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venerdì 20 novembre 2020

Archeologia della Sardegna. Il Brassard di S.Giovanni Suergiu e il sole degli Henmemet. Articolo di Gustavo Bernardino

 Archeologia della Sardegna. Il Brassard di S.Giovanni Suergiu e il sole degli Henmemet

Articolo di Gustavo Bernardino

 

 Ritengo utile, ai fini di una puntualizzazione e maggiore attendibilità della tesi proposta, tornare su un tema trattato in un recente articolo del 17/9/2020, e portare nuova argomentazione a sostegno della tesi suggerita. Nell'articolo in questione, ho scritto che il simbolo che si trova sul soffitto di alcune domus de janas potrebbe interpretarsi come il “Sole” e che tale modo di rappresentazione era proprio di una etnia denominata dagli egizi “Henmemet”. Nel mio lavoro ho proposto la tesi che se fosse valido il ragionamento, si potrebbe sostenere che questi “Henmemet” in quanto eccezionali costruttori di dimore dei morti (domus de janas) sarebbero stati chiamati dai faraoni egizi per costruire le loro dimore funebri e poiché provenivano dall'occidente venivano appellati come “Occidentali”. Questi ultimi pertanto non

sarebbero i morti, come comunemente inteso, ma una vera  e propria compagine etnica identificabile appunto con i “costruttori di case dei morti” provenienti dalla Sardegna. Ora c'è di nuovo un elemento estremamente importante che vale la pena sottoporre all'esame del lettore. D'altro canto il lavoro di un archeo-investigatore è quello di cercare e portare prove attendibili a sostegno delle proprie tesi e quindi ecco la testimonianza.



Questo oggetto è conosciuto come “ Brassard di Is Loccis-Santus” e si trova nel museo di Cagliari.

La funzione dell'oggetto è ben nota agli studiosi ed appassionati di storia antica della nostra terra ed è quella di salvaguardare il polso dell'arciere dal rinculo della corda. Quello che interessa dell'oggetto però è il simbolo riprodotto nella fascia alta.

L'immagine incisa corrisponde perfettamente al simbolo riprodotto nel soffitto delle domus de janas indicate nell'articolo di settembre.

 
Bisogna tener presente per altro che sotto l'aspetto del valore simbolico, il sole aveva certamente un peso ben maggiore di un soffitto (contrastando l'interpretazione che viene data da coloro che nella immagine vedono appunto la rappresentazione della copertura di una capanna) e per di più aveva anche una funzione straordinariamente importante perché doveva (simbolicamente) riscaldare il corpo del defunto aiutandolo così a restare in vita fino al raggiungimento dell'aldilà. Esaminando con attenzione le due immagini, si nota subito la caratteristica che li unisce e cioè che l'astro lucente  è rappresentato da un corpo circolare i cui raggi  si irradiano non a 360 gradi ma a 180 gradi in entrambe le immagini. Una particolarità che, come specificato nell'articolo precedente, distingueva gli Henmemet dagli egizi. A questo punto è bene introdurre un nuovo elemento di discussione strettamente connesso con la narrazione fino a qui fatta. Come accennato prima, circa l'appellativo dato a questo popolo rispondente a “Gli Occidentali”, è opportuno sapere che il “Capo” o “Principe” degli occidentali si chiamava Kentu Amenti e, per gli egizi, ”Kenty-Amentyw” e di lui troviamo traccia nei testi religiosi nilotici. Per esempio nei “Testi delle Piramidi” di cui ha trattato Sergio Donadoni (Garzanti Editore 1997) a pag. 39 troviamo la formula :” ...Prendetegli la mano!, dice Ra.

Lo spirito al cielo, il cadavere alla terra.

Quel che prendono gli uomini, quando sono sepolti, sono migliaia di vasi di birra che sono sulla tavola di offerte di Khenty-amenthyw.

Se l'erede è povero e non ha scritti,

scriva Onnos con il suo dito grande;

ma non scriva egli con il suo dito piccolo.”

A pag. 64 un'altra formula :”...E' zappata per te la terra, è spezzata per te l'offerta innanzi a te.

Quando tu vai su quella via su cui vannogli dei,

volgiti a vedere queste offerte

che ti ha fatto il re,che ti ha fatto Khenty-amentyw

quando tu andavi a quegli dei del settentrione,

le stelle imperiture.

Questo personaggio misterioso e mitizzato nella letteratura sacra egizia, potrebbe forse avere una storia molto più lineare e comprensibile se interpretato come colui che al comando dei costruttori delle case dei morti aveva portato il suo popolo nella terra dei faraoni per conquistarne attraverso il lavoro, la loro benevolenza e la loro riconoscenza.

 

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