lunedì 4 giugno 2012
Sardegna. Manuale di archeologia per "dilettanti".
Corso di storia e archeologia della Sardegna - 1
di Pierluigi Montalbano
Un caro saluto a tutti gli amici e appassionati dell'archeologia sarda. A seguito dei tre corsi terminati recentemente a Quartu Sant'Elena, Monserrato e Sinnai, le Associazioni organizzatrici (rispettivamente Unitre Quartu, Giuseppe Verdi e Archistoria)mi hanno chiesto di scrivere una serie di dispense relative alle lezioni. Seguirò la stessa cronologia presentata nelle aule, così da agevolare la lettura da parte di chi ha conservato i file power point che ho lasciato a disposizione nelle Associazioni.
Il linguaggio sarà semplice, discorsivo, adatto a tutti gli appassionati che si avvicinano per diletto a questa disciplina. Le ore di lezione sono state 18 a Quartu, 12 a Monserrato e 14 a Sinnai, e le dispense tratteranno gli argomenti come se il corso fosse stato unificato. Ringrazio le Associazioni per avermi invitato ai corsi, e di avermi regalato bellissimi momenti in compagnia dei partecipanti.
Buona lettura.
1° lezione: Stratigrafia e scavo.
Lezione 1 – Scavo e stratigrafia
Lo scavo è la tecnica più usata in archeologia. Può riguardare uno o più siti correlati.
Esistono diversi tipi di scavo:
1) scavi di ricerca: condotti dalle università per la conoscenza di un’epoca o di una area geografica. Si effettuano quando il tempo e le risorse sono disponibili per scavare il sito interamente, con un ritmo non frenetico. Sono appannaggio di laureati o di società private che possono fornire abbastanza fondi.
2) scavi programmati: finalizzati alla conoscenza di un sito minacciato dall’espansione edilizia. La velocità è un fattore determinante perché lo scavo si focalizza su aree colpite dalle costruzioni edili.
3) scavi di emergenza o di salvataggio: finalizzati alla documentazione di resti emersi improvvisamente nel corso di lavori. Questi scavi si applicano anche quando il sito è danneggiato, per esempio dall'erosione, e lo scavo diventa un esercizio di limitazione dei danni. Sono sovvenzionati dallo stato.
Le risorse spesso non permettono agli archeologi di eseguire degli scavi ovunque lo scelgano. Poiché la comprensione dei siti avviene tramite metodi distruttivi, molti siti sono stati lasciati intatti deliberatamente per conservarli per le generazioni future.
Lo scavo inizia con la rimozione a mano del suolo superficiale, per capire le frequentazioni più recenti del sito. Generalmente nelle aree rurali le evidenze archeologiche sono visibili immediatamente sotto il manto di humus, mentre nelle città la visibilità può essere compromessa da numerosi fattori. Il primo compito è trovare la strategia dell'intervento suddividendo l'area di scavo per campionarla. Lo scavo procede dagli strati più recenti a quelli più antichi. A volte è disposta una quadrettatura di 5x5 m per facilitare le operazioni di rilievo ma oggi si tende a evitare suddivisioni troppo rigide. Ogni scavo viene fotografato e registrato in un progetto archeologico. I ritrovamenti vengono imballati ed etichettati con il loro contesto, e registrati in tabelle. L'altezza di ogni elemento è collegata al segno di rilievo planimetrico. Gli archeologici lavorano con un supervisore, o con un direttore del sito che è responsabile dell'interpretazione del sito e della stesura del rapporto finale. La maggior parte degli scavi sono pubblicati in riviste specialistiche sebbene questo procedimento possa richiedere anni.
La stratigrafia è la scienza che descrive gli strati archeologici. Le basi di questa scienza furono gettate da Niccolò Stenone nel XVIII secolo. Dimostrò che gli strati geologici si sovrapponevano nel tempo e che quelli più antichi erano i più profondi. Fondamentale fu anche il contributo di William Smith (XIX secolo), che sottolineò l'importanza dei fossili per distinguere adeguatamente gli strati.
La stratigrafia indica la disposizione di strati omogenei. Il concetto si basa sulla legge della sovrapposizione. Quando i ritrovamenti si trovano sotto la superficie del terreno, l’identificazione del contesto consente agli specialisti di trarre conclusioni sulla natura e sulla data della occupazione del sito. Per esempio il contenuto di un fosso costituirà un contesto separato dallo strato in cui un fosso è stato scavato. È compito dell'archeologo tentare di scoprire quali strati esistono e come possano essere stati creati.
Lo scavo stratigrafico è il metodo elaborato dall'archeologia per documentare i dati disponibili in un sito, riguardo l’ambiente e le attività umane che vi hanno avuto luogo. Il metodo è stato elaborato basandosi sul concetto di stratigrafia individuato in geologia, per cui le rocce si depositano in strati sovrapposti, con quelle più antiche alla base e quelle più recenti che le vanno a coprire. In modo analogo gli strati di terreno che si depositano in un sito, consentono di individuare la successione cronologica dei manufatti che sono portati alla luce.
