Archeologia. Chi era Circe, la poliedrica maga, figlia del Sole e della ninfa Persa, nipote di Oceano ? Era in Corsica la sua reggia ?
Articolo di Lydia Schropp
Dal paese dei
Lestrigoni, ubicato nel Lazio, Ulisse procede
verso nord-ovest e dopo un arco di tempo non meglio definito, approda
all’isola di Aiaie, chiamata così da Ajaccio, (1) da sempre il centro più
importante della Corsica ed abitato sin
dall’antichità. La città sporge su un
amplissimo golfo, che fu usato come scalo dalle navi dirette in Francia e
Spagna. Corsica è il nome romano
dell’isola,mentre quello etrusco è Kyrne e quello greco Kurnos, inteso come “la
signora isola”, a causa della bellezza primordiale del paesaggio (2).
Ulisse si avvicina all’isola dalla costa tirrenica, meno popolata in età recente a causa del
territorio paludoso e malarico. Si ferma per due giorni in riva al mare, probabilmente vicino al fiume Tavignano (in passato chiamato Rottanos), dove si imbatte in un bell’esemplare di cervo adulto, che abbatte con la sua lancia per poi imbandirlo per un lauto pranzo con i suoi compagni(3). Il giorno successivo, seguendo il corso del fiume, si dirige verso l’interno, alla ricerca di una città. La salita è ripida ed in breve si ritrova fra alti monti, ricoperti di folte selve di querce secolari, brulicanti di selvaggina (4). Da lontano intravede la reggia di Circe (5),costruita di pietre splendenti, probabilmente graniti ,(6), rivolta verso la fertile valle. Sottostante a Corte, lungo la costa tirrenica, nelle immediate vicinanze del fiume Tavignano si trova Aleria, una colonia greca di epoca posteriore (7).Le precedenti esperienze negative hanno reso cauti i Greci,
che si dividono in due squadre, una si avvia alla reggia, mentre l’altra resta
vicina alla riva, a guardia dell’ unica nave superstite.
Circe accoglie con gentilezza
i suoi ospiti, che annotano con
stupore la sua abilità di domatrice di
animali feroci ,(8) ed offre loro una bevanda
che prepara di sua mano,composta di formaggio rappreso,orzo e
miele,mescolata a forte vino rosso (9). Di nascosto aggiunge un farmaco, probabilmente assenzio, una sostanza abbastanza nociva se
usata in alte dosi,ma innocua se usata moderatamente , come nel caso del
vermuth. Appena i suoi ospiti danno segni di squilibrio e di ebbrezza li
rinchiude nelle stalle insieme ai maiali (10).
La narrazione assume ora toni molto fantasiosi,dovuti
all’impatto con una civiltà completamente diversa, che si nutre di un cibo, il
kukeon,il cui contenuto alcoolico rende ebbri i Greci, ed inoltre di castagne,
di cui l’isola è molto ricca, e che costituisce il nutrimento base al posto del
pane. La castagna, simile ad una ghianda
di quercia, può creare l’associazione
mentale con il maiale, che si nutre
principalmente di ghiande se
lasciato libero in campagna, ma i Greci avranno anche notato la particolare conformazione dei
cinghiali irsuti corsi, che hanno zampe
molto alte e quindi un aspetto diverso da quello a loro noto. Bisogna inoltre
aggiungere che la popolazione contadina corsa dormiva semplicemente per terra, (11),
senza stendersi su un letto, e quindi queste esperienze di vita più primitiva
avranno turbato profondamente i Greci.
Ulisse riesce ad adeguarsi ed ad affrontare questa cultura
diversa con il soccorso del dio del commercio Hermes, che gli fornisce una
sostanza molto rara, chiamata molu (12). Circe è stupita che Ulisse sia in
possesso di un prodotto così raro, ignoto
ai più , e con un solenne giuramento promette di non arrecare nessun danno agli
ospiti . Il possesso di “molu” qualifica Ulisse come persona adatta alla compagnia di Circe, in certo qual senso
come appartenente al suo stesso rango, e quindi adatto a partecipare alla sua
corte.
Dalla descrizione omerica si deduce che la corte di Circe
regge il confronto con quella eoliana o feaciana. Lucide sedie di metallo, su cui
sono distesi tappeti di porpora,
sgabellini che fungono da reggi piedi, artistici tripodi di bronzo (13), usati
per riscaldare l’acqua,provano la sontuosità della reggia di Circe. Sulla mensa
luccicano canestri e tazze d’oro, brocche d’argento contengono vini prelibati.
Indubbiamente questo lusso è riservato solo alla classe reggente,patrizia, che
ha raggiunto un alto grado culturale e vive appartata dal resto della
popolazione corsa, costituita essenzialmente
di pastori e di marinai, abituati ad un tenore di vita molto
semplice ed umile, simile a quello riservato da Circe ai compagni
di Ulisse.
L’attenzione dell’eroe greco è giustamente tutta rivolta alla personalità di Circe ed
alla sua poliedrica cultura, influenzata senz’altro dall’ Asia Minore, dall’Egitto e da
Creta,nazioni con le quali la Corsica
era già entrata in contatto grazie alla mediazione dei Fenici e degli
Etruschi, che controllavano in senso commerciale le zone
costiere dell’isola. (14)
Le attitudini di Circe investono i più diversi campi: conosce
a fondo le erbe (15), addomestica gli
animali (16),è maga aruspice , come risulta
dal fatto che ha in mano un bastoncino tondo, il rabdos (17), chiamato
più tardi dai Romani lituus , e porta in capo un berretto, probabilmente a
punta, come è previsto di norma per gli aruspici etruschi .(18)
La sua genealogia è regale e divina. Sua madre è ninfa, Persa
(19), figlia dell’Oceano, suo padre è il sole, probabilmente il dio Cautha,
venerato da uno speciale collegio sacerdotale etrusco, suo fratello il
terribile Aiete, che ci ricorda il dio della morte etrusco Aita.
