Archeologia. Notiziario sugli scavi e restauri delle aree archeologiche delle città distrutte dall’eruzione vesuviana del 79 d.C., gestite dal Parco Archeologico di Pompei.
Recensione di Felice Di Maro
L’Associazione Internazionale Amici di Pompei, oltre che la casa degli studiosi, è un riferimento scientifico imprescindibile per chi vuole approfondire e studiare la città antica di Pompei, il suo suburbio e tutte le altre città vesuviane. Era il 13 luglio del 1955 quando Amedeo Maiuri, Soprintendente archeologo della Campania, con un atto presso il notaio Romolo Scivicco registrato a Napoli il 16 luglio 1955 (n.1555) fondò quest’associazione. I soci fondatori, oltre ad Amedeo Maiuri, furono Francesco Sbordone, Olga Elia, Domenico Mustilli, Mario Napoli, Giovanni Oscar Onorato e Attilio Stazio. L’art. 2 dello statuto ha sempre imposto che lo scopo dell’Associazione sia sempre quello di promuovere:
La Rivista pubblica contributi di archeologi e studiosi di storia e arte, molto importante è la sezione del Notiziario che, di anno in anno, dà conto degli scavi e/o delle attività scientifiche svolte dalla Soprintendenza archeologica di Napoli e Pompei, oggi Parco Archeologico di Pompei, attraverso i propri uffici periferici, o da Istituti Universitari o di Cultura italiani e stranieri. L’Associazione non ha
fini di lucro e si attiva sempre in appoggio alle istituzioni preposte alla tutela e al riguardo il Soprintendente di Napoli e Pompei in carica ha sempre presieduto il Consiglio Scientifico dell’Associazione, attualmente l’Associazione è presieduta dal noto archeologo prof. Stefano De Caro che ne è il Presidente. Lo Statuto è stato aggiornato alle nuove esigenze con atto del notaio dott. Raffaele Matrone del 6 luglio 2005, registrato a Castellammare di Stabia il 7 luglio 2005 con il n. 2966/17.L’Associazione svolge da anni un’importante attività scientifica e culturale con una propria rivista: Cronache Pompeiane (ed. Macchiaroli, Napoli, nn. I a V, 1975 - 1979), poi Pompeii Herculaneum e Stabiae (numero unico I, 1983, Pompei) e attualmente Rivista di Studi Pompeiani (I-1987, XXXI-2020 Roma, L’ Erma di Bretschneider); in questa recensione si presenta il n. XXX del 2019.
12 sono gli articoli. Offrono un quadro degli studi su urbanistica, Pompei. Sulle tracce di fondazioni urbane, di Sandra Zanella, sui graffiti, Manliane, malum tibi eveniat. Spigolando su nuovi graffiti pompeiani, di Antonio Varone, vedutismo, Il Tempio della Fortuna Augusta di Pompei nelle immagini dell'Ottocento, di Domenico Russo;
sulle nuove élites locali di Aude Durand, “Holconia,
fille de Marcus: nouveaux temoignages sur les ateliers des Holconii pompéjens”, Holconia è la figlia di Marco e vengono
presentate le nuove testimonianze sulle botteghe dei Pompeiani e degli Holconii;
La Casa del Marinaio in Pompei (VII 15, 1-2,16). Osservazioni sulla scoperta
della domus e nuove evidenze archeologiche di Ernesto De Carolis, Francesco Esposito, Diego Ferrara.
Importante lo studio di Rosaria Ciardiello, pp.79-90, Influenza, ricezione e fortuna delle decorazioni dalla Villa di Cicerone a Pompei. Partendo da un'analisi del clima culturale del secolo dei Lumi l’Autrice illustra l'impatto delle scoperte delle città vesuviane sulla cultura in Europa del Seicento e dell'Ottocento esaminando i processi di comunicazione delle scoperte in generale, l'influenza delle stesse e la diffusione delle immagini dei quadri artistici ercolanesi e pompeiani ma in particolare analizza quelli della Villa di Cicerone di Pompei, scavata nel 1763 fuori Porta Ercolano tra la porta e la Villa di Diomede di fronte alla Villa delle Colonne a Mosaico e subito sepolta. Questa Villa ha dato diversi affreschi come i famosi due mosaici dell'artista di Samo Dioskourides, oggi conservati presso il Museo archeologico Nazionale di Napoli. L’Autrice analizza i processi di architettura, pittura, decorazione di mobili, ceramica, stili di vita, in Germania, Francia, Spagna, Inghilterra, Russia, Polonia, Svezia, Estonia e Italia, presentando gli artisti, studiosi, e collezionisti e viaggiatori.
Seguono, Insula I 9. Paintings, di Agneta Freccero; “Per una
storia del restauro musivo: il caso emblematico del cave canem tra evidenze
materiali e fonti documentarie” di
Ernesto De Carolis, Francesco Esposito, Diego Ferrara; “La Biblioteca
della Scuola archeologica di Pompei dagli Scavi al Museo di Napoli” di Lavinia De Rosa; “Una
descrizione degli scavi di Pompei negli appunti inediti di una visita del 1784
di Pasquale Baffi: trascrizione, analisi, interpretazione” di Nikola D. Bellucci, Eric M.
