Diretto da Pierluigi Montalbano

Ogni giorno un nuovo articolo divulgativo, a fondo pagina i 10 più visitati e la liberatoria per testi e immagini.

Directed by Pierluigi Montalbano
Every day a new article at the bottom of the 10 most visited and disclaimer for text and graphics.
History Archaeology Art Literature Events

Storia Archeologia Arte Letteratura Eventi

Associazione Culturale Honebu

Translate - Traduzione - Select Language

lunedì 24 settembre 2018

Muscoli mimici e Riso sardonico. Riflessioni di Aldo Casu


Muscoli mimici  e  Riso sardonico
Riflessioni di Aldo  Casu


In “Contributo all'antropologia delle parti molli di Sardi centro-meridionali. - I muscoli mimici”, del Prof. Carlo Maxia, allora Direttore dell’ Istituto di Antropologia dell'Università di Cagliari,  pubblicato nella rivista “Quaderni di anatomia pratica”, Serie XII, N. 1-4, p. 159-204, 1957, nello “SCOPO DELLE RICERCHE” (Cap. 2.1) si legge testualmente:
“… La popolazione della Sardegna, soprattutto quella della regione centro-meridionale dal massiccio del Gennargentu ai Campidani (Capo di Sotto), si distingue nettamente, dal punto di vista delle classificazioni antropologica, dalla massa diventata straordinariamente ibrida di tutte le altre popolazioni europee …”.
Nel capitolo 3 - “MATERIALE DI OSSERVAZIONE”- si legge che lo studio è stato svolto su corpi di Sardi della provincia di Cagliari e di quella di Nuoro, che “… due sole donne erano della provincia di Sassari …”, che
“… Tutti gli individui, che sono stati oggetto di studio, erano Sardi di nascita e di ascendenza. I maschi in maggioranza avevano esercitato la professione di minatore, di contadino e di manovale: le
femmine erano casalinghe. Il materiale di studio riguarda n. 44 corpi: 22 maschi e 22 femmine. L’età dei maschi andava da 17 a 76 anni: nelle femmine da 23 a 90 anni …” e che le osservazioni sui muscoli mimici si prolungarono per circa sei anni.
Nel capitolo 5 - “MUSCOLI MIMICI STUDIATI”-   si descrivono i muscoli studiati e se ne compara l’anatomia con quelli di altri animali e tipi umani. Alla lettera b), in particolare, del m. zigomatico, o grande zigomatico, o “muscolo del riso” ( M. zygomaticus major) in una nota si riferisce la curiosità che “ E. Monselli propose di chiamarlo ‘m. di Leonardo’, perché questi ne riprodusse per primo l’azione nel riso della Gioconda- v. Castaldi 1931”. 

