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giovedì 16 novembre 2023

Archeologia. Chi era Circe, la poliedrica maga, figlia del Sole e della ninfa Persa, nipote di Oceano ? Era in Corsica la sua reggia ? Articolo di Lydia Schropp

Archeologia. Chi era Circe, la poliedrica maga, figlia del Sole e della ninfa Persa, nipote di Oceano ?  Era in Corsica la sua reggia ? 

Articolo di Lydia Schropp



Dal  paese dei Lestrigoni, ubicato nel Lazio, Ulisse procede  verso nord-ovest e dopo un arco di tempo non meglio definito, approda all’isola di Aiaie, chiamata così da Ajaccio, (1) da sempre il centro più importante  della Corsica ed abitato sin dall’antichità. La città sporge  su un amplissimo golfo, che fu usato come scalo dalle navi dirette in Francia e Spagna.  Corsica è il nome romano dell’isola,mentre quello etrusco è Kyrne e quello greco Kurnos, inteso come “la signora isola”, a causa della bellezza primordiale del paesaggio (2).

Ulisse si avvicina all’isola dalla costa tirrenica, meno popolata in età recente  a causa del

territorio paludoso e malarico. Si ferma per due giorni in riva al mare, probabilmente  vicino al fiume Tavignano (in passato chiamato Rottanos), dove si imbatte  in un bell’esemplare  di cervo adulto, che abbatte con la sua lancia per poi imbandirlo per un lauto pranzo con i suoi compagni(3). Il giorno successivo, seguendo il corso del fiume, si dirige verso l’interno, alla ricerca di una città. La salita è ripida ed in breve  si ritrova fra alti monti, ricoperti di folte selve di querce secolari, brulicanti di selvaggina (4). Da lontano intravede la reggia di Circe (5),costruita di pietre splendenti, probabilmente graniti ,(6), rivolta verso la fertile valle. Sottostante a Corte, lungo la costa tirrenica, nelle immediate vicinanze del fiume Tavignano si trova Aleria, una colonia greca di epoca posteriore (7).

Le precedenti esperienze negative hanno reso cauti i Greci, che si dividono in due squadre, una si avvia alla reggia, mentre l’altra resta vicina alla riva, a guardia dell’ unica nave superstite.

Circe accoglie con gentilezza  i suoi  ospiti, che annotano con stupore  la sua abilità di domatrice di animali feroci ,(8) ed offre loro una bevanda  che prepara di sua mano,composta di formaggio rappreso,orzo e miele,mescolata a forte vino rosso (9). Di nascosto aggiunge  un farmaco, probabilmente  assenzio, una sostanza abbastanza nociva se usata in alte dosi,ma innocua se usata moderatamente , come nel caso del vermuth. Appena i suoi ospiti  danno   segni di squilibrio e di ebbrezza li rinchiude nelle stalle insieme ai maiali (10).

La narrazione assume ora toni molto fantasiosi,dovuti all’impatto con una civiltà completamente diversa, che si nutre di un cibo, il kukeon,il cui contenuto alcoolico rende ebbri i Greci, ed inoltre di castagne, di cui l’isola è molto ricca, e che costituisce il nutrimento base al posto del pane. La castagna, simile ad una  ghianda di quercia, può creare l’associazione  mentale con il maiale, che si nutre  principalmente  di ghiande se lasciato libero in campagna, ma i Greci avranno anche notato  la particolare conformazione dei cinghiali  irsuti corsi, che hanno zampe molto alte e quindi un aspetto diverso da quello a loro noto. Bisogna inoltre aggiungere che la popolazione contadina corsa dormiva semplicemente per terra, (11), senza stendersi su un letto, e quindi queste esperienze di vita più primitiva avranno turbato profondamente i Greci.

Ulisse riesce ad adeguarsi ed ad affrontare questa cultura diversa con il soccorso del dio del commercio Hermes, che gli fornisce una sostanza molto rara, chiamata molu (12). Circe è stupita che Ulisse sia in possesso  di un prodotto così raro, ignoto ai più , e con un solenne giuramento promette di non arrecare nessun danno agli ospiti . Il possesso di “molu” qualifica Ulisse come persona adatta  alla compagnia di Circe, in certo qual senso come appartenente al suo stesso rango, e quindi adatto a partecipare alla sua corte.

Dalla descrizione omerica si deduce che la corte di Circe regge il confronto con quella eoliana o feaciana. Lucide sedie di metallo, su cui sono distesi  tappeti di porpora, sgabellini che fungono da reggi piedi, artistici tripodi di bronzo (13), usati per riscaldare l’acqua,provano la sontuosità della reggia di Circe. Sulla mensa luccicano canestri e tazze d’oro, brocche d’argento contengono vini prelibati. Indubbiamente questo lusso è riservato solo alla classe reggente,patrizia, che ha raggiunto un alto grado culturale e vive appartata dal resto della popolazione corsa, costituita essenzialmente  di pastori e di marinai, abituati ad un tenore di vita molto semplice  ed umile,  simile a quello riservato da Circe ai compagni di Ulisse.

L’attenzione dell’eroe greco è giustamente  tutta rivolta alla personalità di Circe ed alla sua poliedrica cultura, influenzata senz’altro  dall’ Asia Minore, dall’Egitto e da Creta,nazioni con le quali la Corsica  era già entrata in contatto grazie alla mediazione dei Fenici e degli Etruschi,  che  controllavano in senso commerciale le zone costiere dell’isola. (14)

Le attitudini di Circe investono i più diversi campi: conosce a fondo le erbe (15),  addomestica gli animali (16),è maga aruspice , come risulta  dal fatto che ha in mano un bastoncino tondo, il rabdos (17), chiamato più tardi dai Romani lituus , e porta in capo un berretto, probabilmente a punta, come è previsto di norma per gli aruspici etruschi .(18)

La sua genealogia è regale e divina. Sua madre è ninfa, Persa (19), figlia dell’Oceano, suo padre è il sole, probabilmente il dio Cautha, venerato da uno speciale collegio sacerdotale etrusco, suo fratello il terribile Aiete, che ci ricorda il dio della morte etrusco Aita.

