non solo mostra lo stesso profilo un po’ sfuggente dei guerrieri del mare immortalati nei rilievi relativi alla battaglia di Kadesh combattuta da Ramesse II e del re prigioniero della stessa etnia incatenato di Ramesse III, ma soprattutto propone il binomio scudo tondo e lancia corta degli Shardana che combattono a fianco di Ramesse III contro i Peleset sulle pareti di Medinet Habu; forse rappresentava la guardia del corpo del re di Megiddo. L’assenza dell’elmo e la folta capigliatura, con taglio “all’egiziana”, presuppongono l’adattamento a costumi egizi e cananei.
Questo guerriero eburneo di Megiddo induce a pensare che nel Vicino e Medio Oriente gli Shardana non calzassero affatto l’elmo cornuto, per lo meno nelle ricorrenze cerimoniali, diversamente dalle guardie reali e dai soldati della fanteria della stessa etnia di stanza in Egitto. In queste regioni, a partire dal XII a.C., i guerrieri dei Popoli del Mare sono raffigurati, piuttosto, con un copricapo a corona di penne identico a quello dei Peleset-Filistei. E’ possibile che, dopo il loro stanziamento, anche gli Shardana abbiano adottato nel Vicino Oriente l’elmo a corona di penne perché connesso con valori simbolici che li accomunavano alle genti locali. Diversamente, nella Grecia continentale e a Cipro (immagine del Dio-re che sottomette il lingotto in rame) appare il binomio elmo a calotta cornuto e scudo tondo analogo a quello degli Shardana impegnati nella battaglia di Kadesh e a Medinet Habu. Tuttavia, non mancano nel contempo, in sigilli e avori, raffigurazioni di guerrieri o di divinità guerriere con l’elmo a corona di penne e lo scudo tondo, ora con lancia corta, ora con la pelekùs (l’ascia da guerra).
Dal suo canto, Garbini individua la terra degli Shardana (ritenuti micenei), nell’area della tribù israelitica di Zabulon, identificando questo nome con quello di Sbrj dell’Onomastico di Amenemope. Al riguardo, occorre evidenziare che nell’Onomastico Shardana e Sbrj risultano due popoli distinti e non coincidenti. Perciò, il termine Sbrj, ammesso che identificasse Zabulon (e non è escluso), riguardava piuttosto una zona contigua a quella in cui si stabilirono gli Shardana, abitata da una popolazione locale verosimilmente già insediata.
Zertal ed io, indipendentemente l’uno dall’altro, abbiamo pensato che il coronimo biblico Galil Goiim identificasse l’antica terra degli Shardana. In sintesi, Zertal è dell’avviso che l’espressione riguardasse un’entità territoriale compresa tra il territorio di Dor e quello di Yokneam di cui era capitale Haroshet ha Goiim, da riconoscere in El Ahwat.
I domini degli Shardana in Canaan: Galil Goiim
É più che naturale pensare che la regione in cui si stabilirono gli Shardana rientrasse nella logica del disegno insediativo globale dei Popoli del Mare nel Vicino Oriente, predefinito e certo non casuale, connesso com’è ai tentativi di conquista operati, per oltre 50 anni, dagli inizi del regno di Meremptah (ultimo quarto del XIII secolo) all’undicesimo anno di Ramesse III (circa 1170 a.C.). Nella scelta delle terre in cui si stabilirono tali popoli, Peleset/Filistei, Sikali, Shardana e Dayniun, deve aver avuto un peso decisivo, a mio avviso, il ruolo di coordinamento e di leadership assunto per diversi secoli dagli Shardana. I guerrieri dall’elmo cornuto sono gli unici a prendere parte a tutte le azioni dei Popoli del Mare con le genti del Nord-Africa sia a favore che contro l’Egitto.
