Archeologia. Launeddas,
lo strumento musicale più antico del mondo ancora in uso. Una peculiarità sarda
che risale alla Civiltà Nuragica.
Un
incontro con il pubblico cagliaritano per conoscere le launeddas e l’opera
dell’antropologo Bentzon. In Sardegna negli anni ’50 il giovane studioso
girò per i paesi dei maestri: le sue immagini e le sue registrazioni – tra le
prime in assoluto – sono preziose testimonianze. L’appuntamento, dal titolo
“Sulle tracce di A. F. W. Bentzon in Sardegna” è a Cagliari, Venerdì 31 Marzo,
alle ore 19, nella sala conferenze Honebu, in Via Fratelli Bandiera 100. Il
prof. Dante Olianas parlerà della storia delle launeddas nel panorama degli
strumenti ad ancia in Europa e della figura del Bentzon nel panorama della cultura
sarda. Seguirà la proiezione del film “Is Launeddas, la musica dei
Sardi” girato dal Bentzon nel 1962 e montato da Fiorenzo Serra nel 1998.
Bentzon,
un ricercatore eclettico.
Questa
terra è “ [ ... ] una miniera d’oro per gli elementi culturali che, grazie al
suo isolamento geografico e alla scarsità di porti, sono stati preservati
intatti e non rimpiazzati dalle altre culture mediterranee”. Così il Bentzon,
nel 1958, presentava la Sardegna agli studenti di musica dell’Università di
Copenaghen. Di questa ricca e impervia miniera, egli ne avrebbe scavato e
valorizzato ogni filone: dagli aspetti sociologici tra religione e paganesimo a
quelli socioantropologici attraverso il contatto diretto e approfondito con le
genti dei paesi e nella ricerca e documentazione di racconti della memoria;
dalla poesia in lingua sarda alla musica tradizionale. Tra i tanti studiosi
forestieri che si susseguirono nell’Isola nell’arco degli ultimi due secoli,
Andreas Fridolin Weis Bentzon – la cui vita fu troppo breve – è forse il più
eclettico, colui che, lavorando su basi popolari, ha rimesso in luce molti
degli alti e peculiari contenuti della cultura sarda. Negli anni Cinquanta del
Novecento, quando l’Autore vi giunse, la Sardegna soffriva ancora della
devastante crisi della sua cultura iniziata negli anni Venti, quando vennero
proibite le manifestazioni legate alla musica, al ballo e alla poesia, e
proseguita con l’impatto invasivo di culture esterne, dovuto al nuovo fenomeno
dei mezzi di comunicazione di massa, nel dopoguerra. Per quanto riguarda il
mondo delle launeddas, bisogna anche considerare che a questa crisi si deve
aggiungere l’arrivo dei mezzi di diffusione meccanica della musica, che
sostituirono i suonatori con i dischi, e l’assurdo balzello SIAE preteso dalle obrerìas
– i comitati che organizzavano e ancora organizzano feste e balli popolari –
che portarono a una rarefazione progressiva dei contratti annuali dei
suonatori. L’arrivo del Bentzon in quegli anni sortì effetti taumaturgici: la
sua acutezza e la sua sensibilità nel riuscire a gestire le situazioni
difficili dovute a un’iniziale diffidenza e il grande rispetto che nutrì nei
confronti degli “informatori” e della loro arte gli consentirono di guadagnarsi
la stima di tutti, riuscendo così a registrare ogni minimo particolare delle
conoscenze dei suoi interlocutori e a fissarle in una incredibile mole di
appunti, trascrizioni, materiali sonori, fotografici e filmici.
Cronologia
1936
Andreas Fridolin Weis Bentzon nasce a Gentofte, sobborgo di Copenaghen, da Jørge
Bentzon, giurista e compositore e da Michala Weis, e vi trascorre l'infanzia e
la prima giovinezza, rivelando precoci doti di intelligenza e di carattere.