La poliedrica personalità di Circe manifesta un complesso
sincretismo politico e religioso. Sia la
madre Perse, figlia dell’Oceano, che il padre,il Sole, ci rinviano al mondo
egiziano, dove Persai erano definiti i
sacerdoti egiziani che potevano dimostrare una discendenza sacerdotale di 4
generazioni, mentre “Sole” era un appellativo dei faraoni. Comunque anche i
vari piccoli dinasti d’origine ittita
che sopravvissero in Siria dopo il crollo del vasto regno nel XIII
sec.a.C. e che nella Palestina pre-
ebraica devono aver costituito un elemento importante, si fecero chiamare
“soli”. Ciò ha la sua rilevanza, se l’etrusco è derivato dal tardo-ittita, come
sostiene il linguista V.I. Georgiev, perché Circe, nella sua funzione di maga
aruspice, ha rapporti con la Nekuia, che, come vedremo, si trova nell’Etruria .
Probabilmente Circe appartiene ad un importante casato etrusco, in contatto
con l’Egitto ed il mondo microasiatico, stabilitosi in Corsica
per motivi economici e strategici. Il suo nome, in etrusco Cerca, è la
trascrizione in caratteri greci di
“quercia” (20), cioè di una casta sacerdotale celtica molto nota in seguito con nome greco
“druide”. Singolare sembra a prima vista, che il nome druide, che designa nei
secoli successivi una sacerdotessa celtica, si applichi ad una maga aruspice
corsa/etrusca,ma gli scambi culturali e le acquisizioni linguistiche nel corso
dei secoli possono aver causato ciò. Ugualmente di rilievo è che il maiale è
uno di simboli della casta sacerdotale celtica e che” cerca” significa in
iberico maiale. Siamo quindi nuovo in presenza di un gioco semantico.
Forse il soggiorno di Circe sull’isola è solo temporaneo, perché come rappresentante
della lega etrusca esercita funzioni di carattere amministrativo e sacerdotale
con scadenze ben determinate (21). Il consiglio che Circe rivolge ad Ulisse di interpellare Tiresia, un
vate tebano,( cioè egizio , e più esattamente di Karnak e Luxor) per chiedergli
l’itinerario più agevole da seguire per tornare in patria, ci rivela che il
mondo dei morti e quindi indirettamente il mare Inferum e l’Etruria rientrano
nella sua zona di influenza. E’ chiaro che la Corsica è già subordinata
all’Etruria in campo religioso ed istituzionale e ciò trova riscontro nell’archeologia, in quanto la Corsica, ad
eccezione del centro di Aleria, sorto più tardi ad opera dei Focesi, non vanta
la presenza di vaste necropoli, bensì di complessi tombali megalitici, affini a
quelli iberici e sardi. La differenza dell’uso sepolcrale induce il compagno di Ulisse Elpenore, morto la notte
precedente allo sbarco dell’eroe nella Nekuia, a pregare il suo
amico di seppellirlo al ritorno in Corsica con un semplice rito di cremazione e
quindi di erigergli un tumulo con inflitto un
remo a futura memoria, secondo il costume iberico (22).
Dopo un anno di permanenza in Corsica Ulisse avverte una forte nostalgia per la patria e la
famiglia e decide di imbarcarsi insieme
ai suoi compagni. Probabilmente non si sente a suo agio in una cultura molto
diversa dalla sua, basata su una concezione aristocratica del potere, che per
legittimarsi si rifà ad una discendenza divina, e permeata da un profondo senso del sacro e del fatale e
da un severo dogmatismo, attestato ancora oggi dalla tradizione dei libri rituales ed haruspicini e dalla
famosa disciplina etrusca.
Prima di inoltrarsi verso il Regno della Nekuia Circe stessa
gli fornisce le vittime sacrificali (23) ed i paramenti sacri (24).
Notizie storiche sulla Corsica.
La Corsica fu abitata dapprima dagli Iberi ad occidente e dai
Liguri ad oriente. Questi due popoli
lasciarono le più profonde tracce sulla cultura dell’isola,infatti più di
trecento toponimi sono di origine pre-latina (25). Il nome stresso di Corsica,
ritenuto libico da Pausania X,17,5 , ma
molto verosimilmente autoctono, deriva probabilmente dal particolare albero “quercia da sughero “,
molto diffuso sull’isola, chiamato in celtico “corker” ed in tedesco “Kork”. Il
nome di Circe, in etrusco Cerca ,ha una
chiara corrispondenza con “quercia”, perché l’indoeuropeo q diventa in latino e
greco k. A questo proposito bisogna
accennare che in etrusco manca la o, che si confonde con la u, quindi il nome
etrusco dell’isola inizia con una forma Kur. (vedi sopra Kurne ). Omero accenna
espressamente alla presenza di folti querceti
nelle vicinanze della dimora di Circe (Od. X, 170).
Nei primi secoli vari popoli mediterranei, fenici, etruschi,
cartaginesi controllarono soprattutto in senso commerciale alcune zone costiere
dell’isola . Cfr. S. ACQUAVIVA, La Corsica,Milano, 1982.
L’isola sarà servita certamente da scalo alle imbarcazioni
che in antichità fecero la spola fra l’Egitto e la Spagna. Già ai tempi di
Ulisse Ajaccio era il centro più
importante a causa del ruolo rilevante della Spagna come fornitore di metalli, soprattutto
dell’argento. – La città che i Focesi chiamarono Aleria si chiamò in epoca
precedente Alalia, nome che si ritrova
sull’isola di Creta (26) , e quindi attesta un rapporto con quell’isola.
Probabilmente verso l’VIII sec.a.C. l’isola entrò a gravitare
nell’orbita etrusca. La testimonianze storiche ci confermano che il dominio
etrusco fu piuttosto formale, perché la Corsica non perdette la sua identità
locale. Diodoro V, 13,4 ci attesta che i
Corsi dovevano consegnare ai lucumoni etruschi i loro prodotti principali, e
cioè resina, cera e miele. Nel 565 a.C. i Focesi ebbero il permesso di avere
uno scalo sulla sponda tirrenica di Aleria, per facilitare i commerci con
Massalia (Marsiglia), ma quando i Greci si mostrarono più inclini alla pirateria che al tranquillo svolgimento
degli affari, gli Etruschi, alleati con i Cartaginesi, li estromisero dal Mar
Tirreno nel 535 a.C. Sempre da Diod. V,13
apprendiamo che gli Etruschi, per rafforzare il loro dominio sull’isola,
fondarono dopo il 564 a.C. la città di Nikaea.
