Intitolata 'Meraviglie dello Stato di Chu', l'importante iniziativa espositiva è infatti frutto di un accordo tra Italia e Cina, e più precisamente tra Veneto e la Provincia cinese del Hubei, che in seguito ospiterà, nel Museo Provinciale, una rassegna incentrata sulla grande storia che precedette di secoli la
lunedì 29 febbraio 2016
Archeologia. In mostra le meraviglie del Regno di Chu, dal 13 Marzo a Padova, Rovigo e Venezia. Reperti in prima assoluta mondiale.
Archeologia. In mostra le meraviglie del Regno di Chu,
dal 13 Marzo a Padova, Rovigo e
Venezia. Reperti in prima assoluta mondiale.
Giade, bronzi, strumenti
musicali, meravigliose testimonianze dell'antichissimo Regno di Chu, di molto
precedente alla nascita del Celeste Impero cinese, arrivano per la prima volta
in Europa per una grande mostra allestita dal 13 marzo al 25 settembre nelle
tre sedi del Museo Nazionale Atesino di Este (Padova), del Museo Archeologico
Nazionale di Adria (Rovigo) e di quello di Arte Orientale di Venezia. I
capolavori, riemersi dopo 2.500 anni grazie a imponenti campagne di scavi,
racconteranno una civiltà che iniziò a prendere forma intorno all'VIII secolo
a.C., per affermarsi quasi in parallelo con quella romana, come documenteranno
le opere coeve custodite nei musei veneti.
Intitolata 'Meraviglie dello Stato di Chu', l'importante iniziativa espositiva è infatti frutto di un accordo tra Italia e Cina, e più precisamente tra Veneto e la Provincia cinese del Hubei, che in seguito ospiterà, nel Museo Provinciale, una rassegna incentrata sulla grande storia che precedette di secoli la
Intitolata 'Meraviglie dello Stato di Chu', l'importante iniziativa espositiva è infatti frutto di un accordo tra Italia e Cina, e più precisamente tra Veneto e la Provincia cinese del Hubei, che in seguito ospiterà, nel Museo Provinciale, una rassegna incentrata sulla grande storia che precedette di secoli la
domenica 28 febbraio 2016
Il santuario di Monte d’Accoddi, spigolature su un singolare toponimo della Sardegna, di Roberto Casti
Il santuario di Monte
d’Accoddi, spigolature su un singolare
toponimo della Sardegna
di Roberto Casti
Origine e
significato del nome
Il santuario preistorico di Monte d’Accoddi, uno tra i più straordinari monumenti preistorici
della Sardegna, è stato oggetto fin dai primi
anni ’50 di diverse campagne di scavo che pur parzialmente ne hanno
chiarito la funzionalità e la cronologia delle diverse fasi costruttive.
Se però molti dei tanti segreti che si celavano dietro
questo singolare monumento sono stati svelati, resta ancora avvolta nel più
fitto mistero l’etimologia della denominazione Monte d’Accoddi.
Esaminiamo innanzitutto cosa scriveva Ercole Contu
sull’origine e sul significato del nome (Nota 1).
“Come
l’origine della collinetta, persino il nome, “Monte d’Accoddi”, risultava
piuttosto misterioso. E di esso si avevano anche altre versioni, come Monti
d’Agodi (nel recente catasto) o Monti d’Agoddi o Monte d’Acode o Monte La Corra
(sulle carte dell’I.G.M.). Intanto nessuno si meravigliava della denominazione
di “monte”, che in Sardegna, che di monti veri ne ha pochi, viene data anche
alle colline (anzi in Gallura sta a significare persino solo “una pietra”). Più
problematica appariva la seconda parte del nome, che venne fatta derivare da
un’erba (kòdoro, cioè terebinto) o da “luogo di raccolta”(accoddi) o da corno
(la corra) o, addirittura, dall’espressione che in sardo si usa per dire
“facciamo l’amore?”! Solo di recente il Prof. Virgilio Tetti ha potuto
accertare che il nome più antico documentato nelle carte catastali è “Monte de
Code”, che significava” “Monte-collina delle pietre” (coda/e = pietra/e). Il
riferimento alla
sabato 27 febbraio 2016
Cagliari: città conquistata o florido centro portuale che partecipava ai traffici commerciali del Mediterraneo?
Cagliari: città conquistata o florido centro portuale che partecipava ai traffici commerciali del Mediterraneo?
di Pierluigi Montalbano
Cagliari,
fondata dai Fenici, nei secoli è stata occupata dai Cartaginesi, dai Romani,
dai Vandali, dai Bizantini. Nel Medioevo è a capo di uno dei quattro Giudicati
della Sardegna. Poi, dal mare, arrivano altri eserciti e altri occupanti:
Pisani, Aragonesi, Spagnoli, Piemontesi, fino all’Unità d’Italia.
Così recita il testo in bella mostra nella guida di Cagliari (vedi foto) distribuita negli
infopoint e all’aeroporto di Elmas, ed è il biglietto da visita scelto dal Comune di
Cagliari per illustrare la nostra città ai turisti in arrivo. Saltando a piè
pari le inesattezze contenute nel resto della guida, vorrei porre l’accento su
quelle righe dedicate alla storia della città. Un disastro che non lascia
dubbi: gli autori affermano che Cagliari fu terra di conquista per tutti coloro
che decisero di occuparla. Appare come una facile preda disarmata che subisce
violenza senza batter ciglio, forse offrendo l’altra guancia. I suoi cittadini
sono inermi, succubi delle potenze straniere che fanno ciò che
Archeologia. La navicella bronzea nuragica che ha sul ponte i carri trainati da buoi ritorna al museo di Crotone.
Archeologia. La
navicella bronzea nuragica che ha sul ponte i carri trainati da buoi ritorna al
museo di Crotone.
E' di nuovo esposta nel Museo
nazionale archeologico di Crotone la "barchetta nuragica", reperto
rinvenuto nella seconda metà degli anni '80 nell'area archeologica di Capo
Colonna. Dal 13 marzo 2014 il reperto si trovava all'interno del percorso
espositivo della mostra "L'isola delle Torri. Tesori dalla Sardegna
nuragica", organizzata dalla Regione Sardegna e dalla Soprintendenza
Archeologia sarda che ha visto riuniti in un'unica esposizione una serie di
oggetti di produzione locale rinvenuti in diversi siti in Italia, a
dimostrazione della fitta rete di contatti e di scambi che attraversava il
Mediterraneo antico.
La civiltà nuragica si sviluppa in Sardegna nel II Millennio a.C. con la costruzione di
La civiltà nuragica si sviluppa in Sardegna nel II Millennio a.C. con la costruzione di
venerdì 26 febbraio 2016
Nuova campagna di scavi a Monte Prama, l’annuncio dei tecnici della Sovrintendenza archeologica.
Nuova campagna di scavi
a Monte Prama, l’annuncio dei tecnici della Sovrintendenza archeologica.
Una nuova campagna di scavi
partirà nelle prossime settimane nell’area di Mont’e Prama, nelle campagne del
Sinis di Cabras dove già sono state portate alla luce le numerose statue dei
giganti, diverse delle quali esposte nei musei di Cagliari e Cabras dopo un
lungo e complesso lavoro di restauro. A dare l’annuncio della nuova campagna è
stato stamane il direttore degli scavi, l’archeologo Alessandro Usai, della
Sovrintendenza archeologica della Sardegna, a margine dell’incontro con i
giornalisti sulle polemiche sollevate dal deputato Mauro Pili proprio sulla
gestione degli scavi. Usai ha spiegato che l’attività di ricerca nel sottosuolo
riprenderà nella parte retrostante alle prime tombe, la cosiddetta trincea,
oggetto di indagine quarant’anni fa e in particolare in due settori, uno dei
quali mostra una sorta di dosso e che potrebbe celare un
giovedì 25 febbraio 2016
Archeologia. Il vestito più antico del mondo è egiziano
Archeologia. Il vestito più antico del
mondo è egiziano
di Grazia Terenzi
Il vestito di Tarkhan,
una camicia in lino con scollo a "V" attualmente in mostra
al Petrie Museum of Egyptian Archaeology, è il più antico indumento
tessuto a mano conosciuto al mondo. Le indagini al radiocarbonio hanno,
infatti, datato la camicia alla fine del IV millennio a.C.