Per di più, fin da quando erano stanziati a Biblo e a Ugarit e più tardi nelle fortezze di Ramesse II (che controllavano non solo le coste ma anche l‘entroterra delle province faraoniche), gli Shardana conoscevano bene i segreti delle terre ubicate tra l’Egitto e la regione di Ugarit, tra il Mediterraneo e i Giordano e oltre (a Est) fin dal XIV a.C., e, pertanto non ignoravano l’importanza strategica e le risorse economiche della regione che dai lidi di Abu Hawam (presso Haifa), e di Akko giungeva al Giordano, crocevia di scambi, terra marina e agricola, pastorale e ad un tempo metallurgica e prossima al prezioso bitume del mar Morto. Tell Abu Hawam verosimilmente fu fondato al tempo di Tuthmosis III e dovette fungere da porto di riferimento, ancor più di Akko, per il controllo della fertile piana di Megiddo. Forse già da allora qualche shardana può essere stato impiegato, come a Biblo e a Ugarit a difesa degli interessi Egiziani. Grazie alla loro attività marinaresca ma anche alla collaborazione dei mercenari della loro etnia già dimoranti in Canaan per conto degli Egiziani, gli Shardana potevano conoscere i punti deboli degli avversari e sfruttare al meglio le situazioni ad essi più favorevoli. Essi, inoltre potevano scegliere con piena consapevolezza i luoghi più fertili, più ricchi e più idonei per insediarsi anche da un punto di vista strategico-militare. Al tempo di Meremptah e di Ramesse III, vi erano Shardana che, essendo già insediati da diverse generazioni nelle province egiziane a Est del Delta, erano ben integrati con la popolazione locale. Una prova è nei rilievi con prigionieri del tempio di Ramesse III a Medinet Habu dove figura anche un capo militare della loro etnia, riconoscibile come “servo“ del faraone per l’inconfondibile disco tra le corna sull’elmo; costui evidentemente si ribellò al sovrano egiziano quando gli Shardana insieme ad altri Popoli del Mare (Pelasti, Sikali, Daynyun e Wshesh) attaccarono il re Ramesse III per impadronirsi delle terre costiere del Mediterraneo orientale.
In ogni caso, secondo logica, è da escludere che, dopo aver cacciato gli Egiziani dalle loro province dopo una lunga e dura guerra, i Popoli del Mare abbiano trascurato proprio il fertile territorio pianeggiante che raccordava il Mediterraneo al Giordano e che controllava le vie di comunicazione tra la Mesopotamia, l’Egitto, la Siria e un tratto costiero nevralgico del Mediterraneo. In quest’area, che la Bibbia assegna ai Cananei, le popolazioni israelite non poterono stabilirsi al tempo di Giosuè e dei Giudici (Giosuè 3-21; Giudici 1).
Ciò considerato, è ragionevole supporre che la regione in cui si stanziarono gli Shardana fosse più estesa di quanto abbiano proposto, con diverse motivazioni, Singer e altri studiosi oltre che i già menzionati Dothan, Tubb, Garbini e ora Zertal. Nel complesso i loro domini, almeno per qualche tempo (secoli XII-XI), dovevano comprendere i seguenti territori: la fascia costiera tra Abu Hawam, Akko e Akziv e il retroterra della Galilea romana e moderna (includente gran parte dei territori assegnati alle tribù di Neftali, Zabulon, Issakar e Asher); le piane di Jezrael con le grandi città di Yoqneam, Megiddo, Taanak, Ybleam e Bet Shan (vale a dire le terre della 5° prefettura di Salomone, le migliori per gli Israeliti, attribuite non a caso a Manasse, il primogenito di Giuseppe cui erano legati i reduci dall’Egitto); la zona pianeggiante che fiancheggia le due sponde del Giordano (sino ai rilievi prospicienti), da Bet Shean a Tell es Sa’idieh, probabilmente l’antica Sartan (Saretan), nota per l’artigianato del rame, ubicata presso il guado di Adam. Non esiste certezza sul fatto che il nome di Sartan fosse legato a quello degli Shardana, bisogna considere, comunque che l’area in cui era ubicato questo centro dal Vecchio Testamento è messa in rapporto con l’alta metallurgia (I Re 7,46), attività in cui i Popoli del Mare e particolarmente gli Shardana dovevano essere esperti, se non altro poiché utilizzavano possenti spade e altre armature in bronzo.