Forti legami sono attestati storicamente ed archeologicamente
con le città etrusche di Populonia e
Cere(Cerveteri) sino alla vittoria dei
Siracusani sugli Etruschi nel 474 a.C.
Per circa un secolo i Fenici subentrarono ai Greci come principali
intermediari commerciali (27), finchè nel 259 a.C. la Corsica fu
conquistata dal console romano Lucio
Cornelio Scipione. Poiché per i Romani
l’isola ebbe un valore puramente strategico, si curarono poco del suo
sviluppo e dopo le guerre puniche iniziò la decadenza.
Agli Iberi ed ai Liguri
non si sovrapposero mai nuclei consistenti di altre popolazioni, per cui
la lingue ha potuto conservare i suoi
tratti originari, che rivelano una base comune con il sardo ed i dialetti dell’
Italia meridionale e della Sicilia (28).
Questo dato linguistico trova forse qualche riscontro nella
descrizione della vita di Ulisse a
corte. I contatti di Circe con la popolazione locale devono essere di estrema
freddezza. Alla sua reggia servono delle ninfe, cioè giovanette consacrate al
servizio di dei fluviali e collegate con il culto di Asclepio .(29)Nessun
suddito compare nella reggia, ed è molto probabile che il trattamento riservato
da Circe ai compagni di Ulisse rispecchi un regime aristocratico-autoritario. Solo
quando Circe riconosce nell’ospite un rappresentante della classe eroica, che
ricopre un rango degno della classe sacerdotale, lo tratta con gli onori dovuti
all’aristocrazia. Ciò è evidente sia nel cibo, “pane”per i nobili, “ghiande”
per i servi, che nella dimora , “reggia” e “stalla “ ed infine anche nella
sepoltura.
Lo stretto contatto dei Liguri e degli Iberi con i Celti,
come pure degli Etruschi con i Galli in territorio italico (galli è il nome
romano per indicare i celti residenti in Italia del Nord ), contatto attestato
anche dalle molteplici alleanze di questi popoli contro i Romani, spiega la
presenza di alcuni termini collegati con
il nome di Circe nella lingua celtica e che si ritrovano ancora oggi in inglese
e tedesco :
kisting , seppellire
un morto
kirke, etrusco Cerca, italiano quercia, perché q
indoeuropeo corrisponde a latino e greco k , celtico kirk, inglese Church, tedesco Kirche
Kirke it. Circo, tedesco Zirkus
Kork celtico . Korker, tedesco Kork, celtico Korkie (il più
grande pino esistente )
Molu, celtico Moly ingl. Millfoil (30) (ma forse anche vischio , come vedremo
sotto)
Kukeon, tedesco Kuchen
ed in ital. connesso con cucinare
Derivati da Circe :
Cista, termine etrusco per salvagioie, italiano cesta,
tedesco Kiste
Lat. Circinus, it. Circine, ravvolto di panno in forma
circolare , che si pongono in capo coloro che portano pesi, e le Muse, che
hanno questo attributo
Cercius , un vento , che Circe promette ad Ulisse per navigare
meglio, da J.
WHATMOUGH, vol. II, p. 188 identificato con il Mistral
E non per ultimo Kerker tedesco, italiano carcere, luogo in cui Circe rinchiude i
compagni di Ulisse (Omero lo chiama
stalla). I Greci non conoscevano il carcere, perché praticavano l’esilio. Chi
si macchiava di gravi delitti od era indesiderato in patria era costretto ad
emigrare.
Moli compare nella lingua corsa e significa bagnato (Bottiglioni, Dizionario
delle parlate corse, Modena, 1952,pag. 150.)
In questo senso la pianta molu potrebbe anche significare vischio, una
pianta sacra ai Drudi,, che la raccoglievano con una cerimonia particolare .Anche
il ramo d’oro , che permette ad Enea la discesa negli Inferi è stato interpretato
da molti studiosi come ramo di vischio (Eneide, Canto VI, vv 266- 307)A questo
proposito esiste un libro molto famoso dell’ antropologo J. G. FRAZER, il
ramoscello d’oro , che tratta delle pratiche magiche degli antichi e le mette a
confronto con le varie usanze di popoli molto diversi fra loro ).
Come attestato dal racconto di Ulisse, già in epoca antica
esistettero dei contatti fra la Corsica e l’Etruria. Infatti un nome gentilizio
“Clautie” compare sia in Corsica che a Cere (31) ed i “Kurcles” sulle urne
etrusche di Norchia, vicino Tarquinia (32).
Esiodo nella sua Teogonia v. 1011 attribuisce a Circe due
figli avuti con l’eroe greco : “ E Circe, la figlia del sole Iperionide, generò
dell’amore di Odisseo, dall’animo paziente, Agro e Latino incensurabile e forte
(questi in luogo assai lontano, in fondo
alle isole divine,regnavano su tutti i popoli illustri della Tirennia )”
Questa è un’altra conferma della nostra tesi che Circe
appartiene alla sfera etrusca. Lei indica ad Ulisse la via da seguire per raggiungere la Nekuia,
cioè il luogo predisposto per consultare un oracolo, e così avere indicazioni
più dettagliate sul percorso da seguire per tornare salvo in patria. La
descrizione dell’ubicazione della Nekuia corrisponde per molti aspetti ad un
centro molto antico della Toscana, vicino al mare, e che potrebbe coincidere
con Populonia (etrusco Pupluna, , Fufluna) Il nome italico si spiega con il
fatto che Populonia è una fondazione in
origine corsa. La città ha come dio principale Fufluns, che in greco
corrisponde a Dionisio, dio del vino, ma anche del teatro e con agganci con il
mondo dei morti. Fufluns fu molto popolare in Etruria, come risulta dal numero delle opere d’arte su cui
è raffigurato. In tempi posteriori il culto di Dioniso acquisì caratteri sempre più orgiastici ed i simboli
dionisiaci divennero più frequenti nei
monumenti dell’arte funeraria. Tito Livio ci riferisce dell’enorme diffusione dei gruppi bacchici in Italia, che fa
risalire ad usanze tipiche dell’Etruria
: “Huius mali labes ex Etruria Romam
veluti contagiose morbi penetravit, “questa peste passò , come per contagio,
dall’ Etruria a Roma .(XXXIX, 9,1)
Note
1 ) Ajaccio , forse da Aiza = alzarsi e aisade = a levante rispetto alla Spagna. La Corsica
si trova alla stessa latitudine della pianura di Grosseto e di Talamone. Per il significato di Ajaccio cfr. G.