La camicia venne confezionata in un periodo compreso tra il 3480 e il 3100 a.C. circa e fino a prima delle analisi alle quali è stato sottoposto era il più antico capo vestiario ritrovato in Egitto. Ora è il più antico capo di vestiario del mondo. Ben pochi esemplari di capi realizzati in fibre vegetali o in pelle di animali riescono a sopravvivere all'usura del tempo. Vi sono alcuni capi di vestiario giunti fino a noi e prodotti nella stessa epoca della camicia di Tarkhan, ma si tratta prevalentemente di drappi o mantelli che venivano avvolti attorno ai defunti prima della sepoltura.
I ricercatori dell'Università di Oxford, guidati dal Dottor Michael Dee, hanno misurato il campione del vestito per determinare la quantità di radiocarbonio, un isotopo radioattivo del
La camicia venne confezionata in un periodo compreso tra il 3480 e il 3100 a.C. circa e fino a prima delle analisi alle quali è stato sottoposto era il più antico capo vestiario ritrovato in Egitto. Ora è il più antico capo di vestiario del mondo. Ben pochi esemplari di capi realizzati in fibre vegetali o in pelle di animali riescono a sopravvivere all'usura del tempo. Vi sono alcuni capi di vestiario giunti fino a noi e prodotti nella stessa epoca della camicia di Tarkhan, ma si tratta prevalentemente di drappi o mantelli che venivano avvolti attorno ai defunti prima della sepoltura.
I ricercatori dell'Università di Oxford, guidati dal Dottor Michael Dee, hanno misurato il campione del vestito per determinare la quantità di radiocarbonio, un isotopo radioattivo del
mercoledì 24 febbraio 2016
Archeologia. Insediamento umano di 300.000 anni fa scoperto in Francia
Archeologia. Insediamento umano di 300.000 anni fa scoperto in
Francia
Durante i lavori di costruzione di un grande canale su un
terreno di 17 ettari, iniziati nel 2010, è stata fatta una importante scoperta
archeologica. Si tratta di un livello paleolitico scavato al momento per 3.200
metri quadrati dagli archeologi, in oltre 4 mesi. Il terreno era occupato più
recentemente nel Paleolitico Medio (80.000 anni) e appartiene ai Neanderthal.
Venti i siti di questo periodo sono già noti nel nord della Francia. Ma i due
livelli inferiori, appartenenti sempre ai Neanderthal, appartengono alla prima
fase del Paleolitico medio durante un periodo interglaciale – il Saalian – tra
190.000 e 240.000 anni fa. Le scoperte dei siti di questo periodo sono rari e,
nel nord della Francia, a soli scavi nel 1999 (circa Beauvais) e Biache St.
Vaast nel 1976 (Pas-de-Calais) hanno prodotto depositi ben conservati
contemporanei. Infine, e questa è l’eccezionale scoperta, il più antico livello
datato ad almeno 300 000 anni fa, appartiene alla cultura paleolitica
acheuleano. Gli strumenti di selce trovati a questo livello sono state
modellate dagli ultimi uomi appartenenti all’Homo heidelbergensis o da i primi
uomini di Neanderthal. Diverse centinaia di selci si trovano nello
martedì 23 febbraio 2016
Archeologia. Sardegna in mostra a Firenze: Padiglione a Salone internazionale TourismA, focus su Giganti
Archeologia. Sardegna in mostra a Firenze: Padiglione a Salone internazionale TourismA, focus su Giganti
di
Maria Grazia Marilotti
Sculture di guerrieri e
riproduzioni delle statue di Monte Prama, ricostruzioni di villaggi,
insediamenti e templi nuragici, tombe dei Giganti, pozzi e fonti sacre. C'è la
Sardegna delle diverse epoche, nuragica e prenuragica ma anche romana e
fenicio-punica, a TourismA, il Salone internazionale dell'archeologia che da
oggi e fino al 21 apre i battenti a Firenze. Il Palazzo dei Congressi ospita il
padiglione sardo all'interno della tre giorni dedicata alla valorizzazione del
patrimonio storico e archeologico. Un evento di respiro internazionale, momento
di incontro tra archeologi, storici, studenti e operatori turistici da tutto il
mondo. Ricco il programma tra
lunedì 22 febbraio 2016
Archeologia. Rapporti tra fenici e indigeni nella penisola iberica nella Prima età del Ferro, di Massimo Botto
Archeologia. Rapporti tra fenici e indigeni nella penisola iberica nella
Prima età del Ferro.
di Massimo Botto
Premessa
Parlare dei rapporti fra i Fenici
e le comunità indigene della Penisola iberica significa innanzi tutto
affrontare il problema della colonizzazione fenicia da un punto di vista
cronologico, dello spazio geografico, delle cause e dei modelli di
insediamento. Sulla base dei più recenti dati archeologici possiamo affermare
che l’inizio della colonizzazione fenicia nel Mediterraneo centro-occidentale
si colloca nei primi decenni dell’VIII a.C. e che tale fenomeno si conclude
nella prima metà del secolo successivo. Le aree interessate sono molte e
comprendono Malta, la Sicilia nord-occidentale, la Sardegna, il Nord-Africa ed
infine la Penisola iberica. Passando alle cause della colonizzazione, andrà
osservato che in passato gran parte degli specialisti era concorde
nell’attribuire alla colonizzazione fenicia una valenza quasi esclusivamente
commerciale, in antitesi con la colonizzazione greca motivata da fenomeni di
sovrappopolamento e deficit alimentare. Attualmente, invece, le linee di
ricerca più accreditate tendono ad avvicinare le due iniziative, mettendo in
evidenza i cambiamenti climatici che colpirono l’area siro-palestinese durante
l’età del Ferro. Tali cambiamenti portarono nel volgere di pochi secoli a una
drastica riduzione delle terre coltivabili e, uniti ad un crescente aumento
della popolazione, provocarono una progressiva crisi alimentare. Il fenomeno
dovette aggravarsi, fra la seconda metà dell’VIII e gli inizi del VII a.C., con
la conquista assira della Fenicia, che danneggiò e ridusse ulteriormente i
terreni messi a coltura. Per questo motivo la popolazione che partecipò al
domenica 21 febbraio 2016
Conferenza da Honebu, a Cagliari: "Il rapporto tra i compositori del '900 e la musica di tradizione orale", con Fabrizio Marchionni e Andrea Deplano.
Conferenza da Honebu, a Cagliari: "Il rapporto tra i compositori del '900 e la musica di tradizione orale", con Fabrizio Marchionni e Andrea Deplano.
"Il rapporto tra i compositori del '900 e la musica di tradizione
orale" è il titolo del convegno che si svolgerà Venerdì
26 Febbraio nella sala conferenze Honebu, in Via Fratelli Bandiera 100 a
Cagliari/Pirri, con ingresso libero. Un importante appuntamento culturale dove i partecipanti,
attraverso l’ascolto, avranno modo di conoscere lo stato della tradizione
canora popolare in Sardegna. Il professore Andrea Deplano, esperto etnomusicolo
e saggista, e l'organista Fabrizio Marchionni, docente del conservatorio
Palestrina di Cagliari, illustreranno il contenuto delle registrazioni e
l’evoluzione musicale e canora sviluppata nell’ultimo secolo. Con l’iniziativa,
l’associazione Honebu vuole collaborare al recupero dell’arcaico canto a tenore,
un patrimonio della cultura storica sarda che, nel tempo, è andato a mescolarsi
ad altre micro-culture canore. Abbiamo tutti insieme il compito di valorizzare
e trasmettere alle generazioni future queste armonie che, insieme ai
sabato 20 febbraio 2016
Archeologia. Porti e approdi fenici nella costa atlantica andalusa
Archeologia. Porti e approdi fenici nella costa
atlantica andalusa
di Pierluigi Montalbano
(tratto dal libro: "Porti e approdi del Mediterraneo antico", in pubblicazione. Capone editore)
Il
commercio dei metalli, in particolare oro, argento, rame e stagno, avviò una
serie di
rapporti fra locali e levantini nelle zone dell’estuario del Tago e nella
regione
di
Huelva, ambedue collegate a Cadice, il principale centro dell’Andalusia
atlantica.