Va aggiunto che non può essere trascurato un altro dato. Nel viaggio esplorativo compiuto dal funzionario-spia egiziana Uenamon verso Cipro, alla fine del secolo XII, le tappe successive a Dor erano quelle di Tiro e di Biblo il cui re Sikal Baal o Zakar Baal (nome che richiama il grande dio cananeo e, ad un tempo, i Sikali), era pienamente allineato con la politica dei Sikali di Dor, tutt’altro che ben disposta con gli Egizi. Poiché è impensabile che le decisioni dei Sikali contrastassero con quelle degli Shardana, intorno al 1100 a.C., le città “fenicie” dovevano essere strettamente legate da vincoli politici ai loro confinanti. Occorre anche chiedersi se anche il territorio costiero siriano non abbia conosciuto, almeno per qualche tempo, una egemonia dei Popoli del Mare e segnatamente degli Shardana, considerato che Ugarit e altri centri furono distrutti e che il territorio siriano si trovava dirimpetto a Cipro, fondamentale riserva di rame. Anche questo centro, peraltro, dovette essere controllata per qualche tempo dai guerrieri che, come il dio del lingotto di Enkomi, calzavano un elmo cornuto e portavano lo scudo tondo.
Occorre tener in conto altresì che a Tiro, fin dal regno di Tuthmosis III, era dislocata una guarnigione egiziana. Ancora al tempo di Meremptah si fa menzione di una guarnigione nella città. Ora, la presenza di guerrieri Shardana nei capisaldi costieri di Ugarit e Biblo, rende molto probabile il fatto che un nucleo di soldati della stessa etnia operasse anche nel presidio egizio di Tiro, il cui ruolo dovette crescere (anche a scapito della stessa Biblo) dopo che Ugarit passò nell’orbita ittita (regno di Suppiluliuma).
É lecito attenderci che, quando invasero il Canaan, gli Shardana abbiano avuto interesse ad occupare, per proprio conto, o almeno a controllare, anche i territori costieri dov’erano gli importanti approdi di Tiro e Biblo, abitati da Phoinikoi (nome greco per Khinakku, Cananei), genti rosse come loro, immediatamente a Nord del litorale di Akko e Akziv. Forse non è un caso che ancora alcuni secoli dopo, al tempo delle invasioni assire, Tiro sia considerata da Isaia una potenza economica in rapporto con “il cuore del mare”, una forma abbreviata per “le Isole del cuore del Mediterraneo”. A ragione di ciò, benché gli Shardana non siano esplicitamente menzionati nel racconto di Uenamon, non si può escludere, per quanto possa sorprendere, che anche Tiro e Biblo facessero parte integrante del territorio occupato dai Popoli del Mare tra XII e XI a.C., benché la lingua e la cultura di queste città fosse allora fondamentalmente cananea.
Ad un’ampia estensione del territorio shardana in Canaan indirizzano diversi altri fattori. Nelle ben note vicende di Deborah, al tempo dei Giudici (XI a.C.), emerge la figura di Sisara, da vari studiosi ritenuto un capo degli Shardana. Egli appare nelle vesti di un re autonomo o di un generale delle truppe cananee del re Yabin di Hasor (Giudici 4,2). In effetti, egli si comporta come un re cananeo al servizio dell’Egitto, poiché utilizza i carri da combattimento diversamente dai Popoli del Mare (almeno a giudicare dalle testimonianze egizie), ed è sconfitto dagli Israeliti con un’azione da guerriglia tipica proprio degli stessi Popoli del Mare.
fonte: www.gianfrancopintore.blogspot.com
Le immagini sono del museo archeologico di Cagliari
Il disegno della flotta di navi shardana che si apprestano allo sbarco è di Stefano Gesh
di Giovanni Ugas
Al servizio dei faraoni
L’identità e i segni della presenza degli Shardana nel Vicino e Medio Oriente necessariamente vanno cercati attraverso le informazioni archeologiche che scaturiscono dagli scavi, ma allo stato attuale delle ricerche non emergono elementi della cultura materiale particolarmente evidenti e pertanto è opportuno ricorrere ancora soprattutto alle testimonianze scritte e iconografiche relative ai paesi in cui essi prima operavano per conto dei re egiziani e appresso si insediarono dopo averli occupati per se stessi.