BOTTIGLIONI, Dizionario delle parlate corse , Modena, 1952.
La parola risulta composta da Aja + co , desinenza spesso
frequente in nome di luogo, v. Palico, Partinico etc.
Il significato di Ajaccio e la sua posizione anomala rispetto
ai punti cardinali induce forse Ulisse a dire che egli non si orienta
sull’isola, cfr. X, vv. 190-193.
Interessante notare che in ebraico Ajjalon significa cervo. Cfr. B.
STADE, Geschichte des Volkes Israel, 1887, p. 528.
1)
Kurnos
è il nome greco, ed è inteso nel senso
di signora isola, per la sua bellezza e
candore , Kyrne il nome etrusco dell’isola, per il suo significato cfr. G. DEVOTO,
Gli antichi italici, Firenze, 1967. Per Corsica cfr. J.et L. JEHASSE, Aleria
Antique , Lyon, 1984, p. 48. Il
nome Corsica ha anche assonanza con
l’aramaico korsia (a lunga) che
significa trono, re. Cfr. G. SEMERANO, L’infinito, un equivoco millenario p.
249 , Milano 2001.
L’isola si distingue per le sue belle rocce a picco sul mare e le
vaste foreste di querce di castagne. La
folta vegetazione originaria non ha mai ceduto il passo ad un’agricoltura
intensiva, per cui mantiene un aspetto genuino. E’ poco abitata (600.000
persone circa , residenti per lo più ad Ajaccio, Corte e Bastia) e la gente si
nutre di castagne. Nel sud della Corsica
si trova un centro archeologico megalitico, Filitosa, il cui nome fa riferimento ai Filistei/Pelasgi.
2)
bel
cervo viene incontro ad Ulisse ed egli
lo abbatte subito. Può darsi che abbiamo qui un accenno al toponimo Cervione,
che corrisponde esattamente a grosso cervo. TOLOMEO III, 2-7 nomina un’illustre
famiglia residente in Corsica “ i
Cervini”. La Corsica era divisa in 12 distretti, retti da altrettante nobili
famiglie, di cui esiste ancora l’elenco.
1)
Ulisse
sale verso la reggia di Circe. Dal Mar Tirreno si dirige verso l’interno, cioè
verso Corte, al centro dell’isola. Il
percorso è impervio e tutto in salita.
4)L’etimologia di Circe è molto
complessa, come del resto la sua parentela, menzionata nell’Odissea (vedi nota
18) ed ha avuto molteplici esiti in base alla lingua da cui lo
studioso ha preso avvio . Siccome nel presente studio si vuole collegare Circe con la Corsica ed Omero accenna alla presenza di querce nei dintorni della reggia, è verosimile che l’etimologia
corretta sia “quercia”, cioè druide in greco. Dobbiamo risalire all’ Egitto ed
al culto del Dio Eliopolitano, come anche all’uso linguistico di definire
Persai tutti i non-egiziani, per capire
meglio la complessità del suo nome. Spesso i discendenti dei colonisti militari
ebrei furono chiamati Chelkias ad Heliopoli ( = cananeo Hilkia) e Persai i
sacerdoti egiziani, che potevano
dimostrare una discendenza sacerdotale di 4 generazioni. Dalla parola Chelkias derivò poi Kleruchia = greco
kleros, cioè possesso feudale. Quindi
Circe potrebbe essere un’amministratice/sacerdotessa della Corsica per conto
degli Etruschi/egiziani. . Fra Chelkias e Cerca, nome etrusco di Circe c’è una
forte assonanza. Spesso in egiziano la r è resa con l.
Se poi consideriamo che i
Pelasgi/Filistei avevano rapporti con
gli Etruschi, dobbiamo tener presente
che Kir significa in ambito palestinese fortezza, città fortificata, da
cui proviene il termine greco kurios……….., signore. In età pre-omerica
esistette a nord della Palestina un regno di Kirki, menzionato nelle iscrizioni
di Salmanassar I (1280-1261 a.C.) e di Tiglatpileser
(1115-1105 a.C.), che lo ridusse ai minimi termini. Capitale del regno dei
Kirki , corrispondente oggi all’incirca all’ Armenia, fu Urartu, da cui
proviene l’uso dei famoso tripodi. Per maggiore chiarezza, gli assiri
babilonesi chiamarono Urartu le zone
coincidenti oggi press’ a poco all’ Armenia, mentre i greci ed Erodoto
li chiamarono Alarodioi ………………….Il profera Amos 9,7 ci dice che Damasco fu fondata da gente proveniente da Kir. Per i Siri che provengono da Kir ed i legami con la Cilicia, dove i re si chiamavano Kirri,
vedi M.C.ASTOUR, Hellenosemitica, Leiden,
1965 p. 63. Quindi il nome “ Circe”
riflette un campo semantico molto
vasto, che racchiude
potenzialmente in se molti
significati in base alla lingua a cui si fa riferimento.
In ogni caso il comportamento di
Ulisse con Circe riflette uno spirito legalistico. Da Persai deriva
infatti Persinai, proprietaria di
terreni e quindi pistis, salvacondotto. Il rapporto di Ulisse con Circe si può eguagliare ad un atteggiamento di presa di possesso –
rigetto e stipula di contratto per la durata di un anno. Il dio Hermes aiuta
Ulisse, che non sa come presentarsi ed
affrontare Circe, con un espediente o mezzo utile, denominato molu. Anche qui
bisogna tener presente che il dio Hermes rientra nell’ambito egiziano, ed è il
dio del commercio.
