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giovedì 26 novembre 2020

Stabiae. Museo archeologico Libero D’Orsi. A cura di Massimo Osanna, Francesco Muscolino, Luana Toniolo. Recensione di Felice Di Maro

Stabiae. Museo archeologico Libero D’Orsi.

A cura di Massimo Osanna, Francesco Muscolino, Luana Toniolo.

Recensione di Felice Di Maro

L’archeologia per le città sepolte dalla lava dell’eruzione del Vesuvio dell’agosto del 79, ci offre ormai da oltre 250 anni continue informazioni sulla storia di questi siti e, ci presenta documentazioni sempre più raffinate in particolare sull’arredo urbano e anche complessivamente sul popolamento che è il più studiato del mondo romano e naturalmente fino all’anno dell’eruzione.

Ormai abbiamo, grazie alle continue indagini, sempre nuovi reperti archeologici che hanno permesso di ricostruire il quadro di quello che è stato l’arredamento degli interni delle case delle città come Pompei, Ercolano e delle varie ville. Per quest’ultime quelle di Stabiae, odierna Castellammare di Stabia, anche se non sono mancate indagini e anche studi specifici sugli affreschi e sui mosaici esisteva a vari livelli un insieme di difficoltà per la fruizione dei reperti archeologici, e spesso non facilmente superabile.

Oggi almeno per quanto riguarda l’osservazione dei reperti archeologici non in situ cioè quelli che non

sono nell’area archeologica delle ville una parte di queste difficoltà è stata superata perché a Castellammare di stabia il 24 settembre di quest’anno è stato inaugurato un nuovo museo. Le collezioni archeologiche dell’ex Antiquarium che erano ospitate nei locali di una scuola media, e sempre a Castellammare di Stabia, sono ora esposte nella Reggia di Quisisana. Il Museo è intitolato al famoso preside Libero D’Orsi (1888-1977) che, negli anni Cinquanta, eseguì una serie di scavi archeologici sulle Ville stabiane, già parzialmente indagate in età borbonica.

Si tratta di una esposizione di numerosi e, assicuro, prestigiosi reperti archeologici provenienti dal territorio stabiano, area che si trova a sud del Sarno, un fiume importante per i traffici di import ed export dalla/per la Campania e la Magna Grecia. Si tenga conto che mentre le altre città vesuviane dopo l’eruzione del 79 non si riattivarono più, Stabiae, invece, ebbe una nuova fase di vita almeno fino al VI secolo. 

L’operazione è stata curata e promossa dal Parco Archeologico di Pompei con l’organizzazione di Electa che con questa pubblicazione offre una guida al museo che con 96 pagine e con foto permette in maniera sintetica ma rigorosa, di cogliere uno dei più antichi siti archeologici d’Italia ed anche di quella che è stata questa reggia come sito reale borbonico: edificio simbolo che ha una storia di oltre sette secoli.

Firmano i testi della guida tre autori: Massimo Osanna, direttore generale dei musei del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, Francesco Muscolino direttore del museo ma da ll’11 novembre Direttore del Museo archeologico autonomo di Cagliari e Luana Toniolo funzionario archeologo del Parco Archeologico di Pompei.

Con questa guida si presenta il percorso espositivo che è ordinato in senso cronologico. Si inizia con i corredi provenienti dalla necropoli di Santa Maria delle Grazie e dagli oggetti del santuario di Privati risalenti al VI secolo a.C., fino all’età romana. Si prosegue con gli arredi e le decorazioni delle ville del pianoro di Varano e di alcune ville rustiche meno conosciute: oltre ai reperti provenienti dalle più note ville di San Marco e villa Arianna, vengono presentati gli affreschi e gli stucchi delle ville del Petraro e di Carmiano. Di quest’ultima si propone anche una ricostruzione del triclinio raffigurato in una delle sale affrescate. Alcune sezioni sono dedicate ad approfondimenti tematici come la preparazione e il consumo del cibo e alle attività produttive e agropastorali tipiche della zona. Tramite installazioni visive viene rievocata anche l’intensa attività termale che caratterizza il territorio stabiano fin dall’antichità.

La Reggia di Quisisana si trova nella zona collinare ed è stata costruita nel XIII secolo dai sovrani angioini come luogo di villeggiatura, ma fu solo con gli interventi condotti da Carlo III di Borbone tra il 1765 e il 1790 che ha avuto l’aspetto attuale. Rispecchiava l’idea del palazzo di caccia e villeggiatura: ha una struttura ad “elle” così da godere da un lato di una splendida vista sul golfo e dall’altro di essere meglio collegato a Castellammare. Successivamente anche il parco è stato riammodernato e ingrandito sui modelli del giardino all’inglese con grandi viali, scale, fontane e giochi d’acqua che componevano scenograficamente sia la ricca vegetazione delle pendici del monte Faito che le sorgenti d’acqua. Moltissimi sono stati i viaggiatori e personalità straniere che hanno soggiornato nell’area. Noti sono gli acquerelli e le incisioni di Hackert e Dahl nonché i dipinti della nota Scuola di Posilippo.

Si ricorda che all’inizio del 2000 iniziò un intervento di restauro che è terminato nel 2009. Il museo ospiterà anche un grande deposito visitabile per far entrare il pubblico nel “cuore” del museo stesso e al contempo per ospitare i nuovi reperti provenienti dagli scavi archeologici che sono stati ripresi nel territorio ormai da decenni. Il sito è di proprietà del Comune di Castellammare di Stabia, che ha concesso parte dell’edificio in comodato d’uso al Parco archeologico di Pompei per i suoi fini istituzionali.

 

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