Occorre dire subito che la storia degli Shardana inizia già nel XV a.C. Con essi, infatti vanno identificati, senza indugi, gli inviati delle “Isole nel cuore del Verde Grande” raffigurati negli affreschi dei monumenti tebani dei visir Useramon, Senmut e Rekhmira mentre recano prodotti di prestigio per Tuthmosis III e Amenofi II. Infatti, tra le genti delle Isole, gli Shardana sono i primi ad essere menzionati nei testi di Ugarit e di el Amarna (riconducibili al più tardi ai tempi di Amenofi IV, e anche i soli che, per circa 150 anni, ricorrono nei documenti egiziani sino al tardo XIII a.C. (regno di Meremptah). Inoltre, le caratteristiche fisiche delle genti delle Isole (colorito rosso bruno, profilo spesso sfuggente della fronte e del mento, sorriso), alcuni capi d’abbigliamento e armi (gonnellino corto o lungo a punta, spada a lama larga triangolare ed elsa a pomo lunato), sono peculiari anche degli Shardana immortalati più tardi nei monumenti che celebrano le imprese di Ramesse II e Ramesse III. Di certo, agli occhi degli Egizi, gli Shardana delle Isole non erano né pallidi indoeuropei come i Micenei (così affermava il Vercoutter, 1956) e gli Ittiti, né gialli come le popolazioni del ceppo di Sem, ma rosso-bruni mediterranei come gli stessi Egizi, i Cretesi e i Cananei.
Le scene figurate tebane e altri documenti coevi attestano che i principi delle Isole nel cuore del Mediterraneo insieme a quelli di Keftyu erano coinvolti in traffici di materie prime a manufatti di grande valore con la regina Ashepsuth e i re Tuthmosis III e Amenophi II, ma soprattutto apparivano già nella veste di guerrieri con poderose spade da punta e da taglio, forse già lo scudo tondo. Al XV a.C. risalgono dunque i primi accordi intercorsi con i re egiziani che indussero gli Shardana ad offrire prestazioni militari a beneficio dei loro interessi e non sorprende che, fin dalla prima metà XIV a.C., i guerrieri (e probabilmente funzionari) Shardana prestino servizio per conto dei sovrani egiziani sia a Biblo al seguito del principe Ribaddi, come attestano tre lettere dell’archivio di el Amarna, sia nella guarnigione di Ugarit come si evince dalle tavolette di Ras Shamra scritte in accadico e in ugaritico. Alcune iscrizioni fanno riferimento a persone della stessa etnia, dimoranti a Ugarit, in possesso di campi.
A giudicare dai racconti di guerra e dalle relazioni dei funzionari, benché non si abbiano testimonianze dirette, non si può dubitare sul fatto che, nel lungo periodo compreso tra Amenofi IV e Ramesse III, gli Shardana al servizio dei re egizi abbiano preso dimora in diverse cittadelle delle loro province nord-orientali, oltre che nella terra del Nilo. Essi, infatti, si dimostrarono valorosi e soprattutto affidabili agli occhi di Ramesse II, che già prima di Kadesh li definì “guerrieri dal cuore risoluto, invincibili sul mare”; il grande re li utilizzò nel suo corpo di guardia e li schierò a Tabor in Galilea e a Kadesh contro gli Ittiti e i loro alleati del Medio Oriente. Nelle azioni di guerra e per il controllo militare-amministrativo delle province nord-orientali, Ramesse II impiegò gli Shardana senza sospetti di intese con la popolazione locale dato che essi provenivano da terre lontane, “le Isole ubicate nel cuore del Verde Grande”, cioè in mezzo al Mediterraneo.
Resta da valutare la visibilità archeologica degli Shardana nel Vicino e Medio Oriente, a Biblo e a Ugarit, così come nelle altre città sedi di guarnigioni in cui i re egiziani li stanziarono. Certo non sarà semplice trovare oggetti della vita quotidiana se non si mutano le strategie investigative. Ogni studioso pensa di trovare le risposte nei coevi manufatti mobili e immobili della regione che egli considera la patria d’origine di questi guerrieri del mare, ma forse occorre tener in maggior considerazione la loro capacità d’adattamento ai costumi dei popoli con cui venivano a contatto. Nello stesso Egitto, dove pure gli Shardana furono arruolati a migliaia, non è stata mai individuata alcuna loro sepoltura e non è segnalato neppure alcun oggetto che assomigli a quelli che portavano con sé nei monumenti in cui essi furono raffigurati.
