sabato 22 gennaio 2011
History of Sicily - Preistoria in Sicilia - 2° parte di 3
La preistoria siciliana: necropoli, abitanti, alimentazione al Museo Salinas di Palermo.
di Romano Maria Levante
Andando avanti nel tempo, nel Neolitico il passaggio dalla vita nomade a quella stanziale si riflette anche nel fatto che la Grotta del Monte Kronio, Agrigento - nella quale sono stati trovati pochi resti femminili – era un luogo di raduno, forse per riti collegati a fenomeni di origine termale; più cospicui i ritrovamenti nella Trincea fossato di Stretto Partanna, con i frammenti scomposti di resti di 7 individui, da incinerazione incompleta e sepoltura secondaria, V-VI millennio a.C.
I siti dell’Eneolitico sono numerosi, le tombe sono poste soprattutto in grotte naturali non più utilizzate come abitazioni essendosi costituiti i villaggi, e anche in piccole grotte artificiali. Dato che la tomba viene ormai concepita come l’abitazione dello scomparso, non è più una fossa singola ma diventa collettiva per i membri della famiglia, nella forma a forno con pozzetto di accesso. Così nella necropoli di Piano Vento a Montechiaro, Agrigento, sono stati trovati circa 50 corpi sepolti con l’uso di cospargerli di ocra rossa, adottata per ridurre le esalazioni e purificarli; e resti di animali sacrificati nei riti funerari, con pasti documentati dai frammenti di vasellame che veniva spezzato. Significative, per altro verso, le tombe di Roccazzo a Mazara del Vallo, Trapani, riunite in corrispondenza dei nuclei di capanne, a forma cilindrica con pozzetto; singole o doppie con corredi collegati al censo del defunto che comprendevano, oltre ai ciottoli e agli utensili di selci, a punte di freccia e conchiglie forate, anche vasi decorati, ciotole e olle grigie o rosse per l’ocra.
Con l’Età del Bronzo, i flussi migratori portarono nuove abitudini anche nelle sepolture, a Lipari sono state rinvenute urne cinerarie con 30 tombe a incinerazione anche se l’inumazione resta prevalente, con tombe individuali e collettive. Il sito di Castelluccio esprime una cultura che si diffuse e troviamo almeno in 8 località tra cui Castelluccio di Noto: villaggi con capanne circolari e il focolare al centro, una comunità stanziale dedita all’allevamento, agricoltura e artigianato, tombe per lo più collettive scavate nei pendii con chiusure decorate; anche monumentali come quella del “principe” scavata nella roccia con camera funeraria retta da pilastri. Corredi variamente assortiti o assenti, elementi di terracotta a forma di corni oltre ai consueti di selce e osso, conchiglie e denti.
La necropoli di Marcita, a Castelvetrano, Trapani, con oltre 100 individui di entrambi i sessi e di diverse età, mostra soggetti anche di altra etnia e ricchi corredi, mentre in quella dei Sesi a Pantelleria troviamo oggetti litici su ossidiana e di terracotta per mensa, articoli ornamentali e resti ovini e caprini. Una struttura particolare si nota nella necropoli di Thapsos, Siracusa, con una cella fornita di vestibolo accessibile da un pozzetto, un corridoio e nicchie radiali; nei corredi anche vasi in ceramica importati da Cipro, Malta e da Micene, e oggetti in bronzo; addirittura tracce di oro in collane, e articoli ornamentali in pasta di vetro colorata, ambra e avorio.
La struttura si evolve ancora con tombe ad alveare scavate sulle pareti rocciose nelle necropoli di Pantelica, Dessueri e Caltagirone, con piccole celle circolari o grandi camere che introducevano a celle multiple per 4-5 soggetti della stessa famiglia: nei corredi coltelli e armi, nonché oggetti di ornamento come fibule e specchi, anelli e collane in bronzo, in relazione alla posizione e al censo.
Nell’Età del Ferro, dal IX al VI a.C., le tombe, poste sui fianchi delle alture vicino ai villaggi, sono inserite in ampie camere funerarie chiuse da un muro o una porta, il corpo non più in posizione rannicchiata ma disteso con sopra e intorno gli elementi del corredo. A Polizzello di Mussomeli, Caltanissetta, in circa 100 tombe ricavate sui fianchi della montagna in cavità naturali, sono stati trovati parecchi reperti: nelle tombe di adulti molte ossa di bovini, essendo il bue animale sacro, in quelle per bambini solo ossa di ovini e caprini di giovane età, evidentemente per associarla alla loro. I corredi sono sempre più ricchi, esprimono le condizioni di vita del defunto e lo stadio evolutivo raggiunto, ormai elevato.