1952
È accolto, come contrabbassista, dal fratello maggiore Adrian, pianista, nella
sua jazz-band la: "Adrian Bentzon's Jazz Band" che si esibisce nel
jazz-club “Storyville”, vicino al porto di Copenaghen.
1953
Primo viaggio in Sardegna, da turista, e primo incontro con il mondo della
musica popolare sarda e del suo strumento, le launeddas.
1954
Continua l'attività di jazzista col fratello Adrian, che ha fondato il
jazz-club "Montmartre" a Copenaghen. Si iscrive al Corso di
Antropologia dell'Università di Copenaghen.
1955
Secondo viaggio in Sardegna: si delinea un preciso interesse antropologico e
una vera e propria passione per la musica delle launeddas. Gli sono compagni la
fidanzata Ulla Ryum e un amico, casualmente incontrato a Roma, Christian
Ejlers, futuro editore. Insieme si uniscono, come inservienti addetti agli
animali, al Circo Zanfretta, piccola popolare compagnia di saltimbanchi, con
cui possono agevolmente viaggiare e visitare i luoghi. Comincia a raccogliere
documentazioni fotografiche.
1957
La sua vocazione scientifica è maturata: torna nell'isola, da solo, compiendo
un avventuroso viaggio su una vecchia Nimbus in cui ha sostituito il side-car
con un tozzo grande cassone per il trasporto delle attrezzature, e tra il
dicembre '57 e l'aprile '58 compie ricerche sulle launeddas, registrando
musiche e canti e studiando i vari aspetti della vita musicale, soprattutto a
Cabras. Nello stesso tempo acquista materiali etnografici per conto del Museo
Nazionale di Danimarca.
1959
Con gli oggetti da lui raccolti allestisce nel
Museo Nazionale una mostra etnografica sulla Sardegna, e intanto cura
trasmissioni radiofoniche sulla musica sarda e tiene conferenze per gli
studenti di musica.
1962
Torna in Sardegna, continua la raccolta di musica e poesia popolare. Lo accompagnano
la moglie Ruth e il poeta danese Jørge Sonne, a cui affida lo studio della
metrica dei canti popolari, ma che si rivelerà anche fotografo sensibile ed
esperto. Progetta una collaborazione tra le Università di Copenaghen e di
Cagliari per un'indagine sistematica sulla cultura poetica della Sardegna
meridionale. Negli stessi mesi con una cinepresa 16 mm. riprende scene di vita
popolare in 20 pellicole, da cui il regista Fiorenzo Serra trarrà
successivamente il noto documentario "Is Launeddas, la musica dei
Sardi."
1963
Costituisce e dirige un gruppo musicale Gamelan (balinese) col quale organizza
concerti e trascrive una gran mole di spartiti e altri materiali, oggi
custoditi nel Folkemindesamling di Copenaghen. Continua intanto a collaborare
con la radio danese e norvegese e a tenere conferenze su temi di cultura
popolare in patria e in Sardegna.
1964
Consegue la laurea in Antropologia, cui è connesso il titolo di Magister
Artium.
1965
Abbandonato il progetto di collaborazione dell'Istituto di Antropologia danese
con la facoltà di Lettere dell'Università di Cagliari, sposta il campo di
ricerche a Nule e in ripetuti soggiorni, fino al 1969, studia la vita sociale
in tutti i suoi aspetti, raccogliendo un'immensa mole di notizie, di
registrazioni sonore e di fotografie.
1966
È chiamato a dirigere il Museo Etnografico di Göteborg (Svezia). Intanto, a
Copenaghen, insegna come Kandidatstipendiat (dottorando) e più tardi come
Universitetsadjunkt (ricercatore e docente) nell'Istituto di Etnologia e Antropologia,
dove tiene un corso di Metodologia.