Moormann; si conclede con, La Collezione archeologica "Teresa Cristina
di Borbone" nel Museo Nazionale a Rio de Janeiro (UFR), di
Marici Martins Magalhaes.
Il notiziario si apre con le relazioni di Massimo Osanna e Marco Fabbri, pp.187-195, “Le nuove indagini stratigrafiche nella Regio V di Pompei”. Osanna, Dirigente ad Interim del Parco Archeologico di Pompei, ha ricordato il crollo della Scuola Armaturarum del 6 novembre 2010 (area scavata da Vittorio Spinazzola nel 1915-16) che si è verificato soprattutto a causa del dissesto idrogeologico aggravatosi negli ultimi anni per i cambiamenti climatici. Al riguardo il Parco Archeologico di Pompei ha avviato nel 2015 un grande progetto di restauro dell’edificio che da simbolo dei “crolli” oggi, ritornata aperta al pubblico, rappresenta l’emblema del “rilancio” della città antica di Pompei.
Si presentano le fasi salienti di come si è arrivati al Grande Progetto Pompei, acronimo GPPM (M = Manutenzione) che dal 2012 è stato attivato con programmi di sicurezza del sito, opere, conoscenza, comunicazione, fruizione e di manutenzione che, proprio quest’ultimi erano assenti negli ultimi anni. Osanna ha messo in evidenza che si è passati da pratiche di cantiere prettamente operative e prive di una visione processuale a procedure organizzative, di studio e di controllo, da attuare prima, durante e dopo le fasi strettamente esecutive. Un progetto tuttora in corso è stato quello dei “fronti di scavo, ossia le aree dove si sono arrestati gli scavi del XX secolo con l’obiettivo di stabilizzare le pareti di materiale vulcanico che incombe pericolosamente sulle aree scavate”. Il primo lotto di lavoro ha interessato il fronte di Via del Vesuvio e del Vicolo delle Nozze d’Argento, Regio V, insula 6: un’area di circa 2000 m2, il più esteso scavo effettuato a Pompei dai tempi di Amedeo Maiuri.
Continua la relazione con Marco Fabbri che presenta un’articolata descrizione sulla metodologia degli scavi utilizzati a Pompei mettendo in evidenza gli sterri che hanno distrutto i contesti archeologici e mettendo in evidenza le interessanti osservazioni di Marc Monnier pubblicate nella sua guida, Pompei e Pompeiani del 1864, sui metodi di scavo nel periodo preunitario individuando due sistemi di scavo differenti:
«Il primo, inaugurato sotto Carlo III, […] consisteva nello scavare il terreno, di sotterrarne gli oggetti preziosi, e poi ricolmare le fosse: metodo eccellente per formare un museo, ma distruggendo senza misericordia Pompei. […] Il secondo sistema […] fu proseguito vivamente sotto Murat. S’intrapresero gli scavi su diversi punti contemporaneamente, e gli operai allo scopo d’incontrarsi, traforando e tagliando il colle, seguivano le tracce delle vie che passo passo schiudevansi loro dinanzi. […] Seguendo le vie a pelo del suolo, intaccavansi dal basso in su le ceneri e le pomici ammonticchiate che le turavano, donde deplorabili scoscendimenti. Tutta la parte superiore delle case cominciando dai tetti, crollava nelle macerie; mille oggetti fragili si rompevano e andavano smarriti senza che si potesse precisare il luogo di loro caduta» (p.188, da op.cit., 1875 Milano F.lli Treves, pp.15-16).
Come si è arrivati ai metodi d’indagini attuali? L’interrogativo è cruciale e non solo per la città antica di Pompei e in questa recensione non poteva non essere messo all’attenzione. Ecco alcune risposte di Marco fabbri, anche per comprendere la seconda parte della relazione di Osanna, che presenta le metodologie utilizzate per lo scavo dell’insila V. Ecco alcuni passi della sua relazione:
In sostanza, le strategie adottate per questo scavo a Pompei sono in perfetta armonia con la sintesi che Andrea Carandini, promotore alla fine degli anni ’70 del secolo scorso del metodo stratigrafico in Italia, fa dell’archeologia moderna nel suo recente libro “La forza del contesto” (2017). Egli la descrive infatti come una disciplina fondata su tre principi metodologici principali: la stratigrafia; la tipologia dei reperti mobili e immobili (che consente di analizzare e classificare oggetti e strutture prodotti in serie e in grande quantità) e la topografia (non nel significato letterale del termine come “descrizione dei luoghi”, ma, piuttosto come percorso utile a ricondurre le tracce di azioni attestate dalle unità stratigrafiche e dai reperti ad un contesto insediativo più ampio).
In particolare, rispetto alle nuove tecnologie, Carandini dice:
Ai tre metodi principali sono aggiunte […] tre nuove tecnologie, indispensabili per rappresentare i contesti nella loro complessità: 1) Il Geographical Information System (GIS) […]; 2) la grafica del Computer Aided Design (CAD); 3) il «Rilievo a nuvole di punti», che riproduce con straordinaria fedeltà un monumento nelle tre dimensioni […].
