Diretto da Pierluigi Montalbano

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giovedì 28 dicembre 2023

M. Valerio, Primo pretore in Sardegna. Articolo di Rolando Berretta

 M. Valerio, Primo pretore in Sardegna.

Articolo di Rolando Berretta

 


Tito Livio, nel sommario del XX libro, ci ha ricordato che il numero dei Pretori fu portato a 4 (quattro). Solino 5.1: … primo quod utraque insula in Romanum arbitratum redacta iisdem temporibus facta provincia est, cum eodem anno Sardiniam M.Valerius, alteram C. Flaminius pretor sortiti sunt …

Nel 227 in Sardegna arrivò il primo Pretore: M.Valerio mentre in Sicilia arrivò C.Flaminio.

Se prendiamo un qualsiasi testo di Storia, e cerchiamo il primo Pretore che arrivò in Sardegna, leggiamo Marco Valerio Levino (uno dei più abili condottieri romani; tipo G.Cesare e Scipione l’Africano: peccato che fosse troppo giovane essendo nato nel 260). Se, invece si approfondisce la

martedì 26 dicembre 2023

Altare rupestre di Santo Stefano. Articolo di Pierluigi Montalbano

Altare rupestre di Santo Stefano. 

Articolo di Pierluigi Montalbano 

Nelle campagne di Oschiri, fra Logudoro e Gallura, c'è una misteriosa roccia granitica lunga 10 metri, scolpita probabilmente in epoca bizantina con simboli geometrici di difficile interpretazione.  Nelle immediate vicinanze c'è una necropoli con una decina di domus de janas che testimoniano una frequentazione antichissima del sito. I motivi incisi sono triangolari, quadrangolari e semicircolari, con attorno numerose coppelle e croci. Tra necropoli e altare ci sono quattro rocce istoriate, cristianizzate da croci incise funzionali a cancellare la presenza di antichi riti pagani. Santo Stefano è un’area dove si respira sacralità, si suppone che vi partorissero le sciamane e si praticasse il rito della scarnificazione prima di deporre il cadavere dentro le domus. L'interpretazione dei simboli geometrici suggerisce la descrizione del passaggio dal mondo dei vivi a quello dei morti. I quadrati sarebbero le false porte, punto di contatto tra terra e aldilà; i cerchi sono simboli di continuità, di divinità solari dell'acqua dispensatore di vita; i triangoli forse sono rappresentazione di templi pagani. Il mistero arricchisce il fascino di questo straordinario parco archeologico.

lunedì 25 dicembre 2023

Natale, ogni epoca ha il suo presepe.

Natale, ogni epoca ha il suo presepe.



La scena di caccia rappresentata dal gruppo di bronzetti trovati a Monte Vittoria di Esterzili nel tempio a megaron Sa Domu de Orgia, vede un cervo inseguito da un cacciatore accompagnato da un cane. Un offerente tiene in mano un vassoio colmo di doni e un altro porta un cervo sulle spalle. Sono presenti anche un muflone e un personaggio con il gonnellino e il copricapo con corna ricurve tipico dei guerrieri shardana. Completano l'iconografia due sacerdotesse con mantello che pregano tenendo una torcia in cui si notano le fiamme. Ogni personaggio partecipa al racconto della caccia sacra, ossia un rituale di offerta di cibo alla divinità in cui le piccole sculture in bronzo esprimono il carattere, le virtù e le gesta dei partecipanti al rito. Purtroppo la quasi totalità dei bronzetti è stata spostata dal luogo d'origine causando la perdita del ruolo. Immaginate di togliere dal nostro presepe cristiano il bue o Gesù Bambino o Giuseppe o uno dei Re Magi per metterlo isolato nella vetrina di un museo. Perderebbe la sua identità e diverrebbe un semplice personaggio, totalmente privo di attributi sacri. È proprio ciò che è accaduto ai nostri bronzetti: non è più possibile interpretarne il ruolo con precisione. Spero che in futuro qualche archeologo illuminato riesca a trovare un sito intatto così da conservarne il racconto iconografico.

sabato 9 dicembre 2023

A proposito dei Trionfi riportati in epoca repubblicana… La Sardegna, scrisse Tito Livio, fu conquistata nel 235 a.C. dal console Tito Manlio Torquato. ma qualcosa, anzi molto, non quadra. Vediamo i fatti. Articolo di Rolando Berretta

A proposito dei Trionfi riportati in epoca repubblicana…

La Sardegna, scrisse Tito Livio, fu conquistata nel 235 a.C. dal console Tito Manlio Torquato. ma qualcosa, anzi molto, non quadra. Vediamo i fatti. 

Articolo di Rolando Berretta

 



 … non trovo quello del Console (dell’anno 235) Tito Manlio Torquato celebrato, poi, il 10 marzo del 234 sui Sardi.  Se aggiungo che, sotto il consolato di Manlio Torquato, fu chiuso il tempio di Giano (Roma era in pace con tutti) qualche domanda me la pongo. 

Tutti sappiamo (lo ha ricordato Tito Livio) che, sotto il consolato  di Tito Manlio Torquato, furono sottomessi i Sardi (Sardos). Come?

Questi i fatti:

Finisce la Prima Guerra Punica. Cartagine è sconfitta. I Mercenari dei Cartaginesi volevano il dovuto (promesso).  Mentre a Cartagine si cercava di perdere tempo, i Mercenari si ribellarono in Africa e nell’isola della Sardegna (Sant’Antioco?). Altra atroce guerra per i Cartaginesi. I mercenari, nell’isola della Sardegna, massacrarono i Cartaginesi residenti. I Sardi, a questo punto, intervennero e li

giovedì 16 novembre 2023

Archeologia. Chi era Circe, la poliedrica maga, figlia del Sole e della ninfa Persa, nipote di Oceano ? Era in Corsica la sua reggia ? Articolo di Lydia Schropp

Archeologia. Chi era Circe, la poliedrica maga, figlia del Sole e della ninfa Persa, nipote di Oceano ?  Era in Corsica la sua reggia ? 