1969
Pubblica a Copenaghen "The Launeddas, a Sardinian Folk Music
Instrument" in due volumi e il 7 dicembre, in una cerimonia solenne,
espone all'Università le tesi e gli esempi musicali presentati nei volumi succitati,
grazie ai quali gli è conferito il titolo di Doctor of Philosophy, il più alto
riconoscimento accademico danese e consegue la prima laurea in Etnomusicologia
in Danimarca.
1971
Il 21 dicembre si spegne a Gentofte, a soli 35 anni.
Lo
strumento è formato da tre canne, di diverse misure e spessore, con in cima
la cabitzina dove è ricavata l'ancia.
Il basso (basciu o tumbu)
è la canna più lunga e fornisce una sola
nota:
quella della tonica su cui è intonato l'intero strumento (nota di
"pedale" o "bordone"), ed è privo di fori. La seconda canna
(mancosa manna) ha la funzione di produrre le note dell'
accompagnamento e
viene legata con spago
impeciato al basso (formando la croba). La terza
canna (mancosedda) è libera, ed ha la funzione di produrre le note della
melodia.
Le
ance
Sulla mancosa e
sulla mancosedda vengono intagliati a distanze prestabilite quattro
fori rettangolari per la
diteggiatura delle
note musicali. Un quinto foro (arreffinu) è praticato nella parte terminale
delle canne (opposta all'ancia). Le ance, realizzate sempre in canna, sono
semplici, battenti ed escisse in unico taglio sino al nodo. L'
accordatura viene
effettuata appesantendo o alleggerendo le ance con l'ausilio di
cera d'api. Per la
costruzione delle Launeddas non si usa la canna palustre
phragmites australis, bensì la canna di
fiume
arundo donax, o canna comune, e la
arundo pliniana turra,
detta canna mascu o cann'e Seddori, un tipo particolare di canna
che cresce principalmente nel territorio compreso fra
Samatzai,
Sanluri e
Barumini.
La
canna comune viene utilizzata per la costruzione de su tumbu e delle
ance, mentre sa cann'e Seddori viene utilizzata per la costruzione
della mancosa e della mancosedda. Rispetto alla canna comune
infatti presenta una distanza internodale molto maggiore, che può arrivare a
diverse decine di centimetri, ed uno spessore notevole, che la rende più
robusta e conferisce allo strumento un timbro particolare.
Esistono
diversi tipi di launeddas tra cui i principali sono:
punt'e
organu
fiorassiu
mediana
Dai
tipi principali, attraverso opportuni accoppiamenti
tra crobas e mancoseddas, si ottengono sottotipi:
mediana
a pipìa
fiuda
bagadìa
tzampognia
spinellu
frassettu
contrappuntu(*)
su
para e sa mongia(*)
morisku(*)
(*)
caduti in disuso
La mancosedda della mediana ha
la particolarità di avere cinque fori per la diteggiatura, di cui il primo o
l'ultimo sono otturati con cera per ottenere rispettivamente
la mediana propriamente detta (o mediana sciutta) e
la mediana a pipìa. Lo stesso accorgimento è utilizzato
nello spinellu. Tutti gli strumenti possono essere costruiti in varie
tonalità. Uno strumento simile caratterizza Pan, il dio pastore del mondo
greco. Strumenti congeneri, suonati con tecniche simili, sono presenti nell'
Africa Settentrionale ed in
Medio Oriente.