La poliedrica personalità di Circe manifesta un complesso sincretismo politico e religioso. Sia la  madre Perse, figlia dell’Oceano, che  il padre,il Sole, ci rinviano al mondo egiziano, dove Persai erano definiti  i sacerdoti egiziani che potevano dimostrare una discendenza sacerdotale di 4 generazioni, mentre “Sole” era un appellativo dei faraoni. Comunque anche i vari  piccoli dinasti d’origine ittita che sopravvissero in Siria dopo il crollo del vasto regno nel XIII sec.a.C.  e che nella Palestina pre- ebraica devono aver costituito un elemento importante, si fecero chiamare “soli”. Ciò ha la sua rilevanza, se l’etrusco è derivato dal tardo-ittita, come sostiene il linguista V.I. Georgiev, perché Circe, nella sua funzione di maga aruspice, ha rapporti con la Nekuia, che, come vedremo,  si trova nell’Etruria .

Probabilmente Circe appartiene  ad un importante casato etrusco, in contatto con l’Egitto ed il mondo microasiatico, stabilitosi  in Corsica  per motivi economici e strategici. Il suo nome, in etrusco Cerca, è la trascrizione in caratteri greci di  “quercia” (20), cioè di una casta sacerdotale  celtica molto nota in seguito con nome greco “druide”. Singolare sembra a prima vista, che il nome druide, che designa nei secoli successivi una sacerdotessa celtica, si applichi ad una maga aruspice corsa/etrusca,ma gli scambi culturali e le acquisizioni linguistiche nel corso dei secoli possono aver causato ciò. Ugualmente di rilievo è che il maiale è uno di simboli della casta sacerdotale celtica e che” cerca” significa in iberico maiale. Siamo quindi nuovo in presenza di un gioco semantico.

Forse il soggiorno di Circe sull’isola è  solo temporaneo, perché come rappresentante della lega etrusca esercita funzioni di carattere amministrativo e sacerdotale con scadenze ben determinate (21). Il consiglio che Circe  rivolge ad Ulisse di interpellare Tiresia, un vate tebano,( cioè egizio , e più esattamente di Karnak e Luxor) per chiedergli l’itinerario più agevole da seguire per tornare in patria, ci rivela che il mondo dei morti e quindi indirettamente il mare Inferum e l’Etruria rientrano nella sua zona di influenza. E’ chiaro che la Corsica è già subordinata all’Etruria in campo religioso ed istituzionale e ciò trova riscontro  nell’archeologia, in quanto la Corsica, ad eccezione del centro di Aleria, sorto più tardi ad opera dei Focesi, non vanta la presenza di vaste necropoli, bensì di complessi tombali megalitici, affini a quelli iberici e sardi. La differenza dell’uso sepolcrale  induce il compagno di  Ulisse Elpenore, morto la notte precedente  allo sbarco  dell’eroe nella Nekuia, a pregare il suo amico di seppellirlo al ritorno in Corsica con un semplice rito di cremazione e quindi di erigergli un tumulo con inflitto un  remo a futura memoria, secondo il  costume iberico (22).

Dopo un anno di permanenza in Corsica Ulisse avverte una  forte nostalgia per la patria e la famiglia  e decide di imbarcarsi insieme ai suoi compagni. Probabilmente non si sente a suo agio in una cultura molto diversa dalla sua, basata su una concezione aristocratica del potere, che per legittimarsi si rifà ad una discendenza divina, e permeata  da un profondo senso del sacro e del fatale e da un severo dogmatismo, attestato ancora oggi dalla tradizione  dei libri rituales ed haruspicini e dalla famosa disciplina etrusca.

Prima di inoltrarsi verso il Regno della Nekuia Circe stessa gli fornisce le vittime sacrificali (23) ed i paramenti sacri (24).

Notizie storiche sulla Corsica.

La Corsica fu abitata dapprima dagli Iberi ad occidente e dai Liguri ad oriente.  Questi due popoli lasciarono le più profonde tracce sulla cultura dell’isola,infatti più di trecento toponimi sono di origine pre-latina (25). Il nome stresso di Corsica, ritenuto libico  da Pausania X,17,5 , ma molto verosimilmente autoctono, deriva probabilmente dal  particolare albero “quercia da sughero “, molto diffuso sull’isola, chiamato in celtico “corker” ed in tedesco “Kork”. Il nome di Circe, in etrusco Cerca  ,ha una chiara corrispondenza con “quercia”, perché l’indoeuropeo q diventa in latino e greco k.  A questo proposito bisogna accennare che in etrusco manca la o, che si confonde con la u, quindi il nome etrusco dell’isola inizia con una forma Kur. (vedi sopra Kurne ). Omero accenna espressamente alla presenza di folti querceti  nelle vicinanze della dimora di Circe (Od. X, 170).

Nei primi secoli vari popoli mediterranei, fenici, etruschi, cartaginesi controllarono soprattutto in senso commerciale alcune zone costiere dell’isola . Cfr. S. ACQUAVIVA, La Corsica,Milano, 1982.

L’isola sarà servita certamente da scalo alle imbarcazioni che in antichità fecero la spola fra l’Egitto e la Spagna. Già ai tempi di Ulisse Ajaccio era il centro più  importante a causa del ruolo rilevante della Spagna  come fornitore di metalli, soprattutto dell’argento. – La città che i Focesi chiamarono Aleria si chiamò in epoca precedente Alalia, nome che  si ritrova sull’isola di Creta (26) , e quindi attesta un rapporto con quell’isola.

Probabilmente verso l’VIII sec.a.C. l’isola entrò a gravitare nell’orbita etrusca. La testimonianze storiche ci confermano che il dominio etrusco fu piuttosto formale, perché la Corsica non perdette la sua identità locale. Diodoro V, 13,4  ci attesta che i Corsi dovevano consegnare ai lucumoni etruschi i loro prodotti principali, e cioè resina, cera e miele. Nel 565 a.C. i Focesi ebbero il permesso di avere uno scalo sulla sponda tirrenica di Aleria, per facilitare i commerci con Massalia (Marsiglia), ma quando i Greci si mostrarono più inclini  alla pirateria che al tranquillo svolgimento degli affari, gli Etruschi, alleati con i Cartaginesi, li estromisero dal Mar Tirreno nel 535 a.C. Sempre da Diod. V,13  apprendiamo che gli Etruschi, per rafforzare il loro dominio sull’isola, fondarono dopo il 564 a.C. la città di Nikaea.

