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domenica 29 novembre 2020

Archeologia della Sardegna, i bronzetti. Video in diretta nell'ambito dell'iniziativa "Sardegna verso L'Unesco", progetto di inclusione dei Monumenti dell'età Nuragica nel Patrimonio Mondiale dell'Umanità. Relatore: Pierluigi Montalbano

 Archeologia della Sardegna, i bronzetti.

Video in diretta nell'ambito dell'iniziativa "Sardegna verso L'Unesco", progetto di inclusione dei Monumenti dell'età Nuragica nel Patrimonio Mondiale dell'Umanità.
Relatore: Pierluigi Montalbano
Link  dell'evento: Bronzetti, diretta facebook

Bronzetti
Pur se le tecniche di lavorazione dei metalli sono conosciute in Sardegna fin dall’inizio del III Millennio a.C., esse si svilupparono notevolmente soprattutto nell’Età del Bronzo e del Ferro grazie alle conoscenze raggiunte e all’abilità dei tanti artigiani nuragici. Rame e galena argentifera erano i metalli più preziosi e diffusi e, per ottenerli, bisognava individuare i giacimenti, provvedere all’estrazione e alla frantumazione delle rocce, conoscere la tecnica per operare una fusione per ottenere manufatti finiti da mettere sul mercato che, evidentemente, bisognava conoscere. Nel Bronzo medio, circa 3500 anni fa, in Sardegna si riesce a ottenere la fusione della lega di bronzo, una miscela solida composta da 9 parti di rame e una di stagno, quest’ultimo molto raro nel Mediterraneo. La produzione di manufatti comprendeva armi, gioielli, utensili e lingotti utilizzati come moneta per la loro caratteristica di essere facilmente trasportabili e convertibili in qualsiasi oggetto d’uso. Nella prima Età del Ferro, dal IX a.C., dopo aver perfezionato la tecnica della fusione a cera persa nei due secoli precedenti, i nuragici iniziano a produrre piccole eleganti sculture di bronzo conosciuti con il nome di bronzetti. Tutti questi manufatti sono ottenuti con un metodo di lavorazione che inizia con la realizzazione dell’oggetto con la cera d’api per poi rivestirlo di una miscela di argille ottenendo in questo modo la matrice del manufatto da realizzare. Dopo questa prima operazione si inserisce la matrice nel forno per far vaporizzare la cera e ottenere un guscio vuoto che contiene la forma in negativo del bronzetto. Subito dopo si passa alla fase della colata: quando l’alta temperatura del crogiolo, oltre 1300 gradi, avrà reso perfettamente liquido il bronzo, si posiziona il guscio fuori dal forno e in esso viene versato il metallo, ponendo la massima attenzione a eliminare le scorie superficiali per non compromettere la buona riuscita dell’operazione. Il prodotto, una volta raffreddato e pulito dall’argilla che lo avvolge, assumerà la forma del precedente manufatto in cera. Il bronzetto è bello e fatto ed è un pezzo unico poiché il guscio d’argilla che lo conteneva nella fusione viene distrutto per estrarre il manufatto. Gli archeologi, e purtroppo non solo loro, hanno portato alla luce circa 600 bronzetti e oltre 150 piccole barche, testimoni di un’attività artistica straordinaria, legata al potere e alla religiosità dei nuragici. I luoghi di ritrovamento sono generalmente i santuari e i pozzi sacri, ma non mancano i ritrovamenti in sepolture e nei pressi dei nuraghi. Questa produzione è attestata fino a metà del VI secolo a.C., quando iniziano gli infruttuosi tentativi di controllo delle coste sarde da parte dei cartaginesi. Si sa, con le guerre l’arte è compromessa e le risorse vengono destinate agli armamenti e alle fortificazioni, e anche se i cartaginesi finirono per accordarsi con
i potenti clan nuragici, i conflitti finirono per far decadere questa tradizione artigianale sarda che oggi, fortunatamente, possiamo ammirare nei musei di tutto il mondo. Si tratta di manufatti rappresentanti capi villaggio, guerrieri, sacerdoti e sacerdotesse, portatori d’offerte, madri con figli in grembo, adoranti, musicanti, lottatori. Dall’analisi visiva saltano all’occhio tanti dettagli della vita quotidiana dell’epoca: vestiario, armi, animali e tanti oggetti indossati o tenuti in mano. Le navicelle formano un gruppo a sé e ne scriverò più avanti. In esse si distinguono prue con forme di teste animali, battagliole, elementi utilizzati in navigazione, simboli di vario tipo. Forse queste navicelle rappresentavano le barche funebri che trasportavano il defunto nell’aldilà, o il possesso di una flotta, o ex voto di marinai scampati a tempeste. La loro forma suggerisce anche l’ipotesi che potessero essere utilizzate come lucerne o arredo liturgico per il fuoco sacro. La nascita della rappresentazione figurata appare espressione di una società che cambia struttura e avverte come fondamentale il momento della rappresentazione di simboli che richiamano il loro status. In altri termini, una società in cui la produzione figurativa è finalizzata alle necessità politiche e celebrative della classe dominante. Nella prima Età del Ferro, la Sardegna è al centro degli interessi commerciali
e delle vie navali dei popoli che si affacciano nel Mediterraneo. Bronzetti e navicelle, una produzione artisticamente e ideologicamente elevata, propongono un mondo legato al commercio, alla pirateria e alle straordinarie elaborazioni araldiche. Si tratta di una società in grado dove operano artigiani e botteghe capaci di rielaborare, in forma originale, quegli fermenti stilistici e iconografici che fin dal Bronzo finale circolavano nell’isola. Ritengo che tali botteghe si avvalessero anche della presenza e delle conoscenze di artigiani stranieri, a riprova del grado di articolazione della società sarda dell’epoca. I gruppi sociali committenti si riconoscono nella tematica che i bronzisti sviluppavano, gruppi espressione di un alto livello sociale. Raramente si rappresentano personaggi appartenenti a classi sociali poco abbienti.

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