Articolo di Lydia Schropp



Dal  paese dei Lestrigoni, ubicato nel Lazio, Ulisse procede  verso nord-ovest e dopo un arco di tempo non meglio definito, approda all’isola di Aiaie, chiamata così da Ajaccio, (1) da sempre il centro più importante  della Corsica ed abitato sin dall’antichità. La città sporge  su un amplissimo golfo, che fu usato come scalo dalle navi dirette in Francia e Spagna.  Corsica è il nome romano dell’isola,mentre quello etrusco è Kyrne e quello greco Kurnos, inteso come “la signora isola”, a causa della bellezza primordiale del paesaggio (2).

Ulisse si avvicina all’isola dalla costa tirrenica, meno popolata in età recente  a causa del

sabato 11 novembre 2023

Archeologia della Sardegna. La fine di un Dio e il crollo di una Civiltà Articolo di Gustavo Bernardino

 Archeologia della Sardegna. La fine di un Dio e il crollo di una Civiltà

Articolo di Gustavo Bernardino

 


 

Nello scenario storico-archeologico che interessa la fase antica di questa amatissima terra sarda, ci sono numerose domande che a tutt’oggi non trovano risposte.

In particolare, non è stata individuata con chiarezza la causa che portò al tracollo della civiltà nuragica né si è capito in quale ambito andare a cercare le ragioni di tale fenomeno. Non si sa quindi se indagare in campo militare, in quello economico oppure in quello religioso. Definendomi un archeo-investigatore, ed avendo una sola grande passione che mi obbliga a cercare, studiare, riflettere su ogni possibile strada percorribile nel campo interpretativo, perché di questo si tratta, non esistendo per

martedì 7 novembre 2023

Archeologia della Sardegna. L'altare prenuragico di Monte Baranta.

Archeologia della Sardegna. L'altare prenuragico di Monte Baranta.

A Olmedo, nella Sardegna nord occidentale, c'è un monumento affascinante costruito 4500 anni fa, nell'età del rame. La struttura di Monte Baranta è interamente realizzata con grandi blocchi di trachite, è alta oltre 4 metri, presenta due ingressi e si ignora la sua funzione. La forma a ferro di cavallo descrive una piazza che si affaccia sulla scarpata. Ciò ha fatto pensare all'antica usanza dei figli che scaraventavano giù i vecchi padri quando diventavano un peso per la comunità.



Naturalmente sono solo leggende lontane dalla realtà. Sappiamo che il monumento è orientato astronomicamente all'alba del solstizio d'inverno, quindi verso il sole proprio nel giorno in cui la luce riprende a crescere dopo la notte più lunga dell'anno. È evidente che si tratta di un edificio sacro, e in quella piazzetta si svolgevano rituali dedicati alle divinità astrali: le due braccia laterali del ferro di cavallo accolgono ancora oggi la luce solare, il dio toro elegantemente simboleggiato dalla forma delle corna.

giovedì 26 ottobre 2023

Geometrie perdute: sacro e profano nelle forme del pane. Articolo di Uliana Schirru

Geometrie perdute: sacro e profano nelle forme del pane.

Articolo di Uliana Schirru

Fonte: L'Arborense, il settimanale d'informazione dell'Arcidiocesi di Oristano



Sardegna, isola al centro del Mediterraneo, famosa per lo splendido mare su cui ha posato la sua millenaria terra, patria di templi visivamente accattivanti e architetture elaborate che lasciano estasiati per la stupefacente perizia costruttiva. Isola che incanta per la rilevante concentrazione di torri coniche di pietra e per alcune misteriose sculture, per le tradizioni, i costumi, i rituali, i legami secolari. Tuttavia non è solo il suggestivo patrimonio di pietra che rende questa terra rocciosa un'isola dalle ricche e colorate tradizioni: tratteggiare la vitale vocazione culturale che si riscontra nell'ampio patrimonio delle nostre tradizioni e nel folklore è davvero complesso.

Leggende e miti che proiettano un'aura di mistero e di religiosità su questo continente isola, ponti tra passato e presente radicati in un passato distante, provare a ripercorrerne alcuni tratti attraverso le tradizioni legate al pane e ai suoi molteplici contenuti semantici è fondamentale per riuscire a percepire l'atmosfera che si respirava nelle aree sacre di questa regione.

Il pane è uno tra gli alimenti più ricchi di valori culturali, portatore di memorie e valenze simboliche. Con la panificazione, arte millenaria, esso diviene centrale nell'alimentazione e nei rituali e assume spessore profondo rispetto al ciclo di vita/morte/fertilità. Lo rintracciamo come entità fondamentale delle ritualità legate ai cicli annuali poiché anticamente la vita era concepita in termini circolari/ciclici. Il suo spessore sacro possiamo coglierlo già dai primi rituali che accompagnano la sua produzione nella croce incisa nella madrighe.

Alcune forme nelle epoche hanno perso il loro significato più recondito ma restano ancorate saldamente alle tradizioni degli antichi calendari agrari miscelati con ideologie cristiane e il popolo sardo onora sempre con premura le antiche tradizioni comparse in tempi immemorabili: ogni festa religiosa è celebrata ancora col pane cerimoniale. Certo è che un’interpretazione puntuale delle forme dei pani non può comunque prescindere da un approccio semiotico/antropologico necessario ad intuire la logica esistente fra dimensioni sacre e profane in rapporto alle società in cui si sono espresse.

Vettore di trasmissione sociale e di memoria culturale nelle perenni vicissitudini umane che nella Pasqua come rito di rinascita della natura è riuscito a connettere questo mezzo di sussistenza e l'uovo in un elemento centrale di appercezione cosmogonica.Tracciarne le origini non è stato semplice, compare come testimonianza di divinità associate all'agricoltura, alla scrittura, al cielo, a dee già nell'antica Sumeria, in Egitto, in India dove vengono indicate come Matrici Universali celesti e ctonie. Divinità connesse sovente alla guarigione, all'astronomia/astrologia, ai calendari, alla produzione di birra e di pane. Cosmogonie incontrastate negli orizzonti Mediterranei, Egei, Anatolici, ripercorrono a ritroso le tappe del tempo nel tentativo spasmodico di misurarne i ritmi in un Triangolo rotante.

