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venerdì 1 aprile 2022

Archeologia della Sardegna. Un elmo di tipo miceneo portato alla luce in un sepolcro del Sinis, a poca distanza da Mont'e Prama. In una tomba vicina c'era il corpo di una donna e nel corredo un particolare bruciatore di incenso poiché reca tre motivi solari che combaciano con dell’arte rupestre

Archeologia della Sardegna. Un elmo di tipo miceneo portato alla luce in un sepolcro del Sinis, a poca distanza da Mont'e Prama. In una tomba vicina c'era il corpo di una donna e nel corredo un particolare bruciatore di incenso poiché reca tre motivi solari che combaciano con dell’arte rupestre

Articolo di Pierluigi Montalbano

Un elmo di tipo “miceneo” è stato recuperato nella tomba di un guerriero greco nella penisola del Sinis, a nord del sito di Mont’e Prama, nella Sardegna centro occidentale. Si trovava in una vasta necropoli del VIII secolo a.C., non lontana dall’antica città di Tharros. Realizzati in bronzo, gli elmi micenei coprivano completamente la testa e proteggevano il collo; le uniche fessure erano per gli occhi e la bocca, mentre l’interno era imbottito con tessuto o cuoio. Quello trovato è corroso e frammentato, ma la sua scoperta è estremamente importante dal punto di vista storico. È l’unico elmo miceneo scoperto nella zona. Tradizionalmente, questi elmi apparvero intorno al VII secolo a.C. e sono uno dei simboli dell’antica Grecia. La dea Atena e Pericle sono solitamente raffigurati mentre li indossano. Alla morte di un guerriero, i suoi elmi venivano seppelliti accanto al corpo. Secondo Roman Mimohod, direttore degli scavi per conto dell’Istituto di archeologia dell’Accademia orientale delle scienze (IA RAS), “l’elmo della penisola del Sinis risalirebbe al primo quarto dell’VIII secolo a.C.”. Sin dal Bronzo Recente, i micenei frequentarono l’isola nelle zone di Antigori (Sarroch), Arrubiu (Orroli) partecipando con i locali alla fondazione di importanti villaggi per lo sfruttamento delle risorse minerarie locali, mantenendo solidi legami culturali e commerciali con le popolazioni nuragiche. Nei pressi della tomba del guerriero è stata portata alla luce anche la tomba di una nobile donna guerriera nella quale è stato rinvenuto un tesoro di antichi gioielli della prima età del Ferro, verosimilmente contemporanea dell’altro sepolcro. 

Gli studiosi ipotizzano che la donna fosse di stirpe sarmata, una popolazione nomade che migrò dall’Asia centrale agli Urali e poi in Occidente tra VIII e il VII secolo a.C., e che ispirò le Amazzoni della mitologia greca. Oltre ai gioielli d’oro e d’argento, gli archeologi hanno trovato più di 100 punte di freccia nella tomba, oltre alla bardatura del cavallo. Le prime analisi dei denti suggeriscono che morì in tarda età, forse sopravvivendo alle battaglie dell’epoca. Era sepolta con un uomo – ritenuto suo marito – ma la tomba di questi era stata già saccheggiata, spiegano gli esperti dell’Istituto di archeologia dell’Accademia delle scienze. La tomba della donna si trova all’interno di un’area che conta almeno 29 tumuli funerari. Il sito è venuto alla luce durante la costruzione di una condotta idrica del consorzio di bonifica del Campidano. L’archeologo Roman Mimokhod ha detto: «La maggior parte delle sepolture sul sito sono state saccheggiate e, di certo, è una grande fortuna averne trovata una intatta. È interessante che ci siano due sepolture in un singolo tumulo. Uno apparteneva certamente a un uomo ma è stata totalmente saccheggiata. Abbiamo trovato solo cocci e ossa sparse. Controlleremo le ossa, ma siamo quasi sicuri che fosse un nobile maschio. Pensiamo che si trattasse di una sepoltura doppia per un nobile sarmata e sua moglie. La tomba si trova ad una profondità di 2 metri, ed era coperta con un soffitto di legno. 

