domenica 15 giugno 2014
Libri: DICTIONARY OF ETRUSCAN LANGUAGE - DIZIONARIO DELLA LINGUA ETRUSCA
DICTIONARY OF ETRUSCAN
LANGUAGE - DIZIONARIO
DELLA LINGUA ETRUSCA
di Massimo Pittau, Professore Emerito dell'Università di Sassari
IPAZIA BOOKS
II edizione, in modalità digitale, revisionata e
accresciuta, di imminente pubblicazione
PREMESSA ALLA II EDIZIONE
Questa II edizione della presente opera è
caratterizzata dal fatto che vi sono comprese tutte le mie nuove scoperte che
ho effettuato sulla lingua etrusca in questi ultimi anni; scoperte che
ovviamente risultano già quasi tutte registrate nelle mie opere successive.
Circa il modo in cui è stata accolta la mia opera,
tralascio ovviamente i numerosi consensi che sono venuti da parte della stampa
quotidiana o di quella settimanale oppure dalla comunicazione radiofonica e da
quella televisiva. Mi limito invece a riportare ciò che mi aveva scritto, in
una lettera da San Lorenzo di Moriano in data 18 novembre 2005, Riccardo
Ambrosini, professore di Linguistica nell’Università di Pisa, nonché Presidente
della «Accademia Lucchese di Scienze, Lettere e Arti». In questa egli mi aveva
chiamato per fare due conferenze, una sulla Tabula Cortonensis e
l’altra su questo mio Dizionario: «Carissimo Pittau, ho appena
ricevuto il Tuo stupendo Dizionario della Lingua Etrusca e mi
sono affrettato a leggerne alcune pagine che attraevano la mia immediata
curiosità. Non posso non congratularmi con Te per la sapiente disposizione del
materiale e per la prudenza di alcune proposte, che ben sottolinei nella
chiarissima introduzione. (....) Complimenti vivissimi e, scusami una sentita invidia
per questo Tuo magnifico lavoro, e, insieme con questi, i ringraziamenti più
vivi e i saluti più cordiali. Tuo [firmato]». Un mese dopo (1 dicembre 2005) mi
aveva ancora scritto: «Qui la tua conferenza è stata molto apprezzata dagli
echi cittadini. Rileggendo il tuo bellissimo dizionario, ho notato che, ecc.».
D’altra parte non erano mancati alti riconoscimenti
pure per le mie opere precedenti: Ambros Ioseph Pfiffig, uno più fecondi e
acuti studiosi della lingua etrusca, mi aveva scritto da Geras (Austria) il 31
maggio 1990: «Illustre professor Pittau! Mi è giunto qual’omaggio dell’Autore e
dell’Editore il di Lei eccellente libro ‘Testi Etruschi tradotti e commentati’,
un’opera, che sfogliando, mi pare di valore speciale, sia essendo basata sul
manuale già classico del Pallottino, sia applicando sistematicamente il metodo
combinatorio nel senso da Lei spiegato e definito.- Oserei dire che ‘Testi
Eruschi tradotti e commentati’ sia un ricco commentario per l’uso quotidiano di TLE [=
M. Pallottino,Testimonia Linguae Etruscae, Firenze 1954, I ediz., II
ediz. 1968].- La ringrazio sinceramente di quest’omaggio, il cui acquisto
raccomanderò nei Corsi di Etruscologia ormai regolari nell’Università di
Vienna.- Gradisca i miei ottimi auguri e saluti: [firmato]».
Nella nota rivista spagnola EMERITA (LXXIII 1,
enero-junio 2005, pg. 45, l’autorevole linguista Francisco R. Adrados ha
iniziato un suo importante studio sulla lingua etrusca parlando di me in questo
modo: «Mala suerte ha tenido el etrusco cuando algunos lingüistas hemos querido
incorporarlo al cuadro de las lenguas indoeuropeas. Massimo Pittau ha explicado
muy claramente el veto que la escuela arquelógica italiana, siguiendo M.
Pallottino, ha impuesto a cualquier intento de comparar el etrusco con otras lenguas.
Siguiendo a Dionisio de Halicarnaso, esta escuela decretò el aislamiento del
etrusco». Poi mi ha citato altre tre volte con tutta deferenza, mostrando di
approvare le mie tesi.
Come con tutta deferenza mi ha citato Francisco
Villar, nella sua nota e importante opera,Gli Indoeuropei e le origini
dell’Europa (trad. ital. Bologna 2008, Il Mulino, pg. 495).
Però, nonostante questi autorevoli riconoscimenti,
sono costretto a riconoscere che, almeno in linea generale, nel campo della
“linguistica etrusca” io risulto uno “scomunicato”.