Le
direttrici seguono un percorso marittimo e uno terrestre, attraverso le regioni
interne
dell’Estremadura
spagnola (attraverso i fiumi) e portoghese, dell’Alentejo e
della
Beira.
I
ritrovamenti più evidenti sono nell’insediamento dell’Alcáçova de Santarém, a
circa 80
km dalla foce del Tago, in un punto strategico facilmente difendibile e con
vista su
lunghi tratti del fiume. Fu un porto di grande rilevanza, nel quale venivano
ridistribuite,
sulle rotte atlantiche e mediterranee, le risorse minerarie delle regioni
più
interne del paese, in particolare lo stagno e l’oro della Beira. Cadice
s’inserì precocemente
in
questo circuito commerciale, come risulta dalle importazioni ceramiche
dell’VIII
a.C. A poche decine di chilometri a sud del Tago sfocia nell’Oceano Atlantico
il Sado.
Le più antiche attestazioni provengono dagli scavi condotti sulla
venerdì 19 febbraio 2016
Archeologia. Porti e approdi nel Mediterraneo antico. Quando i Fenici solcavano i mari. Il nuovo libro di Pierluigi Montalbano.
Sarà presto disponibile nelle librerie il nuovo libro di Pierluigi Montalbano: Porti e approdi nel
Mediterraneo antico. Quando i Fenici solcavano i mari".
Fra qualche giorno sarà disponibile in libreria il nuovo lavoro editoriale di Pierluigi Montalbano. Sulla scia dei precedenti libri, legati a temi riguardanti la Sardegna antica nei traffici del Mediterraneo, l'autore ha approfondito le ricerche sulle tracce lasciate 3000 anni fa dai commercianti navali che diffusero lungo le coste merci pregiate, uomini e tecnologie. Indagini sui relitti trovati, sulle architetture civili e religiose edificate e sui manufatti oggi esposti nelle vetrine museali di tutto il mondo.
(Nota dell’editore - Capone - Lecce)
Dal 1200 a.C. circa, le città costiere della Siria e della Palestina,
sottoposte in precedenza ora agli Ittiti ora agli Egiziani, ebbero
l’opportunità di sviluppare la produzione artigianale e il commercio. In
mancanza di miniere, le principali risorse erano il legname, i
prodotti ittici, le sabbie silicee per fabbricazione del vetro, il bisso e la
porpora, nonché l’avorio, l’incenso, le spezie e finanche gli animali esotici
dell’India, tutti beni che, messi sul mercato, contribuirono ad arricchire le
città costiere libanesi.
Fu in quella striscia costiera del Mediterraneo
orientale che, alcuni secoli dopo l’invasione dei cosiddetti “Popoli del mare”,
si sviluppò la civiltà dei Fenici, un popolo di intraprendenti navigatori e di
abilissimi commercianti, che ebbe in Cartagine, fondata dai Tiri sulla
giovedì 18 febbraio 2016
Il tempio di Melqart nelle Colonne d’Ercole, edificato nell’antica Gadir (Cadice), di Pierluigi Montalbano
Il tempio di Melqart nelle Colonne d’Ercole, edificato
nell’antica Gadir (Cadice)
di Pierluigi Montalbano
Cadice è una
delle più antiche città di tutto il Mediterraneo Occidentale. Fondata intorno
all’XI a.C. come base logistica per sviluppare i traffici commerciali legati ai
metalli, presentava, come tutti gli altri empori di età fenicia, un tempio dedicato
alla divinità garante degli scambi, l’eroe delle esplorazioni, il Dio Melqart,
conosciuto in età greca come Eracle e, più tardi, chiamato Ercole dai romani.
Citata da Omero nelle prime due opere letterarie occidentali, Gadir (Gadeira per i greci, Gades per Latini e Cadice oggi) vede il tempio realizzato prima della città
stessa. Oggi questo edificio non esiste più, ma sarebbe situato al posto del
Castello di San Pietro, sull'isola omonima, come testimoniano vari reperti
archeologici trovati nell'isola, e in questo castello, tra cui un bronzetto del
celebre Dio Fenicio.
Il tempio di Melqart-Ercole di Cadice è stato uno dei
Il tempio di Melqart-Ercole di Cadice è stato uno dei
mercoledì 17 febbraio 2016
Archeologia. La Fullonica, fiore all'occhiello dell'economia antica.A Pompei c'era quella di Stephanus.
Archeologia. La Fullonica, fiore all'occhiello dell'economia antica.A Pompei c'era quella di Stephanus.
di Alessandra Randazzo
L’attività di una fullonica
era una delle più redditizie per quanto riguarda l’economia dell’antica Pompei,
ben 23 erano sparse per la città, ma le due più importanti si trovavano su due
degli assi viari principali : via dell’Abbondanza e via Stabiana che ci
permettono di conoscere anche i nomi dei proprietari, Stephanus e Veranius
Hypsaeus.
Ma cos’è una fullonica?
Oggi potremmo chiamarla
“lavanderia”, ma l’articolazione interna dei vari passaggi è ben più complessa.
Si trattavano non solo vesti usate che venivano portate a lavare, ma
soprattutto l’attività della fullonica si concentrava nel lavaggio di vesti e
tessuti nuovi, appena lavorati , che dovevano splendere per poi essere esposti
e venduti al mercato; a volte questi venivano anche tinti, si sa infatti che il
colore nell’abbigliamento romano era sinonimo di ricercatezza ma anche possibilità
di seguire la moda del momento. Economicamente non era costoso portare un
vestito in lavanderia, il lavaggio costava un danario e gli affari dovevano
girare abbastanza bene se si pensa che l’affitto annuo di una fullonica
arrivava ad essere di 1652 sesterzi.
La prima fase prevedeva il
martedì 16 febbraio 2016
Da Atlantide ai Giganti di Monte Prama: i nodi al pettine nella ricostruzione di un dibattito.
Da Atlantide ai Giganti di Monte Prama: i nodi al pettine nella ricostruzione di un dibattito.
di Federico Francioni
«Per noi è secondario
affermare che la Sardegna sia l’isola sacra di Esiodo, la Tartesso della Bibbia
o l’Atlantide di Platone. Queste ipotesi sono secondarie rispetto alla
grandiosità del lascito che è davanti ai nostri occhi e in gran parte ancora
sotto terra o ricoperto dalla macchia mediterranea. L’eccezionalità
dell’evidenza non ha necessità di forzare alcun processo di mitopoiesi: le
diecimila torri sono comunque una realtà […]» (Anonimo, Un sogno
chiamato Nurnet, Condaghes, Cagliari, 2014, p. 10). Si può concordare con
queste affermazioni, ma occorre ricostruire alcuni passaggi di accese polemiche
che non riguardano solo il mondo degli archeologi. L’esposizione mediatica
della Sardegna – dalle polemiche sul bestseller di Sergio Frau sino alle recenti
notizie di cronaca sugli scavi archeologici nella penisola del Sinis e in
particolare a Monte Prama – mostrano che temi e problemi di carattere
storico-culturale ed archeologico vanno oltre l’area degli addetti ai lavori,
dotati di competenze scientifiche da cui, sia ben chiaro, non si può e non si
deve assolutamente prescindere. Infatti le scoperte illustrate fin dal 1977
nella monografia di Giovanni Lilliu, Dal betilo aniconico alla
statuaria nuragica possono costituire un banco di prova per le tesi di
Frau. Oggi si tende, mi pare, a trascurare quest’opera di Lilliu; per alcuni
versi abbiamo assistito a critiche aperte, da parte di
lunedì 15 febbraio 2016
L’imperatore di Spagna Carlo V sbarca a Cagliari, di Maurizio Corona. Venerdì 19 Febbraio da Honebu, alle 19.