Nel periodo compreso tra i regni di Meremptah e Ramesse III gli Shardana mutarono radicalmente i loro rapporti con la terra dei faraoni poiché, in accordo con alcune popolazioni del Nord-Africa, decisero di non appoggiare più la politica dei faraoni ma di condurre la guerra contro l’Egitto al fine di impadronirsi, per conto loro, delle province a Est e A Ovest del Delta. Per occupare le regioni costiere del Vicino e Medio Oriente, gli Shardana delle Isole del cuore, non solo agirono in alleanza con altre popolazioni mediterranee settentrionali (a nord del delta), quali Sikali (Zakkar, Tjekker) e Peleset-Filistei, ma poterono contare altresì su gruppi di guerrieri della loro stessa etnia dimoranti già da prima nelle terre delle colonie egiziane e, forse, sull’apporto di gruppi locali cananei in rivolta.
L’Onomastico d’Amenemope documenta, alla fine del XII a.C., una situazione successiva alla perdita dei domini orientali da parte dell’Egitto e presuppone che gli Shardana, sconfitto Ramesse III (non il contrario come è sostenuto a Medinet Habu), si fossero già insediati sulle coste i prossimità dei Filistei, che avevano occupato Gaza e le terre del circondario, e dei Sikali (Tjekker o Sikkar). Questi ultimi si erano stabiliti nella regione di Dor, a settentrione dei Pelasti (Filistei), come si racconta nel viaggio di Uenamon.
Sisara e Deborah
Ubicazione e ampiezza dei domini: le diverse proposte
Purtroppo, la semplice elencazione di popoli e città dell’Onomastico si presta a diverse interpretazioni e l’ubicazione dei luoghi occupati dagli Shardana nella regione di Canaan è tutt’altro che ben definita. In ogni caso, benché lo Alt ritenesse che gli Shardana fossero stanziati in una zona intermedia tra i Filistei e i Sikali, la maggior parte degli studiosi è dell’avviso che essi si trovassero a Nord di entrambi perché nell’elenco dell’Onomastico risultano in successione prima dei Filistei e dei Sikali e per altre motivazioni. Per la loro ubicazione, gli studiosi si sono affidati soprattutto su due passi biblici che sia pure non esplicitamente li richiamano: uno è relativo allo scontro nella valle del Qishon tra il generale Sisara e la giudicessa Deborah affiancata dal generale Barak (Giudici 4,1-23); l’altro riguarda Shamgar di ben Anath (Giosuè 19.38, Giudici 1,33), un personaggio legato alla Galilea. A questi va aggiunto, a mio avviso, il racconto sulla battaglia del Monte Gelboa che segnò la fine del regno di Saul (I Samuele 31, 1-13).
Opportunamente, in base alle risultanze degli scavi, Dothan pensa che Akko, distrutta e ricostruita dai Popoli del Mare, si prestasse ad essere un approdo degli Shardana per la sua posizione marina immediatamente a Nord del litorale di Dor, e a Sud, dei centri fenici.
Piano generale di El Ahwat (da Adam Zertal)
Si affida alle tracce archeologiche e della letteratura anche Tubb quando sostiene che Tel Sa’idiya, sulla riva orientale del Giordano, può aver ospitato gli Shardana di una guarnigione egiziana tra la fine del secolo XIII e il XII. I lavori compiuti a Tell Sa’idiya da Pritchard e da Tubb segnalano la presenza di nuclei di guerrieri dei Sea Peoples nella valle del Giordano nel XII-XI a.C. Sono indicative le inumazioni con coppe per vino, fiasche, daghe in bronzo e forse proiettili da fionda. Gli Shardana conoscevano bene i segreti dei luoghi essendo in precedenza al servizio degli Egiziani e inoltre potevano essere stati impiegati nello sfruttamento dei minerali e nella lavorazione dei metalli oltre che come guerrieri. Però, sulla scorta di alcuni reperti archeologici, Tubb prospetta per gli Shardana un’origine egea affine a quella dei Filistei. I segni della cultura egea sarebbero secondo il Tubb alcuni manufatti metallici in particolare dei pugnali in bronzo e il sistema idraulico che, come quello di Meghiddo, può aver conosciuto l’intervento dei Popoli del mare. Occorre dire, però, che il pugnale della Tomba 53, ritenuto di ascendenza “egea”, può essere imparentato non da meno con pugnali sardi a nervatura per la forma e per l’ornato geometrico a bulino. Anche le costruzioni i di