Avevano cominciato col tentativo di distruggermi
due “dilettanti”, uno archeologo e l'altro un linguista, noto soprattutto per
le sue stravaganze: l'uno e l'altro avevano tentato di distruggere la mia prima
opera nella quale avevo prospettato una connessione fra la lingua degli antichi
Sardi o Protosardi e quella etrusca, ma ciò avevano fatto senza averla ancora
letta...! Probabilmente anche per la vivacità e la durezza con cui avevo
risposto a questi due miei detrattori, sia i colleghi linguisti sia gli
archeologi hanno steso un velo di silenzio sulle mie tesi, mai citandomi, mai
confutandomi, mai invitandomi a mandare qualche mio scritto per le loro riviste
o a tenere qualche relazione nei loro convegni... Solamente il benemerito e
autorevole «Sodalizio Glottologico Milanese» ha sempre accettato i miei annuali
interventi relativi anche alla lingua etrusca e li ha regolarmente pubblicati
nei suoi Annali.
Particolarmente avversi mi sono stati gli
archeologi italiani, alcuni dei quali sono anche intervenuti pesantemente per
dissuadere alcuni editori dal pubblicare le mie opere. Ma io dichiaro di
comprenderli in larga misura, per il fatto che li ho rimproverati spesso e
anche duramente di non avere alcuna effettiva competenza specifica per
interessarsi di “lingua etrusca” e inoltre di insegnare ai loro allievi, dalle
cattedre universitarie di archeologia o di etruscologia, autentiche banalità su
questa lingua, anche con l'uso di appositi libercoli quasi del tutto privi di
valore scientifico.
E tuttavia sono andato avanti nei miei studi,
nonostante gli attacchi dei dilettanti, il silenzio dei colleghi linguisti, le
avversioni degli archeologi. Eppure sono persuaso, fermamente persuaso
di avere risolto il secolare “problema della lingua etrusca” nelle sue linee
essenziali, tanto che ormai si deve cessare di parlare del “mistero della
lingua etrusca”. Io infatti ho pubblicato ben 13 opere, nelle quali ho
trattato l'intero corpusrimastoci della lingua etrusca e tutti i
suoi aspetti. Ecco l'elenco di queste mie opere:
La lingua dei Sardi Nuragici e degli Etruschi (1981), Lessico Etrusco-Latino
comparato col Nuragico (1984), Testi Etruschi tradotti e
commentati - con vocabolario (1990),Origine e parentela dei Sardi e
degli Etruschi - saggio storico-linguistico (1996), La Lingua
Etrusca - grammatica e lessico (1997), Tabula Cortonensis -
Lamine di Pirgi e altri testi etruschi tradotti e commentati (2000), Dizionario
della Lingua Etrusca (2005),Toponimi Italiani di origine etrusca (2006), Dizionario
Comparativo Latino-Etrusco(2009), I grandi testi della Lingua
Etrusca – tradotti e commentati (2011), Lessico
italiano di origine etrusca - 407 appellativi 207 toponimi (2011), Lessico
della lingua etrusca (2013), 600 Iscrizioni Etrusche – tradotte
e commentate (2013).
Tengo molto a precisare che sono anche dell'avviso
che la soluzione essenziale del “problema della lingua etrusca” non sia affatto
dipesa da una mia effettiva “genialità” di uomo e di studioso, mentre è dipesa
in primo luogo da una mia particolare fortuna, in secondo luogo dal particolare
– che non vuol dire affatto mio “originale” - metodo di studio; infine dalla
costanza e perseveranza da me applicata nei miei studi.
Io ho avuto la grande fortuna di una vita molto
lunga e molto sana, in virtù della quale sono riuscito a dedicare più di 35
anni allo studio dell'etrusco: nessun altro linguista ha avuto finora una
uguale oppure simile fortuna.
Inoltre, in un così lungo lasso di tempo e con la
composizione e pubblicazione di ben 13 opere, oltre che di un centinaio di
saggi specifici, è pressoché assurdo che, come specialista – quale sono – di
linguistica storica o glottologia, io non mi fossi accorto di avere
radicalmente errato nella conduzione dei miei studi e non avessi pertanto deciso
di dare ad essi una ben differente direzione.
