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mercoledì 12 maggio 2010

Sea Peolple - La fine del mondo avvenuta nel 1200 a.C.


L'invasione dei popoli del mare:
La fine di Amenophi IV è caratterizzata non solo dal crollo del dominio egizio in Siria ma anche dagli attacchi degli Ittiti che non rinunciavano alle velleità espansionistiche nel sud-est, e dalla crescente potenza assira. A farne le spese fu il regno dei Mitanni, invaso anche da tribù aramee. Amurru, Ugarit, Qadesh e Karchemish, divennero vassalle ittite e lo sfacelo del regno dei Mitanni pose le basi per uno degli scontri più celebrati dell'antichità, quello fra ittiti ed egizi a Qadesh, sul fiume Oronte nel 1274 a.C. Fu un pareggio e si giunse ad un trattato di pace con Ramesse II che prese in sposa la figlia del re degli ittiti Khattusili, succeduto a Muwatalli. L'Egitto era inattaccabile e l'impero ittita era al suo apogeo. Gli assiri non erano in grado di creare serie minacce, mentre gli achei-micenei erano padroni nel Mar Egeo, almeno fino alla decennale impresa di assedio della pelasgica Troia, l'unica città in posizione strategica sfuggita al potere dei micenei, punto nodale per i commerci sul Mar Nero. La civiltà di tipo palaziale è la caratteristica, Egitto escluso, del mondo che si affaccia sul Mediterraneo, diretta conseguenza dell'arrivo delle nobili caste di guerrieri indoeuropeei che verso il 1750 a.C. portatori di nuove armi, del cavallo e di una nuova cultura, avevano cambiato la realtà del mondo. Questo equilibrio di forze e di potenze sarà drammaticamente interrotto da una tempesta devastatrice tale per cui la storiografia considera i successivi tre secoli una buia era. Solo l’Egitto si salverà dall'invasione, ma a caro prezzo, tanto da meritarsi il sarcastico appellativo degli assiri: “la canna spezzata”. La tempesta arriva dal mare e dai suoi popoli, come ci raccontano gli egizi. Sono le genti dell'Haou-Nebout e arrivano dalle isole del Grande Verde. L'invasione avverrà in due tempi a circa quarant'anni di distanza, prima sotto Mereptah e poi sotto Ramesse III, preceduta da sintomi che sarà opportuno analizzare. Ciò che rese inevitabile una migrazione di ben nove popoli va ricercata in importanti mutazioni climatiche, in sconvolgimenti sociali interni o in disastri ecologici. L'impero ittita è colpito da un'improvvisa e grave carestia. La richiesta di aiuti e di grano giunge all'Egitto con toni decisamente drammatici, che ne fanno una questione di vita o di morte. La stessa richiesta viene inoltrata dall'ultimo re ittita Shuppilulyuma II alla città di Ugarit, che nello strato archeologico corrispondente appare sconvolta anch'essa da terremoti di una violenza eccezionale. Numerosi centri dell'Egeo, Micene compresa, sono colpiti da forti movimenti tellurici che provocano distruzioni e crolli anche delle costruzioni ciclopiche. Molti centri non furono più né abitati né ricostruiti, con un calo demografico rilevante. La società venne decimata e sopravvissero solo i centri maggiori che mostrano opere di restauro, consolidamento e incremento delle fortificazioni. Molti abitanti dei centri minori distrutti affluivano nei centri principali come Micene e Tirinto, ma in questo periodo si segnala il termine del potere di coloro che chiamiamo micenei: la presenza di numerose punte di freccia accanto ad evidenze di incendi, cui segue l'abbandono delle rocche principali, sono segni evidenti di eventi bellici, interpretati dagli studiosi col sopraggiungere dei Dori. Se l'Egitto appare risparmiato, la Libia è colpita da una repentina e disastrosa desertificazione. Ulteriore conferma di una catastrofe ambientale potrebbe essere indicata nel racconto biblico delle piaghe inviate all'Egitto su richiesta di Mosè, dal momento che è proprio Mereptah il faraone dell'esodo. Le prime 7 piaghe sono