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lunedì 1 febbraio 2021

Archeologia della Sardegna. “Su corpu' e conca”, l'arma segreta degli Shardana? Articolo di Gustavo Bernardino

 Archeologia della Sardegna. “Su corpu' e conca”, l'arma segreta degli Shardana?

Articolo di Gustavo Bernardino

 


 A guardare le immagini dei bronzetti raffiguranti guerrieri Shardana, viene naturale porsi delle domande su come poteva essere davvero vissuta la vita di un militare di allora. Prendiamo ad esempio un arciere con l'elmo cornuto e proviamo a capire che ruolo poteva avere in ambito militare. Se possedeva un arco ovviamente era un arciere, ma l'elmo cornuto che funzione aveva, posto che non tutti gli arcieri dei bronzetti hanno l'elmo cornuto? Una prima considerazione può portarci a pensare che esistessero diverse etnie e conseguentemente differenti abbigliamenti, ma il caso preso in esame richiede comunque delle risposte.

Forse è necessario entrare in uno specifico ambiente militare e cercare in questo ambito di trovare la soluzione. Come abbiamo visto il personaggio in esame ha un'arma di offesa (l'arco) e uno strumento di protezione (l'elmo). E' difficile pensare che l'elmo servisse per proteggere dalle frecce lanciate dagli avversari, è più probabile ritenere che l'elmo servisse per parare eventuali colpi di spada e in questo caso però si deve prendere in considerazione l'ipotesi di un possibile coinvolgimento nel corpo a corpo. Se fosse giusta questa osservazione ne deriverebbe una prima interessante immagine dello svolgimento di una battaglia. Infatti si possono intravedere due precise azioni militari: la prima nell'utilizzo dell'arco che aveva il compito di eliminare un gran numero di nemici tenendosi a distanza da essi. La seconda in cui le parti contendenti entravano a contatto diretto che richiedeva, perciò, l'uso della spada. In questa fase, del corpo a corpo, giocavano un ruolo fondamentale diverse componenti: la fisicità (altezza, robustezza, forza, agilità, ecc.)la velocità di pensiero e decisione, l'esperienza e soprattutto la preparazione. Ma esistono documenti da cui si può ricavare la giustezza di tali ragionamenti? Per fortuna si.

 
L'immagine (presa da internet) rappresenta un momento della battaglia di Qadesh, combattuta dal Faraone Ramesse II contro gli Ittiti guidati da Muwatalli II, in cui per amissione dello stesso faraone, i soldati Shardana hanno avuto un ruolo importante.

Questa immagine è preziosa perché permette di capire come fosse essenziale per (i valorosi Shardana) indossare il casco cornuto, che era ben saldo nella testa tenuto da un sottogola, come  evidenziato nella immagine scolpita nel tempio di Luxor e che probabilmente svolgeva due funzioni simultaneamente. La prima, la più intuitiva, è quella di proteggere il capo dai colpi di spada o di altri corpi contundenti, la seconda invece è meno evidente ma, a mio parere plausibile, consentiva al guerriero Shardana di colpire il nemico con il classico e tradizionale (per i sardi) “corpu' e conca”, che essendo, appunto, armata delle corna poteva essere decisiva nello scontro a due. Per dipiù, siccome le corna erano un simbolo sacro che rappresentava una divinità, come vedremo più avanti, l'elmo svolgeva oltre alla funzione protettiva tecnica già descritta, anche una protezione divina che assicurava, probabilmente, al nostro guerriero, la garanzia di un contributo celeste per eliminare l'avversario.

Sul significato delle corna, è interessante leggere quanto scrive al riguardo Salvatore Dedola nel cap. 10.3 del volume II dell'Enciclopedia della Civiltà Shardana (Grafiche del Parteolla 2018, pagg. 72/73):”Vi è continuità nella tradizione delle narrative orali tra Canaan e Israele, anche sul piano religioso: è infatti Ilu/El-Yahweh il dio che assicura eredi, benedicendo i suoi fedeli e rivelandosi in sogni oracolari; è Ilu-El-Yahweh che nel così detto “Ciclo di Giacobbe” assume il titolo di “Toro di Giacobbe”, in perfetta linea quindi col titolo di “Toro” che Ilu aveva ad Ugarit. Lui è quel “Dio dei padri” i cui luoghi di culto erano Bet'el e, in epoca pre-monarchica (XII sec.), Dan (Gdc 18, 30) in Galilea, centro di irradiazione della cultura cananea e punto di incontro delle epiche di Ugarit con le narrative patriarcali del Genesi.

La Bibbia e pure il Nuovo Testamento non risparmiano i passi dove le corna sono bellamente rappresentate. Nell'Apocalisse 5,6 l'agnello ha sette occhi e sette corna. E pure Mosè scende dal Monte Sinai (Es 34, 29 sgg) con due corna sul capo. Questo passo è talmente sconvolgente per gli Ebrei ortodossi, che la Bibbia Ebraica (es. quella del rabbino Dario Disegni) trascrive il termine come 'viso risplendente' anziché 'viso cornuto'...” Dedola continua la sua esposizione con sapiente e ampia argomentazione per spiegare il “raffinato gioco di sotterfugi intessuto da millenni dagli Ebrei, i quali non potranno mai ammettere che proprio Mosè, il rigoroso promotore del Primo Monoteismo Universale, indossasse le corna al pari di ogni sacerdote, o re, dei popoli “pagani”...”

Riguardo alla divinizzazione del Toro e al culto che lo ha venerato per oltre 2.000 anni, ho ampiamente argomentato in un articolo del 6/12/19 ( in questa rivista ) in cui, appunto, ho evidenziato come fosse rilevante questa figura celeste nella vita dei nostri antenati a partire dall'eneolitico. L'immagine del toro la troviamo riprodotta in epoca  tarda nelle dimore dei defunti. Un esempio significativo è quello delle “domus de janas” di Museddu a Cheremule.

 

L'ingresso di questa costruzione sepolcrale realizzato a forma di protome taurina, forse concepito in funzione del valore simbolico, doveva probabilmente illuminare (scaldare) il corpo del defunto per consentirgli di raggiungere l'aldilà.

Tornando agli Shardana ed all'uso dell' elmo cornuto, ritengo che fosse loro consuetudine utilizzare nel duello il “ corpu' e conca” per le ragioni innanzi esposte che trovano fondamento anche nella osservazione delle naturali abitudini dell'animale Toro. E' risaputo infatti che la bestia, affronta il nemico colpendolo con la testa.

 

 

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