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Immagine 1. Visione geocentrica antica del triangolo/divinità, rotante


Tanto più percorriamo la trama del tempo tanto più appare visibile un profondo legame con i nostri antenati, diventa allora improrogabile analizzare antropologicamente un passato pervenuto al mito che riappare costantemente nell'architettura, nell'arte, nella memoria culturale e negli spazi creativi del pane cerimoniale, vive di un tempo incommensurabile raccontato in storie che provvedono affinché il ricordo non svanisca nell'oblio.

Sarà proprio nelle torri del nuraghe Arrubiu di Orroli a offrirci le testimonianze di focacce per le divinità, una tradizione che ha accompagnato e accompagna tutt'ora la comunità sarda nel giorno di Pasqua con un pane. Non un pane qualunque, ma un elaborato di farina, acqua, lievito (poiché le focacce in mano ai bronzetti son lievitate), una realtà diversa di memoria culturale che ammalia e confonde l'anima.

Una realtà che costituisce una solida reliquia iconica del patrimonio umano che attinge a fonti archeologiche e iconografiche per esplorare il design di ogni tempio e di ogni pane ispirato ad un significato spirituale e ideato per dare protezione alla persona che lo riceve.

Son sentieri che scrutano il tutto, mirano all'universo, al cosmo nella convinzione che ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e narrano un tessuto di simboli in cui si esprime il mondo di cui noi stessi siamo parte attiva, …poiché da quando gli umani hanno cercato di dare un senso all'universo, hanno proposto teorie cosmologiche… e in esse la nozione di divinità gioca spesso un ruolo centrale nelle teologie.

Anche se gli effetti rovinosi di alcuni condizionamenti/colonizzazioni storico/culturali si evidenziano nella demolizione di monumenti e retaggi e ci raccontano di divinità dell'Olimpo che restano per molti il segno archetipico di ideologie e comportamenti nati nella Grecia pre-classica e purtroppo rimescolati nell'area Mediterranea; la perspicacia della Chiesa cattolica nell'occultare e contemporaneamente negoziare ideologie, monumenti profani di un universo mitico/ cosmologico mai sradicato, ha favorito sincretismi e ri-forgiato ritualità antiche con festività pagane. Un sincretismo pregevole evidente anche nelle soluzioni architettoniche di chiese, abbazie e cattedrali che ricordano nei loro dettagli planimetrie e orientamenti antichi mai abbandonati.

Le vie del Mediterraneo sono state una forza trainante nei significativi scambi culturali di diverse parti dell'Europa, dell'Asia e dell'Africa, quel mare ha sempre avuto un ruolo nelle migrazioni umane, ora le nostre consapevolezze ci richiedono di interrogarci sui valori che trascendono l'area mediterranea e tutte le culture nate sulle rive del nostro mare per esaminare funzioni e significati legati ad un Triangolo di pane e di pietra…

Nel corso della loro lunga storia le vie dell'acqua hanno portato alla condivisione di basi di conoscenze e alla creazione di discipline diverse. Campi arricchiti da scambi che costituiscono una porzione rilevante del patrimonio comune e dell'eredità di cui siamo parte che hanno svolto un ruolo significativo nello sviluppo di ideologie e di scienze antiche come l'astronomia.
La vasta portata dell'immaginazione antica, ci trasporta in una narrativa che attraversa il cosmo e le sue peculiarità fisiche e spirituali e, partendo dal sistema planetario, rivela il concetto arcaico dell'universo che per millenni ha camminato insieme all'astrologia in un connubio inscindibile di spazio/tempo e fede.

Il pane costituisce l'alimento base delle tavole del mondo, la sua produzione accompagna da sempre la storia dell'umanità. Testimonianze archeologiche antiche di panificazione son state trovate in un sito del 14500 a.C.
Nel deserto della Giordania, con la diffusione dell'agricoltura, intorno al 10000 a.C., i cereali divengono il cardine della panificazione che nel Neolitico successivo si sviluppa lungo le valli fluviali.
Con la scoperta dei cereali, questo straordinario prodotto racchiude numerosi saperi: dalla conoscenza della fertilità del terreno alle modalità di coltivazione, dalla raccolta delle messi alla trasformazione dei semi, dalle differenti modalità d'espressione iconografica fino alle diverse modalità di cottura il pane mantiene sempre una relazione strettissima con la natura, i suoi ritmi e i suoi elementi fondamentali, terra, aria, acqua, cielo.
Il suo processo di produzione è così antico che è davvero molto difficile stabilire una data di nascita specifica. Ciò che però è certo è che parliamo di una vera e propria forma d'arte, di memoria e di geometria che si intreccia con radici pagane e sacre.

Tuttavia, sappiamo così poco sul pane, sulle tipologie, le modalità di preparazione, sui modi in cui il pane è stato influenzato dalla cultura e dalla religione, sul significato del pane nella nostra vita quotidiana e spirituale, sul suo simbolismo e significato antropologico.
L'archeologia, la genetica e l'antropologia hanno fornito per fortuna dati utili per la ricostruzione dei legami culturali col passato, è abbondantemente dimostrato che i motivi folkloristici/mitologici sono correlati con la distribuzione di aplogruppi del Dna mitocondriale e del cromosoma Y e con la diffusione di detti motivi provenienti dall'Eurasia.
Pertanto ai fini di questa breve analisi sulle forme del pane i motivi semiotici, vere e proprie Icone, costituiscono un elemento fondamentale nella ricostruzione astronomica della nostra Isola.

Una trama complessa di pietra, di cielo, di bronzo e di pane di una popolazione che ha perpetuato nei millenni una cultura fatta di spighe e di divinità, di motivi semiotici approdati in tradizioni etniche.

Jan Assman (La memoria culturale, Einaudi) che si occupa delle identità e della perpetuazione culturale, cioè del costituirsi della tradizione, dichiara che ogni cultura sviluppa una struttura connettiva che agisce istituendo collegamenti entro la dimensione sociale e temporale, la cultura cioè lega l'uomo al suo prossimo creando spazi comuni di esperienza e riallaccia anche il passato al presente modellandolo e mantenendo i ricordi fondanti sempre attuali. Include racconti, immagini e forme di altri tempi all'interno dell'orizzonte attuale.