Secondo gli storici antichi, le donne sarmate partecipavano alle ostilità e il ritrovamento delle punte di freccia è una conferma indiretta di ciò». Verranno condotte delle analisi e i risultati saranno annunciati in futuro. Vicino al cranio della donna vi erano orecchini d’oro pendenti, mentre uno specchio di bronzo era vicino alla sua spalla. «Il collo del suo abito era decorato con foglie d’oro a forma di testa di ariete stilizzato», ha aggiunto Mimokhod. «Le maniche erano ricamate con perline colorate combinate con placche d’oro triangolari e semisferiche. Su ogni mano – un bracciale d’oro. Sul petto vi erano varie perline, tra cui una gemma con un’iscrizione fenicia o aramaica antica. Sul bacino giaceva una fiala d’oro chiusa fermamente e dal contenuto fossilizzato. Analizzeremo il contenuto, ma probabilmente era incenso». Alla sua mano destra c’erano frammenti di piatti di legno e una coppa. Ai piedi si trovavano invece frammenti di un secchio di bronzo con ornamenti floreali e l’immagine della testa di una gorgone. All’estremità della tomba erano situati quattro recipienti di ceramica». Un piccolo ‘ripostiglio’ conteneva infine una collezione di coltelli e una spada non finita con delle spille sull’impugnatura. “Una delle cose più inusuali di questi ritrovamenti è che questi oggetti sono stati datati al Primo Ferro. È piuttosto unico, non ho mai visto una tale combinazione prima e non ne avevo sentito parlare. Vuol dire che gli oggetti più antichi passarono di mano per molto tempo e finalmente furono seppelliti con questa nobildonna. Pensiamo, dunque, che questi oggetti avessero un significato rituale. 

Speriamo di fare delle scoperte ancora più rare a spettacolari il prossimo anno, quando continueremo a studiare questo eccezionale tumulo funerario e scaveremo la parte centrale”. Gli archeologi credono che la donna godesse si uno speciale status durante la sua vita, come indicato dai circa 100 pendenti fatti con denti di diversi animali, dagli oggetti tagliati da ossa e corna, dai due vasi, dai recipienti con aghi d’osso dentro, dal coltello di bronzo, e dalle oltre 1.500 perline che imbellivano il suo abito funebre. Molto interessante è poi il bruciatore di incenso poiché reca tre motivi solari che combaciano con dell’arte rupestre, scoperta in precedenza, in Valcamonica. «Tutte queste immagini precedentemente scoperte erano state trovate solo su rocce o pietre», continua l’archeologo. «Ora finalmente potremo scoprire quando vennero fatte ma, grazie a questa ricerca, possiamo già dire con certezza che tutte quelle opere d’arte rupestre furono opera della cultura di Okunev». Dopo la datazione e il restauro, il bruciatore di incenso sarà esposto nel Museo di Cabras. Un altro ritrovamento è una lastra di pietra con una rara immagine di un toro dal corpo rettangolare. Non sono comuni in Occidente, ma sono noti nel territorio dell’odierno Kazakistan. Gli archeologi pensano dunque che alcuni gruppi del popolo di Okunev possa essere migrato. Le coperture in pietra di alcune tombe sulla collinetta di Mont’e Prama portavano anch’essi delle immagini incise, sono i cosiddetti visi di Okunev. Gli archeologi credono che non siano visi di persone reali, ma immagini di spiriti, dèi e altre divinità sovrannaturali. La civiltà deve il suo nome alla località di Okunev, nel sud della Chakassia, dove il primo sito funebre di questo tipo venne scavato nel 1928. Le Stele di Okunev – delle colonne di pietra antropomorfe alte diversi metri – sono il monumento più noto di questa cultura.


Fonte: https://i.pinimg.com/474x/43/5e/cb/435ecbe4c9828abc4ee9061bde90513b.jpg

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