L’imperatore di Spagna Carlo V sbarca a Cagliari. Venerdì 19 Febbraio da Honebu, alle 19.
di Maurizio Corona
In attesa dell'appuntamento di Venerdì da Honebu, nella sala conferenze di Via Fratelli Bandiera 100 a Cagliari/Pirri, ho pensato di proporre questo articolo sulle vicende della Cagliari del 1535. Link dell'evento: https://www.facebook.com/events/134556993597359/ Ingresso libero.
“Sabato 12 giugno dell’anno del Signore 1535.
Per la città di Cagliari è un giorno speciale. Quasi tutti i suoi abitanti si sono assiepati vocianti sulle banchine del porto e lungo il Carrer de Barselona nel quartiere di Lapola. Vogliono vedere, magari soltanto scorgere, l’imperatore Carlo V, che, accolto dalle più alte cariche cittadine, è appena sbarcato in città con il suo sfarzoso seguito di grandi personaggi.
Nelle acque del Golfo degli Angeli si è radunata l’imponente flotta cristiana, giunta da ogni parte del Mediterraneo occidentale. L’Imperatore spagnolo ha dato ordine ai suoi alleati di fare vela su Cáller, «que es la cabeça deste reyno», come lui la definisce in una lettera scritta alla moglie Isabella di Portogallo quello stesso 12 giugno dopo essere risalito a bordo della sontuosa bastarda dell’ammiraglio genovese Andrea Doria, che gliela mise a disposizione per l’intera durata della campagna militare.
Immaginiamo quale stupore e quale impressione destò nei Cagliaritani lo spettacolo che si presentò ai loro occhi in quei giorni: il golfo era punteggiato dai mille colori delle navi dei Regni di
di Maurizio Corona
In attesa dell'appuntamento di Venerdì da Honebu, nella sala conferenze di Via Fratelli Bandiera 100 a Cagliari/Pirri, ho pensato di proporre questo articolo sulle vicende della Cagliari del 1535. Link dell'evento: https://www.facebook.com/events/134556993597359/ Ingresso libero.
“Sabato 12 giugno dell’anno del Signore 1535.
Per la città di Cagliari è un giorno speciale. Quasi tutti i suoi abitanti si sono assiepati vocianti sulle banchine del porto e lungo il Carrer de Barselona nel quartiere di Lapola. Vogliono vedere, magari soltanto scorgere, l’imperatore Carlo V, che, accolto dalle più alte cariche cittadine, è appena sbarcato in città con il suo sfarzoso seguito di grandi personaggi.
Nelle acque del Golfo degli Angeli si è radunata l’imponente flotta cristiana, giunta da ogni parte del Mediterraneo occidentale. L’Imperatore spagnolo ha dato ordine ai suoi alleati di fare vela su Cáller, «que es la cabeça deste reyno», come lui la definisce in una lettera scritta alla moglie Isabella di Portogallo quello stesso 12 giugno dopo essere risalito a bordo della sontuosa bastarda dell’ammiraglio genovese Andrea Doria, che gliela mise a disposizione per l’intera durata della campagna militare.
Immaginiamo quale stupore e quale impressione destò nei Cagliaritani lo spettacolo che si presentò ai loro occhi in quei giorni: il golfo era punteggiato dai mille colori delle navi dei Regni di
domenica 14 febbraio 2016
Ritrovate dagli archeologi una decina di macine in pietra di peperino.
Ritrovate dagli archeologi una decina di macine in pietra di peperino.
di Fiora Bonelli
Decine di macine di pietra trachitica sono state scoperte da tre appassionati di archeologia e di ambiente, nella parte alta della montagna amiatina sul confine fra versante senese e grossetano.
Una scoperta non da poco per gli appassionati di storia e di cultura amiatina. Forse è un primo rudimentale laboratorio di macine, realizzate con la pietra di peperino dell’Amiata e poi portate a valle da animali con attrezzature apposite.
Di sicuro si tratta di una novità assoluta per la zona: una scoperta che alla resa dei conti giustificherebbe anche il toponimo “Macinaie” per il quale ancora nessuna spiegazione scientifica era stata data e documentata con certezza.
Macine di pietra di dimensione piccola, che potrebbero essere anche di età
di Fiora Bonelli
Decine di macine di pietra trachitica sono state scoperte da tre appassionati di archeologia e di ambiente, nella parte alta della montagna amiatina sul confine fra versante senese e grossetano.
Una scoperta non da poco per gli appassionati di storia e di cultura amiatina. Forse è un primo rudimentale laboratorio di macine, realizzate con la pietra di peperino dell’Amiata e poi portate a valle da animali con attrezzature apposite.
Di sicuro si tratta di una novità assoluta per la zona: una scoperta che alla resa dei conti giustificherebbe anche il toponimo “Macinaie” per il quale ancora nessuna spiegazione scientifica era stata data e documentata con certezza.
Macine di pietra di dimensione piccola, che potrebbero essere anche di età
sabato 13 febbraio 2016
Archeologia. Scoperte a Thorikos, sotto l’acropoli nei pressi di Atene, 5 km di antiche miniere di argento
Archeologia. Scoperte a
Thorikos, sotto l’acropoli nei pressi di Atene, 5 km di antiche miniere di argento
di Grazia Terenzi
Thorikos è
un'antica città dell'Attica con una singolare caratteristica: una rete
di circa 5 chilometri di gallerie dove si estraeva argento che si
snodano proprio al di sotto dell'acropoli cittadina. Gli schiavi, un tempo
addetti a questo reticolo di pietra, devono aver avuto vita durissima per
estrarre il prezioso materiale che, un tempo, contribuì alla grandezza di
Atene.I ritrovamenti di ceramica e di strumenti ricavati dalla pietra vulcanica
sedimentata attestano che queste miniere furono sfruttate sin dal 3200
a.C.. Prima della scoperta delle miniere d'argento di Thoriko, gli archeologi
pensavano che la città si approvvigionasse del prezioso minerale nella regione
di Laurion. Gli scavi nelle antiche miniere di Thorikos sono condotti dall'Università
degli Studi di Utrecht e dalla scuola belga ad Atene e sono
guidati daDenis Morin e dal Professor Roald Docter. I minatori che
lavoravano nelle
venerdì 12 febbraio 2016
Archeologia. Monsignore arrestato, sequestrata Villa Vittoria a Piombino, utilizzata dal prelato
Archeologia. Monsignore
arrestato, sequestrata Villa
Vittoria a Piombino, utilizzata dal prelato
Nell'ambito dell'inchiesta
Opus, la Guardia di finanza ha sequestrato Villa Vittoria, una lussuosa e
antica dimora risalente nelle mura al 1465, a Piombino, di proprietà della
Fondazione Kepha del valore di circa 8 milioni di euro, utilizzata - per gli
inquirenti - personalmente da Mons. Benvenuti.
Oltre alla villa, sempre di proprietà della Fondazione, è stato sequestrato un grande sito archeologico in Sicilia nel Centro Archeologico Museale di Triscina di Selinunte, del valore di circa 850.000 euro; di proprietà della Icre srl, società avente sede in Lussemburgo ma riferibile all'indagato latitante Ventisette. Sono stati messi i sigilli anche a un immobile in Poggio Catino (RI) del valore di 530.000 euro e altri immobili e terreni a Poppi (AR) per il valore di 670.000 euro. Nel mandato di arresto europeo è stato richiesto il sequestro anche di una villa considerevole in Corsica. E' stato sottoposto a sequestro anche il sito web della Fondazione Kepha Onlus.