In secondo luogo, andando contro la assurda e
perfino ridicola tesi, messa in giro e imposta per mezzo secolo dalla scuola
archeologica italiana, della “inconfrontabilità dell'etrusco con alcun'altra
lingua”, io ho tutto al contrario adoperato sistematicamente il “metodo della
comparazione o del confronto” di tutto il materiale linguistico etrusco con
quello delle lingue dei popoli antichi, che sono vissuti a contato col popolo
etrusco. In via specifica io ho confrontato l'intero materiale linguistico
della lingua etrusca conservatoci con l'intero materiale lessicale delle lingue
latina e greca, il quale supera le 200 mila voci: materiale lessicale latino e
greco intero ed immenso, col quale è pressoché assurdo ritenere che quello
etrusco non avesse nessun rapporto o di derivazione reciproca o di
corradicalità, cioè di comune origine. E sono andato anche oltre procedendo a
comparare o confrontare il materiale linguistico etrusco anche con quello dei
dialetti italici, coi relitti della lingua dei Protosardi e con quelli delle
lingue indoeuropee dell'antica Anatolia e di quelle preindoeuropee del bacino
del Mediterraneo.
In effetti si deve considerare che, in questo mio
modo di procedere, io ho fatto semplicemente il mio mestiere di cultore di
linguistica storica o glottologia, per la quale il primo e il principale metodo
di studio è per l'appunto la “comparazione”.
Circa la “comparazione” che mi sono sentito in
diritto e in dovere di fare tra la lingua etrusca e le lingue indoeuropee,
preciso che ho sistematicamente fatto questa operazione non soltanto rispetto
al lessico di tutte queste lingue, nella ovvia eventualità di reciproci scambi,
ma anche rispetto al loro “sistema morfo-sintattico”, nella eventualità di una
loro comune origine e parentela, come ritengo di avere indicato e dimostrato
nella mia operaLa Lingua Etrusca - grammatica e lessico (§ 5). In
particolare ritengo di avere dimostrato che perfino quasi tutti i numerali
etruschi della prima decade corrispondono ai correlativi numerali di lingue
indoeuropee, come dimostra il seguente quadro essenziale:
1 2 3 4 6 7 9
etrusco thun zal ci huth sa semph nurph
latino unum quattuor sex septem novem
germanico zwa
iranico sih
E c'è da precisare che le discrepanze fonetiche
esistenti fra i numerali etruschi da un lato e quelli altri indoeuropei
dall'altro non sono affatto più numerose né più ampie di quelle esistenti fra i
numerali di tutte le altre lingue indoeuropee.
Oltre a tutto ciò è un fatto che io sono solito
esprimere o applicare grande costanza o perseveranza nel mandare avanti i miei
studi. Su parecchie iscrizioni etrusche io ho prospettato, col passare del
tempo, decine di differenti o perfettive interpretazioni e circa il significato
e il valore di molti vocaboli etruschi io sono passato e ripassato decine di
volte. E poi, tanto più mi sono sentito di non smettere dalla mia perseveranza,
quanto più andavo constatando che essa mi dava i suoi frutti, certi o almeno
probabili.
Inoltre io ho avuto la grande pazienza di leggere e
studiare gran parte di tutta la vasta bibliografia relativa alla lingua
etrusca, anche di quella trascurata ed esorcizzata dalla scuola archeologica
italiana negli ultimi 60 anni. Ed ovviamente ho fatto tesoro delle non poche
scoperte effettuate dagli studiosi precedenti, adoperandole ai fini delle mie
scoperte successive.
Mi è poi servita parecchio anche la esperienza da
me acquisita da militare nell’ultima guerra mondiale, quando, anche in virtù
dei miei studi di linguistica già intrapresi, sono stato impiegato pure
nell’attività di decifrazione di messaggi criptati.
Infine io adopero il computer da
circa 30 anni e inoltre con discreta padronanza e pertanto posso affermare che
questo strumento da un lato mi ha consentito di velocizzare enormemente il mio
studio e la mia ricerca, dall’altro e soprattutto di procedere continuamente e
con facilità alla “comparazione” dei vocaboli studiati, delle loro radici e dei
loro morfemi; tutte operazioni che ovviamente mi hanno consentito di effettuare
non poche scoperte ermeneutiche. Però tengo a precisare bene che il computer non
effettua mai “scoperte”, ma solamente mette il ricercatore in grado di
effettuarle.
Per concludere, io sono fermamente convinto di
avercela fatta con l'annoso problema della lingua etrusca e questo ho fatto –
lo ripeto – non per una mia effettiva “genialità” di uomo e di studioso, bensì
per l'intervento a mio favore di alcune circostanze favorevoli e soprattutto
per avere semplicemente fatto il mio “mestiere” di linguista storico, con
metodo scrupoloso e con continua perseveranza.
Il silenzio dal quale fino al presente sono stato
circondato da parte dei miei colleghi linguisti non mi preoccupa granché: può
dipendere dalla loro mancanza di coraggio ad affrontare uno spinoso e secolare
problema oppure anche dall’invidia rispetto ai risultati da me raggiunti (come
effettivamente ha avuto l'onestà di riconoscere un mio autorevole collega).
Sassari, 14 giugno 2014.
Massimo Pittau
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