Tel Sa’idiya e di Megiddo potrebbero risentire delle esperienze edilizie e idrauliche sarde non di meno di quelle egee. I segni della cultura egea a Tel Sa’id’iydia sarebbero alcuni manufatti metallici, in particolare dei pugnali in bronzo, e il sistema idraulico che, come quello di Megiddo, mette in relazione con l’intervento dei Popoli del Mare che egli individua negli Shardana. Per Megiddo occorre richiamare anche l’immagine del guerriero, che accompagna il re e due suoi prigionieri dal copricapo bilobato, in una ben nota placca antropomorfa “in avorio (seconda metà XIII-XII a.C.). Questo personaggio poteva essere uno shardana a giudicare poiché non solo mostra lo stesso profilo un po’ sfuggente dei guerrieri del mare immortalati nei rilievi relativi alla battaglia di Kadesh combattuta da Ramesse II e del re prigioniero della stessa etnia incatenato di Ramesse III, ma soprattutto propone il binomio scudo tondo e lancia corta degli Shardana che combattono a fianco di Ramesse III contro i Peleset sulle pareti di Medinet Habu; forse rappresentava la guardia del corpo del re di Megiddo. L’assenza dell’elmo e la folta capigliatura, con taglio “all’egiziana”, presuppongono l’adattamento a costumi egizi e cananei.
Questo guerriero eburneo di Megiddo induce a pensare che nel Vicino e Medio Oriente gli Shardana non calzassero affatto l’elmo cornuto, per lo meno nelle ricorrenze cerimoniali, diversamente dalle guardie reali e dai soldati della fanteria della stessa etnia di stanza in Egitto. In queste regioni, a partire dal XII a.C., i guerrieri dei Popoli del Mare sono raffigurati, piuttosto, con un copricapo a corona di penne identico a quello dei Peleset-Filistei. E’ possibile che, dopo il loro stanziamento, anche gli Shardana abbiano adottato nel Vicino Oriente l’elmo a corona di penne perché connesso con valori simbolici che li accomunavano alle genti locali. Diversamente, nella Grecia continentale e a Cipro (immagine del Dio-re che sottomette il lingotto in rame) appare il binomio elmo a calotta cornuto e scudo tondo analogo a quello degli Shardana impegnati nella battaglia di Kadesh e a Medinet Habu. Tuttavia, non mancano nel contempo, in sigilli e avori, raffigurazioni di guerrieri o di divinità guerriere con l’elmo a corona di penne e lo scudo tondo, ora con lancia corta, ora con la pelekùs (l’ascia da guerra).
Dal suo canto, Garbini individua la terra degli Shardana (ritenuti micenei), nell’area della tribù israelitica di Zabulon, identificando questo nome con quello di Sbrj dell’Onomastico di Amenemope. Al riguardo, occorre evidenziare che nell’Onomastico Shardana e Sbrj risultano due popoli distinti e non coincidenti. Perciò, il termine Sbrj, ammesso che identificasse Zabulon (e non è escluso), riguardava piuttosto una zona contigua a quella in cui si stabilirono gli Shardana, abitata da una popolazione locale verosimilmente già insediata.
Zertal ed io, indipendentemente l’uno dall’altro, abbiamo pensato che il coronimo biblico Galil Goiim identificasse l’antica terra degli Shardana. In sintesi, Zertal è dell’avviso che l’espressione riguardasse un’entità territoriale compresa tra il territorio di Dor e quello di Yokneam di cui era capitale Haroshet ha Goiim, da riconoscere in El Ahwat.
I domini degli Shardana in Canaan: Galil Goiim
É più che naturale pensare che la regione in cui si stabilirono gli Shardana rientrasse nella logica del disegno insediativo globale dei Popoli del Mare nel Vicino Oriente, predefinito e certo non casuale, connesso com’è ai tentativi di conquista operati, per oltre 50 anni, dagli inizi del regno di Meremptah (ultimo quarto del XIII secolo) all’undicesimo anno di Ramesse III (circa 1170 a.C.). Nella scelta delle terre in cui si stabilirono tali popoli, Peleset/Filistei, Sikali, Shardana e Dayniun, deve aver avuto un peso decisivo, a mio avviso, il ruolo di coordinamento e di leadership assunto per diversi secoli dagli Shardana. I guerrieri dall’elmo cornuto sono gli unici a prendere parte a tutte le azioni dei Popoli del Mare con le genti del Nord-Africa sia a favore che contro l’Egitto.