Gli abitanti preistorici della Conca d’oro in Sicilia
Questa zona, dove sorge Palermo, risulta abitata sin dalla preistoria ben prima dei fenici e romani, arabi e normanni: precisamente dal Paleolitico non in modo stanziale ma con il nomadismo della caccia. Le grotte che si trovano sulle alture circostanti favorivano questi insediamenti per sostare, provvedere alle attività quotidiane e poi per le sepolture; non sono nascoste, si vedono dalla piana e proprio questo ha fatto sì che la gran parte dei reperti venissero dispersi nel tempo. Sono stati trovati anche resti ossei di elefanti e ippopotami chiamati ossa dei Giganti e dei Ciclopi, lo raccontano la citata Rosaria di Salvo e Vittoria Schimmenti ricostruendo come vivevano “Gli antichi abitanti della Conca d’Oro” nella stessa pubblicazione del Museo Salinas. Nella Grotta delle Incisioni dell’Addaura e dell’Antro nero o dei Bovidi ci sono graffiti parietali, così nella Grotta Niscemi e in altre, dove sono stati rinvenuti resti di animali, bue e cinghiale, cervo e cavallo ”idruntino”, nonché gusci di molluschi.
Nella Grotta della Molara, in una zona interna, si vedono i segni del passaggio dal Paleolitico al Mesolitico allorché fu utilizzata per le sepolture. Dagli scheletri rinvenuti – con crani tipo Cromagnon – si è ricostruito l’uso dei denti come terza mano per trattenere fibre vegetali, corde, bastoni, utensili, oltre che per assumere cibi crudi; anche nella Grotta di San Ciro le ossa ritenute dei Giganti e insieme selci che attestano l’abitazione degli uomini preistorici. Evolvono i modi di vita nel Neolitico, quando si trasferiscono nei villaggi pur mantenendo contatti con le grotte dove oltre alle sepolture porteranno gli animali di allevamento e affineranno gli utensili.
Con l’Età del Rame si diffondono i villaggi nella Conca d’Oro, con le rispettive necropoli che attraverso i corredi funerari hanno fornito molti elementi sul tipo di vita. Nei villaggi tra Partanna e Mondello – in quest’ultimo trovate 12 capanne – oltre alla caccia sul Monte Pellegrino si praticava la pesca; nelle tombe sul monte si sono rinvenute ceramiche e utensili di pietra che fanno pensare a una primordiale industria litica. A Boccadifalco, oltre a selci, ossidiana e vasi di vario tipo sono stati trovati un anello di rame e una collana; analogamente nella contrada Sant’Isidoro. Si è potuta ricostruire la fisognomica degli antichi abitanti; rispetto a quelli delle ere precedenti i loro tratti somatici si addolciscono, la corporatura si fa più armoniosa; tra i due sessi c’è differenza nella conformazione delle ossa e nell’altezza media, le donne 152 centimetri, dieci in meno degli uomini.
Interessante il processo di gracilizzazione che segue la civilizzazione e la vita stanziale in condizioni ambientali sfavorevoli con diffusione soprattutto di artrosi alle articolazioni. Sembra inoltre che il loro carattere fosse pacifico, data l’assenza di segni di morte violenta: c’è solo un caso di lesione traumatica ossea però rimarginata, quindi non letale. Colpisce l’osservazione che sorgevano villaggi marinari dove oggi è Via Roma, al centro di Palermo, e il mare giungeva dov’è ora la vicina Via Maqueda, addirittura vi attraccavano le imbarcazioni per la pesca.
Nel Bronzo il progresso è testimoniato da una fiasca decorata rinvenuta nel Riparo della Moarda, ma non si sono trovati reperti ceramici della cosiddetta cultura della Conca d’Oro e non se ne conoscono le ragioni. Dov’è oggi l’aeroporto c’era il sopra citato villaggio preistorico di Boccadifalco, di cui sono state rinvenute soltanto 7 capanne.
Il trovarsi nel centro cittadino, con Via Roma e Via Maqueda, fa capire quanti reperti siano andati perduti nell’urbanizzazione distruttiva, soprattutto negli anni in cui non si prestava attenzione ai ritrovamenti e comunque si tendeva a non segnalarli per evitare onerosi fermi nell’attività edilizia.
