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martedì 26 giugno 2012

La congiura di Palabanda





28 aprile 1794-31 ottobre 1812:da sa Die de sa Sardigna alla congiura di Palabanda. Cronaca di un ventennio rivoluzionario nella Sardegna sabauda.
di Riccardo Laria


Nel bicentenario dei moti rivoluzionari passati alla storia come “Congiura di Palabanda” avvenuti nell’ottobre del 1812, la Biblioteca Universitaria di Cagliari in collaborazione con l’Associazione Riprendiamoci la Sardegna intende commemorarli con una serie di seminari e un convegno. Il convegno ha avuto luogo nella Sala settecentesca della Biblioteca Universitaria di Cagliari e ha approfondito quelle pagine di storia con una rilettura, con la guida della dottoressa Vittoria Delpiano, autrice di importanti pubblicazioni proprio relative a quel periodo storico della Sardegna.

Cagliari, Sala settecentesca della Biblioteca Universitaria di Cagliari
Venerdì 20 Aprile 2012



Il ventennio che intercorre dal 1793 al 1812 è caratterizzato in Sardegna dalle influenze esterne – rappresentate principalmente dagli echi della rivoluzione francese e dei similari fermenti serpeggianti nel continente europeo - che trovano terreno fertile tra gli intellettuali sardi capaci di cogliere il malcontento popolare e di indirizzarlo verso soluzioni già sperimentate con successo altrove. Lo scenario sardo è rappresentato da un popolo stremato, ancora regolato dai codici d'Arborea sopravvissuti al passaggio dalla plurisecolare dominazione Spagnola ai nuovi arrivati governatori della Casa Savoia.Questi nel 1827 imporranno autoritariamente il codice Feliciano ai sudditi isolani del Regno di Sardegna, calpestando con arroganza differenze culturali e di costume consolidate da secoli, nel progettare la "perfetta fusione" del 1847,alimentando ulteriori tensioni e resistenze tra i sardi.Superato l'assedio della flotta Francese al Golfo di Cagliari nel 1793, l'offerta di quella "eroica resistenza" rivendicata come atto di fedeltà ai principi piemontesi fu l'occasione per inoltrare le famose cinque richieste, sdegnosamente respinte dal re Vittorio Amedeo III che a mala pena accettò di ricevere la delegazione degli Stamenti dopo tre mesi di attesa.
La misura era colma per garantire il successo della sollevazione popolare contro il vicere Balbiano, precipitosamente "accompagnato" all'imbarco con tutto il suo seguito nei giorni seguenti il 28 aprile 1794. La scintilla fu rappresentata dall'arresto dell'avvocato Vincenzo Cabras, ritenuto il principale responsabile dell'organizzazione della sommossa con il genero avvocato Efisio Pintor.
Questo momentaneo successo determinò nei mesi seguenti l'accoglimento parziale delle richieste inoltrate dagli Stamenti, il che spianò la strada al ritorno, nel settembre dello stesso anno 1794, del nuovo vicere Filippo Vivalda.Tra i protagonisti delle tormentate vicende di quel periodo, ricco di continui colpi di scena,un ruolo di spicco spetta a Giovanni Maria Angioy, giudice della Reale Udienza, che sarà poi nel 1796 inviato a Sassari come Alternos, ufficialmente per ristabilire l'ordine nel Capo di Sopra, ma in realtà per allontanarlo dalla scena operativa cagliaritana dove esercitava un'indiscussa influenza. Già dal 1795 infatti nella sua casa si riuniva uno dei tre club giacobini sorti in città, gli altri erano quello del Collegio dei Nobili e quello presso il giardino dell'avvocato Salvatore Cadeddu, nell'Orto di Palabanda. Molti dei protagonisti della vittoriosa quanto effimera impresa del 28 aprile 1794 assisteranno da questi club,in semiclandestinità, alle vicissitudini che si succederanno dalla fine del secolo fino al 1812: dall'arrivo dei reali in Sardegna nel 1799 a seguito dell'occupazione di Torino da parte di Napoleone, alla revoca del Regio Diploma che accoglieva parte delle cinque richieste ordita dal canonico Pietro Maria Sisternes de Oblites per conto del partito reazionario, alla successione sul trono dei tre fratelli Carlo Emanuele IV, Vittorio Emanuele I e, dal 1821, Carlo Felice che nel 1812 sarà in Sardegna come vicere.
Non ci sarà più Giomaria Angioy, morto nel frattempo esule a Parigi nel 1808, ma gli altri, con in testa l'avvocato Salvatore Cadeddu, si ritroveranno ancora a fronteggiare le stesse difficoltà, lo stesso malcontento ancor più diffuso ed accresciuto da una crisi economica culminata nella carestia del 1812, divenuta proverbiale nella memoria dei Sardi come "su famini de s'annu doxi".
In questo clima nei patrioti superstiti matura la convinzione di poter ripetere la sommossa del 1794 contro i piemontesi, magari conseguendo un successo più duraturo.
Gli storici in seguito adombreranno il sospetto che addirittura la via al successo fosse stata spianata da dissapori dinastici tra i fratelli V. Emanuele e Carlo Felice con il coinvolgimento dei rispettivi scudieri locali Giacomo Pes di Villamarina e Stefano Manca di Villahermosa. Ma evidentemente, aldilà dei particolari che fecero abortire il tentativo nella notte tra il 30 ed il 31 ottobre 1812, l'organizzazione doveva aver trascurato non pochi dettagli se non riuscì ad ottenere quella partecipazione popolare che era stata l'arma vincente del vagheggiato precedente. La congiura si afflosciò senza battere un colpo, i congiurati processati sbrigativamente e condannati chi al patibolo, chi all'esilio e chi al carcere a vita; le stesse prove processuali contraffatte e fatte sparire (a tutt'oggi quel poco che è stato rinvenuto è volutamente indecifrabile). Due secoli dopo la storia ci consegna alla commemorazione un manipolo di patrioti martirizzati per un golpe sventato sul nascere, estremo ultimo atto a distanza de sa Die de sa Sardigna.

Immagine di: http://progeturepublica.net/wp-content/uploads/2012/04/Angioy.jpg

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