Per di più, fin da quando erano stanziati a Biblo e a Ugarit e più tardi nelle fortezze di Ramesse II (che controllavano non solo le coste ma anche l‘entroterra delle province faraoniche), gli Shardana conoscevano bene i segreti delle terre ubicate tra l’Egitto e la regione di Ugarit, tra il Mediterraneo e i Giordano e oltre (a Est) fin dal XIV a.C., e, pertanto non ignoravano l’importanza strategica e le risorse economiche della regione che dai lidi di Abu Hawam (presso Haifa), e di Akko giungeva al Giordano, crocevia di scambi, terra marina e agricola, pastorale e ad un tempo metallurgica e prossima al prezioso bitume del mar Morto. Tell Abu Hawam verosimilmente fu fondato al tempo di Tuthmosis III e dovette fungere da porto di riferimento, ancor più di Akko, per il controllo della fertile piana di Megiddo. Forse già da allora qualche shardana può essere stato impiegato, come a Biblo e a Ugarit a difesa degli interessi Egiziani. Grazie alla loro attività marinaresca ma anche alla collaborazione dei mercenari della loro etnia già dimoranti in Canaan per conto degli Egiziani, gli Shardana potevano conoscere i punti deboli degli avversari e sfruttare al meglio le situazioni ad essi più favorevoli. Essi, inoltre potevano scegliere con piena consapevolezza i luoghi più fertili, più ricchi e più idonei per insediarsi anche da un punto di vista strategico-militare. Al tempo di Meremptah e di Ramesse III, vi erano Shardana che, essendo già insediati da diverse generazioni nelle province egiziane a Est del Delta, erano ben integrati con la popolazione locale. Una prova è nei rilievi con prigionieri del tempio di Ramesse III a Medinet Habu dove figura anche un capo militare della loro etnia, riconoscibile come “servo“ del faraone per l’inconfondibile disco tra le corna sull’elmo; costui evidentemente si ribellò al sovrano egiziano quando gli Shardana insieme ad altri Popoli del Mare (Pelasti, Sikali, Daynyun e Wshesh) attaccarono il re Ramesse III per impadronirsi delle terre costiere del Mediterraneo orientale.
In ogni caso, secondo logica, è da escludere che, dopo aver cacciato gli Egiziani dalle loro province dopo una lunga e dura guerra, i Popoli del Mare abbiano trascurato proprio il fertile territorio pianeggiante che raccordava il Mediterraneo al Giordano e che controllava le vie di comunicazione tra la Mesopotamia, l’Egitto, la Siria e un tratto costiero nevralgico del Mediterraneo. In quest’area, che la Bibbia assegna ai Cananei, le popolazioni israelite non poterono stabilirsi al tempo di Giosuè e dei Giudici (Giosuè 3-21; Giudici 1).
Ciò considerato, è ragionevole supporre che la regione in cui si stanziarono gli Shardana fosse più estesa di quanto abbiano proposto, con diverse motivazioni, Singer e altri studiosi oltre che i già menzionati Dothan, Tubb, Garbini e ora Zertal. Nel complesso i loro domini, almeno per qualche tempo (secoli XII-XI), dovevano comprendere i seguenti territori: la fascia costiera tra Abu Hawam, Akko e Akziv e il retroterra della Galilea romana e moderna (includente gran parte dei territori assegnati alle tribù di Neftali, Zabulon, Issakar e Asher); le piane di Jezrael con le grandi città di Yoqneam, Megiddo, Taanak, Ybleam e Bet Shan (vale a dire le terre della 5° prefettura di Salomone, le migliori per gli Israeliti, attribuite non a caso a Manasse, il primogenito di Giuseppe cui erano legati i reduci dall’Egitto); la zona pianeggiante che fiancheggia le due sponde del Giordano (sino ai rilievi prospicienti), da Bet Shean a Tell es Sa’idieh, probabilmente l’antica Sartan (Saretan), nota per l’artigianato del rame, ubicata presso il guado di Adam. Non esiste certezza sul fatto che il nome di Sartan fosse legato a quello degli Shardana, bisogna considere, comunque che l’area in cui era ubicato questo centro dal Vecchio Testamento è messa in rapporto con l’alta metallurgia (I Re 7,46), attività in cui i Popoli del Mare e particolarmente gli Shardana dovevano essere esperti, se non altro poiché utilizzavano possenti spade e altre armature in bronzo.