...domani la 3° parte
di Romano Maria Levante
Andando avanti nel tempo, nel Neolitico il passaggio dalla vita nomade a quella stanziale si riflette anche nel fatto che la Grotta del Monte Kronio, Agrigento - nella quale sono stati trovati pochi resti femminili – era un luogo di raduno, forse per riti collegati a fenomeni di origine termale; più cospicui i ritrovamenti nella Trincea fossato di Stretto Partanna, con i frammenti scomposti di resti di 7 individui, da incinerazione incompleta e sepoltura secondaria, V-VI millennio a.C.
I siti dell’Eneolitico sono numerosi, le tombe sono poste soprattutto in grotte naturali non più utilizzate come abitazioni essendosi costituiti i villaggi, e anche in piccole grotte artificiali. Dato che la tomba viene ormai concepita come l’abitazione dello scomparso, non è più una fossa singola ma diventa collettiva per i membri della famiglia, nella forma a forno con pozzetto di accesso. Così nella necropoli di Piano Vento a Montechiaro, Agrigento, sono stati trovati circa 50 corpi sepolti con l’uso di cospargerli di ocra rossa, adottata per ridurre le esalazioni e purificarli; e resti di animali sacrificati nei riti funerari, con pasti documentati dai frammenti di vasellame che veniva spezzato. Significative, per altro verso, le tombe di Roccazzo a Mazara del Vallo, Trapani, riunite in corrispondenza dei nuclei di capanne, a forma cilindrica con pozzetto; singole o doppie con corredi collegati al censo del defunto che comprendevano, oltre ai ciottoli e agli utensili di selci, a punte di freccia e conchiglie forate, anche vasi decorati, ciotole e olle grigie o rosse per l’ocra.
Con l’Età del Bronzo, i flussi migratori portarono nuove abitudini anche nelle sepolture, a Lipari sono state rinvenute urne cinerarie con 30 tombe a incinerazione anche se l’inumazione resta prevalente, con tombe individuali e collettive. Il sito di Castelluccio esprime una cultura che si diffuse e troviamo almeno in 8 località tra cui Castelluccio di Noto: villaggi con capanne circolari e il focolare al centro, una comunità stanziale dedita all’allevamento, agricoltura e artigianato, tombe per lo più collettive scavate nei pendii con chiusure decorate; anche monumentali come quella del “principe” scavata nella roccia con camera funeraria retta da pilastri. Corredi variamente assortiti o assenti, elementi di terracotta a forma di corni oltre ai consueti di selce e osso, conchiglie e denti.
La necropoli di Marcita, a Castelvetrano, Trapani, con oltre 100 individui di entrambi i sessi e di diverse età, mostra soggetti anche di altra etnia e ricchi corredi, mentre in quella dei Sesi a Pantelleria troviamo oggetti litici su ossidiana e di terracotta per mensa, articoli ornamentali e resti ovini e caprini. Una struttura particolare si nota nella necropoli di Thapsos, Siracusa, con una cella fornita di vestibolo accessibile da un pozzetto, un corridoio e nicchie radiali; nei corredi anche vasi in ceramica importati da Cipro, Malta e da Micene, e oggetti in bronzo; addirittura tracce di oro in collane, e articoli ornamentali in pasta di vetro colorata, ambra e avorio.
La struttura si evolve ancora con tombe ad alveare scavate sulle pareti rocciose nelle necropoli di Pantelica, Dessueri e Caltagirone, con piccole celle circolari o grandi camere che introducevano a celle multiple per 4-5 soggetti della stessa famiglia: nei corredi coltelli e armi, nonché oggetti di ornamento come fibule e specchi, anelli e collane in bronzo, in relazione alla posizione e al censo.
Nell’Età del Ferro, dal IX al VI a.C., le tombe, poste sui fianchi delle alture vicino ai villaggi, sono inserite in ampie camere funerarie chiuse da un muro o una porta, il corpo non più in posizione rannicchiata ma disteso con sopra e intorno gli elementi del corredo. A Polizzello di Mussomeli, Caltanissetta, in circa 100 tombe ricavate sui fianchi della montagna in cavità naturali, sono stati trovati parecchi reperti: nelle tombe di adulti molte ossa di bovini, essendo il bue animale sacro, in quelle per bambini solo ossa di ovini e caprini di giovane età, evidentemente per associarla alla loro. I corredi sono sempre più ricchi, esprimono le condizioni di vita del defunto e lo stadio evolutivo raggiunto, ormai elevato.