Seguono XVI tavole (vedi p. e. foto 1), ciascuna con due disegni molto dettagliati dei diversi muscoli e serie di muscoli mimici, e VIII tabelle (vedi p. e. foto 2) recanti il n. di registro di ogni corpo esaminato, le iniziali, l’età, il paese di provenienza, la professione del defunto e le dimensioni di ciascun suo muscolo esaminato che, però, vi risparmio.
Nel capitolo 6 - “CONSIDERAZIONI GENERALI”-   infine si legge testualmente:
“ Le seguenti conclusioni possono trarsi dallo studio dei muscoli mimici effettuato in Sardi centro-meridionali:
1)      Scarse sono le connessioni dei muscoli mimici fra loro;
2)      I muscoli mimici sono ridotti nei loro diametri;
3)      Piccola è la frequenza (28 % ♂; 19 % ♀) del capo zigomatico del m. quadrato del labbro superiore;
4)      Variazioni rare o estremamente rare appaiono nei muscoli mimici;
5)      Nelle femmine la riduzione dei muscoli mimici è maggiore che nei maschi.
Il quadro che offrono i muscoli mimici dei sardi si distacca pertanto nettamente da quello conosciuto di altri Europei, attraverso le descrizioni che ne vengono date, e soprattutto, quale risulta dall’iconografia di  atlanti e di trattati, essendo caratterizzata da una riduzione dei muscoli mimici, che appaiono tuttavia ben differenziati. Il confronto dei muscoli mimici dei Sardi con quelli di individui appartenenti a razze di xantodermi ( dalla pelle di colore giallastro, cui appartengono le popolazioni mongoloidi, n.d.a.) e di melanodermi (dalla pelle bruna, scura o colore nero, n.d.a.) dimostra che in questi ultimi non esiste la perfetta differenziazione, che è un attributo quasi generale della muscolatura mimica dei sardi (…). 
La riduzione della muscolatura mimica dei Sardi spiega perfettamente, dal punto di vista anatomico, la immobilità, quasi mongolica, della maschera facciale sarda, che contrasta fortemente con quella mobilissima di altri mediterranei, quali i Siculi ed i Campani (*) . 
Vero è che la psicologia del Sardo è tipicamente insulare e quindi riservata, cauta, attaccata alle tradizioni, introversa più che estroversa, caratteristica questa in generale delle popolazioni dell’Italia meridionale: ma con questo non si deve ritenere che i Sardi siano di temperamento freddo come i Nordici. Tutt’altro, solo chi non ne conosce la vita può essere tratto in inganno dall’apparenza, basandosi egli sull’immobilità della maschera facciale e sulla loro parca e riservata parola, che non lascia trapelare il più delle volte le ardenti passioni che li agitano in profondità. 
La riduzione della muscolatura mimica nei Sardi è una caratteristica che essi hanno posseduto fin dalla preistoria? È possibile, essendo per un processo evolutivo poca cosa un lasso di tempo di qualche migliaio di anni. D’altra parte gli unici documenti iconografici che potremmo consultare sono i famosi bronzetti nuragici, che nella immobilità enea dei volti dei personaggi appartenenti alle diverse caste sociali non potrebbero non dare facile ma non convincente testimonianza a questa ipotesi. 
Propendo invece per l’ipotesi che la riduzione della muscolatura mimica si sia manifestata in una popolazione endogamica (che si sposa, cioè, solo con membri del proprio etnico o sociale, n.d.a.) sarda per mutazione, per modificazione ereditaria risultata da perdita di geni, o anche attraverso il fenomeno di deriva genetica al caso, <random genetic drift> di Wright (1931). 
L'endogamia, essendo un fattore suscettibile di modificare le proporzioni dei diversi fenotipi  (l’insieme dei caratteri fisici visibili di un individuo, n.d.a.) può essere presa in considerazione solo da un punto di vista generale della genetica, favorendo di per sé l’aumento della proporzione degli omozigoti a spese degli eterozigoti. Ma l’endogamia non modifica le frequenze genetiche; bisogna pertanto considerare particolarmente quegli agenti che intervengono direttamente sull’equilibrio genico, quali la mutazione e l’effetto Wright, oltre naturalmente la selezione sessuale e gli altri eventuali meccanismi evolutivi. 
Nel caso dell’effetto Wright, attraverso il meccanismo dell’isolamento, la cui importanza come causa  di differenziazione non adattiva delle razze locali è generalmente riconosciuta, modificazioni di frequenze geniche dovute al caso possono portare, nel corso di generazioni, alla perdita di un gene. 
In definitiva ritengo che attraverso il meccanismo della perdita di un gene, direttamente attraverso una mutazione o indirettamente attraverso l’effetto Wright, si sia ottenuta una riduzione della muscolatura mimica di Sardi. Questa particolarità, insieme ad altri caratteri ereditari, quali quelli emogruppali (…) danno una caratteristica somatica e genotipica ai Sardi, che li distinguono fra tutte le altre popolazioni mediterranee ed europee.” 
(*) questa caratteristica ‘amimia’ degli abitanti della Sardegna centro-meridionale fa sì che, incontrandone uno in qualsiasi parte del mondo, chiunque potrebbe dire quasi senza tema di errore: ecco un Sardo.
È vero, il prof. Maxia in questo suo studio non fa alcun riferimento al “riso sardonico” e giustamente perché sarebbe stato fuori luogo e inopportuno parlare di un mito in un lavoro così rigorosamente scientifico.
Infatti lo fa qualche anno dopo in un articolo intitolato “La cinematografia come mezzo di documentazione dell'etnografia, delle arti e delle tradizioni popolari” (pubblicato nell’enciclopedia “Lares” nel 1959,  vol. 25, Casa Editrice Leo S. Olschki s.r.l.) dove a pag. 157, nella nota 2, dopo aver ricordato i risultati sopra esposti del suo studio , ha scritto:
“… Il sorriso è senza dubbio fra tutti gli atti mimici quello che, illuminando il volto, rivela all’osservatore le fini possibilità della maschera facciale. Il sorriso di un Sardo rimane quasi nascosto e dominato dagli occhi in generale grandi, profondi, dalle iridi scure. Direi quasi che il sorriso di un Sardo è un sorriso arcaico, che avverte l’osservatore dell’antichità di questa stirpe, conservatasi con caratteri genuini attraverso il fluire dei millenni. L’espressione ‘riso sardonico’ (alterazione della fisionomia prodotta da una particolare contrazione dei muscoli mimici da cui risulta una espressione triste e beffarda) è antica espressione ‘sardonios gelos’ : è il riso amaro, atroce, grave di minaccia e di odio. Comune etimologia di ‘sardonico ’ è da ‘sardonik ós’: sardo, dalla pianta detta ‘sardónion, ranunculus scelerata’ frequente in Sardegna. È mio convincimento che il ‘riso sardonico’ trovi la sua causa più che nell’azione tossica di una pianta nella muscolatura mimica ridotta dei Sardi, che in particolari circostanze potrebbe trasformare il sorriso in un ghigno.” 
Ora vedete un po’ voi quale delle due versioni è più logicamente credibile: se ritenete che abbia ragione il prof. Carlo Maxia, fate conoscere questo lavoro scientifico a tutti i vostri amici e contribuirete a sfatare un mito negativo su noi Sardi che dura ormai da troppo tempo. Grazie. 


Nessun commento:

Posta un commento