Un aspetto importante della storia urbana del capoluogo dell'isola è certamente l'imponenza delle sue fortificazioni per il ruolo che quei "baluardi di pietra" ebbero nella formazione e nell'evoluzione della città. La conferenza di Massimo Rassu offre una chiave di lettura sul tema. La Cagliari fortificata sul colle segue la città di pianura dei fenici, dei romani e dei bizantini. Siamo attorno al 1216, allorché "Benedetta di Massa cedette al console pisano Lamberto Visconti il colle davanti al porto di Bagnaria". Le vicende seguenti, con la presa di comando da parte dei pisani nei confronti del vecchio Giudicato indigeno, avrebbero portato Cagliari (Castellum Castri de Kallari) a divenire "il centro del potere politico ed economico di tutta la Sardegna meridionale" sotto il controllo di Pisa. Da allora iniziarono le opere di fortificazione, secondo un disegno ben preciso e in modo da ottenere la sua inespugnabilità da parte dei tanti corsari che allora infestavano le acque del Tirreno e del Mediterraneo occidentale. Il sistema delle mura che cingevano il Castello aveva un perimetro di 1640 metri, cingendo un'area di circa 12 ettari "dalla caratteristica forma a fuso delle città toscane, sviluppata in lunghezza con strette strade parallele, dette "rugae" che l'attraversavano da una porta all'altra Le vie longitudinali erano collegate tra loro da vicoli detti "traversae", che prendevano nome dai cittadini che vi abitavano. Infine vi erano delle piazze o slarghi: la più importante era senz'altro la piazza Comunale (Platea Communis), nata contemporaneamente alla città, dove si affaccia la cattedrale con l'episcopio e vi si teneva il mercato dei cereali. Il perimetro delle mura del Castello è interrotto da una quindicina di torri che, partendo dall'attuale detta "di San Pancrazio" e in senso orario avevano i nomi di Santa Lucia, La Pahona,della Fontana Bona, della Manayra, del Leone, Falcona, del Conte, dell'Elefante, della Fontana, den Fores, Pilastris, Tedeschina, Passarina, ecc. Nella ricostruzione attenta del sistema difensivo, un'analisi attenta viene riservata ai mutamenti avvenuti sulla nazionalità dei possessori e nell’evoluzione delle armi d'attacco. L'introduzione delle armi da fuoco (seconda metà del XV secolo) portò alla modifica delle cortine difensive per “renderle
mercoledì 20 aprile 2016
Le fortificazioni di Cagliari, conferenza di Massimo Rassu. Venerdì 22 Aprile da Honebu.
Le fortificazioni di Cagliari, conferenza di Massimo Rassu. Venerdì 22 Aprile da Honebu.
Si svolgerà venerdì 22 Aprile l'incontro con l'ingegnere Massimo Rassu sul tema: "Le fortificazioni di Cagliari". L'appuntamento è fissato per le 19, nella sala conferenze di Via Fratelli Bandiera 100 a Cagliari/Pirri, con ingresso libero.
Un aspetto importante della storia urbana del capoluogo dell'isola è certamente l'imponenza delle sue fortificazioni per il ruolo che quei "baluardi di pietra" ebbero nella formazione e nell'evoluzione della città. La conferenza di Massimo Rassu offre una chiave di lettura sul tema. La Cagliari fortificata sul colle segue la città di pianura dei fenici, dei romani e dei bizantini. Siamo attorno al 1216, allorché "Benedetta di Massa cedette al console pisano Lamberto Visconti il colle davanti al porto di Bagnaria". Le vicende seguenti, con la presa di comando da parte dei pisani nei confronti del vecchio Giudicato indigeno, avrebbero portato Cagliari (Castellum Castri de Kallari) a divenire "il centro del potere politico ed economico di tutta la Sardegna meridionale" sotto il controllo di Pisa. Da allora iniziarono le opere di fortificazione, secondo un disegno ben preciso e in modo da ottenere la sua inespugnabilità da parte dei tanti corsari che allora infestavano le acque del Tirreno e del Mediterraneo occidentale. Il sistema delle mura che cingevano il Castello aveva un perimetro di 1640 metri, cingendo un'area di circa 12 ettari "dalla caratteristica forma a fuso delle città toscane, sviluppata in lunghezza con strette strade parallele, dette "rugae" che l'attraversavano da una porta all'altra Le vie longitudinali erano collegate tra loro da vicoli detti "traversae", che prendevano nome dai cittadini che vi abitavano. Infine vi erano delle piazze o slarghi: la più importante era senz'altro la piazza Comunale (Platea Communis), nata contemporaneamente alla città, dove si affaccia la cattedrale con l'episcopio e vi si teneva il mercato dei cereali. Il perimetro delle mura del Castello è interrotto da una quindicina di torri che, partendo dall'attuale detta "di San Pancrazio" e in senso orario avevano i nomi di Santa Lucia, La Pahona,della Fontana Bona, della Manayra, del Leone, Falcona, del Conte, dell'Elefante, della Fontana, den Fores, Pilastris, Tedeschina, Passarina, ecc. Nella ricostruzione attenta del sistema difensivo, un'analisi attenta viene riservata ai mutamenti avvenuti sulla nazionalità dei possessori e nell’evoluzione delle armi d'attacco. L'introduzione delle armi da fuoco (seconda metà del XV secolo) portò alla modifica delle cortine difensive per “renderle
più basse e più spesse
possibile, cosicché offrissero scarso bersaglio agli artiglieri nemici e