2)
La
casa corsa è assai elevata con tegole fatte di ardesia od altro materiale
scistoso. Il materiale di costruzione è il granito, che conferisce un
colore piuttosto scuro alle case, che per lo più hanno nei loro pressi le stalle. Cfr. G: ISNARDI,
La Corsica, Roma , 1942, pp. 50 e 66.
3)
Aleria si trova su un altopiano a circa 40-60 m sul
livello del mare. Il suo nome originario Alalia si ritrova a Creta, cfr. J. et
L. JEHASSE, Aleria antique, Lyon, 1984, ma ricorda anche la città accadica
Alasia, cfr. M.C.ASTOUR, Hellenosemitica , Leiden , 1965, p. 230
sottomessa all’ Egitto sin dalla XVIII
dinastia e che ci riporta quindi in
ambito egizio-babilonese, cfr. M.C. ASTOUR, Hellenosemtica, p. 286. Per il
toponimo Alasia a Cipro, cfr. Hellenosemitica p.50. Il fiume Tavignano , che scorre vicino ad
Aleria, si chiamava in antichità Rottanos.
4)
Statue
di marmo, raffiguranti animali feroci, come i leoni, si possono ammirare ancora oggi al museo
di Aleria. I leoni rampanti ci rimandano all’area microasiatica, siriaca
ed egiziana
5)
A noi interessa in questo contesto che nella tomba Regolini – Galassi di Cere è sepolta Larthia, rappresentata come
signora degli animali. Ciò si adatta
bene a Circe. Cfr. O.W. von VACANO,
die Etrusker in der Welt der Antike, pp.
90 e 115. E.W.KELLER, La civiltà etrusca, Milano, 1981, pp. 36-43. I reperti
della tomba Regolini-Galassi si trovano al Museo Gregoriano nel Vaticano.
“Adorna co me un’ immagine divina, la nobile defunta portava una veste guarnita
d’oro; sul seno aveva una grande pietra ovale, un pettorale d’oro. Ornata di
delicati motivi di piante e di animali, essa dà l’impressione d’un ricamo
prezioso ed impalpabile. Sul bracciale spicca (in oro sbalzato e granulato), dinanzi ad un gruppo di palme “la signora
degli animali”, fra due leoni rampanti.
9)
Omero
ci dice kukeon, termine che si ritrova oggi nel tedesco Kuchen, dolce. Questa
bevanda è attestata presso i Liguri ed Iberi. Degli abitanti di Cere (etruschi)
sappiamo che bevevano un liquido preparato con il grano, chiamato caeres o caelia, raramente mescolato con il vino od
il miele.
10) Plinio XVI,15 ci dice che il cibo dei corsi era a
base di ghiande, e la loro bevanda vino mescolato ad erbe , Plin. XXV, 85. Per
il vino aromatizzato con sostanze resinose ricavate da varie piante e soprattutto
dall’assenzio , vedi Vittorio BERTOLDI, Regionalismi gallici, in Dante OLIVERI, Silloge linguistica, Torino, 1929.
11)I Corsi, popolazione di origine
ligure ed iberica, non usavano letti e
dormivano sulla nuda terra. Anche i pastori ad Itaca dormivano su frasche
ricoperte da pelli di pecora e capra. Cfr. ODISSEA, Canto XIV, vv 518 -520.
12)Omero dice molu, che in corso
significa bagnato. Egli dice che così lo chiamano i divini, intendendo forse o
gli etruschi o gli egiziani. Da considerare che molu è strettamente collegato
con il dio Hermes, denominato molubdanthropos.
Sin dall’antichità si sono avanzate
molte ipotesi a quale pianta si riferisse in realtà la parola molu
Partendo dal presupposto che moly
è una parola celtica per millfoil, in italiano achillea millefolium, una
pianta dai fiori bianchi, che in passato serviva come vulnerario e tonico, e di
cui alcune specie si utilizzano ancora oggi in Svizzera per un particolare tè
chiamato Falltrank, PAULY-WISSOWA, nella Colonna 801, relativa alla voce Hermes, ritiene che si tratti appunto di questa
pianta. In Egitto il pentafoglio era
considerato un’erba preservatrice dalle
malattie. Cfr. V. BERTOLDI, Regionalismi gallici in Dante
OLIVERI, Silloge linguistica, 1929 p. 533.
Altri identificano la pianta
difficile da sradicare e dai fiori
bianco-latte con l’ellboro …Linneo, che denominò la specie Helleboros
niger, scelse l’attributo perché il rizoma della pianta è nero; questo è
l’unico Helleboros a fiori bianchi .La somiglianza è così notevole, che la prima connessione tra
elleboro nero e molu risale al XVIII sec . (TRILLER, 1716). E’ interessante notare che nel folklore
settentrionale si ritiene ancora che
questa pianta velenosa sia capace di tenere lontano i malefici delle streghe. Cfr. Giacomo
TRIPODI, in Rivista di cultura classica e medioevale, anno IV, Numero 2 –
Fabrizio Serra Editore, Pisa Roma 2013.
