domenica 3 settembre 2017
Archeologia, miti e misteri. Reincarnazione, metempsicosi, migrazione dell’anima e altre idee sulla morte secondo gli antichi autori. Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Archeologia, miti e misteri. Reincarnazione, metempsicosi, migrazione dell’anima e altre idee sulla
morte secondo gli antichi autori.
Riflessioni di Pierluigi Montalbano
Dopo la morte, secondo gli antichi autori greci, e
degli egizi prima di loro, si dice che l’anima passa successivamente in corpi
diversi (leoni, asini, uomini…) per continuare le sue purificazioni sino a
giungere alla perfezione. Pitagora insegnò per primo la metempsicosi, e
Virgilio riprese la sua dottrina nell’Eneide. Aristotele commentò gli scritti
pitagorici affermando che il vivo rinasce dal morto, e Platone assicura che la
metempsicosi viene insegnata dai sacerdoti, dalle sacerdotesse e dai poeti
divinamente ispirati. Citando Pindaro, Platone dice che l’anima degli uomini è
immortale ma a volte subisce un’eclissi detta morte, mentre altre volte viene a
nuova vita senza mai essere distrutta. I filosofi greci hanno spesso discusso
sulle modalità di migrazione dell’anima da corpo in corpo. Olimpiodoro afferma
che la metempsicosi riguarda soltanto l’anima irrazionale e non l’anima
intelligente, pertanto, secondo i Misteri, non è il Nous (intelletto) che va ad
abitare i corpi d’animali, ma solo l’anima seconda, quella soggetta alle
passioni. Naturalmente gli autori parlavano per
metafore: dire che l’anima
umana diventa divina o diventa di un asino, equivale a dire che l’uomo ha
vissuto come un Dio o come un animale. Platone, infatti, scrive che è
impossibile che l’anima passi da un corpo umano a uno animale, se non in modo
simbolico. In altre parole, i Misteri e le iniziazioni alludono a metempsicosi,
e gli iniziati ricevono un’anima che ha avuto numerose nascite, vedendo e
conoscendo ogni cosa. Come in tutte le operazioni cerimoniali di qualsiasi
culto, le iniziazioni comprendono simboli e riti. La morte dell’anima e la sua
rinascita sono simboleggiate dal grano gettato nel solco, dove esso muore per
poi rinascere. tra la coltivazione del grano e le dottrine misteriche di
Eleusi, esiste un intimo rapporto, messo in luce dallo studio del rituale
funebre egizio. In esso si apprende che la conoscenza è necessaria quanto la
virtù per assicurare un destino felice all’anima umana, e l’opera che l’anima
deve compiere per procurarsi il nutrimento spirituale in questa vita come nell’altra,
ha come simbolo la coltura dei campi, perché la sapienza è il nutrimento per l’anima
come il grano lo è per il corpo. Non si
ottiene il grano se non affidandone i chicchi alla terra arata, e raccogliendo il
prodotto della semente quando è maturo. Una serie di operazioni analoghe deve
compiere l’anima per acquisire la sapienza, condizione della felicità. In quest’ottica,
i fanciulli possono essere considerati spighe. In generale, la vicenda dell’anima
è analoga a quella del grano, e la coltura dell’anima è simile a quella del
grano. I riti misterici comportano una rappresentazione dei lavori dell’agricoltura.
Plutarco aggiunge che gli antichi seminavano prima del tramonto delle Pleiadi,
cioè nel mesi di Boedromion (dal 15 settembre al 15 Ottobre),, così chiamato
perché in esso si tenevano le feste ateniesi dette Boedromie, in onore di
Apollo e per ricordare la vittoria di Teseo sulle Amazzoni. I riti tradizionali
forniscono i precetti sull’agricoltura, sulla coltivazione degli alberi da
frutta e sull’allevamento del bestiame. Ad Eleusi, un grande bassorilievo
rappresenta Demetra che, alla presenza di Persefone, consegna a Trittolemo,
eroe dei Misteri, i chicchi di grano che egli deve seminare. E diversi
esemplari raffigurativi dell’antica Grecia ci mostrano Trittolemo assiso sul
carro con un mazzo di spighe in mano. Questo eroe, ha insegnato il modo di
aggiogare i buoi, ha arato la terra e l’ha seminata. Plutarco, a proposito dei
Misteri ci parla di aratura sacrale. Inoltre, Demetra nei Misteri raccomanda di
mondare e di macinare, e chi non lo fa faticherà per procurarsi il
sostentamento. Questo passaggio è un nodo importante e segna la possibilità di
passare da una vita di fatiche (lottare per la sopravvivenza) a una meno
difficile (produrre il cibo). Gli uomini, passando al nutrimento fornito dalla
civiltà agricola, furono in grado di presentare agli Dei offerte di natura
cereale. Inizialmente venivano gettati dei chicchi nel fuoco dei sacrifici, poi
i chicchi furono macinati e trasformati in pasta. Gli autori precisano che gli strumenti di
questo lavoro andavano nascosti o gelosamente custoditi, e considerati come oggetti sacri perché avevano fornito un aiuto
divino. La “vita farinosa” era stata celebrata come fortunata in confronto a
quella precedente, e da quel momento gli uomini fecero del nutrimento macinato
e intinto la primizia sacrificale in onore degli Dei. Ecco perché ancora oggi
quando celebriamo i riti in cui si gettano offerte nel fuoco (thysìai)
adoperiamo cibi macinati e intinti. Porfirio racconta che in occasione di alcuni
riti si preparavano delle focacce crude (psàista) intinte di vino e di olio o di
latte, e si offrivano agli Dei. I Misteri hanno anche uno stretto rapporto con
la coltura degli alberi da frutta e della vigna. Dioniso, Dio dei Misteri, è simbolicamente
rappresentato da colui (kraterìzon) che mesce il vino nei crateri (kotylìskos) e
lo distribuisce agli iniziati. Nei riti si imita Demetra partita alla ricerca
di sua figlia Persefone/Core con le fiaccole: gli iniziati spengono e poi
riaccendono le fiaccole portate nel rituale. L’anima, caduta nell’oscurità,
viene ricondotta alla luce e all’ordine, e la luce visibile è un simbolo di
quella spirituale, ecco perché si effettuano le illuminazioni con le fiaccole.
Anche il matrimonio contiene questi simboli. Per simboleggiare l’abbellimento
dell’anima, gli iniziati prendono vesti nuove che sono il simbolo del
rinnovamento interiore. Poiché il corpo è l’immagine dell’anima, i Misteri
prevedono una serie di purificazioni del corpo che hanno nel contempo un
significato interiore. Questi riti sono eseguiti con acqua, fuoco e miele.
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