assorbissero meglio i colpi". Fu allora che si dovette rilevare la scarsa
rispondenza delle mura difensive cagliaritane alle offese possibili dalle
bocche di fuoco nemiche, tanto che il sovrano Carlo V di Spagna dovette
inviarvi da Madrid "degli architetti di fama per studiare l'ammodernamento
e l'adeguamento delle strutture difensive alle nuove armi". Intorno al
1550 "si vide un vero e proprio intervento progettuale, prima
dell'ingegnere cremonese Rocco Cappellino, e poi a cura dell'architetto
svizzero Giacomo Palearo e Cagliari assunse un aspetto che mantenne, salvo
piccoli aggiustamenti, per almeno quattro secoli". Al sistema difensivo furono
aggiunti i bastioni, più adatti a reggere l'urto delle armi da fuoco. Anche il
nuovo sistema cingeva il Castello attraverso una serie di fortificazioni tra
cui ancor oggi ne è possibile ammirare la possanza. Il bastione di Santa Croce
(1503) a protezione di tutto il lato occidentale del Castello, quello coevo
detto "del Balice" (oggi conosciuto come
"dell'Università"), e poi ancora quello attiguo "dello
Sperone", od anche quello "del Monserrato" racchiuso nelle
strutture del complesso detto della "Scala di ferro". Non mancano poi
le attente ricostruzioni di quelle che furono le opere di difesa (erano assai
temute le incursioni della flotta turca) realizzate dagli ingegneri sabaudi
destinate a rendere sempre più protetta la città capitale del loro Regno. Fra i
primi ad esservi destinati fu Antonio Felice De Vincenti (vi giunse direttamente
dalla Sicilia al seguito di Vittorio Amedeo II), seguito poi dall'ingegnere
militare Luigi Andrea De Guibert che si preoccupò di migliorare ed adeguare le
imponenti opere di difesa della città-fortezza. Altro ingegnere sabaudo fu
Giovanni Marco De Besson e ancora Augusto de La Vallée, a cui andrebbero
attribuiti gli ultimi perfezionamenti della imponente cintura difensiva.
Tuttavia Massimo Rassu avverte che "quelle mura e bastioni furono tanto
imponenti quanto inutili, perché la città non subì mai un assedio degno di
questo nome. Erano solo in grado di tenere a bada le piccole flottiglie di
corsari barbareschi o francesi, che le stavano ben alla larga, ma non in grado
di reggere il confronto con flotte ben armate dei grandi stati nazionali".
Pertanto fu una "piazzaforte di secondo piano, al servizio di una città di
provincia, la cui importanza strategica era dovuta più che altro alla residenza
del viceré e dei grandi feudatari di origine iberica, e al suo legame con la
Spagna prima e con la Savoia poi". E per dare ancor più valore al suo
giudizio, cita le parole "demolitrici" dell'arciduca Francesco
d'Austria-Este: "Cagliari - dice - non era una fortezza ma solo "una
città di montagna fortificata contro un colpo di mano, un attacco
improvviso". Un aspetto importante della storia urbana del capoluogo dell'isola è certamente l'imponenza delle sue fortificazioni per il ruolo che quei "baluardi di pietra" ebbero nella formazione e nell'evoluzione della città. La conferenza di Massimo Rassu offre una chiave di lettura sul tema. La Cagliari fortificata sul colle segue la città di pianura dei fenici, dei romani e dei bizantini. Siamo attorno al 1216, allorché "Benedetta di Massa cedette al console pisano Lamberto Visconti il colle davanti al porto di Bagnaria". Le vicende seguenti, con la presa di comando da parte dei pisani nei confronti del vecchio Giudicato indigeno, avrebbero portato Cagliari (Castellum Castri de Kallari) a divenire "il centro del potere politico ed economico di tutta la Sardegna meridionale" sotto il controllo di Pisa. Da allora iniziarono le opere di fortificazione, secondo un disegno ben preciso e in modo da ottenere la sua inespugnabilità da parte dei tanti corsari che allora infestavano le acque del Tirreno e del Mediterraneo occidentale. Il sistema delle mura che cingevano il Castello aveva un perimetro di 1640 metri, cingendo un'area di circa 12 ettari "dalla caratteristica forma a fuso delle città toscane, sviluppata in lunghezza con strette strade parallele, dette "rugae" che l'attraversavano da una porta all'altra Le vie longitudinali erano collegate tra loro da vicoli detti "traversae", che prendevano nome dai cittadini che vi abitavano. Infine vi erano delle piazze o slarghi: la più importante era senz'altro la piazza Comunale (Platea Communis), nata contemporaneamente alla città, dove si affaccia la cattedrale con l'episcopio e vi si teneva il mercato dei cereali. Il perimetro delle mura del Castello è interrotto da una quindicina di torri che, partendo dall'attuale detta "di San Pancrazio" e in senso orario avevano i nomi di Santa Lucia, La Pahona,della Fontana Bona, della Manayra, del Leone, Falcona, del Conte, dell'Elefante, della Fontana, den Fores, Pilastris, Tedeschina, Passarina, ecc. Nella ricostruzione attenta del sistema difensivo, un'analisi attenta viene riservata ai mutamenti avvenuti sulla nazionalità dei possessori e nell’evoluzione delle armi d'attacco. L'introduzione delle armi da fuoco (seconda metà del XV secolo) portò alla modifica delle cortine difensive per “renderle
(Recensione di Paolo Fadda)
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