Forti legami sono attestati storicamente ed archeologicamente  con le città etrusche di Populonia e Cere(Cerveteri)  sino alla vittoria dei Siracusani sugli Etruschi nel 474 a.C.  Per circa un secolo i Fenici subentrarono ai Greci come principali intermediari commerciali (27), finchè nel 259 a.C. la Corsica fu conquistata  dal console romano Lucio Cornelio Scipione. Poiché per i Romani  l’isola ebbe un valore puramente strategico, si curarono poco del suo sviluppo e dopo le guerre puniche iniziò la decadenza.

Agli Iberi ed ai Liguri  non si sovrapposero mai nuclei consistenti di altre popolazioni, per cui la lingue ha potuto conservare  i suoi tratti originari, che rivelano una base comune con il sardo ed i dialetti dell’ Italia meridionale e della Sicilia (28).

Questo dato linguistico trova forse qualche riscontro nella descrizione della vita  di Ulisse a corte. I contatti di Circe con la popolazione locale devono essere di estrema freddezza. Alla sua reggia servono delle ninfe, cioè giovanette consacrate al servizio di dei fluviali e collegate con il culto di Asclepio .(29)Nessun suddito compare nella reggia, ed è molto probabile che il trattamento riservato da Circe ai compagni di Ulisse rispecchi un regime aristocratico-autoritario. Solo quando Circe riconosce nell’ospite un rappresentante della classe eroica, che ricopre un rango degno della classe sacerdotale, lo tratta con gli onori dovuti all’aristocrazia. Ciò è evidente sia nel cibo, “pane”per i nobili, “ghiande” per i servi, che nella dimora , “reggia” e “stalla “ ed infine anche nella sepoltura.

Lo stretto contatto dei Liguri e degli Iberi con i Celti, come pure degli Etruschi con i Galli in territorio italico (galli è il nome romano per indicare i celti residenti in Italia del Nord ), contatto attestato anche dalle molteplici alleanze di questi popoli contro i Romani, spiega la presenza di alcuni termini  collegati con il nome di Circe nella lingua celtica e che si ritrovano ancora oggi in inglese e  tedesco :

kisting ,  seppellire un morto

kirke, etrusco Cerca, italiano quercia, perché   q  indoeuropeo corrisponde a latino e greco k , celtico  kirk, inglese Church, tedesco Kirche

Kirke it. Circo, tedesco Zirkus

Kork celtico . Korker, tedesco Kork, celtico Korkie (il più grande pino esistente )

Molu, celtico Moly ingl. Millfoil (30)   (ma forse anche vischio , come vedremo sotto)

Kukeon,  tedesco Kuchen ed in ital. connesso con cucinare

Derivati da Circe :

Cista, termine etrusco per salvagioie, italiano cesta, tedesco Kiste

Lat. Circinus, it. Circine, ravvolto di panno in forma circolare , che si pongono in capo coloro che portano pesi, e le Muse, che hanno questo attributo

Cercius , un vento , che Circe promette ad Ulisse per navigare meglio, da  J.

WHATMOUGH, vol. II, p. 188        identificato con il Mistral

E non per ultimo Kerker tedesco, italiano  carcere, luogo in cui Circe rinchiude i compagni  di Ulisse (Omero lo chiama stalla). I Greci non conoscevano il carcere, perché praticavano l’esilio. Chi si macchiava di gravi delitti od era indesiderato in patria era costretto ad emigrare.

 

Moli compare nella lingua corsa  e significa bagnato (Bottiglioni, Dizionario delle parlate corse, Modena, 1952,pag. 150.)  In questo senso la pianta molu potrebbe anche significare vischio, una pianta sacra ai Drudi,, che la raccoglievano con una cerimonia particolare .Anche il ramo d’oro , che permette ad Enea la discesa negli Inferi è stato interpretato da molti studiosi come ramo di vischio (Eneide, Canto VI, vv 266- 307)A questo proposito esiste un libro molto famoso dell’ antropologo J. G. FRAZER, il ramoscello d’oro , che tratta delle pratiche magiche degli antichi e le mette a confronto con le varie usanze di popoli molto diversi fra loro ).

                                                                                                                     

Come attestato dal racconto di Ulisse, già in epoca antica esistettero dei contatti fra la Corsica e l’Etruria. Infatti un nome gentilizio “Clautie” compare sia in Corsica che a Cere (31) ed i “Kurcles” sulle urne etrusche di Norchia, vicino Tarquinia (32).

Esiodo nella sua Teogonia v. 1011 attribuisce a Circe due figli avuti con l’eroe greco : “ E Circe, la figlia del sole Iperionide, generò dell’amore di Odisseo, dall’animo paziente, Agro e Latino incensurabile e forte (questi  in luogo assai lontano, in fondo alle isole divine,regnavano su tutti i popoli illustri della Tirennia )”

Questa è un’altra conferma della nostra tesi che Circe appartiene alla sfera etrusca. Lei indica ad Ulisse  la via da seguire per raggiungere la Nekuia, cioè il luogo predisposto per consultare un oracolo, e così avere indicazioni più dettagliate sul percorso da seguire per tornare salvo in patria. La descrizione dell’ubicazione della Nekuia corrisponde per molti aspetti ad un centro molto antico della Toscana, vicino al mare, e che potrebbe coincidere con Populonia (etrusco Pupluna, , Fufluna) Il nome italico si spiega con il fatto che Populonia è una fondazione  in origine corsa. La città ha come dio principale Fufluns, che in greco corrisponde a Dionisio, dio del vino, ma anche del teatro e con agganci con il mondo dei morti. Fufluns fu molto popolare in Etruria, come risulta  dal numero delle opere d’arte  su  cui è raffigurato. In tempi posteriori il culto di Dioniso acquisì  caratteri sempre più orgiastici ed i simboli dionisiaci divennero più frequenti  nei monumenti dell’arte funeraria. Tito Livio ci riferisce dell’enorme diffusione  dei gruppi bacchici in Italia, che fa risalire  ad usanze tipiche dell’Etruria : “Huius  mali labes ex Etruria Romam veluti contagiose morbi penetravit, “questa peste passò , come per contagio, dall’ Etruria a Roma .(XXXIX, 9,1)