Riprende Osanna. La stratigrafia eruttiva è il tema centrale con i dettagli su come è stata svolta l’indagine che è stata complessa e naturalmente è impossibile presentarla qui. Il primo lotto del Gran Progetto di Pompei di cui sopra, era finalizzato alla definitiva stabilizzazione delle scarpate la cui pendenza andava ridotta fino a raggiungere 35 gradi circa. Quindi si è proceduto allo scavo del cosiddetto “cuneo” della Regio V che gravava sulle insule 2 e 3. Lo scavo ha, oltre ad aver liberalizzato completamente nuove aree come la Casa di Orione e la Casa del Giardino, ha completamente liberato il Vicolo dei balconi, molto importante perché presenta abitazioni a due piani e con balconi che hanno dato il nome al vicolo.
Il notiziario continua con le relazioni di Grete Stefani, Ufficio Scavi di Pompei. Attività 2018 2 e Territorio di Pompei; Alberta Martellone e Annamaria Mauro, Terme Centrali: un cantiere di conservazione e ricerca; Angela D’Alise, Ceramiche comuni dal santuario di Fondo Iozzino; Pier Giovanni Guzzo, Addendum alla testa di cavallo Carafa; importante, Mirella Romero Recio (Universidad Carlos III de Madrid), Progetto di ricerca “Ricezione e influenza di Pompei ed Ercolano in Spagna e in America Latina; Immacolata Bergamasco, Ufficio Scavi di Oplontis Attività 2018; Anna Maria Sodo, Ufficio Scavi di Boscoreale Notiziario 2018; Francesco Sirano, Le attività del Parco Archeologico di Ercolano nel 2018;
su Ercolano importante le attività de L’Erculaneum Conservation Project
nell’anno 2018;
su Stabia Giovanna Bonifacio, Notiziario 2018 Ufficio scavi di Stabia, importante il “Dossier Collina di Varano Castellammare di Stabia”, Valerio Papaccio, pp. 224-247, presenta il dossier elaborato dal tavolo tecnico per la prevenzione, contrasto e controllo a tutela e difesa della collina di Varano, Carmela Ariano (PhD Candidate Università del Molise), pp.248-251, presenta Ricerche preliminari sui mosaici di Villa Cuomo a sant’Antonio Abate; piace davvero, Raffaella Federico, Villa Arianna: per una classificazione delle anfore Dressel 2-4 dai vecchi scavi.
Per le Discussioni, Paola Miniero, Ispettore
Archeologo dal 1980 a Stabia, presenta un quadro delle fasi di “Quando
c’erano le Soprintendenze Archeologiche: la Villa romana di San Marco a Stabia
(1980-1999)”: tema centrale il restauro di questa Villa che è stato molto
complesso e laborioso per i danni causati dal sisma del 23 novembre del 1980 che
in Campania provocò danni notevoli anche ad altre aree archeologiche oltre a
danni molto seri alla città di Napoli e particolarmente
nell’Irpinia; ultimo, ci mancherebbe è il primo, Pier Giovanni Guzzo che è
stato a capo della, ex Soprintendenza di Pompei dal 1995 e poi a quella di Napoli ricoprendo altri incarichi per
14 anni, fino all’estate del 2009, dal 1995 al 1997 è stato Presidente dell’Associazione Internazionale Amici di Pompei, presenta, presenta.
Pp. 264-265, “Il Commissario, la valorizzazione e la Corte Dei Conti”, un
quadro di osservazioni sulla sentenza n. 66/2019 della terza sezione
giurisdizionale centrale d’appello della “Corte dei Conti” che ha condannato
Marcello Fiori, già commissario straordinario agli scavi di Pompei dal 2009 al
2010 al pagamento di una rilevante somma di denaro per l’inosservanza delle
procedure che regolano sia l’attività del commissario sia la realizzazione dei
lavori pubblici. Ecco alcuni passi:
«La sentenza, …, contiene interessanti pagine di interpretazione a proposito della teoria e della prassi delle attività di valorizzazione. Non occorre dimenticare che lo spunto per le indagini sia della Procura della Repubblica di Torre Annunziata (non concluse a seguito di decorrenza dei termini) sia della Corte dei Conti è stato costituito dai lavori che hanno interessato il Teatro grande di Pompei.
Lavori che hanno, in pratica, costruito ex novo l’edificio, obliterando (e forse distruggendo) quanto ancora di antico rimaneva della cavea. A ciò si sono aggiunte la costruzione di torri per l’illuminazione notturna e la messa in opera di numerosi container, adibiti a supporto scenico. Non sfugge che la predisposizione dell’antico monumento a moderno edificio per spettacoli era funzionale all’esibizione dell’orchestra del teatro San Carlo di Napoli».
Rivista di Studi Pompeiani 30/2019, Anno di edizione 2020, L'Erma di Bretschneider, pp.272, 150 ill. B/N.
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