Va aggiunto che non può essere trascurato un altro dato. Nel viaggio esplorativo compiuto dal funzionario-spia egiziana Uenamon verso Cipro, alla fine del secolo XII, le tappe successive a Dor erano quelle di Tiro e di Biblo il cui re Sikal Baal o Zakar Baal (nome che richiama il grande dio cananeo e, ad un tempo, i Sikali), era pienamente allineato con la politica dei Sikali di Dor, tutt’altro che ben disposta con gli Egizi. Poiché è impensabile che le decisioni dei Sikali contrastassero con quelle degli Shardana, intorno al 1100 a.C., le città “fenicie” dovevano essere strettamente legate da vincoli politici ai loro confinanti. Occorre anche chiedersi se anche il territorio costiero siriano non abbia conosciuto, almeno per qualche tempo, una egemonia dei Popoli del Mare e segnatamente degli Shardana, considerato che Ugarit e altri centri furono distrutti e che il territorio siriano si trovava dirimpetto a Cipro, fondamentale riserva di rame. Anche questo centro, peraltro, dovette essere controllata per qualche tempo dai guerrieri che, come il dio del lingotto di Enkomi, calzavano un elmo cornuto e portavano lo scudo tondo.
Occorre tener in conto altresì che a Tiro, fin dal regno di Tuthmosis III, era dislocata una guarnigione egiziana. Ancora al tempo di Meremptah si fa menzione di una guarnigione nella città. Ora, la presenza di guerrieri Shardana nei capisaldi costieri di Ugarit e Biblo, rende molto probabile il fatto che un nucleo di soldati della stessa etnia operasse anche nel presidio egizio di Tiro, il cui ruolo dovette crescere (anche a scapito della stessa Biblo) dopo che Ugarit passò nell’orbita ittita (regno di Suppiluliuma).
É lecito attenderci che, quando invasero il Canaan, gli Shardana abbiano avuto interesse ad occupare, per proprio conto, o almeno a controllare, anche i territori costieri dov’erano gli importanti approdi di Tiro e Biblo, abitati da Phoinikoi (nome greco per Khinakku, Cananei), genti rosse come loro, immediatamente a Nord del litorale di Akko e Akziv. Forse non è un caso che ancora alcuni secoli dopo, al tempo delle invasioni assire, Tiro sia considerata da Isaia una potenza economica in rapporto con “il cuore del mare”, una forma abbreviata per “le Isole del cuore del Mediterraneo”. A ragione di ciò, benché gli Shardana non siano esplicitamente menzionati nel racconto di Uenamon, non si può escludere, per quanto possa sorprendere, che anche Tiro e Biblo facessero parte integrante del territorio occupato dai Popoli del Mare tra XII e XI a.C., benché la lingua e la cultura di queste città fosse allora fondamentalmente cananea.
Ad un’ampia estensione del territorio shardana in Canaan indirizzano diversi altri fattori. Nelle ben note vicende di Deborah, al tempo dei Giudici (XI a.C.), emerge la figura di Sisara, da vari studiosi ritenuto un capo degli Shardana. Egli appare nelle vesti di un re autonomo o di un generale delle truppe cananee del re Yabin di Hasor (Giudici 4,2). In effetti, egli si comporta come un re cananeo al servizio dell’Egitto, poiché utilizza i carri da combattimento diversamente dai Popoli del Mare (almeno a giudicare dalle testimonianze egizie), ed è sconfitto dagli Israeliti con un’azione da guerriglia tipica proprio degli stessi Popoli del Mare.
fonte: www.gianfrancopintore.blogspot.com
Le immagini sono del museo archeologico di Cagliari
Il disegno della flotta di navi shardana che si apprestano allo sbarco è di Stefano Gesh
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