Oltre alla villa, sempre di proprietà della Fondazione, è stato sequestrato un grande sito archeologico in Sicilia nel Centro Archeologico Museale di Triscina di Selinunte, del valore di circa 850.000 euro; di proprietà della Icre srl, società avente sede in Lussemburgo ma riferibile all'indagato latitante Ventisette. Sono stati messi i sigilli anche a un immobile in Poggio Catino (RI) del valore di 530.000 euro e altri immobili e terreni a Poppi (AR) per il valore di 670.000 euro. Nel mandato di arresto europeo è stato richiesto il sequestro anche di una villa considerevole in Corsica. E' stato sottoposto a sequestro anche il sito web della Fondazione Kepha Onlus.
Fonte: ANSA
Honebu, il salotto della cultura, venerdì 12 Febbraio, ospita Carlo Tronchetti.
Honebu, il salotto della cultura, ospita Carlo Tronchetti.
Questa sera, venerdì 12 Febbraio, l'archeologo che portò alla luce i Giganti di Monte Prama sarà relatore sul tema: "La Sardegna nelle rotte commerciali antiche". Con l'ausilio di immagini proiettate, saranno esaminati gli antichi porti e approdi della Sardegna e illustrati i contatti fra le popolazioni che si affacciavano nel Mare Mediterraneo.
L'appuntamento è alle 19 nella sala conferenze Honebu, in Via Fratelli Bandiera 100, Cagliari/Pirri.
Ingresso libero.
Questa sera, venerdì 12 Febbraio, l'archeologo che portò alla luce i Giganti di Monte Prama sarà relatore sul tema: "La Sardegna nelle rotte commerciali antiche". Con l'ausilio di immagini proiettate, saranno esaminati gli antichi porti e approdi della Sardegna e illustrati i contatti fra le popolazioni che si affacciavano nel Mare Mediterraneo.
L'appuntamento è alle 19 nella sala conferenze Honebu, in Via Fratelli Bandiera 100, Cagliari/Pirri.
Ingresso libero.
giovedì 11 febbraio 2016
Archeologia. Scoperta scrittura cuneiforme a Occidente: si tratta del reperto più occidentale mai rinvenuto
Archeologia. Scoperta scrittura cuneiforme a Occidente: si tratta del reperto più occidentale mai rinvenuto
Archeologi della Sapienza scoprono a Malta un'agata con iscrizioni cuneiformi del II millennio a.C: si tratta del reperto più occidentale mai rinvenuto. L'iscrizione, a carattere votivo, è riconducibile alla città di Nippur, in Mesopotamia, e testimonia una lunga storia di scambi commerciali
Nel corso degli scavi condotti a Tas-Silg dalla missione archeologica della Sapienza diretta da Alberto Cazzella, con la collaborazione dell'Università di Foggia (Giulia Recchia), è stato rinvenuto un manufatto in agata frammentario con iscrizione cuneiforme.
Rammentiamo che l'iscrizione cuneiforme, interpretata da padre Werner Mayer del Pontificio Istituto Biblico di Roma, risale al XIII secolo a.C. ed è riferibile alla città di Nippur, in Mesopotamia. Si tratta quindi di una presenza del tutto eccezionale in quanto costituisce l'iscrizione cuneiforme del II millennio a.C. trovata più a occidente - come sottolinea la docente di Storia del Vicino oriente Antico, Maria Giovanna Biga.
La presenza di un manufatto esotico in agata nel santuario di
Archeologi della Sapienza scoprono a Malta un'agata con iscrizioni cuneiformi del II millennio a.C: si tratta del reperto più occidentale mai rinvenuto. L'iscrizione, a carattere votivo, è riconducibile alla città di Nippur, in Mesopotamia, e testimonia una lunga storia di scambi commerciali
Nel corso degli scavi condotti a Tas-Silg dalla missione archeologica della Sapienza diretta da Alberto Cazzella, con la collaborazione dell'Università di Foggia (Giulia Recchia), è stato rinvenuto un manufatto in agata frammentario con iscrizione cuneiforme.
Rammentiamo che l'iscrizione cuneiforme, interpretata da padre Werner Mayer del Pontificio Istituto Biblico di Roma, risale al XIII secolo a.C. ed è riferibile alla città di Nippur, in Mesopotamia. Si tratta quindi di una presenza del tutto eccezionale in quanto costituisce l'iscrizione cuneiforme del II millennio a.C. trovata più a occidente - come sottolinea la docente di Storia del Vicino oriente Antico, Maria Giovanna Biga.
La presenza di un manufatto esotico in agata nel santuario di
mercoledì 10 febbraio 2016
Archeologia. Dove si trova Tartesso? La mitica città che nell'antichità esportava oro, argento, rame e piombo svela la sua posizione geografica nel poema "Ora Marittima" di Avieno.
Archeologia. Dove si trova Tartesso? La mitica città che nell'antichità esportava oro, argento, rame e piombo svela la sua posizione geografica nel poema "Ora Marittima" di Avieno.
di Sonia Barja
(Traduzione dallo spagnolo di Pierluigi Montalbano)
Scusandomi per la traduzione a braccio, realizzata in mezza mattina e non perfezionata da uno specialista, vi propongo una interessante interpretazione sulla localizzazione della mitica città di Tartesso. (Vorrei puntualizzare che sono convinto della ubicazione in Sardegna di questa mitica città, precisamente a Tharros,...ma gli studiosi più accreditati la cercano nei dintorni di Siviglia in Andalusia).
Le notizie storiche più antiche che ci sono arrivate sui colonizzatori della penisola iberica e delle sue coste sono quelle citate da Rufo Festo Avieno, IV d.C, nel suo poema intitolato "Ora Marittima." Il concetto importante dell'opera è che Avieno utilizzò fonti antichissime di autori sconosciuti. La parte che ci concerne proviene da un marinaio marsigliese al quale proprio Avieno confessa di essersi ispirato. Questa fonte è il "periplo" di un marinaio di Marsiglia (Massalia) del V a.C. cioè, quasi mille anni prima dell'epoca in cui visse e scrisse Avieno. Secondo gli esperti, la fonte di Avieno per la descrizione delle coste andaluse di allora precede di poco la sparizione della mitica Tartesso. Avieno era un nostalgico della cultura antica, in un'epoca nella quale il cristianesimo era già la
di Sonia Barja
(Traduzione dallo spagnolo di Pierluigi Montalbano)
Scusandomi per la traduzione a braccio, realizzata in mezza mattina e non perfezionata da uno specialista, vi propongo una interessante interpretazione sulla localizzazione della mitica città di Tartesso. (Vorrei puntualizzare che sono convinto della ubicazione in Sardegna di questa mitica città, precisamente a Tharros,...ma gli studiosi più accreditati la cercano nei dintorni di Siviglia in Andalusia).
Le notizie storiche più antiche che ci sono arrivate sui colonizzatori della penisola iberica e delle sue coste sono quelle citate da Rufo Festo Avieno, IV d.C, nel suo poema intitolato "Ora Marittima." Il concetto importante dell'opera è che Avieno utilizzò fonti antichissime di autori sconosciuti. La parte che ci concerne proviene da un marinaio marsigliese al quale proprio Avieno confessa di essersi ispirato. Questa fonte è il "periplo" di un marinaio di Marsiglia (Massalia) del V a.C. cioè, quasi mille anni prima dell'epoca in cui visse e scrisse Avieno. Secondo gli esperti, la fonte di Avieno per la descrizione delle coste andaluse di allora precede di poco la sparizione della mitica Tartesso. Avieno era un nostalgico della cultura antica, in un'epoca nella quale il cristianesimo era già la
martedì 9 febbraio 2016
Archeologia. Navi, navigazione e commercio nel Mondo Antico, di Roberto Petriaggi
Archeologia. Navi, navigazione e commercio nel Mondo Antico
di Roberto Petriaggi
In attesa della conferenza di Carlo Tronchetti sulla Sardegna nelle antiche rotte del Mediterraneo, che si svolgerà Venerdì 12 Febbraio, a Cagliari/Pirri, nella sala conferenze Honebu in Via Fratelli Bandiera 100 alle 19, ho pensato di fare cosa gradita pubblicando un interessante articolo sul tema.