Ma se il nome di Circe corrisponde a
Druide (nome in greco) la pianta molu dovrebbe corrispondere al vischio ,
pianta cespugliosa, che cresce sugli alberi ed ha bacche bianche. In irlandese il vischio si chiama drualus, voce chiaramente
derivata da drus . quercia, mentre in inglese si chiama mistletoe e tedesco die
Mistel, francese du gui. In effetti il vischio è difficile da cogliere, perché
cresce sugli alberi come un semiparassita. Le bacche bianco-latte sono parzialmente velenose , ma sono state
usate fin dall’antichità in medicina
sotto forma di estratti e bevande, come
ci attestano i trattati di medicina dei
Druidi e dei Greci.. Oggigiorno si è ricorso a medicinali con componenti della
pianta per curare il cancro, ma con poco successo. Sulla base di dati
sperimentali il vischio è stato classificato come una sostanza capace di
modificare le risposte biologiche dell’organismo. Già ai
tempi dei Romani lo storico e naturalista Plinio il Vecchio ci riferisce nella sua
monumentale opera “ Naturalis historia “ come fosse un’antica usanza dei
sacerdoti druidi raccogliere il vischio al sesto giorno di luna crescente dopo il solstizio d’inverno e durante la “notte madre” dei Celti. Il
Vischio veniva reciso con un falcetto d’oro
da un sacerdote druido vestito di bianco e fatto cadere su un drappo
bianco. A conclusione del rito il sacerdote sacrificava due buoi bianchi e distribuiva il vischio al popolo, che
invocava la benevolenza degli dei e sperava
nell’effetto benefico e medicamentoso della pianta. Ma, come si è
scoperto casualmente nel 1984 in una contea inglese , nel Cheshire, sembra che
questi riti non fossero esenti da macabre esecuzioni di vittime sacrificali. L’uomo sacrificato
verso il II sec. a.C. porta il nome di
“Uomo di Lindow” e tutto sembra attestare che egli fu sacrificato dopo aver
ingerito del vischio. Oggi il suo corpo si trova esposto al British Museum di
Londra. Sui druidi abbiamo informazioni più attendibili grazie a Giulio Cesare
, che nel suo “De bello Gallico” ci riferisce che i Druidi studiavano le stelle
ed i loro movimenti, le dimensioni dell’universo e della terra, la natura delle
cose ed il potere degli dei immortali. Conoscevano le erbe e le piante
utilizzate per curare varie malattie e praticavano diversi metodi di divinazione.
La pratica dei sacrifici umani, attestata anche nel Nord della Germania, dove
in piccoli stagni si sono ritrovati corpi di uomini feriti ed uccisi , riprovata
già da Cesare
e da altri autori antichi sia
Romani che Greci, indusse nel 54 d.C. i
Romani ad emettere un decreto con il quale abolivano la religione druida, che comunque sopravvisse
in zone non conquistate dai Romani.
Ma come pianta, il vischio era considerato
anche di buon augurio per una relazione
amorosa, come nel nostro caso fra Circe ed Ulisse, perché , alla vista della
pianta, Circe capisce che l’eroe non ha subito l’incantesimo da lei preparato
con il kukeon ed ,essendo da eroe suo
pari, e non un essere inferiore, lo invita
a stare con lei.
Io credo che l’interpretazione di
molu come vischio abbia molti punti a favore, in quanto è stata interpretata da
sempre come una pianta magica, detentrice di molte proprietà . In questo caso
avremmo nell’ Odissea un primo riscontro di una
figura di sacerdotessa, che nel corso dei secoli si è diffusa
anche al di fuori dell’ Italia ed ha subito certamente delle modifiche
sostanziali adattandosi ad ambienti diversi.
13)I tripodi metallici, molto in voga
in tutta l’Asia Minore nel X sec. a.C. ,risalgono alla civiltà definita urartiana,
vedi sopra nota 4) per questa civiltà.
14)
Cfr.Sabino ACQUAVIVA, La Corsica, Milano 1982
15)L’ appellativo di Circe “
polupharmacos” ci riporta all’ambito egizio, e ci ricorda Elena, che ha lenito
il dolore di Telemaco con il nepente.
16)
In
ciò si è visto un influsso cretese-minoico della Grande Madre. Cfr.
C.PICARD, Les origines du Polytheisme hellenique, pp. 79-83, oppure anche
frigio.
17)
Il
rabdos è usato anche
dal dio Ermete. Un bastoncino simile, rotondo, liscio e lungo, oltre ad essere usato
dagli Etruschi, fu usato dagli efori spartani,
che lo chiamarono skutale.
. Nel nostro caso ciò ha una rilevanza particolare, perché il figlio di
Ulisse, Telemaco si rivolge al re spartano Menelao per avere
notizie su suo padre. Per la
vicinanza dei Tyrseni/Etruschi con gli Spartani cfr. G. CAPOVILLA,
Praehomerica et Praeitalica, Roma,
1964,p. 87. Se però rabdos è una parola di origine persiana, abbiamo un’altra
indicazione temporale.
18)
in
tarda età il copricapo ebbe un laccio sotto il mento, come nel caso dei Flamini
romani. Omero parla solo di un vago velo.
Cfr. M.CRISTOFANI, Gli Etruschi, una Nuova Immagine, Firenze , 1984, p. 150.
19)
La
ninfa Persa ci ricorda una divinità etrusca Persu, a cui si fa risalire il
termine “persona”. Siccome Perse erano definiti in Egitto in senso lato tutti
coloro che non erano egiziani, la madre Perse, figlia dell’Oceano, ci rinvia in
ambito egiziano e potrebbe indicare una
schiava o concubina del Faraone, od una cittadina corsa alle dipendenze del
Faraone. Per il significato di Persata =
Philistines, cioè Filistei, cfr. M.C. ASTOUR, Hellenosemitica , p.7.
20)
Per
il padre, il sole, è interessante notare che i vari piccoli dinasti d’origine
ittita, che sopravvissero nel XIII sec. in Siria al crollo del loro vasto
regno, e che nella Palestina pre-ebraica devono aver costituito un elemento
importante, si fecero chiamare “soli”.
Nelle scene mitologiche
su ceramiche e specchi etruschi
il dio Sole è presentato come un auriga od un disco raggiato con testa e busto
al centro. Cfr. M. CRISTOFANI, Gli Etruschi, una nuova immagine, Firenze, 1984,
p. 150
Per il fratello Aiete è interessante notare che nel Cosentino
(Calabria) si riscontra un toponimo Aieta, che rientra nell’ambito dei di Consentes ed i 12
Theoi boulaioi degli Egiziani . Cfr. Pauly-Wissowa, Haruspices.
Il nome di Circe, che è la trascrizione in alfabeto greco
della parola quercia, in quanto il greco non conosce la q e la trascrive con k,
ci può anche rinviare al paese ittita di Kirki, che sopravvisse nel suo
territorio più settentrionale; ciò è particolarmente interessante per chi
condivide la tesi che gli etruschi fossero in origine ittiti, poi trasferitisi
in Toscana. I Frigi,che risiedettero in seguito in territorio ex-ittita ,
possono aver preso anche loro la via dell’esilio. Cfr. al riguardo il passo di
Pausania, riportato da J. BERARD, La Magna Grecia, Torino , 1963, p. 343.