L'uso delle launeddas è attestato in un arco temporale che va
dalla
preistoria,
come si evince dal celebre
bronzetto itifallico (
nuragico),
ritrovato ad
Ittiri,
rappresentante presumibilmente un suonatore di launeddas e,
attraverso varie vicissitudini e con le modificazioni dovute al riuso, sino ai
nostri giorni. Le occasioni d'utilizzo, laiche o religiose, contemplavano
l'esecuzione di brani originali; è credibile l'uso in rituali magico-rituali,
come nel caso dei riti della
malmignatta (argia),(vedova nera)
analoghi alle
tarantolate dell'
Italia Meridionale o altri riti consimili
e, per trasposizione sincretica, all'attuale uso religioso. Il
ballo sardo,
che vanta una maggiore sopravvivenza e ricchezza
di Nodas o Picchiadas (frasi musicali), pur rivelando una
sua specificità, deve essere necessariamente ricondotto ai balli
orgiastico-cultuali in cerchio attorno agli officianti o al fuoco dei riti
primitivi e questo è dimostrato dal fatto che, in epoca storica, l'occasione di
ballo era indissolubilmente legata al ciclo dell'annata agraria, svolta nei
sagrati delle chiese o d'antichi siti sacri. Sino agli inizi degli anni
sessanta, il suonatore (o più di uno) si poneva al centro di un cerchio di
ballerini (su
Ballu Tundu), che tenendosi per mano ruotavano
lentamente attorno allo stesso, andando avanti e indietro al ritmo della
musica, secondo uno schema ossessivo ed ipnotico che prevedeva diversi tipi di
passo e di movenze codificati, sincronizzati con i diversi momenti della sonata
che normalmente durava 20-30 minuti, ma che poteva protrarsi anche per più di
un'ora. Altri usi attestati dello strumento sono l'accompagnamento al canto
(Muttettus, Goggius, Cantzonis a curba...), l'accompagnamento
de Is obreris, l'accompagnamento nei cortei delle sagre, dei matrimoni e
di tutte quelle attività che prevedevano partecipazione popolare alla vita
sociale.
La
diffusione e la coincidenza della
scala modale dello
strumento con tutta la musica sarda suggerisce la sua diffusione, in passato,
in tutta la Sardegna, In epoca storica lo strumento sopravvive soprattutto
nel
Sarrabus,
a
Cabras,
in
Ogliastra,
nella
Trexenta e
ad
Ovodda,
per via di un unico suonatore, l'ultimo suonatore della Barbagia.
Il
Sarrabus,
e soprattutto
Villaputzu, vantava e vanta ancora, una scuola che disponeva
dei più raffinati maestri, custodi del ricco repertorio delle varie suonate,
delle tecniche costruttive e del vasto patrimonio letterario orale concernente
lo strumento. Il semi-professionismo sopravvissuto nel Sarrabus, retaggio di
periodi storici precedenti, quando i suonatori erano ancora al centro della
vita sociale, ha reso possibile la conservazione e la trasmissione, da maestro
ad allievo, di buona parte di questo prezioso patrimonio. Tra le cosiddette
scuole di launeddas, una posizione speciale occupa quella del Sinis, che ha il
suo epicentro nel paese di Cabras. Lo stile e il repertorio cabrarese vennero
osservati e analizzati, sin dagli anni Cinquanta, dall'etnomusicologo Andreas
Fridolin Weis Bentzon. Particolare attenzione ai suonatori di Cabras è
rinvenibile anche negli studi di Paolo Mercurio, in modo esteso nell'opera
etnorganologica “La Cultura delle launeddas” . Bentzon nei suoi studi ebbe
modo di evidenziare l'arcaicità del repertorio di Cabras e, in particolare, in
quello del ballo detto passu ‘e duus. Altre sonate tipiche tradizionali
sono su passu ‘e tres, su ballu crabarissu, sa pastorella (processionale), sa
missa sarda, su passu ‘e cantai. Particolare a Cabras è l'uso delle
launeddas, localmente dette una pariga 'e sonus, per l'accompagnamento dei
poeti dialettali. Diverse registrazioni in commercio sono riferibili alla
coppia Giovanni Casu e Salvatore Manca, deceduto nel 2011 .
I primi studi risalgono al 1787 e furono fatti
dal gesuita sardo
Matteo Madao,
che raccolse canti e danze e citò le luneddas. Negli anni sessanta del XX
secolo fu la volta dell'etnomusicologo danese Andreas Fridolin Weis Bentzon, che raccolse con registrazioni sul campo numerose
sonate che poi catalogò e trascrisse su pentagramma.
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