Note

1 ) Ajaccio , forse da Aiza = alzarsi e aisade =     a levante rispetto alla Spagna. La Corsica si trova alla stessa latitudine della pianura di Grosseto e di  Talamone. Per il significato di Ajaccio cfr. G. BOTTIGLIONI, Dizionario delle parlate corse , Modena, 1952.

La parola risulta composta da Aja + co , desinenza spesso frequente in nome di luogo, v. Palico, Partinico etc.

Il significato di Ajaccio e la sua posizione anomala rispetto ai punti cardinali induce forse Ulisse a dire che egli non si orienta sull’isola, cfr. X, vv. 190-193.

Interessante notare che in ebraico Ajjalon significa cervo. Cfr. B. STADE, Geschichte des Volkes Israel, 1887, p. 528.

1)    Kurnos è il nome greco, ed è inteso  nel senso di signora isola, per la sua bellezza  e candore , Kyrne il nome etrusco dell’isola, per il suo significato cfr. G. DEVOTO, Gli antichi italici, Firenze, 1967. Per Corsica cfr. J.et L. JEHASSE, Aleria Antique , Lyon, 1984, p. 48.   Il nome  Corsica ha anche assonanza con l’aramaico  korsia (a lunga) che significa trono, re. Cfr. G. SEMERANO, L’infinito, un equivoco millenario p. 249 , Milano 2001.   

L’isola si distingue  per le sue belle rocce a picco sul mare e le vaste foreste di querce  di castagne. La folta vegetazione originaria non ha mai ceduto il passo ad un’agricoltura intensiva, per cui mantiene un aspetto genuino. E’ poco abitata (600.000 persone circa , residenti per lo più ad Ajaccio, Corte e Bastia) e la gente si nutre di castagne. Nel sud della Corsica  si trova un centro archeologico megalitico, Filitosa, il cui nome  fa riferimento  ai Filistei/Pelasgi.

2)    bel cervo  viene incontro ad Ulisse ed egli lo abbatte subito. Può darsi che abbiamo qui un accenno al toponimo Cervione, che corrisponde esattamente a grosso cervo. TOLOMEO III, 2-7 nomina un’illustre famiglia  residente in Corsica “ i Cervini”. La Corsica era divisa in 12 distretti, retti da altrettante nobili famiglie, di cui esiste ancora l’elenco.

1)    Ulisse sale verso la reggia di Circe. Dal Mar Tirreno si dirige verso l’interno, cioè verso  Corte, al centro dell’isola. Il percorso è impervio e tutto in salita.

4)L’etimologia di Circe è molto complessa, come del resto la sua parentela, menzionata nell’Odissea (vedi nota 18) ed ha avuto   molteplici esiti in base alla lingua da cui lo studioso ha preso avvio . Siccome nel presente studio si vuole collegare  Circe con la Corsica ed Omero accenna  alla presenza di querce nei  dintorni  della reggia, è verosimile che l’etimologia corretta sia “quercia”, cioè druide in greco. Dobbiamo risalire all’ Egitto ed al culto del Dio Eliopolitano, come anche all’uso linguistico di definire Persai  tutti i non-egiziani, per capire meglio la complessità del suo nome. Spesso i discendenti dei colonisti militari ebrei furono chiamati Chelkias ad Heliopoli ( = cananeo Hilkia) e Persai i sacerdoti egiziani, che  potevano dimostrare una discendenza sacerdotale di 4 generazioni. Dalla parola  Chelkias derivò poi Kleruchia = greco kleros,  cioè possesso feudale. Quindi Circe potrebbe essere un’amministratice/sacerdotessa della Corsica per conto degli Etruschi/egiziani. . Fra Chelkias e Cerca, nome etrusco di Circe c’è una forte assonanza. Spesso in egiziano la r è resa con l.

Se poi consideriamo che i Pelasgi/Filistei avevano rapporti  con gli Etruschi, dobbiamo tener presente  che Kir significa in ambito palestinese fortezza, città fortificata, da cui proviene il termine greco kurios……….., signore. In età pre-omerica esistette a nord della Palestina un regno di Kirki, menzionato nelle iscrizioni di Salmanassar I (1280-1261 a.C.)  e di Tiglatpileser (1115-1105 a.C.), che lo ridusse ai minimi termini. Capitale del regno dei Kirki , corrispondente oggi all’incirca all’ Armenia, fu Urartu, da cui proviene l’uso  dei famoso  tripodi. Per maggiore chiarezza, gli assiri babilonesi chiamarono Urartu  le zone coincidenti oggi press’ a poco all’ Armenia, mentre i greci  ed Erodoto  li  chiamarono  Alarodioi ………………….Il profera Amos 9,7  ci dice che Damasco  fu fondata da gente  proveniente da Kir. Per i Siri  che provengono da Kir ed i legami con  la Cilicia, dove i re si chiamavano Kirri, vedi M.C.ASTOUR, Hellenosemitica, Leiden,   1965 p. 63. Quindi il nome “ Circe”  riflette un campo semantico molto  vasto, che racchiude  potenzialmente  in se molti significati in base alla lingua a cui si fa riferimento.

In ogni caso il comportamento di Ulisse con Circe riflette uno spirito legalistico. Da Persai  deriva  infatti Persinai, proprietaria  di terreni e quindi pistis, salvacondotto. Il rapporto di Ulisse con Circe si può eguagliare  ad un atteggiamento di presa di possesso – rigetto e stipula di contratto per la durata di un anno. Il dio Hermes aiuta Ulisse, che non sa come presentarsi  ed affrontare Circe, con un espediente o mezzo utile, denominato molu. Anche qui bisogna tener presente che il dio Hermes rientra nell’ambito egiziano, ed è il dio del commercio.