Gli abitanti preistorici della Conca d’oro in Sicilia
Questa zona, dove sorge Palermo, risulta abitata sin dalla preistoria ben prima dei fenici e romani, arabi e normanni: precisamente dal Paleolitico non in modo stanziale ma con il nomadismo della caccia. Le grotte che si trovano sulle alture circostanti favorivano questi insediamenti per sostare, provvedere alle attività quotidiane e poi per le sepolture; non sono nascoste, si vedono dalla piana e proprio questo ha fatto sì che la gran parte dei reperti venissero dispersi nel tempo. Sono stati trovati anche resti ossei di elefanti e ippopotami chiamati ossa dei Giganti e dei Ciclopi, lo raccontano la citata Rosaria di Salvo e Vittoria Schimmenti ricostruendo come vivevano “Gli antichi abitanti della Conca d’Oro” nella stessa pubblicazione del Museo Salinas. Nella Grotta delle Incisioni dell’Addaura e dell’Antro nero o dei Bovidi ci sono graffiti parietali, così nella Grotta Niscemi e in altre, dove sono stati rinvenuti resti di animali, bue e cinghiale, cervo e cavallo ”idruntino”, nonché gusci di molluschi.
Nella Grotta della Molara, in una zona interna, si vedono i segni del passaggio dal Paleolitico al Mesolitico allorché fu utilizzata per le sepolture. Dagli scheletri rinvenuti – con crani tipo Cromagnon – si è ricostruito l’uso dei denti come terza mano per trattenere fibre vegetali, corde, bastoni, utensili, oltre che per assumere cibi crudi; anche nella Grotta di San Ciro le ossa ritenute dei Giganti e insieme selci che attestano l’abitazione degli uomini preistorici. Evolvono i modi di vita nel Neolitico, quando si trasferiscono nei villaggi pur mantenendo contatti con le grotte dove oltre alle sepolture porteranno gli animali di allevamento e affineranno gli utensili.
Con l’Età del Rame si diffondono i villaggi nella Conca d’Oro, con le rispettive necropoli che attraverso i corredi funerari hanno fornito molti elementi sul tipo di vita. Nei villaggi tra Partanna e Mondello – in quest’ultimo trovate 12 capanne – oltre alla caccia sul Monte Pellegrino si praticava la pesca; nelle tombe sul monte si sono rinvenute ceramiche e utensili di pietra che fanno pensare a una primordiale industria litica. A Boccadifalco, oltre a selci, ossidiana e vasi di vario tipo sono stati trovati un anello di rame e una collana; analogamente nella contrada Sant’Isidoro. Si è potuta ricostruire la fisognomica degli antichi abitanti; rispetto a quelli delle ere precedenti i loro tratti somatici si addolciscono, la corporatura si fa più armoniosa; tra i due sessi c’è differenza nella conformazione delle ossa e nell’altezza media, le donne 152 centimetri, dieci in meno degli uomini.
Interessante il processo di gracilizzazione che segue la civilizzazione e la vita stanziale in condizioni ambientali sfavorevoli con diffusione soprattutto di artrosi alle articolazioni. Sembra inoltre che il loro carattere fosse pacifico, data l’assenza di segni di morte violenta: c’è solo un caso di lesione traumatica ossea però rimarginata, quindi non letale. Colpisce l’osservazione che sorgevano villaggi marinari dove oggi è Via Roma, al centro di Palermo, e il mare giungeva dov’è ora la vicina Via Maqueda, addirittura vi attraccavano le imbarcazioni per la pesca.
Nel Bronzo il progresso è testimoniato da una fiasca decorata rinvenuta nel Riparo della Moarda, ma non si sono trovati reperti ceramici della cosiddetta cultura della Conca d’Oro e non se ne conoscono le ragioni. Dov’è oggi l’aeroporto c’era il sopra citato villaggio preistorico di Boccadifalco, di cui sono state rinvenute soltanto 7 capanne.
Il trovarsi nel centro cittadino, con Via Roma e Via Maqueda, fa capire quanti reperti siano andati perduti nell’urbanizzazione distruttiva, soprattutto negli anni in cui non si prestava attenzione ai ritrovamenti e comunque si tendeva a non segnalarli per evitare onerosi fermi nell’attività edilizia.
...domani la 3° parte
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