La memoria culturale è cioè capace di raccontare dinamiche utili alla ricostruzione di quel sapere diffuso che spesso fa la forza di un popolo che tenacemente ha radicato la sua tradizione in figure simboliche che ripropone nelle feste patronali e nell'artigianato. Su questo fronte studi e ricerche innovative possono fornire un contributo rilevante e una chiave interpretativa dinamica utili a comprendere alcuni aspetti della cultura che sono alla base dei racconti mitici radicati nell'arte e nei linguaggi visivi artigianali.

L'antropologia e la psicologia del profondo ci hanno dimostrato che nelle antiche espressioni di qualsiasi arte la scelta di una particolare forma non è mai un'opzione esclusivamente estetica, ma il tentativo di raccontare un'esperienza o di esprimere un'idea o una visione delle cose, l'elaborazione di tali idee rivela ancora un marcato legame mistico tra fertilità del suolo e forza creativa della donna, espresso nel pane cerimoniale, votivo, rituale.

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Immagine 2. Acchedda, Benetutti, organo riproduttivo femminile con tube di Fallopio e chicco di grano


 

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Immagine 3. Le forme rotonde simboleggiano il Sole, in alcune culture più arcaiche rappresentano il ciclo infinito di vita, morte e rinascita e riecheggiano nella storia dell'Osiride Egiziano smembrato e resuscitato, nelle narrative del vicino Oriente come Adone, Tammuz e Dumuzi fatti a pezzi e resuscitati in primavera; nelle civiltà fenicie/puniche con Demetra e la spiga di grano e a Eleusi nelle ritualità di Artemide e Cibele col pane cotto in cerchi e contrassegnato da una croce


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Immagine 4. Nodi lunari strategici e fondamentali per calcolare le eclissi


Un'immensa documentazione registrata in elaborati artigianali, arti rupestri, bronzei e in architetture megalitiche che hanno plasmato l'evoluzione della società umana dal neolitico e utilizzava come mezzo di comunicazione l'immagine visiva. Riflessi di identità sociali che possono essere trattati come mezzi di comunicazione che esprimono, scambiano e trasmettono informazioni spaziali e nuove ideologie in una Sardegna le cui origini sono per tanti versi ancora nebulose. Una modalità ideografica e pittografica di comunicare che noi oggi abbiamo il dovere di decodificare.

E se la cultura per definizione è un fenomeno sociale, poiché è memoria, essa deve necessariamente confrontarsi con la storia passata per tentare di coglierne l'intricato e sinuoso spessore storico-antropologico.

Se si scandaglia la lontana e mitica memoria delle origini non per superstizione o ignoranza ideologica o per disprezzo del presente ma per inserirla in una prospettiva semiotica di cui forse non si è perfettamente coscienti, lo si fa con l'intento di scoprire quello status ideale in cui l'uomo antico viveva l'esperienza della partecipazione mistica con il tutto, con cui si sentiva in perfetta sintonia, ciò che l'uomo odierno purtroppo ha perduto con la modernità.

Per queste società seguire il corso del sole, della luna e dei pianeti era una questione di sopravvivenza, erano società profondamente consapevoli dei punti cruciali di svolta dell'anno ma che all'equinozio di primavera dedicavano temi di rinascita, di fertilità legate ai cicli agrari. L'equinozio segnalava momenti fondamentali da celebrare con ritualità e simboli come ghirlande, ruote, pupattole, frutta, fiori ma specialmente uova incorporate nel design del pane come simbolo di rinascita.

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Immagine 5. Forme di pane conservate e messe in mostra nel Museo etnografico Sardo di Nuoro


 

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Immagine 6. Pane di Sant'Isidoro Borore


 

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Immagine 7. Pane con ciclo agro-pastorale


Proprio come una madre, la nostra Terra ha custodito il seme nel suo grembo, quel piccolo seme arcano ha germogliato, è cresciuto e ha fornito sempre pasti energetici.
Nel suo grembo, nutrito e supportato fino alla trasformazione finale, ha originato un pane che, naturalmente, non può costituire solo un alimento base ma semmai diviene simbolo di divinità, prosperità, fertilità.
In questo suolo sacro nessuna festività della tradizione popolare può essere celebrata senza il pane rituale, nemmeno oggi che quel pane si distingue dal pane ordinario per forma, preparazione ed elementi decorativi.

Nascere su questa terra antica significa perciò entrare nel vortice dell'esistenza cosmica e osservare costellazioni, stelle e pianeti e vederle riprodotte in pani. E fino a quando non impareremo a comprendere il linguaggio metaforico di quel mondo perduto continueremo a considerare iconografie pregnanti come sciocchezze infantili. Ma se riuscissimo a squarciare il velo della semiotica, potremmo scoprire misteri profondi, sapienza antica e teologie attuali o almeno avremo fatto un tentativo di un’onesta ricerca della verità.

I popoli antichi pensavano per immagini e anche se quelle immagini son sbiadite nel tempo, possiamo ancora intravvederne il nocciolo solido della loro ideologia: la misurazione del tempo, un tempo fondato sulla tempistica di rotazione di vari corpi celesti tra cui sole, luna e alcuni pianeti.

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Immagine 8. Alburizzola, Scano Montiferro


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Immagine 9. Pane rituale Pasquale di Villaurbana


A prima vista la geometria, la matematica, la religione, i nuraghi e il pane sembrano avere poco in comune eppure evocano sentimenti e trame simili. Cogliere realtà enigmatiche sfuggenti ed eterne suscita sempre emozioni intense sia che tali intuizioni siano geometriche/matematiche sia che siano teologiche. La geometria propone intuizioni sui fenomeni fisici, la religione offre intuizioni sulla natura umana e divina, le loro verità/affinità non sempre sono evidenti.
Ma se il tempo nello spazio è sempre stato visto come il coordinatore divino di tutta la creazione nel cui flusso e riflusso perenne si sono avvicendate innumerevoli civiltà, allora la matematica e la geometria divengono utili per comprendere e catalogare gli schemi naturali dell'universo attraverso l'astronomia e per registrare il tempo e formulare calendari.