L’influsso egiziano è molto evidente a Vulci nella tomba denominata di Iside, a
Tarquinia nella cosiddetta tomba di
Bocchoris, dove si è trovato un vaso con un’iscrizione di questo faraone, che
regnò dal 718 al 712 a.C. circa. Per la comprensione dell’ Odissea ed in
particolare dell’assenza del dio Poseidone, che si reca ad un’ecatombe in
Etiopia, la biografia di questo faraone può risultare molto utile. Figlio del
principe egiziano Tefnahte, che durante il Basso Impero estese la sua supremazia sino ad Ermopoli,
suscitò l’invidia degli avversari, che
si rivolsero per aiuti e rinforzi al re di Nubia, Pianhe (741-717.C. ). In un
primo momento fu sconfitto, ma quando Pianhe fu costretto a ritirarsi nei suoi
territori, trionfò sui nemici e si proclamò faraone, riuscendo per breve tempo
a regnare sull’ Egitto, finchè fu eliminato su istigazione di Sabako, successo
a Pi anhe, che ristabilì l’egemonia etiope. Taharqa fu figlio di Pi anhe. In Egitto regnò una dinastia etiope
(la XXV) dal 760 al 656 a.C.
21)
Ulisse
rimane presso Circe un anno, il periodo
in carica di un funzionario romano, p.e. il console
22)
Ciò
corrisponde all’uso iberico, che si ritrova pure in Liguria ed in Corsica,
delle pietre tombali con infisse punte di lancia. Al riguardo sono interessanti
i complessi tombali di Filitosa in
Corsica e le tombe dei Giganti nei pressi di Olbia e di S. Teresa di Gallura in Sardegna.
23)
Una pecora nera ed un montone
24)
Il
costume dell’aruspice, come appare su una serie di monumenti etruschi, prevede
un copricapo a punta, ….una tunichetta ed una mantellina, probabilmente
confezionata con la pelle di un animale sacrificato, trattenute da fibule di
bronzo di aspetto molto antiquato; tutto l’insieme presenta caratteri di
notevole arcaicità ed è , in generale, confrontabile con l’abbigliamento
comunemente impiegato per caratterizzare i pastori; si è pertanto giustamente
ipotizzato la cristallizzazione di una tradizione assai antica, risalente ad età protostorica.
Cfr. M.CRISTOFANI, Gli Etruschi. Una Nuova Immagine, Firenze, 1984, p. 150.
25)
Pausania
X, 17,5 afferma che il nome di Corsica fu dato all’isola dai Libici; Sallustio
insiste sull’influsso ligure sull’isola (Vedi Encl. TRECCANI, Corsica , p.
515).
Comunque, sia i liguri
che gli iberi occuparono l’isola verso il 3000- 1000 a.C.
rispettivamente ad oriente ed ad occidente. Agli Iberi sono dovuti con tutta
probabilità i monumenti megalitici della Corsica, dolmen e menhir, che con i
rispettivi nomi di stazzone e stantare
si trovano in varie parti dell’isola e più frequentemente nelle regioni di Capo
Corso e del Sartanese. Cfr. G.ISNARDI, La Corsica, pp. 33-34, Roma, 1942.
Inoltre in tutta l’isola è presente una cultura definita
delle “torri”, simile a quella nuragica della Sardegna. A Filitosa si trova
forse il centro più rappresentativo di questi grandi monumenti circolari,
muniti pure di un oppidum. Cfr. R. GROSJEAN, La Corse avant
l’histoire , Paris, 1981 e R. GROSJEAN/ J. JEHASSE,Sites préhistoriques et
protohistoriques de l’Ile de Corse, 1976
in Institut de paléontologie humaine.
Ad Aleria si sono rinvenuti resti di tombe con arredi che
somigliano a quelli dell’età del bronzo nel Piceno, per cui si deve ammettere
che già in epoca remota Corsi e Piceni commerciassero fra loro. Cfr.
J.JEHASSE, La nécropole préromaine d’ Aleria avec un’étude des graffites par J. HEURGON de l’Institut, Paris , 1973
26 )fr. J. et L. JEHASSE, Aleria antique, Lyon, 1984, pp. 3 e
42. A Cipro Alasia Cfr. M.C. ASTOUR , Hellenosemitica,p. 35, per Ugarit, cfr. M.C.
ASTOUR, pp. 230-340-351 e 355. Cfr. anche BOTTIGLIONI, quaderni dell’istituto di glottologia IV-V- Onomastica
cretese e microasiatica , 1959, 60.
27) Sappiamo da Tolomeo che la Corsica era divisa in dodici distretti con a capo
altrettante stirpi, di cui una famosa si chiamò Cervini . Cfr. J. et L. JEHASSE, Aleria antique, p.
41.
Gli Etruschi lasciarono comunque poche tracce del loro
dominio sull’isola. Gli scali più importanti che i Corsi usarono in Toscana
furono Populonia ed in seguito Cosa in
epoca romana. Da notare che Populonia fu fondata dai Corsi.
28) Cfr. J. et L. JEHASSE, Aleria antique , p. 18
29) Cfr. G. BOTTIGLIONI, Dizionario delle parlate corse , Modena, 1952 ed Atlante Linguistico
Etnografico della Corsica, Pisa, 1931.
30) Asclepio è il dio della medicina per autonomasia,
equiparato forse al dio Seth egiziano. Serv. Georg. IV, 363 ci dice che nelle
feste di Neilos dei ragazzi venivano
consacrati al servizio delle ninfe. Il culto delle fonti degli dei fluviali era
però anche diffuso in Siria, ed in Antiochia c’era un meraviglioso Numphon
ieron .
L’importanza dell’elemento acqua fu riconosciuta in tutta la sua portata dagli
antichi, perché delle ninfe sono le allevatrici di famosi eroi, fra cui
Achille, Enea, Rheso, Perseo ed infine Romolo e Remo.