2)    La casa corsa è assai elevata con tegole fatte di ardesia od altro materiale scistoso. Il materiale  di  costruzione è il granito, che conferisce un colore piuttosto scuro alle case, che per lo più hanno  nei loro pressi le stalle. Cfr. G: ISNARDI, La Corsica, Roma , 1942, pp. 50 e 66.

3)    Aleria  si trova su un altopiano a circa 40-60 m sul livello del mare. Il suo nome originario Alalia si ritrova a Creta, cfr. J. et L. JEHASSE, Aleria antique, Lyon, 1984, ma ricorda anche la città accadica Alasia, cfr. M.C.ASTOUR, Hellenosemitica , Leiden , 1965, p. 230 sottomessa  all’ Egitto sin dalla XVIII dinastia e che ci  riporta quindi in ambito egizio-babilonese, cfr. M.C. ASTOUR, Hellenosemtica, p. 286. Per il toponimo Alasia a Cipro, cfr. Hellenosemitica p.50.  Il fiume Tavignano , che scorre vicino ad Aleria, si chiamava in antichità Rottanos.

4)    Statue di marmo, raffiguranti animali feroci, come i leoni,  si possono ammirare ancora oggi al museo di  Aleria. I leoni rampanti  ci rimandano all’area microasiatica, siriaca ed egiziana

5)     A noi interessa in questo contesto che  nella tomba Regolini – Galassi  di Cere è sepolta Larthia, rappresentata come signora degli animali.  Ciò si adatta bene a Circe.  Cfr. O.W. von VACANO, die  Etrusker in der Welt der Antike, pp. 90 e 115. E.W.KELLER, La civiltà etrusca, Milano, 1981, pp. 36-43. I reperti della tomba Regolini-Galassi si trovano al Museo Gregoriano nel Vaticano. “Adorna co me un’ immagine divina, la nobile defunta portava una veste guarnita d’oro; sul seno aveva una grande pietra ovale, un pettorale d’oro. Ornata di delicati motivi di piante e di animali, essa dà l’impressione d’un ricamo prezioso ed impalpabile. Sul bracciale spicca (in oro sbalzato e granulato),  dinanzi ad un gruppo di palme “la signora degli animali”, fra due leoni rampanti.

9)    Omero ci dice kukeon, termine che si ritrova oggi nel tedesco Kuchen, dolce. Questa bevanda  è attestata presso i Liguri  ed Iberi. Degli abitanti di Cere (etruschi) sappiamo che bevevano un liquido preparato con il grano, chiamato caeres  o caelia, raramente mescolato con il vino od il miele.

10) Plinio  XVI,15 ci dice che il cibo dei corsi era a base di ghiande, e la loro bevanda vino mescolato ad erbe , Plin. XXV, 85. Per il vino aromatizzato con sostanze resinose ricavate da varie piante e soprattutto dall’assenzio , vedi Vittorio BERTOLDI, Regionalismi gallici, in Dante  OLIVERI, Silloge linguistica, Torino, 1929.

11)I Corsi, popolazione di origine ligure ed iberica, non usavano letti  e dormivano sulla nuda terra. Anche i pastori ad Itaca dormivano su frasche ricoperte da pelli di pecora e capra. Cfr. ODISSEA, Canto XIV, vv 518 -520.

12)Omero dice molu, che in corso significa bagnato. Egli dice che così lo chiamano i divini, intendendo forse o gli etruschi o gli egiziani. Da considerare che molu è strettamente collegato con il dio Hermes, denominato molubdanthropos.

Sin dall’antichità si sono avanzate molte ipotesi  a quale pianta  si riferisse in realtà la parola  molu

 Partendo dal presupposto  che moly  è una parola celtica per millfoil, in italiano achillea millefolium, una pianta dai fiori bianchi, che in passato serviva come vulnerario e tonico, e di cui alcune specie si utilizzano ancora oggi in Svizzera per un particolare tè chiamato Falltrank, PAULY-WISSOWA, nella  Colonna 801, relativa alla voce Hermes,  ritiene che si tratti appunto di questa pianta.  In Egitto il pentafoglio era considerato un’erba preservatrice  dalle malattie. Cfr. V. BERTOLDI, Regionalismi gallici in  Dante  OLIVERI, Silloge linguistica, 1929 p. 533.

Altri identificano la pianta difficile da sradicare e dai fiori  bianco-latte con l’ellboro …Linneo, che denominò la specie Helleboros niger, scelse l’attributo perché il rizoma della pianta è nero; questo è l’unico Helleboros a fiori bianchi .La somiglianza è così  notevole, che la prima connessione tra elleboro nero e molu risale al XVIII sec . (TRILLER, 1716).  E’ interessante notare che nel folklore settentrionale si ritiene ancora che  questa pianta velenosa sia capace di tenere lontano  i malefici delle streghe. Cfr. Giacomo TRIPODI, in Rivista di cultura classica e medioevale, anno IV, Numero 2 – Fabrizio Serra Editore, Pisa Roma 2013.