La nostra Isola possiede circa novemila nuraghi/orologi/zodiaci e un vasto repertorio di pani rituali e varianti locali attorno al tema del pane Coccoi su cui impostare nuove appassionanti ricerche.
Una profonda forma di astrologia matematicamente sofisticata descrive come i modelli planetari legati ai movimenti ciclici di pianeti e astri forniscono preziosi indizi per la comprensione di monumenti millenari e antiche iconografie di pani. Si potrebbe dire che l'astronomia e l'astrologia antica ci permettono di leggere l'ora con un orologio litico più grande, uno speciale calendario astrologico che nei cicli cosmici dei movimenti planetari di Giove e Saturno batte il ritmo di una storia millenaria.

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Immagine 10. Rotazione Grande Trigono nella ruota del tempo Kalachakra nuragica, planimetria del nuraghe Losa


 L'astronomia e l'astrologia sono una questione di tempismo, grazie alla natura ciclica del sistema solare gli antichi popoli hanno sempre saputo quando i pianeti facevano aspetti l'uno con l'altro, sia nei millenni trascorsi che in quelli futuri, con queste informazioni hanno affrontato e programmato periodo di carestie, guerre, alluvioni come pure vasti periodi di saggezza e cultura.

Giove e Saturno danzando insieme nel cielo formando diversi aspetti, dalla congiunzione all'opposizione, al trigono, all'aquilone, al sestile, ecc.
Una credenza che nel corso dei millenni ha accompagnato milioni di persone in una sorta di connessione soprannaturale con i cieli che ora sta svanendo a causa della conoscenza scientifica… Eppure è proprio in questi frangenti che la storia e la scienza si caricano di sfumature religiose e mistiche. Fu in questa danza celeste che l'astrologo Matteo ritenne di individuare la stella di Betlemme, sublime allegoria Triangolare di misurazione del tempo, la Natività in una prospettiva teologica contiene verità profonde ancora inesplorate e significati allegorici legati ad una stella, ad un triangolo rotante. Riflessi di identità culturali, tessiture geometriche che fanno di quest'Isola la perfetta Isola Sacra.

Sacro e profano (nuraghi, chiese e pani) si amalgamano in strutture architettoniche incisive che ne caratterizzano il territorio, restano testimonianze silenti nella Sardegna, custodiscono nel cuore della tradizione edificatoria il segreto e i misteri del cosmo e conferiscono valenze pregnanti alla geometria di pietra. Costruiti con materiali litici del luogo, questi mastodontici edifici confermano gli antichi legami fra cielo e terra e segnano silenziosamente lo scorrere del tempo fra i massi sbozzati delle loro costruzioni. Evidenziano solstizi, lunistizi e finché l'universo batterà ancora i suoi ritmi continueranno a segnare il movimento incessante del tempo in uno spartito circolare.

L'architettura della memoria opera utilizzando spazi immaginari e la cultura del ricordo costella lo spazio naturale di torri elevate al rango di segni, ossia semiotizza, l'intero territorio isolano.
Una pratica adottata da astrologi/architetti professionisti sulla posizione del sole al momento della nascita di intere comunità, ma soprattutto al momento di fondare architettonicamente il Tempio, incorporando i quadri astrologici del momento in un edificio attentamente orientato, un edifico Cosmologico a tutti gli effetti.

Perciò non stupiamoci se astri e pianeti giocano un ruolo vitale anche sulla nostra terra nel determinare qualsiasi narrativa celeste, un triangolo posizionato in una planimetria di un monumento o in una composizione di un pane suggerisce una capacità intuitiva e un enorme potenziale di saggezza antica. Un lascito culturale di popolazioni euroasiatiche, di idee profonde fondamentali sublimate in architettura, scienze, arte.

Relitti etnografici di una rappresentazione coerente con i ritmi del cosmo che ci ricorda che l'universo creato miliardi di anni fa un giorno sarà completamente riassorbito/distrutto in un Big Crunch. Sebbene sia un'ipotesi che merita ancora approfondimenti è abbastanza chiaro che i Sardi dell'età del Bronzo (in effetti anche prima) possedevano una sofisticata conoscenza dei cieli che deve essere riesaminata.
È essenziale restare aperti alle numerose possibilità di riscontro che le altrettante numerose testimonianze silenti ci hanno lasciato poiché la nostra attuale conoscenza si è evoluta dalle loro puntuali osservazioni. Ogni anno le stagioni vanno e vengono, noi le osserviamo scorrere nei cambiamenti stagionali ma non siamo più capaci di notare lo spessore culturale che le civiltà preindustriali di tutto il mondo hanno attribuito a questi schemi naturali.
Tutti simboli e schemi prestabiliti di cui si è perso il senso ma che le donne che panificano sperimentano tutt'oggi senza alcuna scissione tra arte sacra e artigianato profano.

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Immagine 11. Pane di Sant'Antonio


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Immagine 12. Pane luna


E se la nostra identità si conquista anche consolidando la conoscenza delle origini e trasmettendone alle generazioni successive la memoria poiché la storia di un'Isola, di un popolo non è fatta solo di uomini ma bensì di fasi evolutive del territorio che attraverso il proprio linguaggio, racconta il suo mondo perduto, allora storia e memoria divengono parti integranti di quell'identità individuale e collettiva che ci consentono di avere un cardine da cui partire per la costruzione di un cammino che getti le basi per un futuro migliore.

L'arte come l'architettura nelle sue innumerevoli coniugazioni rappresenta (letteralmente fa conoscere) la rappresentazione, cioè offre modelli ermeneutici che si realizzano in immagini e permettono una comprensione più profonda dei suoi significati ideologici, come forma espressiva utilizza il disegno.

Esso nasce quindi come sperimentazione personale intima, prima di divenire comunicazione, da un processo nella mente per poi trasferirsi nella mano e chiarisce concetti mentali che poi vengono trasmessi ad altri.
L'iconografia antica dunque ci permette di valutare il ruolo del disegno come mezzo di rappresentazione dell'edificato e come strumento per individuare progetti, planimetrie e iconografie panificatrici. Col disegno, il mezzo più potente per filtrare l'anima dell'architettura, si può irrompere attraverso misurazioni che restituiscono grafici, analisi delle forme, spazi volumetrici e realtà metafisiche in monumenti e in pani.

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Immagine 13. Interpretazione personale del nuraghe come Tempio all'interno dello zodiaco


Con il disegno rappresentiamo in due dimensioni un oggetto spaziale (nella realtà tridimensionale), per farlo ricorriamo ad un'astrazione convenzionale comprensibile a tutti che ci consenta di visualizzare lo spazio sul piano.

