Archeologia della Sardegna. Bronzetti, espressione artistica del mondo sacro nuragico.
Articolo di Pierluigi Montalbano
Pur
se le tecniche di lavorazione dei metalli sono conosciute in Sardegna fin dall’inizio
del III Millennio a.C., esse si svilupparono notevolmente soprattutto nell’Età
del Bronzo e del Ferro grazie alle conoscenze raggiunte e all’abilità dei tanti
artigiani nuragici. Rame e galena argentifera erano i metalli più preziosi e
diffusi e, per ottenerli, bisognava individuare i giacimenti, provvedere
all’estrazione e alla frantumazione delle rocce, conoscere la tecnica per
operare una fusione per ottenere manufatti finiti da mettere sul mercato che,
evidentemente, bisognava conoscere. Nel Bronzo medio, circa 3500 anni fa, in
Sardegna si riesce a ottenere la fusione della lega di bronzo, una miscela
solida composta da 9 parti di
rame e una di stagno, quest’ultimo molto raro nel
Mediterraneo. La produzione di manufatti comprendeva armi, gioielli, utensili e
lingotti utilizzati come moneta per la loro caratteristica di essere facilmente
trasportabili e convertibili in qualsiasi oggetto d’uso. Nella prima Età del
Ferro, dal IX a.C., dopo aver perfezionato la tecnica della fusione a cera
persa nei due secoli precedenti, i nuragici iniziano a produrre piccole eleganti
sculture di bronzo conosciuti con il nome di bronzetti. Tutti questi manufatti sono
ottenuti con un metodo di lavorazione che inizia con la realizzazione dell’oggetto
con la cera d’api per poi rivestirlo di una miscela di argille ottenendo in
questo modo la matrice del manufatto da realizzare. Dopo questa prima
operazione si inserisce la matrice nel forno per far vaporizzare la cera e
ottenere un guscio vuoto che contiene la forma in negativo del bronzetto.
Subito dopo si passa alla fase della colata: quando l’alta temperatura del
crogiolo, oltre 1300 gradi, avrà reso perfettamente liquido il bronzo, si
posiziona il guscio fuori dal forno e in esso viene versato il metallo, ponendo
la massima attenzione a eliminare le scorie superficiali per non compromettere
la buona riuscita dell’operazione.
Il prodotto, una volta raffreddato e pulito
dall’argilla che lo avvolge, assumerà la forma del precedente manufatto in
cera. Il bronzetto è bello e fatto ed è un pezzo unico poiché il guscio
d’argilla che lo conteneva nella fusione viene distrutto per estrarre il
manufatto. Gli archeologi, e purtroppo non solo loro, hanno portato alla luce
circa 600 bronzetti e oltre 150 piccole barche, testimoni di un’attività
artistica straordinaria, legata al potere e alla religiosità dei nuragici. I
luoghi di ritrovamento sono generalmente
i santuari e i pozzi sacri, ma non mancano i ritrovamenti in sepolture e nei
pressi dei nuraghi. Questa produzione è attestata fino a metà del VI secolo
a.C., quando iniziano gli infruttuosi tentativi di controllo delle coste sarde
da parte dei cartaginesi. Si sa, con le guerre l’arte è compromessa e le
risorse vengono destinate agli armamenti e alle fortificazioni, e anche se i
cartaginesi finirono per accordarsi con i
potenti clan nuragici, i conflitti finirono per far decadere questa tradizione
artigianale sarda che oggi, fortunatamente, possiamo ammirare nei musei di
tutto il mondo. Si tratta di manufatti rappresentanti capi villaggio,
guerrieri, sacerdoti e sacerdotesse, portatori d’offerte, madri con figli in
grembo, adoranti, musicanti, lottatori. Dall’analisi visiva saltano all’occhio
tanti dettagli della vita quotidiana dell’epoca: vestiario, armi, animali e
tanti oggetti indossati o tenuti in mano. Le navicelle formano un gruppo a sé e
ne scriverò più avanti. In esse si distinguono prue con forme di teste animali,
battagliole, elementi utilizzati in navigazione, simboli di vario tipo. Forse
queste navicelle rappresentavano le barche funebri che trasportavano il defunto
nell’aldilà, o il possesso di una flotta, o ex voto di marinai scampati a
tempeste. La loro forma suggerisce anche l’ipotesi che potessero essere utilizzate
come lucerne o arredo liturgico per il fuoco sacro. La nascita della
rappresentazione figurata appare espressione di una società che cambia
struttura e avverte come fondamentale il momento della rappresentazione di
simboli che richiamano il loro status. In altri termini, una società in cui la
produzione figurativa è finalizzata alle necessità politiche e celebrative
della classe dominante. Nella prima Età del Ferro, la Sardegna è al centro
degli interessi commerciali e
delle vie navali dei popoli che si affacciano nel Mediterraneo. Bronzetti e
navicelle, una produzione artisticamente e ideologicamente elevata, propongono un
mondo legato al commercio, alla pirateria e alle straordinarie elaborazioni
araldiche. Si tratta di una società in grado dove operano artigiani e botteghe
capaci di rielaborare, in forma originale, quegli fermenti stilistici e
iconografici che fin dal Bronzo finale circolavano nell’isola. Ritengo che tali
botteghe si avvalessero anche della presenza e delle conoscenze di artigiani
stranieri, a riprova del grado di articolazione della società sarda dell’epoca.
I gruppi sociali committenti si riconoscono nella tematica che i bronzisti
sviluppavano, gruppi espressione di un alto livello sociale. Raramente si
rappresentano personaggi appartenenti a classi sociali poco abbienti.
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