interpretabili come eventi concatenati originati da un'unica causa innescante, da uno sconvolgimento che portò il mare a penetrare profondamente lungo il corso del Nilo, tanto da cambiarne, nei tratti più vicini al delta, il senso della corrente. Un impaludamento portò ad una moria di pesci e alla proliferazione delle rane che invasero le città. Le successive piaghe sono state identificate anche microbiologicamente e sono risultate essere episodi infettivi di grande contagiosità, probabilmente a seguito di inondazioni di tipo ciclonico in un clima come quello egizio. I testi di Medineth Habu, pur essendo mutili, testimoniano che l'Haou-Nebout e i popoli del mare sono stati colpiti dalla potenza di Amon-Ra per opera della dea Sekhmet che ne possiede la potenza distruttiva ed è colei che ne scaglia le folgori. Ecco ciò che si legge sulle mura del tempio: "il grande calore di Sekhmet si è mischiato con quello dei loro focolari, cosicché le loro ossa si incendiano all'interno dei loro corpi. La meteora fu terrificante per come li perseguitò mentre la terra d'Egitto era serena. Così per i paesi stranieri fu la distruzione delle loro città. Furono devastate in un solo attimo, i loro alberi e le loro genti sono diventati cenere. Essi presero consiglio dai loro cuori: verso quale luogo andremo? I loro capi vennero con i loro beni e i loro figli sulla schiena in Egitto".
Si afferma inoltre di numerosi movimenti tellurici e di una marea che spazzò via le città e i villaggi. E' Amon-Ra che parla a Ramesse III affermando che mentre l'Egitto è risparmiato dal suo benefico abbraccio, l'Oceano e il Grande Circolo sono sconvolti dall'oscillazione e dall'ondeggiamento. E prosegue così: "Ti diedi la mia spada per distruggere i Nove Archi e misi per te tutti paesi sotto i tuoi piedi. Feci in modo che essi vedessero la tua maestosità come forza del Nun quando distrusse e cancellò le loro città e i loro villaggi con un'onda d'acqua". Questi testi appaiono illuminanti ed esprimono una sequenza logica, tuttavia risulta da verificare se effettivamente fu una meteora caduta nell'Oceano a provocare l'onda di marea. I sopravvissuti di questo catastrofico evento furono, in seguito, colpiti da scosse telluriche ed eruzioni vulcaniche che trovano conferma nei testi di Medineth Habu, in cui si afferma che "le isole non avevano riposo". Se così fosse, risulta evidente che i popoli dell'Haou-Nebout valutarono impossibile vivere nelle loro isole minacciate dalla natura e prepararono con cura ciò di cui avevano necessità: una grande flotta. Anche la Bibbia ci viene incontro, poiché definisce i filistei (uno dei popoli del mare) come i "sopravvissuti delle isole". Ovidio scriveva di un evento astronomico con la caduta di un astro dal cielo: "E' Fetonte che prima di precipitare nel mare Atlantico, dove si getta il fiume Eridanio, incendia e desertifica al suo passaggio intere regioni della terra, vaporizzandone i fiumi e cambiando drammaticamente il paesaggio”. Questi eventi ambientali portarono a due reazioni: una prima migrazione immediata dovuta alla perdita di ogni bene, e in seguito un piano di invasione accuratamente ideato e progettato nelle isole dell'Haou-Nebout, messo in atto con una perfetta conoscenza del Mediterraneo e dei suoi paesi.


Nell'immagine sopra il popolo rappresentato nella tomba del gran visir Rekmire

2 commenti:

  1. chi erano di preciso questi popoli del mare?

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  2. Gruppi di vari territori e isole che si coalizzavano intorno ad un obiettivo comune, militare o commerciale, che cambiava di volta in volta. C'erano guerrieri, commercianti, ambasciatori e semplici marinai. Nulla sappiamo di preciso sulla loro provenienza e sulla loro possibile integrazione nei luoghi di approdo.

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