L'architettura perciò nasce da un'intuizione spaziale che si esprime attraverso misure, proporzioni e forme ed è quindi legata alla geometria. Ma l'architettura è sempre legata anche alla concezione che l'uomo ha della realtà e contiene le nozioni della sua epoca cristallizzate in edifici.
Perciò l'architettura e le arti concorrono attraverso il linguaggio ad esprimere riferimenti temporali in un cerchio dinamico sacro, lo zodiaco, kyklos, (cerchio degli animali) e l'osservazione e lo studio del moto dei pianeti porta a definire modelli geometrici complessi come proiezioni di ideologie astrologiche negli spazi dinamici dell'architettura.

E sebbene la nostra storia cosmica odierna sia basata sulla teoria della gravitazione e dell'espansione dell'universo le varie composizioni mitologiche Indiane, Egizie, Maya e Sarde tracciano un inizio dell'universo situato in un oceano primordiale, da cui poi è originato tutto il mondo… Ma questa è un'altra storia.
In questa fase è sufficiente comprendere come l'osservazione dei corpi celesti nella Sardegna antica fosse una scienza altamente significativa e come ogni Nuraghe, ogni Pane Triangolare sia incastonato nello schema ciclico del cielo.
L'osservazione celeste dunque accompagna tutte le comunità antiche e pregna ogni attività umana della sua rilevanza.
Ogni forma espressiva sviluppa linguaggi con modelli rappresentativi specifici capaci di riprodurre dimensioni della realtà fisica e sottolinea riferimenti al ritmo (quindi al tempo).

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Immagine 14. Coccoi cun s'ou, Pane cerimoniale di Pasqua, Villaurbana


 In questo triangolo c'è la memoria del mondo, dell'esistenza, esso ruota lentamente nello zodiaco di 8/10° ogni 60 anni fino a completare una trinità di congiunzioni. Gli angoli di questo triangolo si possono rintracciare in relazione a gli eventi storici del tempo del Cristo per rivelare le evoluzioni spirituali dell'umanità. Sta a noi riconoscere gli antichi valori che circa 6000 anni fa hanno creato l'arazzo celeste delle nostre credenze che ha reso la nostra Isola unica.

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Immagine 15. I primi cristiani adottarono motivi iconografici preesistenti del vasto repertorio pagano e ne usarono i simboli


 Questo pane ricco di fascino, di fertilità, di rinnovamento costituisce l'Archetipo fondamentale che ci permette di recuperare le nostre origini metaforiche computate nel cielo, la nostra etnogenesi i cui elementi sono costituiti dalle evoluzioni planetarie di due pianeti percepiti nelle loro triplici congiunzioni, Giove e Saturno.

Vi sono accezioni arcane profonde in questi schemi, si comprende allora perché l'astrologo Matteo Evangelista ci parla di Re Saggi, i quali intrigati da un fenomeno celeste, intrapresero un viaggio in cerca del luogo di nascita del Re dei Cieli. Quei grandi Re saggi astronomi interpretarono l'evento celeste come un grande presagio segnalando una sorta di nascita reale in una disposizione celeste della nascita del Messia nella casa di Davide: una Triplice congiunzione di Giove e Saturno nella costellazione dei Pesci.
Se i cieli sono sempre stati un ponte tra l'ignoto e il noto, in tempi messianici quel cielo era il regno degli dei che dettava il destino degli uomini. Una modalità per dialogare con il sovrannaturale, che considerava le congiunzioni ambasciatrici di eventi significativi.


La danza segreta dell'universo perciò diviene Metafora Divina in relazione alla narrativa Biblica e gli eventi storici del tempo e potrebbero anche legittimare la Bibbia come documento storico ancorato a fatti reali inclusi eventi astronomici.

I Re Saggi che trovarono il Bimbo seguendo una stella ma non fu una sorpresa, erano memori di una meticolosa osservazione di quei corpi celesti in tempi lunghissimi.
Giove e Saturno si incrociarono tre volte nella costellazione dei Pesci e fu un evento che accade una volta ogni 900 anni circa. I Magi astrologi perciò erano consapevoli come tutti i popoli del Bronzo che si trattava di un evento raro che poteva nascondere una missiva particolare.

Sistemi teologici ricchi di simboli divisi tra dimensioni archetipali di tempo e spazio in un universo il cui carattere cosmologico è a metà strada fra realtà e mito. Un'architettura e un'arte che rivela i segreti del cosmo ed è capace di creare suggestioni visionarie, mondi sospesi tra realtà e malie… arte teologica che cerca le tracce di Dio in una società confusa: tutto questo appartiene alle nostre Radici.


 Foto e bibliografia:

  • Foto di copertina Reporter Gourmet Srl
  • Pani, tradizioni e prospettive della panificazione in Sardegna, Museo del Pane rituale Borore
  • In nome del Pane, forme, tecniche, occasioni della panificazione tradizionale in Sardegna 
  • Giuseppe De Cesaris Congiunzioni Giove-Saturno e storia Giudaico-Cristiana
  • Codebò Mario Dalla stella di Betlemme alla Creazione del mondo.

giovedì 12 ottobre 2023

Sardegna, Baini (Villa Verde), 17 Ottobre 1744, una data importante che segna la fine di un’epoca e l’inizio dell’era moderna, recando la speranza di una vita migliore. Articolo di Vitale Scanu

Sardegna, Baini (Villa Verde), 17 Ottobre 1744, una data importante che segna la fine di un’epoca e l’inizio dell’era moderna, recando la speranza di una vita migliore.

Articolo di Vitale Scanu


Questa data segna la fine di un’epoca e l’inizio dell’era moderna, recando la speranza di una vita migliore.

                Diversi nobili spagnoli che possedevano feudi in Sardegna, sul finire del XVIII secolo, si trovarono ad essere vincolati da un rapporto di fedeltà alla monarchia iberica e titolari, allo stesso tempo, di concessioni feudali ma ubicate, ora, nel territorio di uno Stato diventato nemico.