31) Per il
celtico cfr. Holger PEDERSEN, A concise comparative celtic grammar, Goettingen,
1961, p. 40 e Chamber’s Scots dialect dictionary edited by A. WARRAK, M.A.
London, Edinburg, 1911.
Per quanto riguarda I Celti è da notare che veneravano i loro
dei in ampi boschi di querce. Praticarono la cremazione. Alla corte ed alla
mensa dei principi celti partecipavano dei commensali, che però erano dipendenti
dai principi. La religione dei Celti risente
di influssi egiziani e probabilmente etruschi, visto che sono
popoli confinanti. Hermes è anche un
importante dio celtico. Cfr. H.C. PUECH, in storia delle religioni, Laterza, La
religione dei Celti, p. 119. Il maiale è uno dei simboli della casta
sacerdotale dei Celti. I Celti italiani, chiamati Galli, erano in stretto
contatto con gli etruschi ed i popoli italici. Bisogna comunque osservare
che l’osco-umbro conserva parole comuni
all’area celtica o germanica, mentre il
latino innova.
I Pelasgi, che abbiamo menzionato più volte nel nostro
contesto, e che appartengono a secoli anteriori, praticavano culti naturalisti,
adoravano il sole, la luna, gli astri e la terra. Cfr. C. PICARD, Les Origines
du polythéisme hellénique . 1930 - 1932 p.
138
32) Nell’ anno 1968 fu scoperta a Cere una tomba con il nome
Clautie, corrispondente alla gens romana Claudia
33) Cfr. V.I.
GEORGIEV, Etruskische Sprachwissenschaft, II Teil, Jungetruskische Inschriften,
Sofia, 1971, p. 98.
Riassumendo brevemente quanto sopra esposto, possiamo dire
che molto probabilmente al significato dell’ isola Kurnos si sovrappone quello di Kurios “signore”,
“padrone”, che diventa un attributo di Circe, “quercia”, “druide”, ma forse
anche di signora discendente dalla stirpe proveniente da Kirki, dalla civiltà
di Urartu.
Alla luce dello studio delle religioni antiche comparate non
sfugge che ci sono delle affinità sorprendenti fra i riti prescritti da Circe
ed i misteri Eleusini, che avevano lo scopo di iniziare gli adepti ad una vita
nell’al di là. Dee tutelari dei misteri erano Demetra e Persefone.,Erano
preposte ai Misteri le gens dei Cerici, Kerykes e degli Eumolpidi, e durante i
festeggiamenti si immolava un porchetto e si beveva il kukeon, la stessa
bevanda che Circe offre ad Ulisse.In una cista si riponevano gli oggetti sacri.
I misteri Eleusini risalivano ad epoche antichissime e tracce dell’età micenea
si sono trovate durante gli scavi del luogo sacro. Sul lato sud dell’acropoli è
emersa una tomba a cupola, e dato ancora più interessante, in una tomba si è
trovato uno scarabeo egiziano, forse dell’età di Pianke I, faraone etiope del
VII sec. a.C. (741-717 a.C.), che sconfisse il faraone egiziano Bocchoris, di
cui abbiamo un vaso nella tomba di Bocchoris a Tarquinia.
Abbiamo così la prova che sia Eleusi che la Corsica e la
Toscana erano in rapporti commerciali e culturali con l’Egitto. Eleusi fu
certamente una città fortificata , fornita di molte cisterne, simile agli
insediamenti dei Filistei, costruiti sulla sponda asianica del Mediterraneo. Non meraviglia quindi che un guerriero che si aggrega a Davide si
chiami Eleusai, 1 Cronache 12,5 , nome al quale si è attribuito il significato
ebraico “Dio è la mia forza”. Ciò dimostra ancora una volta quanto fossero
stretti i rapporti culturali e religiosi nel bacino Mediterraneo. Dalla
leggenda emerge chiaramente che i misteri Eleusini sono stati introdotti a
popolazioni pre-greche, forse pelasgiche, perché Demetra arriva ad Eleusi
durante una peregrinazione alla ricerca della figlia Kore, rapita dal dio degli
Inferi ed insegna alla gente del luogo l’ agricoltura.
Un toponimo Eleutera, che si trova nella Creta
settentrionale, composto da Eleu * ter
(segno, radice, che si ritrova nel nome Tiresia) , potrebbe attestare la
continuità dei rapporti fra Pelasgi/Tirreni, Achei, Cretesi, Egizi e Filistei
(altro nome per Pelasgi e Popoli del Mare ) ,come risulta dalla storia.
Per quanto riguarda la classe sacerdotale dei Druidi, sui
quali disponiamo in realtà di poche informazioni, se non da parte dei classici
greci e romani, è istruttivo leggere STUART PIGGOT, Il mistero dei Druidi,
sacri maghi dell’antichità, 1982, New Compton Editori , o Roma –Fratelli Melita
editori –
Su come gli Etruschi raffigurassero le scene relative
all’incontro di Ulisse con Circe abbiamo delle interessanti indicazioni sulle
urne etrusche, visibili a Volterra al Museo Guarnacci. Nel rilievo dell’urna
che illustra i compagni trasformati in animali (Volterra nr. 336) si nota a destra
una figura femminile che tiene sospeso in mano un porcellino. Dovrebbe essere
lei la maga Circe. Anche sul sarcofago di Torre San Severo, che si trova nel
Museo Faina ad Orvieto, Circe è
rappresentata con qualcosa in mano, difficile
da identificare, forse il porcellino o una pianta.( Per le
raffigurazioni cfr. M. HARARI, Andare per i luoghi di Ulisse, ed. il Mulino,
2019.)
Per quanto riguarda Calipso ho trovato nel volumone di Sergio Frau “Le
colonne d’Ercole – un’inchiesta” a pag 110 un riferimento al Dizionario etimologico di Semerano, ed.
Olschki, in cui si prende in esame l’accadico Kalu = molo, diga , di kalu con accento ^
sulla u , col significato di trattenere, custodire. Questo concetto
ritorna nelle parole di Calipso che lo trattiene sull’isola per ben 7 anni.
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