Ma se il nome di Circe corrisponde a Druide (nome in greco) la pianta molu dovrebbe corrispondere al vischio , pianta cespugliosa, che cresce sugli alberi ed ha bacche bianche. In irlandese  il vischio si chiama drualus, voce chiaramente derivata da drus . quercia, mentre in inglese si chiama mistletoe e tedesco die Mistel, francese du gui. In effetti il vischio è difficile da cogliere, perché cresce sugli alberi come un semiparassita. Le bacche  bianco-latte  sono parzialmente velenose , ma sono state usate fin dall’antichità  in medicina sotto forma di estratti  e bevande, come ci attestano  i trattati di medicina dei Druidi e dei Greci.. Oggigiorno si è ricorso a medicinali con componenti della pianta per curare il cancro, ma con poco successo. Sulla base di dati sperimentali il vischio è stato classificato come una sostanza capace di modificare le risposte biologiche dell’organismo.   Già ai tempi dei Romani lo storico e naturalista  Plinio il Vecchio ci riferisce nella sua monumentale opera “ Naturalis historia “ come fosse un’antica usanza dei sacerdoti druidi raccogliere il vischio al sesto giorno di luna  crescente  dopo il solstizio d’inverno  e durante la “notte madre” dei Celti. Il Vischio veniva reciso con un falcetto d’oro  da un sacerdote druido vestito di bianco e fatto cadere su un drappo bianco. A conclusione del rito il sacerdote sacrificava due buoi bianchi  e distribuiva il vischio al popolo, che invocava la benevolenza degli dei e sperava  nell’effetto benefico e medicamentoso della pianta. Ma, come si è scoperto casualmente nel 1984 in una contea inglese , nel Cheshire, sembra che questi riti non fossero esenti da macabre esecuzioni di  vittime sacrificali. L’uomo sacrificato verso  il II sec. a.C. porta il nome di “Uomo di Lindow” e tutto sembra attestare che egli fu sacrificato dopo aver ingerito del vischio. Oggi il suo corpo si trova esposto al British Museum di Londra. Sui druidi abbiamo informazioni più attendibili grazie a Giulio Cesare , che nel suo “De bello Gallico” ci riferisce che i Druidi studiavano le stelle ed i loro movimenti, le dimensioni dell’universo e della terra, la natura delle cose ed il potere degli dei immortali. Conoscevano le erbe e le piante utilizzate per curare varie malattie e praticavano diversi metodi di divinazione. La pratica dei sacrifici umani, attestata anche nel Nord della Germania, dove in piccoli stagni si sono ritrovati corpi di uomini feriti ed uccisi ,    riprovata  già  da  Cesare  e da altri  autori antichi sia Romani che Greci, indusse  nel 54 d.C. i Romani ad emettere un decreto con il quale  abolivano  la religione druida, che comunque sopravvisse in zone non conquistate dai Romani.

Ma come pianta, il vischio era considerato anche  di buon augurio per una relazione amorosa, come nel nostro caso fra Circe ed Ulisse, perché , alla vista della pianta, Circe capisce che l’eroe non ha subito l’incantesimo da lei preparato con il kukeon ed  ,essendo da eroe suo pari, e non un essere inferiore, lo invita  a stare con lei.

Io credo che l’interpretazione di molu come vischio abbia molti punti a favore, in quanto è stata interpretata da sempre come una pianta magica, detentrice di molte proprietà . In questo caso avremmo nell’ Odissea un primo riscontro di una  figura di sacerdotessa, che nel corso dei secoli si è   diffusa anche al di fuori dell’ Italia ed ha subito certamente delle modifiche sostanziali adattandosi ad ambienti diversi.

 

13)I tripodi metallici, molto in voga in tutta l’Asia Minore nel X sec. a.C. ,risalgono alla civiltà definita urartiana, vedi sopra nota 4) per questa civiltà.

 

14)  Cfr.Sabino ACQUAVIVA, La Corsica, Milano 1982

15)L’ appellativo di Circe “ polupharmacos” ci riporta all’ambito egizio, e ci ricorda Elena, che ha lenito il dolore di Telemaco con il nepente.

16)           In ciò si è visto un influsso cretese-minoico della Grande Madre. Cfr. C.PICARD, Les origines du Polytheisme hellenique, pp. 79-83, oppure anche frigio.

17)           Il rabdos                   è usato anche dal dio Ermete. Un bastoncino simile, rotondo, liscio e lungo, oltre ad essere usato dagli Etruschi, fu usato dagli efori spartani,  che lo chiamarono skutale.          . Nel nostro caso ciò ha una rilevanza particolare, perché il figlio di Ulisse, Telemaco si rivolge al re spartano Menelao   per avere  notizie su  suo padre. Per la vicinanza dei Tyrseni/Etruschi con gli Spartani cfr. G. CAPOVILLA, Praehomerica  et Praeitalica, Roma, 1964,p. 87. Se però rabdos è una parola di origine persiana, abbiamo un’altra indicazione temporale.

18)           in tarda età il copricapo ebbe un laccio sotto il mento, come nel caso dei Flamini romani. Omero parla solo  di un vago velo. Cfr. M.CRISTOFANI, Gli Etruschi, una Nuova Immagine, Firenze , 1984, p. 150.

19)           La ninfa Persa ci ricorda una divinità etrusca Persu, a cui si fa risalire il termine “persona”. Siccome Perse erano definiti in Egitto in senso lato tutti coloro che non erano egiziani, la madre Perse, figlia dell’Oceano, ci rinvia in ambito egiziano  e potrebbe indicare una schiava o concubina del Faraone, od una cittadina corsa alle dipendenze del Faraone.  Per il significato di Persata = Philistines, cioè Filistei, cfr. M.C. ASTOUR, Hellenosemitica , p.7.

20)           Per il padre, il sole, è interessante notare che i vari piccoli dinasti d’origine ittita, che sopravvissero nel XIII sec. in Siria al crollo del loro vasto regno, e che nella Palestina pre-ebraica devono aver costituito un elemento importante, si fecero chiamare “soli”.

Nelle scene mitologiche  su ceramiche  e specchi etruschi il dio Sole è presentato come un auriga od un disco raggiato con testa e busto al centro. Cfr. M. CRISTOFANI, Gli Etruschi, una nuova immagine, Firenze, 1984, p. 150

Per il fratello Aiete è interessante notare che nel Cosentino (Calabria) si riscontra un toponimo Aieta, che rientra nell’ambito  dei di Consentes  ed i  12 Theoi boulaioi degli Egiziani . Cfr. Pauly-Wissowa, Haruspices.

