I resti del sacrificio sono stati rinvenuti presso lo stipite destro d’ingresso alla camera del pozzo, corrispondente alla parte alta della soglia. Fra le specie animali rivelate dagli studiosi ci sono la
La località in cui si trova il santuario corrisponde probabilmente all’antica stazione itineraria di Carbia, che rappresentava un importante crocevia commerciale, anche se più modesto rispetto a centri limitrofi più importanti, fra cui Colonia Iulia Turris Libisonis, l’odierna Porto Torres.
Un rito per placare gli dei
Il rito fu condotto allo scopo di offrire un dono agli dei pagani che si pensava dimorassero dentro a questo luogo sacro, come mezzo di espiazione per aver chiuso il tempio in conseguenza della diffusione della religione cristiana in età tardo antica - in particolare con l’arrivo dell’imperatore Onorio (384-423 d.C.) e con il pontificato di papa Gregorio Magno poi (durante il VI secolo d. C.) - e dell’imposizione della chiusura o del riutilizzo dei luoghi di culto pagani.
“Siamo di fronte a un cosiddetto ‘rito di soglia’, le cui testimonianze in Sardegna e in generale in Italia sono rarissime”, spiega Alessandra La Fragola, archeologa autrice della scoperta coadiuvata dallo studio archeo zoologico di Stefano Masala e quello numismatico di Giuseppe Carzedda. “Nella Roma antica la soglia era considerata luogo di passaggio tra il privato e il pubblico, tra i vivi e i morti, tra divinità malevole e benevole. Per questa ragione non erano rari i riti finalizzati a proteggere gli ingressi delle abitazioni, ma anche delle grotte, dei templi e dei santuari. E in questo caso, il sacrificio animale ha lo scopo di offrire un dono agli dei e di placare la loro ira di fronte al varco che si chiude”.
I ricercatori non sono in grado di dire chi sia stato l’autore del rito, se un pagano o un cristiano.
“A prescindere da chi abbia officiato il rito, la scoperta testimonia il forte sentimento religioso presente nell’antichità, il timore reverenziale verso le antiche divinità che resta forte anche quando si passa all’età cristiana”, continua La Fragola.
Il culto di Giano
Nel santuario nuragico sono state scoperte monete raffiguranti Giano, in particolare un asse romano (la moneta di bronzo in uso durante la Repubblica e l’Impero romano) con Giano bifronte (essendo una divinità bicefala veniva raffigurata con una testa doppia), rinvenuto nei pressi della soglia secondaria a ovest, ricavata in età romana. I ricercatori ipotizzano che il rito fosse dedicato a Giano, ma solo ulteriori ritrovamenti da altri contesti potranno confermarlo.
Il culto di Giano era molto sentito a Roma: era il rappresentante dei patti e delle transazioni commerciali e a questa divinità fu dedicata il recto della prima moneta romana. Il volto di Giano è impresso sulla serie dell’asse per tutto il periodo repubblicano fino al secondo triumvirato, quando, sugli assi bronzei di Pompeo Magno Sesto, apparve a fini propagandistici.
La moneta con il volto di Giano era probabilmente un dono in suo omaggio: il doppio volto simboleggiava il suo ruolo di sorvegliante nelle due direzioni, di custode di ogni passaggio e mutamento.
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