sabato 11 gennaio 2014
L'Età del Rame in Sardegna
L'Età del Rame in Sardegna
di Pierluigi Montalbano
È arduo identificare con certezza i modi del passaggio dalla cultura di Ozieri alle successive culture di Filigosa e di Abealzu, caratterizzate da ceramica grigio-scura.
La prima vede ciotole carenate poco decorate, la seconda, invece, è totalmente inornata, con tazzine a due bugnette opposte all’ansa, vasi tripodi e vasi con alto collo (a fiasco) simili alle forme dell’Eneolitico peninsulare nei contesti di Rinaldone e del Gaudo (2900-2500 a.C.).
Le tombe ipogeiche hanno restituito abbondante repertorio vascolare d’impasto nerastro. Sono caratterizzate da lunghi dromoi (corridoi) scavati nella roccia e da pochi e stretti vani interni, reimpiegati in età nuragica. Anche in Sardegna come in Sicilia, in Italia meridionale e in Corsica, il metallo fa la sua prima apparizione in contesti del Neolitico recente (Su Coddu di Selargius e Monte d’Accoddi), ma la sua presenza è rilevante solo nell’Eneolitico: si tratta di pugnaletti, punteruoli e piccole asce di rame, braccialetti, anelli ed elementi a spirale di rame e d’argento.
All’età del Rame si attribuiscono le statue-menhir di Laconi (Nuoro) nell’alto Sarcidano, raggruppate e da porre in relazione ad aree sacre o a monumenti funerari. Recenti scoperte hanno portato ad allargare l’area dei rinvenimenti ai territori di Nurallao e Isili, di Senis, di Allai e Samughèo, di Meana Sardo, di Silanus, tutti con profilo ogivale e faccia prospettica piana.
La cultura di Monte Claro (dalla collina su cui sorge Villa Claro a Cagliari) si distingue dalle precedenti per abbondanza di rinvenimenti diffusi in tutta. Caratteristiche comuni sono l’impasto bruno chiaro o rossiccio e la decorazione a scanalature della ceramica La produzione vascolare è ricca sia nelle forme, con grandi vasi, basse scodelle, tripodi, vasi con due coppie di anse sul corpo e sul collo, sia nella decorazione, impressa e dipinta a stralucido, distribuita sulle anse, sulla spalla o su tutto il corpo. Gli insediamenti Monte Claro sono sia in grotta che in villaggi all’aperto e i materiali di questa cultura provengono anche da un monumento megalitico, la capanna- torre di Sa Corona di Villagreca, poco distante da Cagliari. Si conoscono villaggi- santuario come quello di Biriai (Oliena, Nuoro) con case absidate, villaggi-santuario fortificati come quello di Monte Baranta (Olmedo, Sassari) e villaggi fortificati come quello di Monte Ossoni (Castelsardo, Sassari).
Per le sepolture sono utilizzate le domus de janas preesistenti, fra le quali si ricordano quelle di Monte d’Accoddi (Sassari), di Su Crucifissu Mannu (Porto Torres), di Anghelu Ruju e di Santu Pedru (Alghero), in tombe a forno con accesso a pozzo (Monte Claro e Via Basilicata a Cagliari), in tombe a cista litica (San Gemiliano di Sestu, Cagliari) e in dolmen (Motorra, Dorgali). La cronologia assoluta, ancora in fase di studio, si inquadra intorno al 2500-2200 a.C.
Verso il 2100 a.C., la Sardegna è interessata da un fenomeno che, a partire dalla Penisola Iberica, si diffonde per tutta l’Europa, caratterizzato dalla presenza di alcuni oggetti tipici: un vaso a forma di campana rovesciata (da cui il nome di cultura del Vaso Campaniforme), decorato da strette fasce orizzontali con motivi geometrici impressi con una tecnica detta a rotella dentata, realizzata con uno strumento a pettine. Abbiamo scodelloni con tre o quattro piedi (cuencos) recanti la stessa decorazione, bottoni di osso rotondi o ad alamaro con perforazione a V, pendenti di conchiglia a crescente lunare, punte di freccia di selce con codolo e alette squadrate, placchette di pietra rettangolare con fori alle estremità, i cosiddetti brassard (bracciali da arciere). Questi materiali si rinvengono esclusivamente in tombe. Al momento, anche sulla base della tipologia dei materiali ceramici, sembra avvalorata l’ipotesi dell’arrivo di piccoli gruppi di commercianti o prospector di metalli, anche in diverse ondate, che hanno finito per coesistere con le popolazioni indigene e che hanno lasciato poche tracce di materiali riconoscibili.