Il nome di Circe, che è la trascrizione in alfabeto greco della parola quercia, in quanto il greco non conosce la q e la trascrive con k, ci può anche rinviare al paese ittita di Kirki, che sopravvisse nel suo territorio più settentrionale; ciò è particolarmente interessante per chi condivide la tesi che gli etruschi fossero in origine ittiti, poi trasferitisi in Toscana. I Frigi,che risiedettero in seguito in territorio ex-ittita , possono aver preso anche loro la via dell’esilio. Cfr. al riguardo il passo di Pausania, riportato da J. BERARD, La Magna Grecia, Torino , 1963, p. 343.

L’influsso egiziano è molto evidente a Vulci  nella tomba denominata di Iside, a Tarquinia  nella cosiddetta tomba di Bocchoris, dove si è trovato un vaso con un’iscrizione di questo faraone, che regnò dal 718 al 712 a.C.  circa.  Per la comprensione dell’ Odissea ed in particolare dell’assenza del dio Poseidone, che si reca ad un’ecatombe in Etiopia, la biografia di questo faraone può risultare molto utile. Figlio del principe egiziano Tefnahte, che durante il Basso Impero  estese la sua supremazia sino ad Ermopoli, suscitò l’invidia  degli avversari, che si rivolsero per aiuti e rinforzi al re di Nubia, Pianhe (741-717.C. ). In un primo momento fu sconfitto, ma quando Pianhe fu costretto a ritirarsi nei suoi territori, trionfò sui nemici e si proclamò faraone, riuscendo per breve tempo a regnare sull’ Egitto, finchè fu eliminato su istigazione di Sabako, successo a Pi anhe, che ristabilì l’egemonia etiope. Taharqa fu figlio di  Pi anhe. In Egitto regnò una dinastia etiope (la XXV) dal 760 al 656 a.C.

21)           Ulisse rimane  presso Circe un anno, il periodo in carica di un funzionario romano, p.e. il console

22)           Ciò corrisponde all’uso iberico, che si ritrova pure in Liguria ed in Corsica, delle pietre tombali con infisse punte di lancia. Al riguardo sono interessanti i complessi tombali  di Filitosa in Corsica e le tombe dei Giganti nei pressi di Olbia  e di S. Teresa di Gallura in Sardegna.

23)            Una pecora nera ed un montone

24)           Il costume dell’aruspice, come appare su una serie di monumenti etruschi, prevede un copricapo a punta, ….una tunichetta ed una mantellina, probabilmente confezionata con la pelle di un animale sacrificato, trattenute da fibule di bronzo di aspetto molto antiquato; tutto l’insieme presenta caratteri di notevole arcaicità ed è , in generale, confrontabile con l’abbigliamento comunemente impiegato per caratterizzare i pastori; si è pertanto giustamente ipotizzato la cristallizzazione di una tradizione  assai antica, risalente ad età protostorica. Cfr. M.CRISTOFANI, Gli Etruschi. Una Nuova Immagine, Firenze, 1984, p. 150.

25)           Pausania X, 17,5 afferma che il nome di Corsica fu dato all’isola dai Libici; Sallustio insiste sull’influsso ligure sull’isola (Vedi Encl. TRECCANI, Corsica , p. 515).

Comunque, sia i liguri  che gli iberi occuparono l’isola verso il 3000- 1000 a.C. rispettivamente ad oriente ed ad occidente. Agli Iberi sono dovuti con tutta probabilità i monumenti megalitici della Corsica, dolmen e menhir, che con i rispettivi nomi di stazzone  e stantare si trovano in varie parti dell’isola e più frequentemente nelle regioni di Capo Corso e del Sartanese. Cfr. G.ISNARDI, La Corsica, pp. 33-34, Roma, 1942.

Inoltre in tutta l’isola è presente una cultura definita delle “torri”, simile a quella nuragica della Sardegna. A Filitosa si trova forse il centro più rappresentativo di questi grandi monumenti circolari, muniti pure di un oppidum. Cfr. R. GROSJEAN, La Corse avant l’histoire , Paris, 1981 e R. GROSJEAN/ J. JEHASSE,Sites préhistoriques et protohistoriques  de l’Ile de Corse, 1976 in Institut de paléontologie humaine.

Ad Aleria si sono rinvenuti resti di tombe con arredi che somigliano a quelli dell’età del bronzo nel Piceno, per cui si deve ammettere che già in epoca remota Corsi e Piceni commerciassero fra loro. Cfr. J.JEHASSE, La nécropole préromaine d’ Aleria avec un’étude  des graffites par J. HEURGON de  l’Institut, Paris , 1973

26 )fr. J. et L. JEHASSE, Aleria antique, Lyon, 1984, pp. 3 e 42. A Cipro Alasia Cfr. M.C. ASTOUR , Hellenosemitica,p. 35, per Ugarit, cfr. M.C. ASTOUR, pp. 230-340-351 e 355. Cfr. anche BOTTIGLIONI, quaderni  dell’istituto di glottologia IV-V- Onomastica cretese  e microasiatica , 1959, 60.

27) Sappiamo da Tolomeo che la Corsica era  divisa in dodici distretti con a capo altrettante stirpi, di cui una famosa si chiamò Cervini  . Cfr. J. et L. JEHASSE, Aleria antique, p. 41.

Gli Etruschi lasciarono comunque poche tracce del loro dominio sull’isola. Gli scali più importanti che i Corsi usarono in Toscana furono Populonia ed in seguito  Cosa in epoca romana. Da notare che Populonia fu fondata dai Corsi.

28) Cfr. J. et L. JEHASSE, Aleria antique , p. 18

29) Cfr. G. BOTTIGLIONI, Dizionario delle parlate  corse , Modena, 1952 ed Atlante Linguistico Etnografico della Corsica, Pisa, 1931.

30) Asclepio è il dio della medicina per autonomasia, equiparato forse al dio Seth egiziano. Serv. Georg. IV, 363 ci dice che nelle feste di Neilos  dei ragazzi venivano consacrati al servizio delle ninfe. Il culto delle fonti degli dei fluviali era però anche diffuso in Siria, ed in Antiochia c’era un meraviglioso Numphon ieron                          . L’importanza dell’elemento acqua fu riconosciuta in tutta la sua portata dagli antichi, perché delle ninfe sono le allevatrici di famosi eroi, fra cui Achille, Enea, Rheso, Perseo ed infine Romolo e Remo.