La diffusione delle culture
materiali del Paleolitico Superiore costituisce la prima testimonianza
archeologica della capacità dell’uomo di realizzare natanti in grado di
permettere l’attraversamento del mare già intorno al X-IX millennio a. C. A
partire dal Mesolitico, poi, assistiamo alla diffusione dell’ossidiana
dell’isola di Milos sia in ambito egeo che peloponnesiaco. Il Neolitico testimonia
un notevole progresso tecnologico che permette la realizzazione di grandi
imbarcazioni monossili. Il perfezionamento degli utensili litici consentì,
probabilmente, la costruzione di battelli particolarmente accurati la cui
tipologia resta in gran parte sconosciuta. Tra le testimonianze archeologiche
più sensazionali di questi natanti ricordiamo la piroga monossile in legno di
quercia lunga circa m.10,50 rinvenuta negli anni ’90 dello scorso secolo a
Bracciano e datata intorno al 6000 a. C., ora in mostra presso il Museo
Pigorini a Roma. Tra i minerali più ricercati e diffusi del periodo Neolitico
si segnala ancora l’ossidiana di Lipari, di Palmarola e della Sardegna, dalla
quale si ricavavano strumenti e coltelli dal taglio affilato, che è stata
ritrovata esportata in diversi siti della
lunedì 8 febbraio 2016
Oggi, lunedì 8 Febbraio, da Honebu, serata letteraria con intrattenimento musicale.
Oggi, lunedì 8 Febbraio, da Honebu, serata letteraria con intrattenimento musicale.
Questa sera, nel salotto della cultura Honebu di Cagliari/Pirri, in Via Fratelli Bandiera 100, alle ore 19, si svolgerà una straordinaria serata letteraria e musicale con la partecipazione dello scrittore Nando Cuccu, della cantante Federica Cabras e del chitarrista Pino Montalbano.
Sarà presente l'editore Salvatore Fraghi che presenterà il libro: "Il bimbo tra le colline", l'ultima creazione di Nando Cuccu, appena edito da Edizioni del Meriggio.
Vi aspettiamo numerosi. Ingresso libero.
Sono graditissime le condivisioni.
Questa sera, nel salotto della cultura Honebu di Cagliari/Pirri, in Via Fratelli Bandiera 100, alle ore 19, si svolgerà una straordinaria serata letteraria e musicale con la partecipazione dello scrittore Nando Cuccu, della cantante Federica Cabras e del chitarrista Pino Montalbano.
Sarà presente l'editore Salvatore Fraghi che presenterà il libro: "Il bimbo tra le colline", l'ultima creazione di Nando Cuccu, appena edito da Edizioni del Meriggio.
La
storia di un bimbo in vacanza che resta affascinato dai racconti delle zie, che
si sente adulto perché gli vengono assegnati dei compiti quale mungere o
recarsi con l’asino in un ovile vicino. Quel bimbo, ora adulto cittadino affermato,
non dimentica le proprie origini in un mondo che, visti i ritmi e le possibili
distrazioni, rischia di farle dimenticare. Il racconto di un'infanzia è sempre un enorme patrimonio da custodire,
piacevole da scoprire, perché in essa risiedono le nostre più profonde radici.
E questo è il racconto di un'infanzia ricca di esperienze coinvolgenti, di
tradizioni indelebili, di scoperte quotidiane, quando i giochi erano davvero
qualcosa di molto serio e preparavano alla vita. Quando il luogo più autentico
che possa esistere, la natura, la si toccava e si assaporava senza timore di
sporcarsi, essa lasciava un segno eterno nelle coscienze. La sorpresa, l'entusiasmo
e la sana curiosità di quest' infanzia che l'autore sceglie di condividere col
lettore, regalano un sorriso, un momento di pace, alla riscoperta delle cose
che davvero contano.
La serata sarà intervallata da poesie, racconti e brani musicali, e si concluderà con un piccolo rinfresco.Vi aspettiamo numerosi. Ingresso libero.
Sono graditissime le condivisioni.
domenica 7 febbraio 2016
Archeologia e numismatica. Moneta con attestazione bilingue dell’antico nome della città di Lixus, di Roberto Casti
Moneta con attestazione bilingue dell’antico nome della città di Lixus
di Roberto Casti
Rarissima moneta (tre soli esemplari noti) in bronzo con iscrizione neopunica - diametro 28 mm., peso 10,63 gr. - proveniente da Lixus, città di fondazione fenicia della Mauretania, la cui denominazione LKŠ di età punica richiama l’antica LKŠ (Lachish) della Palestina, residenza dei re cananei (v. Movers 1850 p. 540). Seconda metà del I sec. a.C.. Già collezione Patrick Villemur rivenduta all’asta nel 2008.
Descrizione
Al dritto: è rappresentata la testa di personaggio o divinità maschile con copricapo conico a pileo con pendaglio e legenda in scrittura neopunica MP‘L LKŠ a dx.. L’immagine potrebbe rappresentare per alcuni studiosi un dignitario locale o, secondo altri, la raffigurazione di KŠR ovvero Chousor/Kothar/Ptha, il dio artigiano e architetto il cui nome significa ‘esperto’ (v. Lipinski 1995 pp. 108-109); divinità nota solo indirettamente da iscrizioni puniche e neopuniche del Nord Africa quale componente di nomi teofori del tipo ‘bdkšr = servo di KŠR.
Al rovescio: naos su basamento ornato e trabeazione con disco solare alato e fila di urei; colonne con
di Roberto Casti
Rarissima moneta (tre soli esemplari noti) in bronzo con iscrizione neopunica - diametro 28 mm., peso 10,63 gr. - proveniente da Lixus, città di fondazione fenicia della Mauretania, la cui denominazione LKŠ di età punica richiama l’antica LKŠ (Lachish) della Palestina, residenza dei re cananei (v. Movers 1850 p. 540). Seconda metà del I sec. a.C.. Già collezione Patrick Villemur rivenduta all’asta nel 2008.
Descrizione
Al dritto: è rappresentata la testa di personaggio o divinità maschile con copricapo conico a pileo con pendaglio e legenda in scrittura neopunica MP‘L LKŠ a dx.. L’immagine potrebbe rappresentare per alcuni studiosi un dignitario locale o, secondo altri, la raffigurazione di KŠR ovvero Chousor/Kothar/Ptha, il dio artigiano e architetto il cui nome significa ‘esperto’ (v. Lipinski 1995 pp. 108-109); divinità nota solo indirettamente da iscrizioni puniche e neopuniche del Nord Africa quale componente di nomi teofori del tipo ‘bdkšr = servo di KŠR.
Al rovescio: naos su basamento ornato e trabeazione con disco solare alato e fila di urei; colonne con
sabato 6 febbraio 2016
Archeologia. Testa Ade tornata ad Enna: presentata in procura, sarà sistemata in museo Aidone
Archeologia. Testa Ade tornata ad Enna: presentata
in procura, sarà sistemata in museo Aidone
E' stata presentata a Enna, nell'auditorium della
Procura, la "Testa di Ade", detta anche Barbablu, restituita dal
"J.P. Getty Museum" di Los Angeles che l'aveva acquistata nel 1985 e
collocata presso la "Getty Villa" di Malibù. Il trasporto del
prezioso reperto archeologico, che sarà sistemato nel museo di Aidone, è stato
fatto dai carabinieri del comando tutela patrimonio culturale. Il reperto era
stato trafugato alla fine degli anni Settanta dall'area archeologica di
Morgantina, nel territorio di Aidone (En). A tale conclusione si è giunti
attraverso l'esame di alcuni reperti in frantumi abbandonati dai tombaroli a
seguito di scavi clandestini in quell'area archeologica. Tra questi, vi erano 4
"riccioli" (recuperati tra il 1978 e il 1988) che a distanza di
diversi anni, nell'ambito di una collaborazione - avviata dal 2011 - tra il
dipartimento dei Beni Culturali della Regione Siciliana ed il museo
californiano sono stati comparati, con esito positivo, con la "testa"
custodita presso il "Getty". Il Nucleo CC Tutela Patrimonio
Culturale di Palermo, che ha operato in sinergia con il Dipartimento dei Beni
Culturali e su coordinamento della Procura di Enna, ha acquisito i riscontri
documentali utili per formalizzare la richiesta di rogatoria internazionale,
poi indirizzata alle autorità statunitensi. La piena collaborazione con il
dipartimento di Giustizia USA e il "J.P. Getty Museum" ha permesso,
dopo l'espletamento delle procedure giudiziarie, l'organizzazione della
missione di recupero.
