Archeologia. La Caccia Sacra, un rituale arcaico.
Articolo di Pierluigi Montalbano
In Sardegna si conoscono una serie di bronzetti di epoca nuragica che manifestano la volontà delle comunità di partecipare ad attività legate alla caccia e all'offerta di sacrifici alle divinità. È il cervo l'animale più rappresentato, spesso associato a spade votive e al fedele cane che con le sue doti di cacciatore naturale aiutava l'uomo a catturare le prede. Gli antichi si cibavano di ciò che trovavano: frutta, vegetali, carne, molluschi e pesci. Stagionalmente si spostavano alla ricerca di terre in grado di garantire cibo, e si aggregavano in tribù, dove ognuno aveva un ruolo e preparava utensili, armi e tutto ciò che serviva al gruppo per la caccia e la preparazione degli alimenti. L'umanità si sentiva parte della natura e prima di partire per una battuta di caccia, gli uomini prendevano le sembianze della preda indossando le sue pelli, creando statuette o pitturando le pareti in onore delle prede. C'era rispetto per l'animale e si celebravano riti propiziatori. Cacciare era un atto sacro, ci si metteva alla pari della preda e si scendeva in campo senza la certezza di vincere. La morte degli animali catturati era necessaria per la sopravvivenza della tribù, e per onorare la preda nulla andava sprecato: la carne, il sangue, le ossa e la pelle.
Era un modo per ricomporre l’animale e donargli nuova vita. La divisione dei ruoli era importante, dai cacciatori ai costruttori di armi, da chi si occupava di tenere il fuoco acceso per essiccare e cuocere le carni, allo sciamano che celebrava i riti. La caccia sacra era un potente strumento di unione e stabiliva le gerarchie tribali. Con l'avvento dei metalli e la diffusione dell'agricoltura, l’uomo diventa stanziale e capisce che alcuni animali possono essere addomesticati, chiusi in recinti e sfruttati in vario modo. Da quel momento, le attività legate alla caccia si concentrano nella stagione fredda, per avere di che mangiare durante l’inverno, tuttavia, i rituali della caccia sacra continuano per celebrare il passaggio all'età adulta o per determinare un nuovo ruolo sociale.
Simbolicamente, ciò che prima si esprimeva attraverso la caccia, con l'agricoltura si attuava con l’uso della falce che decapitava il grano, con lo scorrere del vino dopo la fermentazione dell’uva e con altre attività che rappresentavano quella sacra follia che vedeva i guerrieri rischiare la vita per la tribù e bagnarsi con il sangue dell’animale ucciso per onorarlo. In seguito, la caccia perse il valore sacro ma conservò quello dell’affermazione del proprio status di guerriero perché la preda era libera e poteva uccidere il cacciatore. Oggi gli animali non sono più esseri viventi da trattare con rispetto, con cui confrontarsi in un duello alla pari. Con le nuove armi la caccia è diventato un gioco cruento, un hobby della nobiltà per esibire il proprio stato sociale, fino ad arrivare alla crudeltà di attirare le prede con richiami falsi e trappole.
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