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venerdì 2 settembre 2022

Archeologia. Campagne di scavo a Su Angiu (Is Bangius) nel comune di Mandas. Articolo di Pierluigi Montalbano

Archeologia. Campagne di scavo a Su Angiu (Is Bangius) nel comune di Mandas.

Articolo di Pierluigi Montalbano

Negli ultimi anni, in Sardegna, una serie di campagne di scavo hanno delineato le fasi nuragiche tra il Bronzo Finale e la Prima Età del Ferro (XII-VIII a.C.) e messo in luce il rapporto tra le popolazioni locali e nuove genti che frequentano le coste sarde dal IX a.C. I ritrovamenti  archeologici testimoniano relazioni tra i sardi e genti oltremare con numerosi insediamenti distribuiti nell’isola. I manufatti nuragici presenti a Lipari e in altre coste italiche sono il frutto di una serie di fitti contatti commerciali, etnici e culturali con diverse altre compagini mediterranee, fra cui Ciprioti, genti della costa siro-palestinese, Greci ed Etruschi. E’ proprio in quest’epoca che aumenta la frequentazione delle coste sarde e dell’interno da parte di personaggi che si integrano nel tessuto locale e collaborano con i locali per lo sfruttamento dei giacimenti minerari. La produzione alimentare si intensifica e i villaggi vengono attrezzati con magazzini, mercati e nuove abitazioni che ospitano i nuovi arrivati, come documentano i materiali d’importazione presenti nei contesti nuragici. A Mandas, nel sito di Su Angiu, le indagini mostrano una

stratificazione culturale che consente l’analisi delle fasi di trapasso tra i vari periodi: l’area archeologica, dominata da un imponente nuraghe quadrilobato con antemurale, vede, nelle fasi tardo nuragiche la presenza di materiali esterni dovuti a contatti con genti d’oltremare. In età punica e nelle successive epoche romana, tardo-antica e alto-medievale, il sito si sviluppa e consente agli studiosi di ricostruire la storia del popolamento del territorio nelle diverse epoche. 


La campagna di scavo del 2007 ha indagato il “comparto C”, un rettangolo di 15 x 10 m a Sud del nuraghe. La scelta è stata suggerita dalla presenza di un gradone artificiale con direzione Est-Ovest, in corrispondenza del quale c’è un pozzo realizzato con pietrame irregolare. L’area di scavo si sviluppa trasversalmente rispetto al gradone citato, e comprende un settore posto al livello più alto, con evidenti tracce di strutture, ed un altro, in basso, senza evidenze monumentali. Le analisi sui materiali archeologici di superficie, abbondanti e prevalentemente di età punica, non sono affidabili poiché l’area era stata a lungo utilizzata come discarica per i ripetuti spietramenti dei terreni adiacenti coltivati a vite, tanto da determinare l’accumulo artificiale di materiale litico e ceramico di riporto. A Sud del pozzo c’è una struttura semicircolare costituita da due muri concentrici, parzialmente coperta da un muro rettilineo più recente. A pochi metri  sono affiorate le creste di tre muri di un ambiente quadrangolare riempito da uno strato terroso, formatosi  in una fase di abbandono della struttura come testimoniano i materiali archeologici di età bizantina. 


Lo strato di abbandono copriva un livello di crollo costituito da laterizi (embrici a margini rialzati) e pietrame impostato su uno strato di terra argillosa che, a sua volta, copriva il pavimento del vano, costituito da lastre ben rifinite in arenaria. La scarsa presenza di materiali archeologici al livello di questa pavimentazione ha fatto ritenere plausibile l’ipotesi di un abbandono volontario della struttura, avvenuto in età alto-medievale, cui è seguito il crollo della copertura e il riempimento progressivo e naturale dell’ambiente. 

La cura nella realizzazione del pavimento e l’imponenza delle strutture murarie, fanno ritenere che l’ambiente facesse parte di un edificio di pregio di cui si ignora la funzione. All’esterno del vano 1 c’è una pavimentazione di ciottoli riconducibile ad uno spazio aperto, probabilmente un cortile di pertinenza. In corrispondenza del gradone sono presenti diverse strutture murarie rettilinee, con direzione Est-Ovest e Nord-Sud e un pavimento sistemato a Nord del pozzo, esternamente al vano 1. 


Tali strutture si riferiscono ad una sistemazione a gradoni del dislivello venutosi a creare tra la parte bassa dell’area e quella superiore in seguito alla costruzione di edifici di età romana. Nel settore meridionale dell’area d’indagine ci sono due grandi fosse terrose contenenti materiali nuragici e punici appartenenti alla frequentazione precedente del sito ma non può escludersi che siano riconducibili allo spietramento effettuato negli ultimi secoli per lo sfruttamento agricolo dell’area. 

Nella seconda campagna di scavo del 2008 si è scelto di operare in due settori distinti, uno a Sud e uno a Nord. Nell’area a Sud, un saggio di 10 x 10 metri, si è asportato un sottile strato di humus superficiale con pietre, arbusti secchi e paglia. Sotto c’erano numerosi laterizi e frammenti ceramici, per lo più di epoca storica ma anche nuragici, tra cui alcune fusaiole.  In conclusione, le tre campagne di scavo hanno permesso di identificare due settori distinti: uno meridionale, sottoposto a pesanti interventi di manomissione, che ha restituito le tracce più antiche di frequentazione, da età nuragica in poi; uno settentrionale, sistemato ad un livello più alto, lungo il pendio dominato dal nuraghe, quasi interamente occupato da un abitato di età romana con strutture rettangolari. Lo studio dei materiali ceramici rivela un’occupazione nuragica connessa con le fasi di impianto del monumento, con olle con labbro ingrossato, ciotole carenate e fusaiole, databili al Bronzo Recente e Finale. 

La presenza di materiali arcaici di produzione greca è legata, invece, ai contatti con gli insediamenti commerciali della costa cagliaritana. Ben più evidente è una successiva frequentazione di età punica con numerosi manufatti ceramici fuori contesto, continuata nella successiva età romana-repubblicana. All’età romana imperiale sono riferibili le strutture in elevato della parte settentrionale dell’area, impiantate su precedenti livelli di frequentazione. Ciò risulta evidente nel caso del pozzo nuragico, ricoperto dalle strutture monumentali romane. Le fasi romana imperiale e successive sono attestate da frammenti di ceramica sigillata africana. Il sito pare abbandonato in epoca tardo-medievale, con esclusivo sfruttamento agricolo dell’area.


Fonte  consultata: https://ojs.unica.it/index.php/layers/article/view/2579

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