giovedì 11 agosto 2016
Archeologia. La Sardegna nuragica a Kommos, il principale porto nella costa meridionale di Creta
La Sardegna nuragica a Kommos, il principale porto nella costa
meridionale di Creta
di Pierluigi Montalbano
In Sardegna, la ceramica del Bronzo Recente era fabbricata a
mano utilizzando argilla mescolata con roccia triturata come digrassante, per
ottenere un impasto elastico adatto alla cottura di forni semplici che non
dovevano raggiungere temperature molto elevate. Le superfici dei vasi venivano
lucidate con appositi strumenti, generalmente spatole o stecche di vario
materiale. La denominazione utilizzata dagli specialisti per questa tipologia
di materiali è HBW (Handmade Burnished Ware), ossia ceramiche d’impasto
realizzate a mano, e spesso si trovano associate alle ceramiche grigie tornite.
La catena operativa di questi materiali fu abbandonata presso le società che
frequentavano l’Egeo, come testimoniato dai reperti che mostrano l’uso di
argilla depurata, la foggiatura al tornio e la cottura in fornaci a doppia
camera. Tuttavia, la tradizione artigianale continuava a caratterizzare la
produzione delle popolazioni del Mediterraneo Occidentale. Nuclei di ceramiche
d’impasto fatto a mano e lucidato a stecca stridono all’interno di complessi
altamente specializzati quali, ad esempio, quelli
delle comunità di epoca
micenea. Tra le più antiche testimonianze di ceramica d’impasto non tornito
nell’Egeo del tardo Bronzo si collocano forme aperte e chiuse, in frammenti,
provenienti dal centro portuale di Kommos, nella costa meridionale di Creta.
Questi vasi, di produzione inequivocabilmente nuragica, sono ben rappresentati
nel settore più elevato dell’abitato e presso il cosiddetto Civic Center.
Parliamo del porto del palazzo di Festos prima e del centro di Hagia Triada
poi, senza dimenticare che questo approdo entrò in crisi durante le scorribande
dei Popoli del Mare e fu abbandonato il secolo seguente. Il vasellame,
soprattutto olle e scodelle/ciotole in abbinata, suggerisce un utilizzo come
contenitore di trasporto di alcune categorie di beni. I luoghi di rinvenimento
di questo materiale sono abitazioni non vicine all’area portuale, pertanto è
probabile che una volta sbarcati, e svuotati del loro contenuto, i vasi
venivano utilizzati dai residenti per lo stoccaggio di piccole quantità di cibo.
In origine potevano essere utilizzati per trasportare altri materiali, ad
esempio metallo, come testimoniano le analisi archeometallurgiche dei residui
metallici trovati all’interno di due anfore da trasporto che mostrano una
provenienza sarda e confermano la centralità dell’isola nello scacchiere
mediterraneo.
Altri vasi, ricostruibili nella loro interezza, sono stati
rinvenuti nel pavimento di una casa, quindi erano utilizzati come ceramica da
mensa. In questi, si nota equilibrio tra le forme destinate alla conservazione
o preparazione dei cibi e quelle da mensa. Non è facile spiegare una tale circolazione
di modelli tra due classi ceramiche tecnologicamente così diverse ma riferibili
a differenti circuiti produttivi, caratterizzati dall’uso o meno dell’argilla
depurata e del tornio. Sembra logico che i primi appartenessero alla tradizione
produttiva locale e i secondi fossero ceramisti in grado di maneggiare con
perizia le nuove tecnologie. La clientela locale aveva sviluppato un
apprezzamento per le ceramiche esotiche, quale doveva apparire la ceramica
grigia, e ne aveva promosso una specifica riattivazione nei luoghi di
residenza, soprattutto nella fase successiva alla caduta dei palazzi micenei,
periodo nel quale si assiste a un notevole aumento della circolazione di
ceramiche d’impasto non tornito. Tutto ciò testimonia che indipendentemente dalla
provenienza degli artigiani, i fruitori delle pregiate ceramiche depurate e
tornite erano gli stessi membri delle comunità locali che potevano permettersi
materiali di lusso e, allo stesso tempo, richiedevano ceramiche esotiche
(quelle grigie) riproposte dai ceramisti locali. Nel caso di Kommos, le
ceramiche nuragiche si distribuiscono omogeneamente nell’insediamento, fatto
che testimonia un utilizzo cospicuo da
parte della comunità locale. Il caso di Kommos assume dunque delle
caratteristiche del tutto particolari e messe bene in evidenza dalle ceramiche
HBW, quelle prodotte in Sardegna. Quest’isola, nel corso del Bronzo Tardo,
risulta pienamente coinvolta nei traffici internazionali, all’interno di un
network che la lega a Cipro, Creta e la Sicilia, in essere almeno dal periodo
TEIIIA (Tardo Elladico 1400-1300 a.C.), come testimoniano i frammenti di pithos
cipriota trovati nel villaggio della Portella di Salina (ME). Successivamente,
nel periodo TEIIIB (Tardo Elladico 1300-1200 a.C.), fase di massima espansione
del sistema palaziale miceneo, nei siti rivieraschi delle grandi isole del
Mediterraneo si manifestano i principali indicatori archeologici di questa
“globalizzazione commerciale”: ceramiche nuragiche, micenee, cipriote e
levantine, e lingotti ox-hide, si diffondono capillarmente nei centri più
ricchi. Possiamo avere un’idea dei carichi stivati nelle navi dell’epoca
osservando il relitto di Uluburun, del 1350 a.C. circa, dove sono presenti
lingotti in rame e stagno, manufatti esotici, armi di varia foggia e anfore da
trasporto. Individuate le direttrici seguendo la “Via dei materiali”, gli
studiosi non possono più avere dubbi circa le rotte, le motivazioni e
l’importanza di quei traffici commerciali perché il reperimento e la
circolazione di metalli strategici coinvolgeva in pieno la Sardegna, ricca di
giacimenti di argento, rame e altri metalli. C’è da considerare, inoltre, che
le ceramiche HBW e grigie tornite si rinvengono quasi esclusivamente in
contesti mediterranei in cui non sono più presenti i vincoli, le regole e il
controllo dei grandi imperi, ormai cancellati dalle note vicende legate ai
Popoli del Mare. Le ricerche più recenti sul periodo post-palaziale in Grecia
mettono in rilievo come la fine dei palazzi segni una cesura nel processo di trasformazione
degli assetti socio-economici e socio-politici della società egea, con la profonda
riorganizzazione del tessuto urbanistico e architettonico dei più importanti
centri dell’epoca. Sulle rovine dei palazzi e dei loro magazzini si
costruiscono edifici a carattere pubblico e sale per le riunioni, similmente a
ciò che accade in Sardegna. E’ chiaro che ciò significa una forte
redistribuzione dei poteri all’interno delle società. L’economia centralizzata
delle elite fu sostituita da nuove forze produttive in grado di intraprendere
diverse e più articolate relazioni che prevedevano, in alcuni casi,
l’integrazione di piccoli gruppi di persone con competenze varie all’interno delle
comunità locali. I nuovi ceti aristocratici che governavano i processi
socio-economici e politici decisero di attivare nuovi spazi di mercato e
strategie di scambio.
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