Nelle immagini:
sopra, ceramiche della cultura di Ozieri.
sotto, ceramiche delle fasi Filigosa e Campaniforme
di Pierluigi Montalbano
È arduo identificare con certezza i modi del passaggio dalla cultura di Ozieri alle successive culture di Filigosa e di Abealzu, caratterizzate da ceramica grigio-scura.
La prima vede ciotole carenate poco decorate, la seconda, invece, è totalmente inornata, con tazzine a due bugnette opposte all’ansa, vasi tripodi e vasi con alto collo (a fiasco) simili alle forme dell’Eneolitico peninsulare nei contesti di Rinaldone e del Gaudo (2900-2500 a.C.).
Le tombe ipogeiche hanno restituito abbondante repertorio vascolare d’impasto nerastro. Sono caratterizzate da lunghi dromoi (corridoi) scavati nella roccia e da pochi e stretti vani interni, reimpiegati in età nuragica. Anche in Sardegna come in Sicilia, in Italia meridionale e in Corsica, il metallo fa la sua prima apparizione in contesti del Neolitico recente (Su Coddu di Selargius e Monte d’Accoddi), ma la sua presenza è rilevante solo nell’Eneolitico: si tratta di pugnaletti, punteruoli e piccole asce di rame, braccialetti, anelli ed elementi a spirale di rame e d’argento.
All’età del Rame si attribuiscono le statue-menhir di Laconi (Nuoro) nell’alto Sarcidano, raggruppate e da porre in relazione ad aree sacre o a monumenti funerari. Recenti scoperte hanno portato ad allargare l’area dei rinvenimenti ai territori di Nurallao e Isili, di Senis, di Allai e Samughèo, di Meana Sardo, di Silanus, tutti con profilo ogivale e faccia prospettica piana.
La cultura di Monte Claro (dalla collina su cui sorge Villa Claro a Cagliari) si distingue dalle precedenti per abbondanza di rinvenimenti diffusi in tutta. Caratteristiche comuni sono l’impasto bruno chiaro o rossiccio e la decorazione a scanalature della ceramica La produzione vascolare è ricca sia nelle forme, con grandi vasi, basse scodelle, tripodi, vasi con due coppie di anse sul corpo e sul collo, sia nella decorazione, impressa e dipinta a stralucido, distribuita sulle anse, sulla spalla o su tutto il corpo. Gli insediamenti Monte Claro sono sia in grotta che in villaggi all’aperto e i materiali di questa cultura provengono anche da un monumento megalitico, la capanna- torre di Sa Corona di Villagreca, poco distante da Cagliari. Si conoscono villaggi- santuario come quello di Biriai (Oliena, Nuoro) con case absidate, villaggi-santuario fortificati come quello di Monte Baranta (Olmedo, Sassari) e villaggi fortificati come quello di Monte Ossoni (Castelsardo, Sassari).
Per le sepolture sono utilizzate le domus de janas preesistenti, fra le quali si ricordano quelle di Monte d’Accoddi (Sassari), di Su Crucifissu Mannu (Porto Torres), di Anghelu Ruju e di Santu Pedru (Alghero), in tombe a forno con accesso a pozzo (Monte Claro e Via Basilicata a Cagliari), in tombe a cista litica (San Gemiliano di Sestu, Cagliari) e in dolmen (Motorra, Dorgali). La cronologia assoluta, ancora in fase di studio, si inquadra intorno al 2500-2200 a.C.
Verso il 2100 a.C., la Sardegna è interessata da un fenomeno che, a partire dalla Penisola Iberica, si diffonde per tutta l’Europa, caratterizzato dalla presenza di alcuni oggetti tipici: un vaso a forma di campana rovesciata (da cui il nome di cultura del Vaso Campaniforme), decorato da strette fasce orizzontali con motivi geometrici impressi con una tecnica detta a rotella dentata, realizzata con uno strumento a pettine. Abbiamo scodelloni con tre o quattro piedi (cuencos) recanti la stessa decorazione, bottoni di osso rotondi o ad alamaro con perforazione a V, pendenti di conchiglia a crescente lunare, punte di freccia di selce con codolo e alette squadrate, placchette di pietra rettangolare con fori alle estremità, i cosiddetti brassard (bracciali da arciere). Questi materiali si rinvengono esclusivamente in tombe. Al momento, anche sulla base della tipologia dei materiali ceramici, sembra avvalorata l’ipotesi dell’arrivo di piccoli gruppi di commercianti o prospector di metalli, anche in diverse ondate, che hanno finito per coesistere con le popolazioni indigene e che hanno lasciato poche tracce di materiali riconoscibili.
Nelle immagini:
sopra, ceramiche della cultura di Ozieri.
sotto, ceramiche delle fasi Filigosa e Campaniforme
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