Fonte: ANSA
venerdì 5 febbraio 2016
Archeologia. Sepolture "selettive" del 7000 a.C. in un villaggio preistorico in Giordania, di Grazia Terenzi
Archeologia. Sepolture
"selettive" del 7000 a.C. in un villaggio preistorico in Giordania
di Grazia Terenzi
Si tratta di una scoperta
davvero insolita: i resti scheletrici di più di 70 persone smembrate, le
ossa radunate per tipo e sepolte, successivamente, in ciste di pietra
all'interno di abitazioni. I ricercatori pensano possa trattarsi di una pratica
volta a mantenere in contatto lo spirito dei defunti con il mondo dei vivi.
La scoperta è stata fatta da n
gruppo di archeologi dell'Università di Copenhagen in un villaggio situato
a nord di Petra, Shkarat Msaied, risalente a 9000 anni fa. Si
tratta di un sito molto ben conservato, dove un tempo viveva una comunità
di cacciatori-raccoglitori che abitavano in edifici di forma circolare.
Il National Geographic riferisce che gli archeologi hanno trovato circa 15 fosse comuni, dieci delle quali sono state scavate ancora in epoca moderna. Le sepolture contenevano
Il National Geographic riferisce che gli archeologi hanno trovato circa 15 fosse comuni, dieci delle quali sono state scavate ancora in epoca moderna. Le sepolture contenevano
giovedì 4 febbraio 2016
Archeologia. Economia di Rodi Ellenistica: le anfore, i commerci e gli scambi con l’Occidente, di Francesca Tomei
Archeologia. Economia di Rodi
Ellenistica: le anfore, i commerci e gli scambi con l’Occidente.
di Francesca Tomei (Tratto
dalla tesi di laurea magistrale in archeologia. Università di Pisa)
Le anfore da trasporto rodie costituiscono la principale
fonte di informazione sulla produzione di vino; nonostante non sia provato che
contenessero tale prodotto, il grappolo d'uva come attributo di molti bolli fa
propendere per la veridicità di tale ipotesi, almeno per la maggior parte di
esse. Nel 1986 Empereur e Picon riportano i risultati di prospezioni fatte nell'isola
di Rodi, che hanno consentito di identificare una ventina di ateliers di
produzione di anfore rodie: essi sono generalmente di dimensioni modeste,
sparsi nella chora, più frequentemente lungo la costa nei punti di imbarco,
oppure nelle zone di accesso al mare delle vigne che si sviluppavano sulle
colline. Un'ulteriore ricognizione greco- danese effettuata sull'isola nel 1994
ha consentito la localizzazione, sempre vicino al mare, di un sito con scarti
di fornace per anfore nell'area di Kattavia, nella parte meridionale di Rodi,
la cui attività si pone principalmente tra I secolo a.C. e I secolo d.C. Gli
scarti dei vari ateliers mostrano quasi sempre una continuità di produzione
dall'età ellenistica al II secolo d.C. Anche nella Peraia sono attive già dalla
fine del IV secolo a.C. officine di produzione di anfore rodie, in particolare
nella penisola di Loryma, collegate ai terreni sfruttati già all'inizio del III
secolo a.C. dallo Stato rodio per la coltivazione della vite, per poter
aumentare la produzione del
mercoledì 3 febbraio 2016
Reperti archeologici sequestrati da Cc. Sono di origine etrusca, magnogreca, romana, picena e precolombiana
Reperti archeologici
sequestrati da Cc. Sono di origine etrusca, magnogreca, romana, picena e
precolombiana
In tre distinte operazioni di svolte in provincia di Ancona,
Ascoli Piceno e Pesaro, i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di
Ancona, in collaborazione con i militari dei comandi locali, hanno recuperato e
sequestrato vari reperti archeologici illegalmente detenuti in private
abitazioni e raggruppati in tre collezioni.
Il valore complessivo del materiale è di circa 200.000 euro.
All'individuazione e recupero dei beni si è arrivati a seguito di indagini dirette dalle
martedì 2 febbraio 2016
Studi in memoria di Coroneo, la presentazione Sabato 6 Febbraio a Cagliari, nel pomeriggio
Studi in memoria di Coroneo, la
presentazione Sabato 6 Febbraio a Cagliari, nel pomeriggio
A quattro
anni dalla prematura scomparsa di Roberto Coroneo, preside della Facoltà di
Lettere e Filosofia all'Università di Cagliari, escono tre volumi che
raccolgono gli studi di colleghi, studiosi, allievi e amici del professore.
L'opera, dal
titolo "Itinerando senza confini dalla preistoria ad oggi. Studi in
ricordo di Roberto Coroneo", sarà presentata sabato 6 febbraio, alle 17,
nella Sala Convegni dell'Hotel Regina Margherita a Cagliari.
Il volume
dedicato alla memoria di Coroneo è curato da Rossana Martorelli, attuale
presidente della Facoltà di Studi umanistici, ed è edito dalla casa editrice
Morlacchi di Perugia.
L’iniziativa
è nata nel Dipartimento di Storia, Beni culturali e Territorio subito dopo la
morte del docente di Storia dell'arte medievale avvenuta l’11 gennaio 2012.
Il volume
comprende 91 contributi di 99 autori. Spaziano dalla preistoria ai giorni
nostri, riflettendo la personalità eclettica di Coroneo, studioso di fama
internazionale.
Il volume
sarà presentato al pubblico da Carlo Luglié (docente di Paletnologia del
Dipartimento di Storia, Beni culturali e Territorio), Anna Maria Oliva (ricercatore
del Cnr-Isem) e Carlo Figari (giornalista).
Fonte:
http://www.unionesarda.it/
lunedì 1 febbraio 2016
Associazione culturale Honebu, il salotto della cultura. Gli eventi da Febbraio ad Aprile 2016.
Honebu, il salotto della cultura. Prossimi eventi.
L'Associazione Culturale Honebu è lieta di invitarvi ai prossimi eventi che si svolgeranno nella sala conferenze di Via Fratelli Bandiera 100 a Cagliari/Pirri.
5 Febbraio Massimo Rassu: "Fonti e Pozzi
sacri".
8 Febbraio lunedì letterario e musicale. Nando Cuccu:
"Il bimbo fra le colline", con Federica Cabras e Pino Montalbano alla
chitarra.
12 Febbraio Carlo Tronchetti: “La Sardegna nelle rotte
commerciali antiche”.
19 Febbraio
Tonino Oppes presenta:
"Caller 1535, Carlo V, Cagliari e la crociata contro gli infedeli",
di Maurizio Corona.
26 Febbraio Fabrizio Marchionni: "Il rapporto tra i
compositori del '900 e la musica di tradizione orale"
4 Marzo Antonio Mura: "Storia dei disastri idrogeologici nella Sardegna meridionale".
6 Marzo Domenica, Escursione a Sedilo con visita
guidata al Nuraghe Iloi, alle Tombe di Giganti e al nuraghe Losa.
11 Marzo Massimo Rassu presenta il libro:"
Castelli Medievali in Sardegna".