Il 30 luglio del 1744, il re di Sardegna, Carlo Emanuele III, dispone il sequestro dei beni posseduti nell’isola dai feudatari iberici, tra i quali Gioacchino Català, marchese di Quirra. L’atto di confisca viene notificato a Bannari (che appartiene al marchesato di Quirra) al maggiore di giustizia Leonardo Mely, a cui è affidato il compito di mantenere l’ordine pubblico nella “villa” e di esigere i tributi feudali. Il sindaco si chiama Juan Sanna, momentaneamente assente (forse un’assenza strategica…).

Siamo a ottobre. Alle otto del mattino del giorno 17, i vassalli bainesi ascoltano l’atto che dispone la confisca della villa, radunati nella “plaza de Mayor”, nel “lugar acostumbrado”, cioè il luogo dove solitamente si tengono le assemblee della comunità, nel quale sono stati convocati sotto la penale di un’ammenda di 25 soldi. Alla fine della lettura, eseguita in lingua sarda, tutti si dichiarano pronti ad osservare quanto disposto dall’ordinanza regia, riconoscendosi ora vassalli del re, e prestano il relativo giuramento. Di tutti i presenti, solo due, Domingo Esquirru e mestre Joseph Cadau - forse gli unici in grado di leggere e scrivere – appongono la propria firma in calce al documento. A questo punto la commissione si reca a Cùccur’e Funtãa, per avere la possibilità di abbracciare con lo sguardo dall’alto “saltos (su sattu), montes, prados, fuentes y rios” di pertinenza della villa, e dichiarare di prenderne possesso in nome del re. Rientrati nella villa i commissari si recano presso la casa del maggiore di giustizia dove prendono in consegna la chiave del “sipo que sirve de càrcel”, ossia il ceppo a cui, in mancanza di un vero e proprio carcere, vengono incatenati i soggetti in detenzione. La commissione, dopo aver ricevuto dai presenti il giuramento di fedeltà al re, conferma nelle loro cariche il maggiore di giustizia, il suo vice Pedro Escano ed i giurati: Felice Acey, Antioco Melony, Antonio Aquas, Dionisio Escano, Moncerrat Esquirru e Diego Salis.

Quella mattina del 17 ottobre 1744 finiva così, a mio modesto parere, il lunghissimo medioevo e il periodo feudale di Baini, aprendo l’età moderna. Un periodo di immobilismo civico e di fiscalismo esasperato che lasciò le nostre popolazioni incollate alla terra, devastate dalle carestie e giugulate dalle tasse feudali e dalla fame. Dopo i rastrellamenti di tanto grano da parte degli ispettori del feudatario chi giranta pe is axròbas, restavano ancora da pagare le “tasse generiche sul feudo, sul vino, il deghino per le pecore, lo sbarbagio dei maiali, il diritto sulle stoppie, sul mezzo portatico, il diritto di presenti o di regalo, il donativo, il diritto di carcelleria (per le carceri) e di messarìa, il diritto sul miele e sulla cera”, ecc. (G.Sotgiu, "Storia della Sardegna"). Il grano requisito doveva inoltre essere trasportato a spese del contadino fino ai piedi del marchese, che risiedeva a Cagliari. Era la famigerata “roadìa”, che deprivava i contadini anche di parecchi preziosi giorni lavorativi. Ulteriore fonte di feroci contrasti col feudatario. Baini, con gli altri villaggi di Parte Usellus, protestarono violentemente (1760) per questo strozzinaggio che aveva maggiorato la tassa di radìa di 40 starelli di grano in più (“Acudieron los sindicos […] querandose a que los havia cargado demàs al solito, quarenta estareles de trigo”). Aggiungete al tutto la micidiale malaria, le cavallette, le malattie varie e fate il conto.  Da una crisi all’altra, “si raggiunse il culmine della desolazione con la carestia del 1540, che squassò tutta la Sardegna. Gli abitanti dei villaggi non ebbero scampo. L’episodio più tragico di quella carestia si verificò ad Ales: una madre, impazzita per la fame, dopo aver invano invocato con due figli l’elemosina, girando per i villaggi altrettanto affamati, uccise il figlio minore e si cibò della sua carne” (B. Anatra, "La Sardegna dall’unificazione aragonese ai Savoia", p 253). E’ in seguito a questo sfacelo che i vescovi di Ales – in durissima opposizione al marchese e agli usurai che arrivavano a far prestiti al 200 per cento - fecero costruire  nei villaggi i monti granatici, per dare ai contadini anticipi e prestiti di grano molto agevolati. Il monte granatico di Bannari, del 1770, era proprio davanti alla chiesa. Altro pezzo perduto della nostra identità, che s’è portato via con sé tante memorie collettive, pagine e pagine della storia dei nostri padri. In particolare figurano i vescovi Beltran (che iniziò a far costruire i “monti”), Pilo ecc., che arrivarono a vendere l’argenteria e tanti mobili della Chiesa per aiutare i poveri a vivere. Vescovi doc, grandiosi.

Su Cùccur’e Funtãa (c. foto antica. Ora non esiste più nel suo aspetto originale), detto anche Mont’e Aba, Monte della nonna, è un sito importante di storia per Baini, perché rappresenta - con la sua millenaria fonte perenne (non più perenne, purtroppo) di acqua che le sgorgava ai piedi - il primo agglomerato dei nostri avi bainesi “emigrati” dal Brunk’e s’Omu, calamitati a valle da questa preziosa sorgente. A lato (vedi la foto in b/n) della fonte correva un sentiero, altrettanto millenario, il quale, secondo me, era il percorso che portava verso la preziosa ossidiana dei monti di Pau. Ai nostri tempi antichi, in tempus de mèssi, le nostre nonne e mamme andavano a Cùccur’e Funtãa a bentuai sa spiga raccolta dietro i messadòris, perché l’aria che lì correva era più ventilata.

Rispettiamo e comprendiamo meglio il nostro passato! Come diceva Cicerone: "Non conoscere il proprio passato e le vicende della propria terra è come non conoscere se stessi".

sabato 30 settembre 2023

Sardegna, archeologia. Il pozzo Is Pirois di Villaputzu.

 Sardegna, archeologia. Il pozzo Is Pirois di Villaputzu.