Le azioni umane e gli eventi naturali, lasciano tracce che si sovrappongono alle situazioni preesistenti e costituiscono le "unità stratigrafiche". Esempi sono l'accumulo di immondizia gettata fuori dal villaggio, un fossato scavato intorno alle mura della città, la costruzione o il crollo del muro di una casa, il deposito di fango lasciato da un'alluvione.
Le unità stratigrafiche si suddividono in "naturali" (deposito alluvionale, crollo del muro, strato di incendio) e "artificiali" (deposito di immondizia, costruzione di un muro, scavo di un fossato, livellamenti). E’ importante il piano di frequentazione (uno strato che in seguito al calpestio diventa più compatto, o "battuto"). Inoltre possono comportare accumulo o asporto di materiali rispetto alla situazione preesistente: avremo, rispettivamente, unità stratigrafiche "positive" (ad esempio deposito alluvionale, accumulo di immondizia, costruzione di un muro), o "negative" (come lo scavo di un fossato o il crollo di un muro). Mentre la traccia di accumulo positiva ha una consistenza fisica (lo "strato" di fango o il muro), la traccia di asporto negativa è, ad esempio, la superficie di scavo di un fossato.
Nel caso delle strutture murarie si identifica un'Unità Stratigrafica Muraria (U.S.M.), mentre nel caso di elementi di rivestimento (intonaco, intonaco idraulico, pavimento, rivestimento lapideo) si identifica un'Unità Stratigrafica di Rivestimento (U.S.R.).
Nello scavo si parte dall'unità stratigrafica più recente, e si procede asportando gli strati seguendo l'ordine cronologico, dal più recente al più antico, fino ad arrivare a uno strato naturale sterile, ossia privo di materiali. Gli strati si distinguono l'uno dall'altro sulla base delle loro caratteristiche fisiche: composizione, consistenza, colore.
Poiché lo scavo comporta la distruzione dell'oggetto osservato, è importante raccogliere con precisione tutti i dati disponibili. Per ogni unità stratigrafica è redatta una pianta che ne riporta i limiti e la posizione. A questa documentazione grafica si aggiunge una documentazione fotografica. È inoltre redatta una scheda nella quale sono riportate tutte le informazioni, dal tipo di unità stratigrafica, alla descrizione delle sue caratteristiche, a tutte le relazioni fisiche con le altre unità stratigrafiche, all'elenco dei materiali raccolti, ai risultati di eventuali analisi. In seguito, i dati raccolti saranno utilizzati per la determinazione della sequenza stratigrafica, ossia alla sequenza degli eventi che si sono verificati sul sito.
Durante lo scavo la terra deve essere esaminata per raccogliere tutti i frammenti di manufatti e i reperti faunistici e botanici (ossa, foglie, semi, carboni). Per la raccolta dei materiali si utilizzano le tecniche della setacciatura e della flottazione del terreno.
I materiali devono essere conservati accuratamente, separati strato per strato (in genere in cassette diverse). Ogni frammento va pulito e siglato con il numero dell'unità stratigrafica di provenienza. Infine i manufatti dovranno essere sottoposti a restauro in modo da assicurarne la conservazione, e poi studiati e datati.
La datazione di uno strato corrisponde a quella del reperto più recente che vi è rinvenuto, ma la data in cui il manufatto è stato lavorato costituisce il "termine dopo il quale" è stato gettato via ed è entrato a far parte dello strato in formazione.
Va inoltre valutata la coerenza cronologica di tutti i frammenti ritrovati nello strato e nelle altre unità stratigrafiche correlate. Un frammento databile in un'epoca successiva rispetto agli altri potrebbe essere un "intruso". Per esempio il frammento poteva trovarsi al limite tra due strati non distinguibili sul terreno, ed essere stato attribuito per errore allo strato sottostante invece che a quello soprastante. Sono addirittura conosciuti casi in cui i frammenti ceramici sono stati inglobati nella radice di una pianta e spinti dalla sua crescita in basso nel terreno sottostante.
Infine i dati raccolti dovranno essere interpretati. La sequenza stratigrafica datata dai materiali, ossia la successione degli eventi accaduti nel sito, dovrà essere articolata per fasi cronologiche coerenti, e inserita nel contesto storico locale e generale. I risultati ottenuti dovranno essere pubblicati, e tutto il materiale dovrà essere conservato. La documentazione sarà archiviata, in modo da consentire a chiunque in futuro di accedere ai dati raccolti.
Nell'immagine in alto: Vaso della facies Ozieri (3000 a.C.)
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