18 Marzo Paolo
Bernardini: "I rapporti fra nuragici e fenici nel Primo Ferro".
25 Marzo Nicola
Dessì illustra: " La fauna in età nuragica".
1 Aprile Sandro Mezzolani: "Archeologia
Industriale. Ferrovie, mulini
idraulici, concerie”.
8 Aprile Massimo Rassu: "Le fortificazioni di
Cagliari".
Le iscrizioni all'Associazione Honebu si ricevono tutti i giorni con mail a associazionehonebu@gmail.com o telefonando in segreteria al 070.2044611, o direttamente in sala durante le conferenze.
Archeologia. Statue stele e statue menhir. Nuove scoperte illustrate in una conferenza al Museo delle stele antropomorfe di Bovino in Puglia
Archeologia. Statue stele e statue menhir. Nuove scoperte illustrate in una conferenza al Museo delle stele antropomorfe di Bovino in Puglia.
di Maria Laura Leone
Fonte: rivista ufficiale dell'Archeo Club Italia
Staute-menhir e statue-stele, entità antropomorfe ancora troppo sconosciute. Poco note al grande pubblico e, nonostante le diverse ipotesi interpretative, fondamentalmente misteriose. Di esse non se ne conosce il reale significato né la vera funzione. La loro stessa distribuzione geografica è insolita: a macchia di leopardo dentro aree circoscritte e lontane fra loro, sparse tra Europa, Asia e nord dell’Africa. E’ chiaro, però, che riflettono un’importante espressione ideologica e segnano un decisivo passaggio tra un mondo religioso che finiva e un altro che iniziava. Sono, infatti, le prime grandi statue dell’umanità, comparse sul finire del Neolitico e il fiorire dei megaliti.
Le più antiche testimonianze, databili tra V e IV millennio a.C., sono rintracciabili nella Bretagna francese in contesto di riutilizzo dei grandi e famosi dolmen (MAILLAND 2000). Prima del loro exploit, avutosi con l’età del Rame, il soggetto umano era ritratto su statuine esclusivamente femminili o riconosciuto su rocce naturali, dove le ondulazioni e le asperità assumevano un aspetto antropomorfo (un paio di occhi, un viso, un busto, elementi sessuali e altri particolari anatomici). L’interpretazione della pietra, spesso fondata sul principio della pareidolia, la tendenza a ricondurre a forme note e oggetti famigliari i profili naturali e casuali, è sempre stata un leitmotiv dell’arte preistorica (LEONE 2009, 2010, 2011). Con l‟avvento dell’età dei Metalli questa attenzione non è venuta meno ma si è concentrata sui quei massi e su quei monoliti che oggi chiamiamo menhir o statue-menhir, in realtà delle protostatue.
L’espansione di tali simulacri si manifestò in due ondate, la prima – più intensa – nell’età del Rame (Eneolitico, Calcolitico), la seconda – più attenuata – nell’età del Ferro. L’età del Bronzo costituì una fase di passaggio, conclusiva per alcuni gruppi di statue-stele, trasmissiva per altri. In Puglia, terra ricca di testimonianze, sono presenti gruppi sia della prima che della seconda ondata (LEONE 2000, 2001). In quelli dell’età del Rame i caratteri sono più comuni, la forma del corpo è tendenzialmente surreale, geometrizzata, senza gambe, senza collo, a busto intero e sempre coperta di precisi attributi simbolici. E’ il caso delle pietre antropomorfe di Sterparo Nuovo (Subappennino Dauno), come di quelle della Lunigiana in Liguria, di Laconi in Sardegna, del Trentino della Valcamonica, Valtellina, Val d’Aosta-Sion, del Midì della Francia, ecc.
In quelle dell’età del Ferro si verifica un’accentuazione del naturalismo, un aumento dell’abbigliamento, dell’integrazione di scene aneddotiche e di decorazioni simboliche. E’ il caso delle stele daunie, di quelle della Lunigiana e di altre ancora. Spesso, semplificando, tutti i monumenti vengono denominati stele o al massimo statue-stele, di fatto, però, la nomenclatura tipologica le distingue in: statue-menhir, massi piuttosto spessi naturalmente antropomorfi o appena lavorati e generalmente più antichi; e statue-stele, pietre lastriformi artificiali e generalmente più recenti. In Valcamonica vi sono anche i massi inamovibili, pietre grandi come case o anche pareti rocciose ricoperte con la stessa tematica simbolica. Le circa trenta pietre di Sterparo Nuovo sono
di Maria Laura Leone
Fonte: rivista ufficiale dell'Archeo Club Italia
Staute-menhir e statue-stele, entità antropomorfe ancora troppo sconosciute. Poco note al grande pubblico e, nonostante le diverse ipotesi interpretative, fondamentalmente misteriose. Di esse non se ne conosce il reale significato né la vera funzione. La loro stessa distribuzione geografica è insolita: a macchia di leopardo dentro aree circoscritte e lontane fra loro, sparse tra Europa, Asia e nord dell’Africa. E’ chiaro, però, che riflettono un’importante espressione ideologica e segnano un decisivo passaggio tra un mondo religioso che finiva e un altro che iniziava. Sono, infatti, le prime grandi statue dell’umanità, comparse sul finire del Neolitico e il fiorire dei megaliti.
Le più antiche testimonianze, databili tra V e IV millennio a.C., sono rintracciabili nella Bretagna francese in contesto di riutilizzo dei grandi e famosi dolmen (MAILLAND 2000). Prima del loro exploit, avutosi con l’età del Rame, il soggetto umano era ritratto su statuine esclusivamente femminili o riconosciuto su rocce naturali, dove le ondulazioni e le asperità assumevano un aspetto antropomorfo (un paio di occhi, un viso, un busto, elementi sessuali e altri particolari anatomici). L’interpretazione della pietra, spesso fondata sul principio della pareidolia, la tendenza a ricondurre a forme note e oggetti famigliari i profili naturali e casuali, è sempre stata un leitmotiv dell’arte preistorica (LEONE 2009, 2010, 2011). Con l‟avvento dell’età dei Metalli questa attenzione non è venuta meno ma si è concentrata sui quei massi e su quei monoliti che oggi chiamiamo menhir o statue-menhir, in realtà delle protostatue.
L’espansione di tali simulacri si manifestò in due ondate, la prima – più intensa – nell’età del Rame (Eneolitico, Calcolitico), la seconda – più attenuata – nell’età del Ferro. L’età del Bronzo costituì una fase di passaggio, conclusiva per alcuni gruppi di statue-stele, trasmissiva per altri. In Puglia, terra ricca di testimonianze, sono presenti gruppi sia della prima che della seconda ondata (LEONE 2000, 2001). In quelli dell’età del Rame i caratteri sono più comuni, la forma del corpo è tendenzialmente surreale, geometrizzata, senza gambe, senza collo, a busto intero e sempre coperta di precisi attributi simbolici. E’ il caso delle pietre antropomorfe di Sterparo Nuovo (Subappennino Dauno), come di quelle della Lunigiana in Liguria, di Laconi in Sardegna, del Trentino della Valcamonica, Valtellina, Val d’Aosta-Sion, del Midì della Francia, ecc.
In quelle dell’età del Ferro si verifica un’accentuazione del naturalismo, un aumento dell’abbigliamento, dell’integrazione di scene aneddotiche e di decorazioni simboliche. E’ il caso delle stele daunie, di quelle della Lunigiana e di altre ancora. Spesso, semplificando, tutti i monumenti vengono denominati stele o al massimo statue-stele, di fatto, però, la nomenclatura tipologica le distingue in: statue-menhir, massi piuttosto spessi naturalmente antropomorfi o appena lavorati e generalmente più antichi; e statue-stele, pietre lastriformi artificiali e generalmente più recenti. In Valcamonica vi sono anche i massi inamovibili, pietre grandi come case o anche pareti rocciose ricoperte con la stessa tematica simbolica. Le circa trenta pietre di Sterparo Nuovo sono
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