31) Per il celtico cfr. Holger PEDERSEN, A concise comparative celtic grammar, Goettingen, 1961, p. 40 e Chamber’s Scots dialect dictionary edited by A. WARRAK, M.A. London, Edinburg, 1911.

Per quanto riguarda I Celti è da notare che veneravano i loro dei in ampi boschi di querce. Praticarono la cremazione. Alla corte ed alla mensa dei principi celti partecipavano dei commensali, che però erano dipendenti dai principi. La religione dei Celti risente  di  influssi egiziani  e probabilmente etruschi, visto che sono popoli confinanti.  Hermes è anche un importante dio celtico. Cfr. H.C. PUECH, in storia delle religioni, Laterza, La religione dei Celti, p. 119. Il maiale è uno dei simboli della casta sacerdotale dei Celti. I Celti italiani, chiamati Galli, erano in stretto contatto con gli etruschi ed i popoli italici. Bisogna comunque osservare che  l’osco-umbro conserva parole comuni all’area  celtica o germanica, mentre il latino innova.

I Pelasgi, che abbiamo menzionato più volte nel nostro contesto, e che appartengono a secoli anteriori, praticavano culti naturalisti, adoravano il sole, la luna, gli astri e la terra. Cfr. C. PICARD, Les Origines du polythéisme hellénique . 1930 -  1932  p. 138  

32) Nell’ anno 1968 fu scoperta a Cere una tomba con il nome Clautie, corrispondente alla gens romana Claudia

33) Cfr. V.I. GEORGIEV, Etruskische Sprachwissenschaft, II Teil, Jungetruskische Inschriften, Sofia, 1971, p. 98.

Riassumendo brevemente quanto sopra esposto, possiamo dire che molto probabilmente al significato dell’ isola Kurnos  si sovrappone quello di Kurios “signore”, “padrone”, che diventa un attributo di Circe, “quercia”, “druide”, ma forse anche di signora discendente dalla stirpe proveniente da Kirki, dalla civiltà di Urartu.

Alla luce dello studio delle religioni antiche comparate non sfugge che ci sono delle affinità sorprendenti fra i riti prescritti da Circe ed i misteri Eleusini, che avevano lo scopo di iniziare gli adepti ad una vita nell’al di là. Dee tutelari dei misteri erano Demetra e Persefone.,Erano preposte ai Misteri le gens dei Cerici, Kerykes e degli Eumolpidi, e durante i festeggiamenti si immolava un porchetto e si beveva il kukeon, la stessa bevanda che Circe offre ad Ulisse.In una cista si riponevano gli oggetti sacri. I misteri Eleusini risalivano ad epoche antichissime e tracce dell’età micenea si sono trovate durante gli scavi del luogo sacro. Sul lato sud dell’acropoli è emersa una tomba a cupola, e dato ancora più interessante, in una tomba si è trovato uno scarabeo egiziano, forse dell’età di Pianke I, faraone etiope del VII sec. a.C. (741-717 a.C.), che sconfisse il faraone egiziano Bocchoris, di cui abbiamo un vaso nella tomba di Bocchoris a Tarquinia.

Abbiamo così la prova che sia Eleusi che la Corsica e la Toscana erano in rapporti commerciali e culturali con l’Egitto. Eleusi fu certamente una città fortificata , fornita di molte cisterne, simile agli insediamenti dei Filistei, costruiti sulla sponda asianica  del Mediterraneo. Non meraviglia quindi  che un guerriero che si aggrega a Davide si chiami Eleusai, 1 Cronache 12,5 , nome al quale si è attribuito il significato ebraico “Dio è la mia forza”. Ciò dimostra ancora una volta quanto fossero stretti i rapporti culturali e religiosi nel bacino Mediterraneo. Dalla leggenda emerge chiaramente che i misteri Eleusini sono stati introdotti a popolazioni pre-greche, forse pelasgiche, perché Demetra arriva ad Eleusi durante una peregrinazione alla ricerca della figlia Kore, rapita dal dio degli Inferi ed insegna alla gente del luogo l’ agricoltura.

Un toponimo Eleutera, che si trova nella Creta settentrionale, composto da Eleu * ter  (segno, radice, che si ritrova nel nome Tiresia) , potrebbe attestare la continuità dei rapporti fra Pelasgi/Tirreni, Achei, Cretesi, Egizi e Filistei (altro nome per Pelasgi e Popoli del Mare ) ,come risulta dalla storia.   

 

Per quanto riguarda la classe sacerdotale dei Druidi, sui quali disponiamo in realtà di poche informazioni, se non da parte dei classici greci e romani, è istruttivo leggere STUART PIGGOT, Il mistero dei Druidi, sacri maghi dell’antichità, 1982, New Compton Editori , o Roma –Fratelli Melita editori –

Su come gli Etruschi raffigurassero le scene relative all’incontro di Ulisse con Circe abbiamo delle interessanti indicazioni sulle urne etrusche, visibili a Volterra al Museo Guarnacci. Nel rilievo dell’urna che illustra i compagni trasformati in animali (Volterra nr. 336) si nota a destra una figura femminile che tiene sospeso in mano un porcellino. Dovrebbe essere lei la maga Circe. Anche sul sarcofago di Torre San Severo, che si trova nel Museo Faina  ad Orvieto, Circe è rappresentata con qualcosa in mano, difficile  da identificare, forse il porcellino o una pianta.( Per le raffigurazioni cfr. M. HARARI, Andare per i luoghi di Ulisse, ed. il Mulino, 2019.)

Per quanto riguarda Calipso  ho trovato nel volumone di Sergio Frau “Le colonne d’Ercole – un’inchiesta”  a  pag 110 un riferimento  al Dizionario etimologico di Semerano, ed. Olschki, in cui si prende in esame l’accadico Kalu = molo, diga , di kalu  con accento ^  sulla u , col significato di trattenere, custodire. Questo concetto ritorna nelle parole di Calipso che lo trattiene sull’isola per ben 7 anni.

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