Il pozzo sacro Is Pirois, in agro di Villaputzu, nella Sardegna sud orientale, tuttora funzionante vista la vicinanza al corso d'acqua sottostante. Si nota un suggestivo contrasto di materiali diversi: scisti di 500 milioni di anni fa, usati per la facciata, e rocce metamorfiche (porfiroidi) antiche 470 milioni di anni per la scala rovescia. Oltre alla policromia, è evidente la ricerca di una bellezza architettonica che offre un impatto emotivo al visitatore, il quale percepisce subito di trovarsi davanti a un luogo magico. Spicca l'architrave in roccia magmatica (granito rossastro) antico 350 milioni di anni, che si staglia sull'ingresso. L'area prospiciente il monumento mostra un bacile per l'acqua con al centro una coppella. Uno dei rituali praticati era il controllo della quantità d'acqua nel sottosuolo mediante la misurazione di un preciso fenomeno legato al sole. I raggi penetrano attraverso la struttura in pietra posta sopra il pozzo e si riflettono sullo specchio d'acqua andando a illuminare la scala rovescia. L'angolo a V formato dal raggio diretto con il raggio riflesso si amplia o si riduce secondo il livello d'acqua presente. Da metà febbraio a metà marzo, inoltre, un raggio di sole attraversa una piccola fessura della scala rovescia e illumina il bacile di fronte all'ingresso, una ierofania che certamente veniva enfatizzata con rituali che coinvolgevano sacerdoti e comunità.

Archeologia. Tomba di Giganti Madau.

Archeologia. Tomba di Giganti Madau.

A Fonni, al centro della Sardegna, si può ammirare questo affascinante monumento montano dedicato ai morti. La tomba di giganti Madau presenta lunghi filari di pietre disposte con cura certosina, aggettanti verso l'alto. Le linee orizzontali conducono verso il confine terreno, verso l’aldilà, laddove solo lo spirito può arrivare. Se osserviamo il sepolcro dalla lastra di chiusura verso l'ingresso notiamo il contrasto fra il buio dell'Ade e la luce della vita, e lo sguardo è accompagnato dalle linee di luce che forse simulano i raggi solari. All'interno tutto è buio, tetro ma austero ed elegante, avvolto dal mistero della morte. All'esterno c'è un'ampia area circolare funzionale ad accogliere la comunità in preghiera. I sardi rispettavano i defunti, li onoravano e, secondo Aristotele, si radunavano al loro cospetto per guarire dai loro mali, fisici e psicologici.

Foto di Nicola Castangia.

Eventi culturali a Cagliari.

Eventi culturali a Cagliari.

Un caro saluto a tutti gli amici dell'Associazione Culturale Honebu.



Abbiamo preparato il programma degli incontri Honebu del venerdì nella nuova sala conferenze di Cagliari / Pirri:
22/09 Bertulu Porcheddu - Lingua sarda
29/09 Luciano Gomez - Sardi e Sardegna nella Divina Commedia
06/10 Carlo Sorgia - il profumo della libertà
13/10 Pierluigi Montalbano - Shardana e dintorni
20/10 Massimo Rassu - Templari in Sardegna
27/10 Emanuela Katia Pilloni - S'Argia tra mito e realtà
03/11 Sandro Angei - Pozzo sacro di Santa Cristina
10/11 Marco Silecchia - la scultura nell'arte contemporanea
17/11 Riccardo Laria -Destini incrociati...seguendo Fibonacci
24/11 Massimo Rassu - Nuraghi della Sardegna
01/12 Sergio Anedda - L'espansione dell'Universo e i buchi neri
15/12 Gerardo Piras - Storia della panificazione
Tutte le serate saranno in presenza, con inizio alle ore 19.00, nella sede in Via Fratelli Bandiera 100. La sala aprirà alle ore 18.00

sabato 9 settembre 2023

La Torre di Chia, nella Sardegna sud-Occidentale. Articolo di Elisabetta Sanna

 La Torre di Chia, nella Sardegna sud-Occidentale.

Articolo di Elisabetta Sanna

La torre di Chia si trova nel territorio comunale di Domus de Maria (CA), nella costa sud‐occidentale della Sardegna, quasi sulla punta estrema del Golfo di Cagliari. È localizzata sul promontorio che domina la spiaggia di Chia, e fu realizzata in un’area interessata da preesistenze archeologiche e da una lunga frequentazione umana. Nella collina in cui sorge si scorgono, infatti, i resti della città punico‐romana di Bithia, interpretabili come ruderi di abitazioni private e di fortificazioni. Al momento della sua edificazione l’area rientrava nella Baronia di Pula, appartenente al Conte di Quirra.  È sotto tutela della Soprintendenza di Cagliari dagli anni Cinquanta, quando fu dismessa dalla Guardia di Finanza, che la deteneva per il controllo del contrabbando sin dal 1842, anno della fine della Reale Amministrazione delle torri, ente preposto alla costruzione, al restauro e alla gestione delle torri. Una torre a Chia fu ipotizzata sin dal 1572 dal capitano di Iglesias, Don Marco Antonio Camos, nella relazione successiva al periplo della Sardegna da lui compiuto al fine di verificare i punti in cui realizzare i presidi per la difesa costiera, secondo quanto richiesto dal Viceré Don Juan Coloma. Gli anni in cui il Camos compiva il suo viaggio erano abbastanza travagliati: nel 1453, con la presa di

venerdì 11 agosto 2023

Sardegna. Organizzazione di villaggio in epoca nuragica. Articolo di Pierluigi Montalbano

Sardegna. Organizzazione di villaggio in epoca nuragica.

Articolo di Pierluigi Montalbano


I sardi di epoca nuragica adottarono un'organizzazione di villaggio assai particolare: i nuclei familiari occupavano le abitazioni ma c'erano capanne condivise con vani destinati alla cucina, vani per la conservazione delle derrate alimentari e zone con bacili per l'acqua e per le sostanze balsamiche dove condividere i momenti di benessere. Non mancava l'area artigianale con strutture dedicate all'attività manifatturiera con telai per tessuti, forni per la ceramica,
laboratori per l'intreccio, per conciare le pelli, per la metallurgia e, naturalmente, erano pubblici i templi (pozzi, fonti, strutture a megaron e rotonde) che con i loro ricchi corredi di offerte testimoniano che anche la gestione del sacro era un fenomeno collettivo, con offerte non personali ma della comunità, e che il significato superava l'ambito dei